Il Ministro per i rapporti con le regioni, l'on. Raffaele Fitto, ha dichiarato: il federalismo risolleverà la Puglia. E se codesta roboante – e gratuita - dichiarazione non vi basta, ha aggiunto che, con il federalismo, una classe dirigente responsabile sapra' gestire al meglio la spesa pubblica e dare le giuste priorità: una Puglia e un Sud da rilanciare. Amen, ed evviva il generalismo astratto dei principi gratuiti, di chi non sa che cos'e' il federalismo, o fa finta di non saperlo.
E, propinando l'usuale doppia porzione, prosegue che alcune manovre sono obbligatorie, che chi governa si vede costretto ad attuarle, e che sono il modo migliore per accompagnare questo Paese ad un rinnovato sviluppo. Viva l'Italia! On. Fitto sei il nuovo mito della gastronomia meridionale – in generale – e di quella pugliese in particolare. Il nostro Rappresentante nel Governo brianzolo a Roma, riesce in quello che risulta impossibile agli altri cuochi: conciliare l'acqua con l'olio ed il pesce con la carne. E la nostra panza si riempie di antinomici ingredienti, di sublimi e sublimati suffle' di pesce e carne. E l'auditorio si avverte satollo.
Di che? Del niente pressurizzato nello stomaco gonfio d'aria fritta.
Va bene, ho capito, l'Onorevole Fitto ha inventato una nuova cucina: abboffare il commensale con l'aria fritta, profumata con gli aromi dei massimi sistemi della Logica aristotelica. Una cucina che prevede persino un digestivo, che sostituisce il vecchio amaro Lucano, e si chiama: Manovre e Pressioni fiscali sulle budella, pero' si esplica con grandi sacrifici.
Ma tranquilli, il Fitto ha inventato anche l'ammazza amaro: il Piano per il Sud, molto utile per la digestione finale. E per concludere in gloria il convivio, il Ministro ha ammonito i commensali di frequentare solo i ristoranti che perseguono la Sua cucina. Originale, ma se uno volesse mangiare delle semplici olive? Magari pugliesi? Non si puo'!
Le olive? Costi alti. Non conviene più raccoglierle.
di MARCO MANGANO
Mentre la Lega difende a spada tratta gli evasori fiscali del latte, nel Sud, in Puglia, si consuma l’ennesimo dramma ai danni degli agricoltori. A pagarne le spese, ancora una vota, gli olivicoltori, i custodi della genuinità e degli alberi dalle foglie argentate, che tutto il mondo invidia alla regione.
«Le olive rischiano di rimanere sugli alberi: sono tanti gli agricoltori pugliesi che rinunceranno quest’anno alla raccolta», lancia l’allarme Tommaso Battista, presidente regionale della Copagri di Puglia. «Sul piano economico - spiega - non è conveniente effettuare la raccolta, in quanto il prezzo delle olive, 35 euro al quintale, non è in alcun modo sufficiente a coprire le spese sostenute dagli agricoltori per aratura, potatura, concimatura e raccolta. Per queste operazioni, infatti, occorrono almeno 70 euro».
Le conclusioni tratte da Battista sono tutt’altro che incoraggianti: «Molti agricoltori sono orientati a lasciare le olive sugli alberi, con un danno enorme in prospettiva per l’intero paesaggio pugliese. Il rischio che la coltura venga abbandonata, infatti, è tutt’altro che remoto».
le stradePer la Copagri sono due le strade da percorrere per evitare che gli olivicoltori subiscano una mazzata. La prima chiama direttamente in causa le istituzioni nella lotta alle sofisticazioni per i mancati controlli alle frontiere e sugli scaffali dei negozi per smascherare un vecchio e diffuso malcostume. È ben noto - come denunciato molte volte dalla Gazzetta - che l’olio ricavato da nocciole marce turche viene spacciato per extravergine d’oliva. «Come si fa a credere che le bottiglie offerte a 2,50 euro possano contenere olio extravergine d’oliva pugliese?», si interroga Battista.
Ed è difficile dargli torto visto che i soli costi vivi ( bottiglia, etichetta, tappo e almeno due passaggi commerciali) superano 2,50 euro.
«È solo dei giorni scorsi l’ultimo esempio - ricorda il presidente della Copagri di Puglia - rappresentato dal maxi-sequestro di olio spagnolo destinato al mercato italiano: sarebbe stato utilizzato per tagliare il nostro olio». Per questo, però, sottolinea ancora il responsabile Copagri «è fondamentale che ci sia una normativa europea sulla etichettatura e la provenienza del prodotto, in quanto la recente legge italiana non ha alcun riconoscimento internazionale».
La seconda strada, invece, riguarda gli stessi agricoltori. «Il nostro auspicio - conclude Battista - è che i nostri produttori si consorzino per commercializzare in modo diretto l’olio d’oliva e non limitarsi a vendere le olive. Solo così, raggiungendo direttamente i consumatori con un prodotto di qualità garantito, si possono ottenere gli auspicati.
19 Ottobre 2010
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