Basilicata. Un nuovo portale per le imprese
L'UNIONE SARDA - Economia: In cinque
anni fallite nell'Isola mille aziende
L'UNIONE SARDA - Economia: «Negli anni
'70 le vigne erano il triplo»
Istat. Prezzi delle abitazioni (dati
provvisori)
Commissione Ue, ok deviazione deficit per
investimenti
Trst, oltrepadania est. «Tlt, l’Italia non può
più far finta di niente»
Slovenia, Ernst&Young vede ancora due anni
recessione
Accordo in Kosovo, cessano attività tribunali
serbi a Nord
Basilicata. Io lavoro per te, tu per me
Scambio di
manodopera nei campi per frenare la crisi
di MASSIMO BRANCATI
Sopravvivono aggrappandosi a una tradizionale
forma di collaborazione occasionale, quasi sempre a titolo gratuito. Intese
familiari, amicali, scambio di manodopera, veri e propri hobby festivi, spesso
per poche ore giornaliere, nei periodi della vendemmia, della raccolta delle
olive e delle potature. Si tratta di piccolissime attività agricole della
Basilicata nelle quali la frazionata ed atipica proprietà terriera non è mai
riuscita in passato, ancora meno oggi, a garantire un effettivo utile
aziendale, per la loro scarsa redditività.
«Oggi, ancor peggio di ieri - dice Giovanni
Miele, agricoltore di Melfi, proprietario di un vigneto - non riusciamo più
nemmeno a coprire le spese fisse che annualmente gravano sugli appezzamenti».
Nelle difficoltà ci si aiuta a vicenda. Mimmo Corona, di Candela, che ha un
vigneto a pochi chilometri da quello di Miele, ha stretto un «patto» di
solidarietà con il suo collega: nel periodo della vendemmia l’uno scende in
campo per l’altro, accompagnato dai più stretti collaboratori. «Sì - dicono
Miele e Corona - lavoriamo insieme prima in un vigneto e poi nell’altro. Senza
chiedere nulla in cambio, ma solo per darci una mano reciprocamente. In questo
periodo di crisi acuta se non facciamo così è la fine». Nelle rispettive
«squadre» di aiutanti figurano molti pensionati, un particolare che rischia di
creare qualche problema dal punto di vista burocratico. Questa forma di
collaborazione volontaria spesso viene scambiata per «lavoro nero». Non a caso
- spiegano Miele e Corona - molti pensionati hanno rinunciato a dare una mano
alle microaziende in continua crisi. «È un danno per tutto il sistema.
Soprattutto quando si parla di potature. Si tratta - aggiungono - di
un’operazione colturale di particolare professionalità, che in campagna sanno
fare in pochi e non certamente i giovani, impegnati in altri settori
produttivi. Se non ci sono i nostri anziani a intervenire si andrà incontro al
completo abbandono delle piante da potare». Il confine tra la collaborazione
volontaria e il lavoro nero è molto flebile. Con i continui controlli
anti-caporalato fioccheranno i verbali degli ispettori: «E questo - dicono
Miele e Corona - potrebbe determinare la fine delle microaziende familiari, con
l’incoltura degli appezzamenti. Ma forse non tutti sanno, neppure gli ispettori
del lavoro, che la legge ci consente di scambiare manodopera». «Parlando di
coltivatore diretto - spiega Miele - la normativa dice che è colui che si
dedica abitualmente alla manuale coltivazione del fondo e/o all'allevamento del
bestiame, coprendo almeno un terzo del fabbisogno lavorativo aziendale,
quantificato in 104 giornate annue. Per realizzare lo scambio di manodopera non
è tuttavia necessario che l'impegno lavorativo complessivo raggiunga le 104
giornate. A giustificazione della deroga alle norme sul collocamento, che
altrimenti imporrebbero l'obbligo di assumere il vicino con un formale
contratto di lavoro - conclude l’agricoltore lucano - la dottrina giuridica e
la pratica agricola tengono conto che alcune lavorazioni (fienagione,
mietitura, trebbiatura, vendemmia e via dicendo), dovendo essere eseguite in un
breve tratto di tempo, richiedono un apporto operativo superiore a quello di
cui dispone normalmente il coltivatore. Avviene, quindi, che la manodopera
integrativa sia fornita, per le imprese agricole familiari, dai vicini, con il
solo impegno di ricambiarla»
Basilicata. Un nuovo portale per le imprese
Dal web lo sguardo
ai mercati internazionali
Sviluppo Basilicata
dedica alle azienda lucane un sito in continuo aggiornamento per tenere sotto
controllo i flussi di mercato
Le aziende lucane
potranno accedere a un sito web su cui ottenere, in modo chiaro e costantemente
aggiornato, dati sull'andamento dei mercati internazionali (dai prodotti
maggiormente richiesti nelle varie aree del mondo ai bandi per le imprese, fino
alla "mappa" delle fiere di settore): il portale
www.sprintbasilicata.it è stato presentato stamani, a Potenza, dal presidente
della giunta e dall’assessore regionale alle attività produttive, Vito De Filippo
e Marcello Pittella, e dall’amministratore di Sviluppo Basilicata, Raffele
Ricciuti.
Sul sito (a cui si
accede attraverso una registrazione gratuita on line) sono state pubblicate in
questa prima fase le sezioni “news”, “opportunità”, “mercati” e “fiere ed eventi”:
sono disponibili anche informazioni sui progetti (appalti e bandi) che si
intendono realizzare non solo in Italia, ma anche negli altri continenti, e sul
regime fiscale in vigore nelle altre nazioni. Possono essere pubblicate anche
richieste da parte di aziende estere su collaborazioni e necessità produttive.
L’aggiornamento del
sito, realizzato da Sviluppo Basilicata, è completamente automatico, con
contenuti tradotti in sei lingue diverse.
“La collocazione -
ha detto De Filippo - nei mercati internazionali è la via giusta per consentire
alle noste imprese per sopperire alla crisi dei consumi che nel nostro Paese,
come anche in Basilicata, si riflette sul comparto produttivo”. Pittella ha poi
detto che “la Regione scommette fortemente su questa iniziativa, che
rappresenta un percorso strategico, perchè c'è una Basilicata che si muove
verso i mercati e la competizione estera con ottimi risultati in termini di
fatturato: c'è bisogno di guardare al mondo e noi abbiamo know-how ' prodotti
di eccellenza che ci permettono di farlo”.
Ricciuti ha invece
spiegato che “questo è uno dei pochi portali al mondo in grado di offrire un
servizio del genere e di creare una rete immediata tra i mercati”. La Regione
ha anche messo a disposizione 2,8 milioni di euro (1,2 direttamente con fondi
propri e il resto dal ministero dello svilippo economico) per il sostegno
all’internazionalizzazione delle imprese.
mercoledì 03 luglio
2013 15:48
L'UNIONE SARDA - Economia: In cinque
anni fallite nell'Isola mille aziende
03.07.2013
CNA.
Pagamenti in ritardo La crisi è implacabile. Dal 2008 ad oggi in Sardegna sono
fallite oltre 970 aziende registrate alle Camere di commercio. Soltanto nei
primi cinque mesi del 2013, sono state ben 124 le imprese che hanno portato i
libri in tribunale, sette in più rispetto allo stesso periodo del 2012 se si
considera il complesso delle imprese iscritte a procedure concorsuali
(fallimenti, liquidazione coatta, concordato o amministrazione controllata). Si
tratta, in sostanza, di 1,3 imprese al mese ogni 10 mila attive iscritte ai
registri camerali nel 2008 (da cui risultano esclusi liberi professionisti e
imprese della pubblica amministrazione). L'ALLARME A lanciare l'allarme è la
Cna sarda che ha rilevato come la congiuntura negativa regionale negli ultimi
anni abbia fatto aumentare «vistosamente» il numero di procedure concorsuali,
passate dalle 77 del 2008 e le 107 del 2009, alle 251 del 2012. «Stando ai dati
in nostro possesso», spiegano in una nota Bruno Marras e Francesco Porcu,
rispettivamente presidente e segretario della Cna regionale, «alla fine
dell'anno in corso le imprese in fallimento potrebbero ancora aumentare senza
un adeguato supporto». I NUMERI Secondo l'indagine dell'associazione degli
artigiani, il 46% dei fallimenti ha riguardato imprese di medio piccola
dimensione (tra 2 e 9 addetti) e per quasi un terzo imprese con un unico
addetto. Se si considera che il 96% delle imprese sarde ha meno di 9 addetti,
in rapporto al 2008 è decisamente salita la percentuale di fallimenti tra le imprese
con più di 9 lavoratori, arrivata al 4%: quasi 8 imprese al mese ogni 10 mila
attive contro lo 0,6% tra le imprese più piccole. L'EDILIZIA La ricerca della
Cna Sardegna evidenzia una situazione più grave per le imprese del settore
edile. «È una cosa che non sorprende più di tanto», spiegano Marras e Porcu: «È
dal 2005 che il comparto delle costruzioni ha iniziato a perdere investimenti».
Nel 2011, secondo i vertici della Cna il calo è stato del 7% a valori reali e
nel 2012 (-2,6%) si è raggiunto il minimo degli anni 2000, ma ulteriori
flessioni sono attese anche per il 2013. «La percentuale di fallimenti tra le
imprese edili nel periodo 2008-2013 è pari al doppio rispetto al resto delle
imprese regionali (1,2% contro lo 0,6%)», sottolineano Marras e Porcu. «È una
condizione che rischia di aggravarsi in autunno, visti i ritardi e la
preoccupante lentezza con cui le pubbliche amministrazioni liquidano i crediti
alle imprese e l'ingorgo che si creerà a fine anno con scadenze fiscali e
contributive che si concentreranno a novembre e dicembre», concludono i vertici
della Cna regionale
L'UNIONE SARDA - Economia: «Negli anni
'70 le vigne erano il triplo»
03.07.2013
L'INTERVISTA.
Gigi Picciau, decano degli enologi sardi, ripercorre i cambiamenti del mercato
nell'Isola Il vino sardo è migliorato in qualità ma le quantità sono calate
progressivamente negli anni. Gigi Picciau, decano degli enologi sardi ed ex
presidente di Confagricoltura, ripercorre le tappe che hanno portato alla
situazione attuale. «Ormai di espianti di vigne non se ne parla più», dice,
ricordando che negli anni Settanta i vigneti in Sardegna erano circa il triplo
degli attuali 28mila ettari. «Oggi due terzi del vino che consumiamo lo
importiamo», aggiunge. Ma come? Il vino sardo non si esporta in tutto il mondo?
«Questo è vero, ma produciamo ed esportiamo vino di buona qualità mentre
importiamo vini comuni. E guai se non fosse così». Negli anni Settanta il
rapporto era invertito. «Esattamente. La Sardegna ha esportato per anni vino
sfuso in Francia, dove veniva utilizzato per dare corpo alle loro bottiglie, e
nel Lazio, usato come prodotto da taglio. Oggi, i nostri vini da tavola più
ordinari hanno un costo elevato e quindi vengono poco utilizzati per scopi di
questo genere». Come mai la produzione in Sardegna si è ridotta così tanto:
colpa dei contributi per l'espianto? «Tra gli anni Settanta e Ottanta, solo a
Dolianova e Monserrato si otteneva quello che oggi viene prodotto, come
quantità, in tutta l'Isola. Solo che si faticava sul mercato, i ricavi non
aumentavano e così qualcuno ha pensato bene di prendere i contributi per
estirpare le viti». Oggi le cantine producono per imbottigliare, non più per il
vino sfuso. «Negli anni Ottanta si è iniziato a impiantare vitigni doc,
cambiare la produzione. La qualità è migliorata con tecnica impiantistica e si
è ridotta l'attività della cooperazione, che prendeva contributi per
raccogliere ettolitri su ettolitri da vendere sfusi anche per la distillazione.
Ora, tutto questo è venuto meno e così è cambiata l'attività in Sardegna». Sono
arrivati i disciplinari di produzione e nuove cantine. «Le aziende sarde hanno
iniziato a vivere di luce propria. Anche se non è che oggi si fatichi meno a
vendere il vino». All'estero però è apprezzato. «Ma forse non si fa ancora
abbastanza. Il mercato del vino è difficile e spesso la politica pensa di avere
la chiave per dominarlo, mentre non ci riescono neanche gli operatori. Per
giunta non si può pensare di vendere un vino solo perché è sardo. Oggi anche il
Cile e la California producono ottimi vini, per cui convincere gli esportatori
è più difficile». La sua ricetta? «Non so se sia meglio partecipare alle fiere,
spendendo molto, oppure selezionare dieci giovani, a cui dare centomila euro
ognuno all'anno, mandandoli in dieci differenti aree del mondo per “piazzare”
il vino sardo. Secondo me questo metodo sarebbe più efficace, ma come ho già
detto, il mercato non è facile neanche per chi vi opera».
Istat. Prezzi delle abitazioni (dati
provvisori)
Nel primo trimestre
2013, secondo le stime preliminari, l'indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB)
acquistate dalle famiglie sia per fini abitativi sia per investimento registra
una diminuzione dell'1,2% rispetto al trimestre precedente e del 5,7% nei confronti
dello stesso periodo del 2012.
Il calo
congiunturale del primo trimestre, sebbene di ampiezza più contenuta rispetto
ai precedenti, è il sesto consecutivo, mentre la flessione su base tendenziale
(-5,7%) è la quinta consecutiva registrata dall'IPAB e accentua quella del
quarto trimestre del 2012, quando era stata pari a -5,2%.
La flessione
congiunturale più contenuta rispetto a quella del quarto trimestre 2012, quando
era stata pari a -2,2%, è dovuta principalmente all'attenuazione della
flessione congiunturale dei prezzi delle abitazioni esistenti (-1,1% da -3,3%
registrato nel quarto trimestre 2012). È invece il secondo (e il più ampio mai
registrato), dopo quello del terzo trimestre 2012, il calo congiunturale dei
prezzi delle abitazioni nuove.
Per la prima volta
da quando è iniziata, la flessione su base annua dei prezzi delle abitazioni è
il risultato della diminuzione sia dei prezzi delle abitazioni esistenti
(-7,7%) sia di quelle di nuova costruzione (-1,1%).
Quello dei prezzi
delle abitazioni nuove è il primo calo tendenziale da due anni a oggi, mentre
la diminuzione su base annua dei prezzi delle abitazioni esistenti è la sesta
consecutiva e pur rimanendo ampia, mostra una lieve attenuazione rispetto a
quella registrata nel quarto trimestre 2012.
Commissione Ue, ok deviazione deficit per
investimenti
La Via, grazie alla
flessibilità discesa del deficit "a scatti"
03 luglio, 13:33
BRUXELLES - La
Commissione Ue ''consentira' deviazioni temporanee dal raggiungimento
dell'obiettivo di medio termine'' che consentiranno ''investimenti pubblici
produttivi'', cofinanziati dalla Ue. Lo ha annunciato il presidente Jose'
Barroso e oggi il commissario Olli Rehn scrivera' ai ministri per spiegare il
nuovo approccio.
La Commissione, ha spiegato Barroso, ''ha
esplorato ulteriori modi all'interno del braccio preventivo del Patto di
Stabilita' (cioe' per chi e' sotto il 3% di deficit e quindi fuori da
procedura, ndr) per realizzare investimenti pubblici non ricorrenti con un
impatto provato sulle finanze pubbliche''.
E oggi quindi Barroso ha annunciato che
''quando la Commissione valutera' i bilanci nazionali per il 2014 e i risultati
di bilancio del 2013, considerera' di consentire deviazioni temporanee del
deficit strutturale dal suo percorso verso l'obiettivo di medio termine (per
l'Italia e' il pareggio strutturale nel 2014-2015, ndr) fissato delle
raccomandazioni specifiche per Paese''. Tale deviazione ''deve essere collegata
a spesa pubblica su progetti co-finanziati dalla Ue nell'ambito della politica
strutturale e di coesione, delle reti trans-europee e della 'Connecting Europe
Facility' con un effetto nel lungo termine positivo, diretto e verificabile sul
bilancio''.
''E' una delle richieste del governo italiano
che si concretizzano'', ha sottolineato Giovanni La Via, capogruppo Pdl al
Parlamento europeo. ''Permettera' investimenti in infrastrutture perche' la
discesa del deficit - spiega La Via - non dovra' piu' seguire una linea
continua, ma potra' avere una progressione 'a scatti', alternando momenti di
decrescita a momenti di stasi, con un grafico 'a scaletta'''.
Trst, oltrepadania est. «Tlt, l’Italia non può
più far finta di niente»
Presentato nella
nuova sede di Trieste Libera il dossier sulle «violazioni» compiute dallo Stato
Un dossier in cui
sono state raccolte e spiegate nel dettaglio le violazioni commesse
dall’autorità italiana nei confronti dei cittadini del Territorio Libero di
Trieste nel corso degli ultimi 60 anni. Una denuncia ufficiale contenuta in un
fascicolo denominato “Atto urgente di reclamo e messa in mora”, presentato nei
giorni scorsi al Governo italiano reo di aver violato il mandato fiduciario di
amministrazione civile provvisoria del Tlt, conferito con il Memorandum di
Londra, in esecuzione del Trattato di Pace di Parigi.
È l’ultima azione
portata avanti dagli esponenti del movimento Trieste Libera, che hanno esteso
l’atto anche a tutte le amministrazioni locali dello Stato italiano operanti
nella zona A del Tlt e che, attualmente, è in fase di trasmissione al Consiglio
di Sicurezza e ai Paesi membri delle Nazioni Unite, al Parlamento e alla
Commissione europea.
«È un atto giuridico
di grande rilevanza in cui sono evidenziate le violazioni perpetrate dallo
Stato italiano fin dal 1954, quando attraverso una sovranità autodichiarata si
è di fatto imposto come stato occupante di questo territorio», ha spiegato
Roberto Giurastante di Trieste Libera, durante un affollato incontro tenuto nella
nuova sede del Movimento di piazza della Borsa 2: movimento che gode di una
“vetrina” importante nel palazzetto liberty firmato da Max Fabiani. «Portiamo
avanti questa battaglia da un anno e mezzo - ha proseguito Giurastante - e dopo
aver interpellato senza successo l’autorità giudiziaria, l’unica soluzione era
investire della questione il Governo italiano». Nel documento, Trieste Libera
propone anche soluzioni: nello specifico, viene precisato che il Governo
italiano dovrà riconoscere ed esercitare il proprio mandato fiduciario evitando
ogni genere di confusione tra il Territorio Libero di Trieste e lo Stato
Italiano, oppure, in caso di impossibilità dovuta a conflitti di interesse,
rimetterlo nelle mani degli stati affidatari, Usa e Gran Bretagna, che a loro
volta potranno chiamare in causa direttamente il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite, che potrà decidere di esercitarlo in proprio o delegare
l’amministrazione del territorio ad un’altro stato che, nei suggerimenti di
Trieste Libera, potrebbe essere individuato nell’Austria.
«Questo atto diventa
uno strumento forte che tutti i cittadini del Tlt potranno utilizzare per
opporsi ad ogni violazione o azione intimidatoria da parte dell’autorità
italiana - ha concluso Giurastante -. L’Italia non potrà più far finta di
niente e dovrà prendere atto di queste accuse di violazione del diritto
internazionale. In modo particolare quelle riguardanti l’esproprio forzato dei
beni pubblici demaniali di Trieste e del suo Porto Franco Internazionale: una
truffa colossale da decine di miliardi di euro che ha provocato l’attuale
situazione disastrosa del Porto e di cui ora l’Italia dovrà rendere conto».
Pierpaolo Pitich
Slovenia, Ernst&Young vede ancora due anni
recessione
'Ma nonostante
difficolta' Lubiana puo' farcela da sola'
03 luglio, 12:57
(ANSA) - LUBIANA -
L'agenzia Ernst&Young ha pubblicato le previsioni sulla crisi slovena,
secondo le quali per il 2013 e' attesa una contrazione del Pil del 4,9%, per il
2014 una nuova recessione del 2,9%. Una prima crescita, che e' prevista per il
2015, dovrebbe attestarsi all'1,1%. Nonostante questi dati, Ernst&Young
dichiara che la Slovenia potra' uscire dalla crisi senza aiuti esterni.
I settori che subiranno le contrazioni
maggiori sono quelli degli investimenti (11,1% nel 2013 e 5,5% nel 2014) e la
spesa privata dei cittadini (6,7% nel 2013 e 2,5% nel 2014). Non sono
promettenti nemmeno le previsioni per quanto riguarda l'export, il motore
dell'economia slovena: nell'anno in corso dovrebbe calare del 2,5%, nel 2014 di
un ulteriore 1,7%. Le stime negative valgono anche per il tasso di
disoccupazione che dovrebbe raggiungere il 13,9% nel 2013 e il 14% nell'anno
successivo. Il deficit dovrebbe, secondo Ernst&Young, attestarsi al 9,6%
del Pil nel 2013 e calare poi al 4,4% nel 2014, mentre il debito pubblico
dovrebbe salire al 70,4% del Pil entro quest'anno e al 75,4% nel 2014. (ANSA).
Accordo in Kosovo, cessano attività tribunali
serbi a Nord
A Bruxelles prosegue
negoziato delegazioni tecniche
03 luglio, 13:01
(ANSA) -
PRISTINA/BELGRADO - Cessa da oggi l'attivita' dei tribunali serbi nel nord del
Kosovo, sulla base dell'accordo fra Belgrado e Pristina del 19 aprile scorso.
Lo riporta la stampa locale, sottolineando come si tratti di un ulteriore passo
verso l'abolizione delle strutture parallele di governo mantenute finora da
Belgrado nel nord del Kosovo a maggioranza di popolazione serba. D'ora in poi i
serbi del Kosovo non potranno piu' rivolgersi ai tribunali serbi ma dovranno
presentare le loro istanze a quelli kosovari.
Nei giorni scorsi, sempre sulla base
dell'accordo sulla normalizzazione delle relazioni raggiunto dai premier serbo
e kosovaro con la mediazione Ue, erano stati chiusi i posti di polizia serbi
nel nord del Kosovo.
Negoziati a livello tecnico proseguono a
Bruxelles fra le delegazioni di Belgrado e Pristina per risolvere i contenziosi
ancora in piedi nei settori dell'energia, delle telecomunicazioni,
dell'amnistia, delle elezioni locali. Un nuovo incontro fra i premier Ivica
Dacic e Hashim Thaci - che dovranno dirimere le questioni non risolte ad opera
dai negoziatori - e' in programma a Bruxelles l'8 luglio prossimo.
La piena attuazione dell'accordo del 19 aprile
e' stata chiesta dalla Ue per aprire in gennaio i negoziati di adesione con la
Serbia e per l'accordo di associazione col Kosovo.
(ANSA).
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