Nei giorni immediati alle ferie Natalizie ho letto numerosi messaggi dal web, piu' o meno articolati, piu' o meno formati, comunque irritati ed impostati, asserenti l'idea – volta al popolo - che fare gli interessi economici del Mezzogiorno significa passare attraverso due fasi d'acquisto:
a) non acquistare i prodotti made in nord, nella fattispecie il panettone,
b) acquistare il made in sud.
Concetto semplice, facile come bere un bicchier d'acqua. Una genialata, degna dei miei conterranei, in specie se sono sistemati. Diventano sublimi, oracoli, preveggenti distaccati dalle cose infime di questa lurida terra, fatta di commesse, trasportatori, uomini di fatica e famiglie a carico.
Ma non devo cedere all'incazzatura, me lo sono imposto per scrivere – di getto – queste righe sulla piu' grande cagata parasudista dell'anno appena trascorso. Sulla quale – ancora – ci marceranno i soliti aspiranti politici da quattro soldi: ignoranti, analfabeti, senza scupolo alcuno verso la Terra che li ha vomitati fuori con un conato di vomito acido: e non li ha voluti riconoscere come figli.
Queste righe le scrivo dopo tre settimane di lettura di cazzate sparate da gente schifosa, che – per ignoranza o mancanza di senso di identita' – se ne fotte del proprio conterraneo. Non ho intenzione di rileggere questo scritto, ne' di spenderci tanto in scienza e tecnica di analisi aziendale, o di marketing; so solo che questo e' un rospo che mi porto dentro da troppo tempo: compra sud!
Ora, fino a quando questa proposta coinvolge un gruppettino di persone, magari snob della penna via Internet, va bene, il tutto si risolve nel vantarsi di un'azione eroica. A pranzo, magari con i familiari e gli invitati. Magari dopo un pantagruelico pranzo di Natale o Capodanno.
Ma se codesto infantilismo da uomini immaturi dovesse prendere la piega della moda, se dovesse allargarsi, e coinvolgere altre componenti del paniere in offerta e presenti nei point of sale, la cosa diventerebbe deleteria. Per l'economia del Mezzogiorno. Degli altri disastri non mi interessa un fico secco, per cui rimaniamo a casa nostra e parliamo di questo masochismo da intellettuali di terza media, inferiore.
Prescindendo dal fatto che molti prodotti made in nord e venduti nel Mezzogiorno non hanno sostituti locali, molti altri contengono componenti che dal Mezzogiorno provengono e vengono inseriti nel prodotto. Vediamo di valutare a nasometro la questione posta da questi idioti.
Prima caratteristica della proposta: e' infantilismo paraleghista.
La proposta ha il sapore della reazione: tu fai una cosa a me ed io te ne faccio una a te. Che – come tutti sanno – e' un'azione propria del superficialismo infantile, o senile, causato dalla decadenza cerebrale. Non c'e' scienza economica o finanziaria in questa proposta. Il superficialismo reazionario – pero' – puo' essere, e questa e' una cattiveria, anche utile strumento per quel qualcuno che ci marcia sopra, per interesse personale.
Insomma, non e' con l'infantilismo paraleghista che si fanno gli interessi economici e politici del Mezzogiorno, non e' con azioni reazionarie che si assicura, o si incrementa, il tasso di occupazione, il reddito prodotto e quello pro-capite delle famiglie del Sud.
Il problema e' che uscendo fuori dall'ambito tardo-goliardico, la persecuzione di una prassi di massa si tramuterebbe in un disastro economico. Per gli stipendi ed i ricavi del Mezzogiorno, molto meno per gli utili padani.
Vediamo il perche'.
Secondo questo movimento d'opinione – voglio essere buono, riconosco a codesto velleitarismo il crisma del movimento - una massiccia adesione a questa idea permetterebbe di abbassare i ricavi padani sulle merci importate dal sud e si incrementerebbero, ipso facto, quelli made in sud.
1. Falso, non esiste base economica realistica per questa posizione; i marchi distributori del nord che operano nel Mezzogiorno non si fanno la guerra, bensi', alla stregua delle banche, si spartiscono a tavolino le piazze comunali e cittadine, secondo una metodologia statistica che si rifa' all'equazione del Tagliacarne. Piu' o meno. In altri termini, cane non mangia cane, meglio accordarsi e dividere la torta. Che e' sufficente per tutti quelli che pesano in termini di fatturato, dimensione territoriale coperta, ed agganci nelle commissioni parlamentari. Per cui niente trippa per gatti. E se qualcuno ci prova, dura poco, basta fare pricing per due anni ed il nuovo intruso deve abbassare le saracinesche. Pieno di debiti.
2. Non solo, si asserisce che un'adesione di massa a codesta iniziativa porterebbe alla formazione di nuove filiere economiche. O, al minimo, al rafforzamento ed espansione di quelle gia' presenti sul mercato del Mezzogiorno, e strettamente doc sud.
L'idea di fondo e' quella di far coincidere il prodotto con il luogo d'acquisto, come hanno gia' teorizzato i veneti: i prodotti alimentari a chilometri zero. Quindi compra sud nei p.o.s. sud. Oppure, in alternativa condizionata, comprare i prodotti made in sud nei centri commerciali che non sono doc sud.
Domanda: dov'e' il gruppo distributore del Mezzogiorno da appoggiare con azioni di sostegno commerciale, tramite il consumo in esclusiva dei suoi prodotti? C'era una volta la SME, adesso non c'e' piu' niente, almeno di dimensioni – o prospettive – tali da poter andare in guerra. Perche' di guerra stiamo parlando, se non fosse chiaro. Una guerra vera, di quelle che non prevedono prigionieri. A meno che non stiamo pazziando, in vista di Natale, cosi' tanto per far vedere che si e' intelligenti e spiritosi.
Il fatto e' che i promotori di codesta stupidagine hanno poca conoscenza di come funziona un sistema di produzione e di distribuzione. Che e' una roba complessa.
Analisi superficiale.
Quanto sia superficiale e demagogica, o interessata, la faccenda salta subito all'occhio di chi ha passato la vita sui numeri e nelle aziende.
Vediamo il perche': un prodotto, uno qualsiasi, prendiamo un panettone, emblema del dolce padano, perfettamente in linea con le prossime vacanze natalizie.
Vogliamo fare una lista – ancorche' approssimata, non ho mai lavorato per i panettonieri – dei fornitori che concorrono a produrre un cacchio di indigesto panettone padano? Vogliamo elencare quanti sono i soggetti che gestiscono sta' mappata di raba indigesta e che ci fanno sopra il ricavo aziendale?
Allora facciamolo, almeno a grosso modo, all'incirca.
Fornitori del Mezzogiorno per produrre sta schifezza di panettone: Uva passa, pinoli, canditi. Milioni di euro che vengono a casa.
Distributori all'ingrosso: un numero da moltiplicare per gli operatori delle seguenti aree commerciali: abruzzo+lazio, molise+campania, puglia+basilicata, calabria+sicilia, sardegna. Milioni di euro che producono pil locale.
Trasportatori: decine di migliaia di camionisti ed addetti allo smistamento. Milioni di euro.
Addetti ai pos: migliaia di cassiere, contabili, responsabili del centro commerciale, commercialisti. Milioni di euro.
Ditte fornitrici di servizi al pos: per la pulizia, la sicurezza, l'impiantistica, la logistica, la lavenderia. Milioni di euro che producono pil locale.
Per non parlare delle tasse comunali e regionali che andrebbero perse. Milioni di euro.
Questo schema, di certo primitivo e privo del supporto dei dati, e' ripetibile per mille casi.
Vediamo di fare chiarezza. L'economia della produzione industriale del Mezzogiorno si basa sul concetto di fornitura di materie prime o di semilavorati o di prodotti artigianali, ai brand della padania. Questo e' quanto. Quello che viene prodotto ed inscatolato – eufemismo – nel mezzogiorno, cioe' che porta la firma del Mezzogiorno, e' poca roba. Il grosso va' al nord per essere inscatolato o inserito in un prodotto o brand del nord. Compreso il panettone. Fine delle trasmissioni.
Altra obiezione: il consumatore che si reca periodicamente nel centro commerciale non si reca – in via principale, motivazione prevalente – per comprare una scatola coloratissima - resa suadente dalla tv – e contenente un fetente panettone. No, nei supermercati il panettone non e' un prodotto trainante, neanche a Natale, e' una commodities; esso viene acquistato per influenza condizionata dal momento: del tipo son venuto per la spesa settimanale, visto che ci sono e i bambini lo desiderano, prendo anche sto' coso e cosi' ho risolto uno dei problemi di Natale. Cosi' e' al novanta per cento dei casi. Pochissimi si recano nei negozi specializzati, per comprare il panettone. Manco per sogno. E' un prodotto di periodo legato alla consuetudine, che la pubblcita' ha reso legato a babbo natale: quindi e' un peccato non avere a Natale la fetta di panettone di babbo natale, la mancanza avrebbe il sapore della poverta'. Averlo sa di prosperita', perche' babbo natale e' prosperita'. O di speranza di prosperita'.
Domanda: i panettoni che si producono nel Mezzogiorno sono sullo stesso posizionamento dell'immagine percepita dal consumatore medio? No. Allora i bambini – intorno ai quali si gioca l'intera partita - preferiranno il panettone padano. Semplice.
Il problema quindi non e' boicottare, sarebbe come spararsi tra le gambe, il problema e' far crescere i brand del Mezzogiorno.
Ed e' per la coscienza di questa realta' che, chi scrive queste righe, non boicotta. E non lo fara'. Almeno per quanto riguarda i punti vendita. Chi scrive continuera' a frequentare i punti vendita presenti ne Mezzogiorno, con la consapevolezza che troppe famiglie del sud dipendono, per il loro reddito, dai brand delle gdo italiane.
Il Mezzogiorno e' cosi' com'e'. Per ora. Colonia. Il termine colonia vorra' pur dire qualcosa, in specie se esso configura un rapporto leonino nel quale il dominante nord impone schemi giuridici al dominato sud, e quest'ultimo produce e consuma secondo i dettami del dominante. Tutto qui. Sembra semplice la storia, ma – purtroppo per i dominati – essa e' parecchio pregna di conseguenze ed implicazioni.
Ma un esempio da seguire c'e':
La strada giusta
Arriva sul mercato il latte fresco “siciliano al 100%”
Latte fresco e formaggio morbido cento per cento «made in Sicily»
di Antonella Folgheretti - 10 dicembre 2010 -
L’appuntamento è all’Albergo delle Povere, a Palermo. Il parterre è quello delle grandi occasioni. sale gremita e presenze illustri, a cominicare dal presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo e dall’assessore regionale alle Risorse agricole e alimentari, Elio D’Antrassi.
L’occasione è – e non è un modo di dire – ghiotta. La presentazione di due nuove produzioni, frutto del lavoro di allevatori siciliani: il latte fresco e il formaggio di latte ovino spalmabile “Morbido” di Sicilia.
Taglio del nastro, dunque, per il tanto atteso latte siciliano fresco, nelle due varianti: intero alta qualità e parzialmente scremato. Il prodotto è garantito da una filiera tutta siciliana, e sotto il profilo della sicurezza alimentare, dal sistema Italialleva, un progetto ideato e promosso dall’Aia (Associazione italiana allevatori), al fine di garantire al consumatore l’origine italiana del prodotto, nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di igiene e sicurezza alimentare che interessa l’intera filiera produttiva.
Gli allevatori/trasformatori che aderiscono al sistema Italialleva, ricevendone quindi il marchio in presenza dei requisiti richiesti, entrano in un circuito di promozione dei prodotti sicuri e 100% italiani.
“Un garanzia per il consumatore – dice l’assessore Elio D’Antrassi - che in questo modo potrà riconoscere i nuovi prodotti isolani per la presenza in etichetta dello stesso marchio “Italialleva” insieme a quello del produttore siciliano, indici di sicurezza alimentare grazie a un sistema di puntuali e rigorosi controlli”.
Che ha aggiunto: “Solo il 38 per cento del consumo alimentare è fornito in Sicilia da prodotti locali”. I nuovi prodotti di una filiera tutta siciliana sono stati resi possibili con l’esperimento lanciato da due cooperative ragusane Progetto Natura e Ragusa Latte, insieme con la Coldiretti.
Il latte fresco 100 per cento siciliano insieme al formaggio spalmabile arriverà nei prossimi mesi alla grande distribuzione, grazie ad un accordo siglato con Coop e il patrocinio dell’assessorato all’Agricoltura, potrà mantenersi in frigo 6 giorni e costerà circa un euro e quaranta al litro.
“Il nuovo latte fresco siciliano al 100 per cento – dice D’Antrassi – sarà venduto nei supermercati ad un prezzo inferiore del 10 per cento rispetto agli equivalenti delle grandi marche. Questo progetto è il primo passo per conquistare il mercato locale accorciando le filiere”.
Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha sottolineato che “il progetto di accorciare la filiera, che parte oggi con il latte e il formaggio ovino ma si applicherà
anche al vino, all’olio e ai succhi, permette ai consumatori siciliani di spendere meno e ai produttori di intascare qualche centesimo in più”.
Per Alessandro Chiarelli, commissario dell’Aras, è un’occasione unica “per
evitare di vendere il latte o altri prodotti a grandi marchi che poi lo elaborano fuori e lo riportano sotto altre brand alla distribuzione con prezzi molto alti”.
Latte fresco e formaggio morbido cento per cento «made in Sicily»
Lombardo:«Così aiutiamo l'economia locale, presto marchio siciliano anche per pasta e pane»
PALERMO - Il latte fresco e il formaggio ovino morbido spalmabile, rigorosamente 100% made in Sicily, saranno presto sulle tavole dei consumatori e a un prezzo vantaggioso: i due nuovi prodotti sono stati presentati all’Albergo delle povere, a Palermo, dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo, dall’assessore regionale all’Agricoltura Elio D’Antrassi, e dai responsabili di Coldiretti e associazione regionale allevatori.
PRODOTTI 100% SICILIANI - «È il primo esperimento di una lunga serie - ha detto D’Antrassi, sorseggiando un bicchiere di latte 100% siciliano - questi prodotti verranno venduti direttamente ai consumatori con il nostro marchio, il latte fresco costerà 1.40 euro, 10 centesimi in meno rispetto ad altre marche». «Faremo altrettanto - ha aggiunto Lombardo - per altri prodotti come la pasta e il pane. È importante che i siciliani sappiano che comprando questi prodotti aiutano la nostra economia. Costeranno un po' meno ai consumatori e frutteranno qualcosa in più ai produttori». Il latte e il formaggio spalmabile sono realizzati a Ragusa, dalle cooperative Progetto Ragusa e Ragusa Latte, che raccolgono l’80% del latte prodotto in Sicilia. Della certificazione di questi prodotti si è occupato l’istituto Zooprofilattico, mentre grazie a un accordo siglato con la Coop saranno presto disponibili nei supermercati.
COLDIRETTI: «GIORNATA STORICA PER LATTE SICILIANO» - «Invece di mandare il latte alle industrie del Nord e pagarlo il doppio quando torna nell’Isola, utilizziamo il nostro prodotto e garantiamo i consumatori». Queste le parole del presidente regionale della Coldiretti, Alessandro Chiarelli, durante la presentazione di questa mattina. L’iniziativa è dell’Associazione regionale allevatori, di cui Alessandro Chiarelli è il commissario straordinario, seguita dal sistema Italialleva attraverso le strutture dell’Aras e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale. «Oggi - afferma - è una giornata che possiamo definire storica perchè finalmente garantiamo la produzione e la commercializzazione di latte e formaggio sani che arrivano da allevamenti che soddisfano tutti i paramenti sanitari. Aggiungiamo un anello alla filiera lattiero casearia dimostrando che con investimenti adeguati si possono raggiungere traguardi importanti come questo».
10 dicembre 2010
Il resto son chiacchiere da approfittatori ed infantili immaturi.
grecanico
Fonti:
http://palermo.blogsicilia.it/arriva-sul-mercato-il-latte-fresco-siciliano-al-100/21167/
Nessun commento:
Posta un commento