mercoledì 5 gennaio 2011

Allarme disoccupazione per la Spagna

di Calcaterra Michele
5 gennaio 2011
Madrid. La bassa crescita del Pil frenerà la creazione d'impiego anche nei prossimi mesi Allarme disoccupazione per la Spagna Michele Calcaterra MADRID. Dal nostro corrispondente aut La Spagna inizia il suo terzo annodi crisi con oltre 4,1 milioni di disoccupati e 2 milioni.di posti di lavoro persi nell'arco di 2 anni e mezzo. La metà dei quali nel settore dell'immobiliare e quindi difficilmente recuperabili nel breve periodo.


José Luis Zapatero ne è cosciente e abbozza. Sa bene che il pieno recupero del paese è ancora lontano. «Il 2010 è stato un anno stressante per tutti, anche per me», ha dichiarato il presidente in un incontro sotto Natale con i giornalisti, aggiungendo che «sarà così anche per il 2011». Insomma, all'orizzonte si profilano ancora mesi difficili, anche se il risanamento dei conti pubblici sembra andare nella giusta direzione. Ieri, infatti, Zapatero ha annunciato che il disavanzo pubblico 2010 sarà migliore del previsto (l'obiettivo era il 9,3% del Pil) e questo risultato aiuterà a centrare il target di quest'anno previsto nel 6%. Sul fronte più strettamente dell'economia, la situazione è di lenta e graduale ripresa. Se lo scorso esercizio si è saldato sostanzialmente in pari, il 2011 dovrebbe essere l'anno del consolidamento: il governo punta a una crescita del Pil dell'1,3%, mentre le stime di banche e istituzioni internazionali sono comprese in una forchetta che va dallo 0,4%. di Caja Madrid allo 0,7% dell'Fmi. Insomma, se ripresa ci sarà, sarà molle, inferiore a quella degli altri principali partner della Ue.

Quanto basta per affermare che sul fronte dell'occupazione, nonostante nel 2011 si preveda la creazione netta di nuovi posti di lavoro, la situazione rimarrà tesa. Dei tre settori trainanti dell'economia, immobiliare, auto e turismo, i primi due attraversano infatti una pesante crisi e il terzo non brilla più come un tempo. Nel frattempo le imprese (soprattutto le Pmi) affrontano una stretta del credito drammatica. Tanto che di nuovi investimenti, non se ne parla proprio. La parola d'ordine è "aguantar", resistere aspettando tempi migliori.

José Luis Zapatero, varate le misure di carattere straordinario per far fronte alla crisi, gioca ora la carta delle riforme strutturali in modo da dotare la Spagna di un nuovo modello economico-sociale in grado di metterla al passo conia concorrenza degli altri paesi. Varata con difficoltà e non senza malumori quella del lavoro (in attesa peraltro di nuove modifiche), il presidente si è impegnato a mettere mano a quella delle pensioni entro fine gennaio. L'obiettivo è quello di elevare gradualmente l'età di "jubilación" a 67 anni e di cambiare il meccanismo di calcolo, allargando il numero degli anni ai 20 migliori. Naturalmente queste riforme non piacciono ai sindacati che, dopo lo sciopero generale del 29 settembre scorso sono pronti nuovamente a occupare le piazze. Tanto più che tra qualche mese sparirà l'aiuto straordinario di 426 euro mensili a favore dei senza lavoro di lunga durata. Lo impone il rigore di bilancio, ma soprattutto il fatto che Zapatero intende promuovere una politica attiva (e non assistenziale) di reinserimento al lavoro. Un obiettivo sicuramente lodevole, ma vano fino a quando l'economia non riprenderà a crescere secondo ritmi accettabili. Vale a dire non prima di 3-4 anni. Altro punto prioritario è quello del risanamento del settore finanziario in generale e delle casse di risparmio in particolare. Senza questo "passo" che il presidente ritiene fondamentale, la speculazione internazionale dei mercati continuerà a picchiare duro e il paese a pagare premi di rischio elevati. Con gravi conseguenze per il costo del finanziamento del suo debito. Meno male però che il vicepresidente cinese Li Keqiang, in visita ufficiale ieri a Madrid, ha assicurato che Pechino è pronta ad andare in aiuto della Spagna. Per Zapatero si tratta di una boccata d'ossigeno importante.
 

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