Sezione etnica:
1. Slovenia, case da Sesana a Pirano: «Stop agli italiani».
Sezione nord est:
2. Udine. Regione, più spese per il consiglio.
3. Padova. Mense, una famiglia su due non paga.
Sezione mezzogiorno:
4. Sardegna. Vendola esulta, molti dubbi tra gli alleati.
5. Cagliari. Zedda: «Sono pronto a sfidare i poteri che sembrano forti».
6. Napoli. Operatori sociali barricati nel castello.
1. Slovenia, case da Sesana a Pirano: «Stop agli italiani». di Franco Babich. Quasi 3500 immobili venduti a cittadini stranieri: soprattutto inglesi e italiani. Dal Carso e dal Litorale pressing su Lubiana per bloccare gli acquisti. Lettera delle Iniziative civiche: «Si snaturano demografia e paesaggio». Impennata dei prezzi: «La popolazione locale o non riesce ad acquistare casa». SESANA Dal giorno dell'entrata nell'Unione europea (1.o maggio 2004) alla fine di agosto del 2010, sono 3466 i cittadini stranieri diventati proprietari d’immobili in Slovenia. Al primo posto figurano i britannici, con 1198 acquisti, seguiti dagli italiani con 980. Tutti gli altri – nell'ordine austriaci, tedeschi, irlandesi, francesi, olandesi e svedesi – sono molto distanziati. Il quadro però potrebbe cambiare anche drasticamente nei prossimi anni: le Iniziative civiche per il Carso e per il Litorale hanno chiesto pubblicamente al governo sloveno di limitare la vendita agli stranieri nelle aree di confine. «Sul Carso sloveno in particolare - sostengono gli autori della lettera - gli italiani hanno letteralmente sconvolto il mercato immobiliare e Lubiana, come ha fatto la Danimarca per le zone confinanti con la Germania, dovrebbe chiedere all'Unione europea il diritto di tutelare l'area e di limitare la possibilità di acquisto d’immobili da parte dei cittadini stranieri».
C'è tempo per farlo solo fino al 1.o maggio di quest'anno, sottolineano a Sesana. E ammoniscono: «Non è solo un problema di mercato ma anche di tutela dell'identità slovena del territorio». Nel presentare la propria iniziativa, i rappresentanti delle Iniziative civiche per il Carso e per il Litorale hanno fatto l'esempio di Corgnale (Lokev). Nel 2002 vi vivevano 800 cittadini sloveni in 270 case e 50 abitazioni erano vuote. Nel 2010, invece, gli italiani erano già proprietari di 80 case. Questa pressione sul mercato immobiliare ha portato a un drastico aumento dei prezzi: da 15 euro al metro quadro, il costo dei lotti fabbricabili è salito a 120 euro al metro quadro. Le conseguenze sono due, spiegano: «La popolazione locale o non riesce ad acquistare casa perché non ha i mezzi necessari, visto che il potere d'acquisto degli italiani è più alto, per cui abbandona la zona, oppure vede il proprio tornaconto e vende terreni alle agenzie immobiliari, che poi costruiscono altri appartamenti per il mercato».
E per i firmatari la conseguenza è ancora una volta lo stravolgimento paesaggistico e demografico del territorio. I nuovi residenti, cioè i cittadini italiani, continuano ovviamente a recarsi al lavoro e a pagare le tasse in Italia ma sul Carso sloveno finora non avrebbero dimostrato particolare disponibilità ad adeguarsi al nuovo ambiente. «Anzi - sostengono con timore gli autori della lettera al governo - nei negozi e negli uffici si aspettano di potere risolvere tutte le pratiche nella loro lingua. Da qui alla richiesta di un asilo bilingue il passo è breve».
Secondo fonti ufficiose, rilevano i responsabili delle due Iniziative civiche, questo interesse degli italiani per gli immobili in Slovenia sarebbe sostenuto dalle banche e dalla politica italiana. Dopo il Carso, sostengono, potrebbero essere presi di mira il Collio sloveno e la zona dei Brkini (a Sudest dal Carso, fino al Nevoso e alla Ciciaria) e in generale i territori a Ovest dell'ex confine di Rapallo.
«Per evitarlo - sostengono - sarebbe auspicabile istituire un Parco nazionale del Carso». Della ”svendita” dei territori sloveni e della massiccia presenza italiana sul mercato immobiliare si parlerà domani a Sesana nel corso di una tavola rotonda nell'aula del Consiglio comunale, con inizio alle 17.30. Tra gli ospiti, lo storico Joze Pirjevec e lo scrittore Boris Pahor, entrambi triestini di nazionalità slovena.
2. Udine. Regione, più spese per il consiglio. Salgono da 24 a 26 milioni i fondi per stipendi, indennità e missioni. di Paolo Mosanghini. UDINE. Quanto costerà l’attività del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia nel 2011? La previsione di spesa è di 26 milioni 178 mila 413 euro. Due in più rispetto al 2010 che ha chiuso con un bilancio consuntivo di 24 milioni 202 mila e 80 euro (anche se a disposizione c’era una cifra superiore, infatti l’avanzo è stato di 2 milioni 820 mila euro). Il Palazzo aveva chiuso il 2009 con un bilancio di 24 milioni 355 mila e 429 euro, non tutto è stato speso; due anni fa in cassa erano rimasti 4 milioni 619 mila 972 euro.
Entrate. Per l’anno appena cominciato le entrate previste derivano dall’avanzo del 2010, una cifra pari a 2 milioni e 820 mila euro, e dai fondi affidati al Corecom (16 mila 413 euro) e non spesi. Queste sono soltanto le prime voci. Ci sono poi le assegnazioni a carico del bilancio regionale: 21 milioni e mezzo per il funzionamento del consiglio regionale e 72 mila euro per le funzioni dell’autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici. Cinquantamila euro sono proventi degli interessi sulle giacenze di cassa. Inoltre, i contributi versati dagli eletti per l’indennità di fine mandato ammontano a 357 mila euro e quelli per l’assegno vitalizio sono di un milione 716 mila euro. Spiccoli poi da rientri e recuperi: 4 mila euro. In totale la previsione delle entrate per il 2011 è di 26 milioni 178 mila 413 euro. Un po’ meno dell’anno scorso quando la cifra era di 27 milioni e 48 mila euro.
Uscite. Ma come saranno impegnati i soldi a disposizione del consiglio regionale? Il capitolo 1 riguarda interamente il trattamento delle indennità spettanti ai consiglieri e i costi dell’attività di aggiornamento dei 59 consiglieri eletti. In totale è preventivato che per il 2011 saranno spesi 10 milioni e 100 mila euro le indennità di presenza, di carica e di funzione, per il rimborso delle spese, il vitto, l’utilizzo dell’automobile e le missioni. Con 44 mila euro saranno rimborsati i transiti autostradali dei consiglieri; infine, 36 mila andranno per l’a ssicurazione sugli infortuni e 50 mila per l’attività di aggiornamento. Indennità agli ex consiglieri. Un altro capitolo importante riguarda le indennità agli ex consiglieri pari a 8 milioni 350 mila euro, vale a dire circa un terzo del bilancio complessivo, così suddivise: 450 mila euro per le indennità di fine mandato, 7 milioni e 900 mila euro per i vitalizi.
L’attività. Due milioni e 900 mila euro saranno messi a disposizione dei gruppi consiliari per l’attività di promozione; 170 mila euro invece sono a nella disponibilità del presidente del consiglio per le spese riservate e di rappresentanza. Le manifestazioni, le iniziative promozionali, la partecipazione ad attività varie costerà alla Regione 415 mila euro. Contenuti i costi per le consulenze: 30 mila euro. E ancora 265 mila euro per l’informazione istituzionale (65 meno del 2010); 240 per la comunicazione (60 in meno); 172 mila per la biblioteca e la documentazione (18 in meno); 435 per l’informatizzazione degli uffici del consiglio. Spese. I costi di amministrazione e del personale sono di 159 mila euro: per archivio, stamperia e spese postali, per la gestione del bar, per la formazione dei dipendenti, per le uniformi. Arriva una sforbiciatina alle spese di cancelleria: da 70 a 65 mila euro. Ma i costi economali e di provveditorato ammontano a un milione e 544 mila euro (attrezzature, pulizia e vigilanza delle sedi, noleggio delle apparecchiature). Tradurre i lavori dell’aula dall’italiano al friulano costerà 40 mila euro (come nel 2010). Scure anche sulle missioni e sulle attività “conoscitive”: da 130 a 110 mila euro. Il Corecom assorbirà 266 mila euro e la Commissione pari opportunità 150 mila. Ridotto anche il fondo di riserva: per il 2010 erano stati accantonati 828 mila 231 euro, per quest’anno invece 584 mila 850 euro.
3. Padova. Mense, una famiglia su due non paga. Nelle materne i 90 euro del servizio saldati da 701 genitori su 1.759. E stasera nuova assemblea con Piron sul piatto unico. di Felice Paduano. PADOVA. Tutti (o quasi) protestano per la qualità e la scarsità del cibo servito nelle mense scolastiche di competenza del Comune. Ma pochi pagano l'intera retta stabilita dalla giunta Zanonato già l'anno scorso. Dal primo censimento effettuato ad inizio gennaio, il settore Servizi Scolastici guidato da Giuliana Truffa ha accertato come, nelle sole materne pubbliche (comunali e statali), sono in regola di 90 euro appena 701 famiglie su 1.759. In pratica, una famiglia su due non paga proprio oppure è in ritardo nei pagamenti mensili. Il dato ha lasciato di stucco anche l'assessore Claudio Piron: «Accerteremo subito i motivi di questi pesanti ritardi nei pagamenti. Da sempre, quest'Amministrazione viene incontro ai bisogni delle famiglie, che effettivamente non ce la fanno a pagare perché colpite dalla crisi. Le teniamo in debita considerazione con i modelli Isee e la rateizzazione. Comunque, non ci sarà tregua per scovare e punire i furbetti ed i falsi poveri».
Intanto questa sera, alle ore 20.30, alla scuola media Galilei in via della Biscia 206, si terrà il primo dei quattro incontri che Claudio Piron, Giuliana Truffa ed i medici nutrizionisti del Sian-Usl 16, Giovanni Tambuscio e Stefania Tessari, terranno con i presidenti dei consigli d'istituto ed i presidi degli Istituti comprensivi numeri 11, 12, 13 e 14 e con le commissioni mense locali. All'ordine del giorno l'illustrazione dei dati raccolti sulla somministrazione dei nuovi menù introdotti dal 10 gennaio in rapporto anche alle segnalazioni pervenute dai genitori. «Andremo ad incontrare i genitori ed i docenti con uno spirito del tutto costruttivo, incline anche ad accettare, laddove è possibile, le loro osservazioni in materia - assicura l'assessore Piron - Anche perché ai Servizi Scolastici tutti noi sapevamo che i nuovi menù erano sperimentali e, quindi, suscettibili di eventuali modifiche». Saranno presenti anche Francesco Arnau e Carlo Salmaso, rispettivamente dirigente e presidente d'istituto dell'Undicesimo Comprensivo. «Chiederemo che i piatti unici scendano da tre a due alla settimana - anticipa Salmaso - Il cibo deve arrivare a scuola più caldo ed il menù in bianco come alternativa ci deve essere ogni giorno». La vertenza, insomma, continua. Anche se il Comune ora setaccia i conti delle mense.
4. Sardegna. Vendola esulta, molti dubbi tra gli alleati. 01.02.2011. Questione di punti di vista: a guardarli da Roma (o dalla Puglia), i 5mila votanti delle primarie cagliaritane hanno dato vita a «una giornata importante per la democrazia in Italia», parole di Nichi Vendola. Vista da vicino, invece, la gara suscita molta meno emozione, almeno nei partiti del centrosinistra che non vi hanno partecipato. I vertici regionali di Rifondazione, Pdci, Italia dei valori e Unione popolare cristiana sottolineano tutti la bassa partecipazione, a conferma dei loro dubbi sul metodo. E qualcuno annuncia: non sosterremo Massimo Zedda. SEL Chissà se questo potrà far riaprire il dibattito nell'intera coalizione: certo sarebbe complicatissimo, per il Pd, dire che era tutto uno scherzo. Si andrebbe verso una spaccatura nazionale, specie dopo che è lo stesso Vendola, leader di Sinistra ecologia e libertà, a dare un significato nazionale alle primarie di domenica. «È stata una giornata importante, non solo per Cagliari e la Sardegna», dice il governatore pugliese: «È stata una giornata importante per tutta l'Italia. Ogni volta che nel nostro Paese assistiamo a forme di democrazia partecipata, reale, diretta, genuina, viviamo una nuova tappa di avvicinamento a quel cambiamento che cerchiamo». Detto questo, «complimenti e auguri a Massimo Zedda, alla città di Cagliari e a coloro che in queste primarie si sono impegnati». LA SINISTRA Ci sono però anche quelli che si sono disimpegnati, e non a tradimento ma esplicitamente e dall'inizio. Come la Federazione della sinistra, ossia il tandem Prc-Pdci: per i segretari regionali dei due partiti, Gianni Fresu e Alessandro Corona, «il dato della partecipazione alle primarie di Cagliari preoccupa e dimostra la fallibilità di questo strumento quando, come in questo caso, è usato per risolvere problemi interni ai partiti». Un'affluenza così bassa «indebolisce la coalizione». Fresu e Corona, nel loro comunicato congiunto, auspicano ora «un lavoro politico» sul programma, da parte dei partiti «e del futuro candidato sindaco»: una precisazione che elimina il dubbio di una contestazione dell'investitura di Zedda. «Avevamo detto che, pur non partecipando alle primarie, ne avremmo riconosciuto il risultato», ribadisce al telefono Gianni Fresu. Il segretario Prc però è ancor più convinto che «sarebbe stato meglio definire insieme un candidato di coalizione». I CENTRISTI Chi invece non sosterrà Massimo Zedda è l'Upc, da sempre contro le primarie: «Se ancora è possibile - spiega il segretario Enrico Piras - i nostri responsabili territoriali lavoreranno per individuare un candidato davvero capace di governare la città. Di certo, noi che siamo l'unico partito veramente centrista dell'alleanza, non sosterremo un candidato di estrema sinistra». Antonello Cabras poteva andare bene «perché è una sinistra moderata: a Cagliari bisogna puntare su un nome che sia il più moderato possibile». Al limite «l'Upc potrà trovare al proprio interno un nome con queste caratteristiche». I DIPIETRISTI E poi c'è l'Italia dei valori, che si è tenuta fuori dalla competizione Cabras-Zedda e più. Non senza tensioni interne tra i vertici regionali, che contestano le primarie, e quelli territoriali che invece ne riconoscono la validità. A urne chiuse, la segreteria regionale valuta «non significativo, né rappresentativo della ricca e articolata realtà cittadina» il risultato: anche perché, rispetto all'elettorato cagliaritano, il vincitore ha ottenuto «l'1.88% effettivo». Insomma, «resta avvalorata la scelta dell'Idv di non partecipare alle primarie». Adesso il partito, «col suo determinante 10%», cercherà «un serrato confronto programmatico e organizzativo per dare rappresentanza a un vasto mondo democratico presente nella società civile». Dopodiché, prosegue la segreteria, «prenderemo le decisioni nell'esclusivo interesse dei cittadini di Cagliari e per battere la destra»: una formula che lascia aperte parecchie strade. (g. m.)
5. Cagliari. Zedda: «Sono pronto a sfidare i poteri che sembrano forti». 01.02.2011. Sogno che questa città si svegli da quel letargo che la imprigiona da decenni Giovani e meno giovani insieme possiamo farcela. CAGLIARI. Cita Giulio Cesare (De bello gallico), conosce a memoria ciascun risultato elettorale comunale, con tutti gli incroci possibili, degli ultimi dieci anni, ha una rete di relazioni amicali diffusa sul territorio e tra le diverse tipologie di elettorato. Politico di professione? «Non mi sono laureato perchè ho dovuto lavorare, e da quando sono consigliere regionale mi dedico totalmente a questo incarico. Sono un uomo delle istituzioni, ma non sono un politicante». Il giorno dopo la vittoria su Antonello Cabras e su quello che rimane del Pd cittadino, per Massimo Zedda è tempo di esami e verifiche. La campagna elettorale sarà lunga e ricca di colpi bassi, ma a Zedda non manca l’entusiasmo. Lo stesso che sta contagiando i suoi. Liceo classico, giurisprudenza quasi completata, precario nello spettacolo e nel turismo, e poi una passionaccia per la politica ereditata dal padre Paolo, dirigente del vecchio Pci tanto stimato dalla base quanto avversato dall’apparato. Chi si aspetta il rivoluzionario scavezzacollo, uso alle kefiah e alle vecchie logiche rimarrà deluso. Zedda si presenta bene la cravatta non è per lui un cilicio. Sogna una città normale, pulita, ordinata e a misura di tutti, e non di pochi. Un Vendola in sedicesimo, ma senza gli eccessi lirici del suo segretario. «Sono moderato, ma non amo il moderatismo. Amo le sfide, sogno che la città si svegli dal letargo che la imprigiona; per questo mi rivolgo a tutti, ai giovani e ai meno giovani: insieme possiamo farcela». Il trentacinque Zedda usa parole come speranza, cambiamento, bisogni reali, e non ha paura di confrontarsi con il suo avversario più accreditato, Massimo Fantola. «Un riformatore che non ha mai riformato alcunché. È un cagliaritano doc? E io sono un cagliaritano e basta, che conosce questa città dal profondo, quartiere per quartiere, e non ha paura di sfidare i poteri che sembrano forti. Dalla nostra abbiamo una risorsa unica: l’entusiasmo. E con quella possiamo realizzare sogni sino a ieri impossibili». - Si aspettava questo risultato? «Sì. Abbiamo lavorato a fondo, con una squadra di giovani volontari e volenterosi. E quando vedi perfetti sconosciuti che si avvicinano e ti chiedono notizie sul programma e sono curiosi sulla tua persona, beh, allora qualcosa sta per succedere. E il meccanismo che si è innestato ha portato al risultato finale. Non è Cabras ad aver perso, siamo noi, tutti noi, ad aver indicato una volontà di cambiamento, dentro al centrosinistra e nella città». - La partecipazione a questa tornata di primarie non è stata elevata. Il Pd stesso si aspettava tra 8 e 10mila votanti. La sua non è una vittoria dimezzata? «Se si guarda alle primarie che si sono svolte negli ultimi anni, quando la coalizione di centrosinistra era composta da partiti più numerosi e più corposi, vediamo che il dato di domenica è superiore alle aspettative. Cagliari è una città dove il primo partito di gran lunga è l’astensionismo, dove due residenti su tre dicono che non andranno a votare. Quasi seimila persone che escono una domenica da casa per esprimere la loro preferenza sul candidato sindaco non sono pochi. Semmai sono la dimostrazione che questa città vuole cambiare, a dispetto degli elefanti della politica, dei soliti nomi e di apparati di partiti autoreferenziali. Quando si andrà a vedere la composizione sociale e anagrafica dei partecipanti alle primarie, si scoprirà che l’equazione banale, “i giovani hanno votato Zedda, i meno giovani Cabras” non regge, ed è falsa. Il voto a chi ha vinto è stato trasversale; un ulteriore elemento che ci fa ben sperare. Non sono stato scelto da una sola parte dell’elettorato del centrosinistra». - Vince il candidato di Sel, perde il big del Pd. Si aspetta un sostegno convinto e diffuso dal maggiore partito del centro-sinistra? «La dichiarazione di Cabras a scrutinio concluso è inequivocabile. Non mi aspetto sgambetti da nessuno dei partiti della coalizione. So che saranno leali come lo saremmo stati noi se avesse vinto Cabras. Si vince o si perde tutti insieme, e noi vogliamo vincere. Su questo nessun dubbio». - Una campagna elettorale, la vostra, in salita. Il centrosinistra, e ancora più la sinistra, a Cagliari è sempre stato debole. Vi accuseranno di essere radicali e massimalisti, di non saper interpretare l’anima moderata e conservatrice della città. «Se lo credono, meglio così. I numeri, se uno li sa leggere, dicono che a Cagliari dal 2004 a oggi il centrosinistra non ha mai perso per più di tremila voti rispetto al centrodestra. Vogliono un esempio? Nel 2005 alle provinciali, in città, il senatore Delogu, sindaco per nove anni, non ha conquistato un voto in più dell’allora sindaco di Quartu Sant’Elena Milia. Alle ultime politiche e alle regionali del 2009 i due schieramenti si sono in pratica equivalsi. Noi, come loro, per vincere, dobbiamo conquistare gli elettori che non vogliono andare a votare e che per farlo devono ricevere una motivazione in più, una speranza, una visione della città forte e originale. Noi l’abbiamo. Loro, a prescindere dal candidato, no, a meno che non vogliamo fermarci agli slogan come “Cagliari capitale del Mediterraneo”». - I primi punti qualificanti del vostro programma. «Siamo convinti che gli enti locali, anche se il governo Berlusconi sta strozzando i loro bilanci, possono ancora incidere nel sistema della produzione, possono essere volano per creare posti di lavoro. È questo il vero tema, a cui si accompagnano esigenze vere: perché dobbiamo pagare la Tarsu più degli altri? Perché l’appalto per la differenziata è una telenovela senza fine? Perchè non si riesce a ridurre l’impatto delle auto in centro? Queste non sono domande ideologiche, e le risposte non hanno colore. Aggiustare i marciapiedi nelle periferie e non solo in centro non è una risposta ideologica a un problema normale, è una risposta di buon senso e doverosa per coloro che abitano nelle aree dimenticate da questa amministrazione». - Cosa vi manca ancora per vincere? - Le primarie non sono le elezioni vere. Adesso la partita è vera, e in campo oltre alla passione e alla forza dei programmi bisogna mettere tante energie. Il centrosinistra è pronto: conosciamo i nostri avversari, che rispettiamo totalmente, sappiamo quali sono le loro debolezze, sappiamo che sono convinti di vincere. Lo credano pure: vincere da perdenti è il miglior risultato. Per dare nuovamente speranza a questa città dobbiamo fare ancora di più: dobbiamo presentarci con candidature inappuntabili, accompagnate da una partecipazione sincera e da una coesione sentiti dei partiti della coalizione, e soprattutto dobbiamo far sentire la voce dei tanti cagliaritani che vivono e lavorano qui e che non sono rappresentati da chi li governa». - Quanto spenderete per questa campagna? «Il meno possibile. È di cattivo gusto parlare di soldi per una competizione elettorale, soprattutto ora. Sarebbe uno schiaffo agli elettori».
6. Napoli. Operatori sociali barricati nel castello. «Non facciamo entrare più nessuno». Catena umana: vietato l'ingresso a turisti e funzionari: «Siamo allo stremo, pagateci gli stipendi arretrati». NAPOLI – Un centinaio di operatori sociali riuniti intorno al comitato «Il welfare non è un lusso» sono barricati dalla notte scorsa all’ interno del Maschio Angioino di Napoli che occupano già da due settimane. Altri trecento operatori sono all’esterno, dove hanno formato una catena umana all’ingresso del monumento impedendo l’ingresso a visitatori e turisti. Chiedono da mesi il pagamento degli arretrati da parte di Comuni, Asl e Regione. La vertenza interessa circa 200 associazioni e cooperative sociali su tutto il territorio campano e 20mila persone impiegate nel terzo settore: educatori, assistenti sociali, psicologi, sociologi. «Nonostante la situazione sia ormai sempre più critica e sia trascorso il termine ultimo entro il quale le istituzioni avrebbero dovuto darci risposte concrete continuiamo ad assistere alla totale indifferenza da parte di Comune, Regione e Asl. Ciò ci costringe a proseguire la nostra battaglia ad oltranza, ancora una volta nel segno di una protesta pacifica e simbolica, come è nel nostro stile di educatori, ma sempre più determinata e compatta nel tentativo di farci ascoltare», dice Sergio D’ Angelo, portavoce del comitato. Che aggiunge: «Vogliamo sapere dalle istituzioni se la riabilitazione per disabili e sofferenti psichici è per loro una costosa ed inutile ricreazione o una valida strategia di sostegno ai percorsi di autonomia per costruire condizioni di vita decenti». «Se le istituzioni non fossero più in grado di offrire aiuto alle categorie più deboli – conclude D’Angelo - allora si decidano a dichiarare lo stato di crisi e a chiedere l’aiuto del governo nazionale». Francesco Parrella. 01 febbraio 2011
7. Caltanissetta. Colpevole di concorso esterno. Per il caso Contrada potrebbe non essere ancora detta l’ultima parola. L’avvocato difensore Giuseppe Lipera ha depositato alle nove di stamane presso il tribunale di Caltanissetta la terza richiesta di revisione della sentenza di condanna. Contrada è stato riconosciuto colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa. Lipera, che per l’occasione ha convocato all’interno del suo studio una conferenza stampa, ha inserito nella sua domanda le dichiarazioni pubblicate una quindicina di giorni fa nel libro del procuratore Antonio Ingroia “Nel labirinto degli dei”. A pagina 81 del 5 capitolo si leggono, infatti, delle dichiarazioni inerenti il pentito Vincenzo Scarantino che dopo la strage in via D’ Amelio si era autoaccusato come autore del furto della 126 usata come autobomba. Ebbene, Scarantino altro non sarebbe -secondo lo stesso Ingroia – che un falso pentito, un depistatore che avrebbe rilasciato sotto ordine di una mano rimasta nell’ ombra le accuse a carico di Contrada, nonché di personaggi importanti e già all’ epoca al centro delle attenzioni della magistratura come Silvio Berlusconi. Ci sono tutti i presupposti per riaprire il caso? Giuseppe Lipera si dice fiducioso e punta il dito perfino contro la magistratura definendo una “invenzione della burocrazia” lo stesso reato di concorso esterno in associazione mafiosa. In ultimo, ad arricchire la domanda di revisione della sentenza c’è pure una perizia psicologica formulata dal figlio dell’ avvocato, lo psicologo Marco Lipera, che escluderebbe categoricamente la possibilità che Bruno Contrada sia stato colluso con la mafia “poiché nella sua mente è ben saldo e dominante il legame con le istituzioni”.
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