L'UNIONE SARDA - Economia: «Gli artigiani
subiscono la crisi del turismo»
Catania. Dopo 35 anni chiude Bronte Jeans:
l'azienda simbolo del made in Italy
P. A.: retribuzione scende dello 0, 6% in 2012,
occupati -2%
Lavoro, 13% pmi interessate ad assunzione
giovani con incentivi
Pensioni d'oro, classifica: Mauro Sentinelli 91
mila euro al mese
Trst, oltrepadania est. «Niente seduta dedicata
a Trieste Libera»
Aumentano i disoccupati in Slovenia, a luglio
+9,6% annuo
Fisco chiude albergo in Croazia e caccia decine
di turisti
Potenza, Card benzina «svuotata» da sentenza del
Consiglio di Stato
di LUIGIA IERACE
Addio bonus idrocarburi. Il Consiglio di Stato
dà ragione al Veneto e di fatto «scippa» alla Basilicata il beneficio
respingendo il ricorso dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze e dello
Sviluppo Economico. Scaduto appena una settimana fa il termine per la
presentazione delle domande alle Poste da parte dei maggiorenni, patentati,
residenti in Basilicata per chiedere il terzo bonus idrocarburi, che si
profilava ben più corposo visto l’aumento delle produzioni e il costo del
greggio (oltre 180 euro a fronte dei 100,70 euro del primo bonus e dei 140,25
euro del secondo) arriva la sentenza del Consiglio di Stato. Accoglie il
ricorso dei veneti ed estende il beneficio anche ai residenti delle regioni
ospitanti impianti di rigassificazione, come il Veneto e la Liguria e in futuro
anche la Toscana quando entrerà in funzione, il nuovo rigassificatore.
Una doccia fredda per i lucani, che gela ogni
aspettativa: in sostanza, il fondo per la riduzione del prezzo alla pompa, dei
carburanti, alimentato per lo più dalle royalty della regione Basilicata, dovrà
essere ridistribuito anche a quelle regioni dove non si producono idrocarburi,
ma sono ospitati impianti di rigassificazione. Un’attività che non genera
royalty e quindi non alimenta il Fondo idrocarburi, in quanto non è un processo
produttivo, ma una trasformazione di uno stato fisico (liquido) a un altro (gassoso).
Di diverso avviso il Veneto che già in fase di aumento delle royalty e di
destinazione di quel 3% alla costituzione del Fondo, aveva spinto sul
legislatore facendo inserire all’ultimo momento, con un blitz dei Leghisti,
quella postilla che includeva «le attività di rigassificazione», senza però
prevedere da dove sarebbero state attinte le risorse economiche per il ristoro
dei residenti. E così quando i Ministeri dell’Economia e delle Finanze di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico hanno emanato i decreti per
la ripartizione del Fondo tra le regioni interessate dalle attività di
estrazione, in funzione del quantitativo di idrocarburi estratti, il Veneto li
ha impugnati e prima il Tar e ora il Consiglio di Stato gli hanno dato ragione.
Tutto da rifare, quindi. Cambieranno i criteri
di ripartizione di un Fondo, tutto lucano che andrà a beneficio di altri
territori. Basti pensare che per la terza erogazione il fondo ammonta
complessivamente a circa 79 milioni di euro, oltre 70 dei quali sono royalty
che le compagnie petrolifere (Eni e Shell) hanno versato allo Stato per le
attività di produzione di idrocarburi della Val d’Agri. Il resto dei fondi si
riferiscono alle royalty versate per le attività estrattive di Piemonte,
Puglia, Calabria, Emilia Romagna, Molise e Marche. Solo la Basilicata avrebbe
beneficiato del bonus idrocarburi, versato sulla card dei patentati,
maggiorenni, residenti in Basilicata, nel 2011 e 2012, mentre le altre regioni
avendo diritto a un beneficio inferiore a 30 euro pro capite su base annua, la
somma spettante è stata versata direttamente alle regioni.
A una settimana dal ferragosto il Consiglio di
Stato rimette tutto in discussione penalizzando la Basilicata e i lucani che
già sopportano sul loro territorio l’attività di estrazione petrolifera. Ma
questo ai giudici non importa. «Non vi è possibilità di suddividere, come
vorrebbero gli appellanti, le risorse del fondo per attribuirvi diverse
destinazioni, essendo esso unico e finalizzato alla riduzione del prezzo alla pompa
dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalle estrazioni di
idrocarburi liquidi e gassosi nonché dalle attività di rigassificazione
attraverso impianti fissi offshore». Per il Consiglio di Stato «appare dunque
in contrasto con tale chiaro dettato normativo – frutto della volontà
parlamentare di estendere l’utilizzazione del Fondo a beneficio dei residenti
di tutte le indicate regioni – la limitazione della destinazione dell’intero
fondo, mediante l’istituzione del “bonus idrocarburi”, in favore di alcuni
soltanto dei beneficiari indicati dalla legge». Nè è decisiva la circostanza
«che il Fondo sia alimentato (in parte, ma certamente preponderante)» soltanto
da alcuni territori non essendo stabilita alcuna correlazione tra produzione e
soggetti che ne beneficiano. Nessuna limitazione neppure intorno al concetto di
produzione «potendosi estendere il concetto di produzione dai beni
(idrocarburi) ai servizi (trasporto), con ciò comprendendo anche le imprese che
svolgono attività di rigassificazione». Non mettono soldi, insomma, ma li
prendono.
08 Agosto 2013
L'UNIONE SARDA - Economia: «Gli artigiani
subiscono la crisi del turismo»
08.08.2013
Sono circa 6.700, in
calo dell'1% rispetto allo scorso anno, le imprese artigiane sarde
potenzialmente coinvolte nel mercato turistico isolano. Lo rileva
un'elaborazione dell'Ufficio Studi di Confartigianato, su dati
UnionCamere-Movimprese del 2013, che sottolinea anche come queste rappresentino
il 17,1% del totale del comparto artigiano isolano, coinvolgendo settori come
quelli dell'agroalimentare, delle manifatture e dei servizi, dell'abbigliamento
e delle calzature, delle attività ricreative, culturali e dell'intrattenimento,
dei bar, caffè e pasticcerie, dell'editoria, della somministrazione di
alimentari e bevande, delle strutture ricettive, e dei trasporti. A livello
nazionale, il trend peggiore lo registra l'Abruzzo (-2,2%), seguito dalla
Basilicata (-1,9%), la Puglia (-1,5%) e la Sardegna (-1%). Fra le vecchie
province cresce solo Cagliari (2.617 imprese con un +0,2% rispetto al 2012),
mentre arretrano Sassari (2.358 aziende, -0,9%), Nuoro (1.240, -2,6%) e
Oristano (1.240, -3,2%). «Le imprese sarde legate al turismo soffrono la crisi
quasi come quelle dell'edilizia», ha commentato Confartigianato Sardegna, «con
problematicità legate alla diminuzione delle disponibilità delle famiglie, al
costo dei mezzi di trasporto (aerei e navi) e all'inadeguata programmazione
turistica. Purtroppo ci si accorge solo adesso che la “bacchetta magica”, che
funzionava qualche tempo fa al solo pronunciare il nome Sardegna, non è più
sufficiente».
Catania. Dopo 35 anni chiude Bronte Jeans:
l'azienda simbolo del made in Italy
Certi 175 licenziamenti
e oltre 200 posti a rischio
CATANIA - Chiude
dopo 35 anni e licenziando 175 persone, di cui 144 donne, «Bronte Jeans», il
gruppo tessile che aveva fabbricato prodotti per macrchi come Benetton, Diesel,
Jacob e tanti altri. L'azienda aveva registrato un andamento negativo dal 2008
in poi e avendo fino ad oggi usato tutti gli ammortizzatori possibili cercando
di proseguire il lavoro di uno dei gruppi tessili del made in Italy più noto
tra le aziende dell'indotto moda.
DELOCALIZZAZIONE DEI
MARCHI - Problemi economici, fa sapere la Cgil Catania, si prospettano anche
per altre centinaia di lavoratori che pur non lavorando direttamente per la
Bronte, facevano comunque parte del suo indotto. Sempre dal sindacato fanno
sapere che la crisi e la conseguente chiusura è dovuta al crescente
decentramento verso l'estero dei produttori di importanti marchi. «È chiaro ed
evidente che la delocalizzazione a basso costo nel settore tessile continua ad
averla vinta alla faccia del tanto enunciato 'Made in Italy' - afferma Giuseppe
D'Aquila, segretario della Filctem Cgil di Catania - tutti i grandi marchi
italiani, se non costretti attraverso una legge dello Stato a mantenere almeno parte
delle loro produzioni in Italia, continueranno su questa strada». Il sindacato
sollecita «l'intervento delle istituzioni locali e regionali» e si è già
«attivato con le segreterie nazionali per aprire un tavolo al ministero dello
Sviluppo economico».
MADE IN ITALY FATTO
ALL'ESTERO - Se si continuerà così quindi non ci saranno più cuciture, ricami e
tessuti siciliani, o italiani, allora per i jeans dei grandi marchi. «Ci
limiteremo - ha continuato Dell'Aquila - ad attaccare etichette italiane a
prodotti manufatti in Turchia, Ucraina, Egitto, Bangladesh, Romania». Ma
soprattutto quasi 200 persone si troveranno nel giro di poco senza lavoro.
P. A.: retribuzione scende dello 0, 6% in 2012,
occupati -2%
15:10 08 AGO 2013
(AGI) - Roma, 8 ago.
- La retribuzione media dei dipendenti pubblici nel 2012 e' stata di poco
superiore ai 34.400 euro annui, lo 0,6% in meno rispetto all'anno precedente.
E' uno dei dati contenuti nel rapporto presentato oggi dal presidente
dell'Aran, Sergio Gasparrini. Alla fine dello scorso anno gli occupati nella
pubblica amministrazione erano circa 3.350.000, il 2% in meno rispetto al dato
del 2011. In due anni la cifra e' diminuita di 120mila unita', mentre la spesa
(lordo contributi) e' diminuita di 6,6 miliardi di euro. "Si conferma la
tendenza, gia' messa in luce dagli ultimi rapporti, di una diminuzione delle
retribuzioni medie pagate dal settore pubblico, quale effetto delle misure di
blocco della dinamica retributiva e dei rinnovi contrattuali, varate dal
2010", ha spiegato Gasparrini .
Lavoro, 13% pmi interessate ad assunzione
giovani con incentivi
8
agosto 2013
ROMA (ITALPRESS) – Sono oltre 190mila (di
cui 54mila operanti nel Mezzogiorno) le imprese con 1-49 addetti orientate ad
utilizzare gli incentivi previsti dalla Legge di conversione del Decreto Lavoro
approvata ieri in Parlamento per assumere giovani a tempo indeterminato nei
prossimi 12 mesi. Si tratta del 13% delle piccole e medie imprese fino a 49
addetti.
Questo è il principale dato che emerge da una
rilevazione ad hoc eseguita dall’Unioncamere, su richiesta del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ambito dell’indagine trimestrale
Excelsior. L’analisi è diretta a valutare il grado di conoscenza degli
incentivi previsti dal Decreto Lavoro presso le imprese e soprattutto il loro
interesse ad utilizzarli per assumere giovani (18-29 anni) senza lavoro a tempo
indeterminato o per conversioni di contratti a tempo determinato che comportino
comunque un aumento complessivo del numero di occupati.
Secondo quanto emerso dalla rilevazione, oltre
il 76% delle imprese è a conoscenza dell’esistenza degli incentivi, percentuale
che supera l’80% per le imprese con 10-49 addetti e per le imprese
esportatrici. Circa il 20% delle imprese con 10-49 addetti prevede di usare gli
incentivi sicuramente o probabilmente, a fronte del 12% di quelle di più
piccola dimensione. Le imprese esportatrici sono più propense ad utilizzare gli
incentivi (22%) rispetto a quelle non esportatrici (12%), così come quelle
innovatrici, il 23% delle quali prevede di volerne usufruirne, a fronte di una
quota del 12% di quelle non innovatrici.
Considerando solo le imprese da 1 a 49 addetti
che contano di utilizzare gli incentivi previsti dalla nuova normativa, il 38%
afferma che, in mancanza di essi, non procederebbe ad alcuna assunzione
(percentuale che sale al 39% per le imprese del Mezzogiorno e al 40% per le
imprese con 1-9 addetti), mentre il 31% si dice pronta ad effettuare
immediatamente un’assunzione che era stata programmata per il prossimo futuro.
Inoltre, il 15% delle imprese ritiene che gli aiuti determineranno l’assunzione
a tempo indeterminato di un giovane che, senza di essi, sarebbe stato impiegato
con altra forma contrattuale (tipicamente a tempo determinato). Solo il 15%
ritiene che l’assunzione a tempo indeterminato sarebbe avvenuta anche in
assenza di incentivi.
Tra
le imprese che dichiarano di non voler utilizzare gli aiuti, la motivazione
prevalente è quella della “non necessità” di una nuova assunzione nei prossimi
12 mesi (88%), con una percentuale relativamente stabile nei diversi settori e
per diverse dimensioni aziendali.
(ITALPRESS).
Pensioni d'oro, classifica: Mauro Sentinelli 91
mila euro al mese
L'ex Telecom riceve 3.000 euro al giorno
Roma - Si torna a parlare di pensioni d'oro
e a indignare il Paese è la classifica dei 100 uomini "pensionati"
più ricchi d'Italia. Al primo posto della classifica si posiziona Mauro
Sentinelli, ex manager e ingegnere elettronico della Telecom che percepiscce un
assegno di 1.118.381 euro, vale a dire 91.337 euro al mese ossia 3.044 euro al
giorno circa. A questa pensione d'oro vanno inoltre aggiunti i gettoni di
presenza che Sentinelli precepisce come membro del Consiglio di amministrazione
di Telecom e da presidente del Consiglio di amministrazione di Enertel Servizi.
A rendere nota la classifica è stata la
deputata del Pdl Debora Bergamini che ha diffuso la risposta del ministro
Giovannini a una sua interrogazione.
Mistero sul pensionato d'oro classificatosi
secondo nella lista con 66.436 euro al mese mentre al terzo posto figura Mauro
Gambaro, ex direttore generale di Interbanca che percepice solo 51.000 euro al
mese.
Scendendo ai "piani bassi" della
classifica troviamo tra i politici, l'ex presidente della Repubblica Carlo
Azeglio Ciampi, che riceve 53.000 euro al mese di pensione tra Bankitalia,
`Inps e `indennità da parlamentare. Lo
segue Lamberto Dini con 44.000 mila euro al mese tra Bankitalia, ’Inps e
Senato.
Le pensioni d'oro costano allo Stato ogni
anno13 miliardi di euro, il controvalore di una manovra finanziaria. Per pagare
queste assurde pensioni servono ogni anno i contributi di ben 2.200.000
lavoratori italiani.
Trst, oltrepadania est. «Niente seduta dedicata
a Trieste Libera»
Stoppato l’ordine del giorno di Paolo Rovis
(Pdl), solo i “grillini” favorevoli a portare in aula la questione
Il Consiglio comunale dice “no” alla
convocazione in aula di una seduta dedicata alla questione del Territorio
Libero di Trieste. La proposta di organizzarla era stata lanciata, tramite un
ordine del giorno, dal consigliere pidiellino Paolo Rovis, che aveva anche
suggerito di invitare nell’occasione «gli esperti giuridici e i rappresentanti
istituzionali che si riterranno utili per una migliore analisi della
questione». Rovis, nell’odg presentato, aveva rilevato nelle premesse come sia
attivo un movimento (cioè Trieste Libera) «che persegue l’obiettivo del
ripristino del “Territorio Libero di Trieste”» , che «diversi cittadini aderiscono
alle tesi avanzate dal Movimento, adottando comportamenti conseguenti, tra i
quali il non-riconoscimento delle elezioni e dell’attuale sistema di
imposizione fiscale», e ancora come venga «disconosciuta la legittimità di enti
e istituzioni» tra cui Consiglio comunale stesso, giunta e sindaco, e infine
che «tale fenomeno, per le fasce di popolazione che coinvolge, per numerosità,
per le possibili conseguenze, si può definire sociale» e perciò «non può venire
ignorato dalla massima assemblea elettiva di Trieste».
Alla proposta di Rovis, presentata come
allegato al bilancio di previsione, ha opposto una pregiudiziale Alessia
Rosolen (Un’Altra Trieste). «Primo, non si tratta di un tema da bilancio -
spiega Rosolen -. Secondo, non penso che a nessuno sia passato per la mente di
convocare un’audizione sul fenomeno grillino, e prim’ancora sulla Lega Nord.
Questo, come ogni altro fenomeno politico, ritengo vada studiato da sociologi e
non da chi fa politica su altri fronti». Al voto, la pregiudiziale mirata a
stoppare l’odg di Rovis è passata con 11 voti favorevoli (Andolina e Furlanic
della Fds, Barbo, Cimolino e Muzzi del Pd, Bandelli e Rosolen di Uats, Bassi
del Gruppo misto, Decarli di Trieste cambia, Karlsen dei Cittadini e il sindaco
Cosolini), tre contrari (Rovis ovviamente e i due M5S Menis e Patuanelli), nove
astenuti (i Pd Carmi, Coloni, Faraguna, Lepore, Mozzi, Petrossi, Ravalico, Svab
e Ukmar) e quattro non votanti (i tre di Sel e il leghista De Gioia) sui 27
consiglieri presenti.
Rovis, in ogni caso, non si arrende:
«Presenterò lo stesso testo in una mozione urgente, che a questo punto andrà in
aula a settembre». E su quanto accaduto l’altra notte in Consiglio comunale,
nell’ultima seduta prima della pausa, Rovis osserva di aver scorto «un po’ la
volontà di schivare un argomento che evidentemente molti considerano spinoso.
Nell’odg - evidenzia - non prendevo assolutamente posizione, ma è un tema che
riguarda i cittadini e secondo me per questo va affrontato». (m.u.)
Aumentano i disoccupati in Slovenia, a luglio
+9,6% annuo
Sono 117.143 i registrati, +0,5% rispetto a
giugno
08 agosto, 12:01
(ANSA) - LUBIANA - L'Ufficio di
collocamento della Repubblica di Slovenia ha registrato a luglio 117.143
disoccupati in Slovenia.
Si tratta di un aumento dello 0,5% rispetto
a giugno e del 9,6% rispetto a luglio dell'anno scorso. E' il primo aumento del
numero dei disoccupati da cinque mesi a questa parte.
A
luglio c'erano 8.675 nuovi disoccupati, il 44,1% in più rispetto a giugno e
l'1,3% in meno a luglio dell'anno scorso. La maggioranza dei nuovi disoccupati
sono quelli a cui è cessato il contratto a termine.
L'Ufficio di collocamento ha chiarito che il
trend di aumento dei disoccupati dopo il primo semestre a causa della
cessazione dei contratti a termine è un fatto abituale. A questi vanno aggiunti
i giovani in cerca del primo impiego. Nell'anno in corso è stato inoltre
registrato un aumento dei licenziamenti per motivi economici. (ANSA).
Fisco chiude albergo in Croazia e caccia decine
di turisti
Unico hotel di Senj colpito da severe
misure antievasione
07 agosto, 17:46
(ANSA) - ZAGABRIA - In un intervento degli
ispettori del fisco croati, particolarmente attivi e severi quest'estate come
parte della politica di lotta all'evasione fiscale messa in atto dal governo di
Zagabria, oggi è stato chiuso un albergo sulla costa, pieno di turisti
stranieri. Per un debito verso il fisco di circa 110 mila euro, gli ispettori
del ministero delle Finanze hanno ordinato la chiusura dell'hotel Libra,
l'unico albergo esistente a Senj, piccola località turistica nel nord
Adriatico. La stagione turistica in Croazia è al suo punto massimo e l'albergo
registra il tutto esaurito con quasi 70 presenze. Secondo i media locali, tutti
i turisti devono lasciare l'albergo entro il tardo pomeriggio, e il personale
li starebbe cercando sulle spiagge circostanti per avvisarli dell'accaduto e
pregarli di andare via. Il ministro delle Finanze, Slavko Linic, aveva promesso
alcune settimane fa che non ci sarebbero stati sconti o trattamenti particolari
per gli alberghieri e i ristoratori ''solo perché hanno i locali pieni''. Il
ministro ha anche annunciato che gli ispettori chiuderanno gli esercizi
commerciali in presenza anche di una minima infrazione, ''come per esempio un
euro o due in più in cassa di quello che mostrano gli scontrini emessi'', fatto
già accaduto per alcune gelaterie. Il debito verso il fisco in Croazia ammonta
a circa 3 miliardi di euro, e una delle politiche del governo per stabilizzare
le finanze pubbliche comporta proprio una severissima lotta all'evasione.
(ANSA).
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