Leonardo Maisano
LONDRA. Dal nostro corrispondente
«Non sono diventato Cancelliere dello Scacchiere per alzare le tasse, ma quando devi convivere con un deficit vasto come quello britannico e sei nel mezzo di una crisi come quella che scuote il debito sovrano europeo, l'Iva è la risposta giusta».
Il Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, comincia il nuovo anno in trincea e con l'elmetto ben calato sul capo per ripararsi dagli attacchi dell'opposizione laburista. Il rialzo dell'Iva dal 17,5 al 20% entrato in vigore ieri nel Regno Unito segna il via alla fase più dolorosa della stretta che Londra ha imposto a se stessa per uscire da un disavanzo pubblico superiore all'11% del Pil. E scatena le accuse del Labour che vede nelle politiche del governo un'operazione contro i ceti meno abbienti. Il rialzo dell'Iva - sono esclusi i generi alimentari e gli abiti per i bambini - in realtà sembra destinato a colpire soprattutto i redditi medi e quelli più elevati, ma il dibattito politico va oltre le considerazioni degli economisti che compulsano ogni sussulto del quadro finanziario e industriale britannico.
Il 2011 inizia, in realtà, con due buone notizie. La prima è il dato Pmi del settore manifatturiero che in dicembre ha raggiunto quota 58,3, il record degli ultimi sedici anni con produzione, occupazione ed esportazioni in costante aumento. La seconda arriva da una ricerca del Financial Times, secondo cui 78 su 79 economisti intervistati escludono una ricaduta nella recessione nel 2011. Per (quasi) tutti Londra è salva dalla minaccia del cosiddetto double dip, anche se il prezzo da pagare è valutato diversamente. Ancora una volta, però, la netta maggioranza degli studiosi interpellati (58%) approva le misure di Osborne ed è convinta che funzioneranno.
Il governo è promosso, ma le incognite restano tante. A cominciare da quelle denunciate ieri dai commercianti che vedono nel rialzo dell'Iva una minaccia al buon esito dell'operazione saldi e delle vendite in generale nel corso dell'anno. Il 90% degli interpellati è convinto che la misura avrà ricadute dirette sul business e questo in un'economia come quella britannica, fortemente orientata sui consumi, significa ricadute negative per la crescita. Sul tasso di sviluppo dell'anno appena cominciato le valutazioni restano molto diverse. La Banca d'Inghilterra è ottimista immaginando una crescita del 2,5%, l'Obr, (Office of budget responsibility, organismo indipendente anche se di nomina governativa) non va oltre al 2,1, mentre due fra i maggiori think tank del paese, Capital Economics e Niesr (National institute for economic and social research), si fermano a quota 1,6 per cento. Immaginano, cioè, una ripetizione della performance del 2010. «Siamo convinti - precisa Simon Kirby del Niesr - che non si andrà oltre per effetto della stretta. Se non ci fossero stati i tagli alla spesa e la correzione alle imposte, il Pil sarebbe aumentato del 2,2%. La manovra di bilancio toglie almeno mezzo punto alla crescita».
Kirby è più negativo anche sulle prospettive di occupazione. Per l'Obr, il Regno Unito ha già aggiunto il target che si era dato per il 2012 con un tasso di disoccupazione al 7,7 per cento. «È occupazione creata calcolando il part time. Questo significa - continua Kirby - che nel 2011 il tasso di chi è senza lavoro arriverà all'8,9% perché molte imprese, invece di assumere, trasformeranno i contratti esistenti a tempo pieno». E questo non basterà per far fronte alla perdita di posti nel settore pubblico decretati dalla stretta. Concordano tutti, invece, sull'inflazione che rimarrà ben oltre il target del 2% indicato dalla Banca d'Inghilterra. I prezzi al consumo soffriranno il rialzo dell'Iva e resteranno almeno un punto oltre l'obiettivo della banca centrale.
Il quadro è, e non poteva essere diversamente, in chiaroscuro. La sensazione generale è che, superato il baratro della crisi, il 2011 sarà più duro del 2010, anno che Londra ha superato molto meglio delle attese. Nelle prossime settimane le misure di bilancio varate si faranno sentitre e solo allora il governo Con-Lib di David Cameron e Nick Clegg saprà se l'azzardo voluto dal loro Cancelliere sarà destinato a pagare. Gli economisti alzano il pollice a Downing street, la parola va ora al paese.
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