Palermo sommersa dai rifiuti, allarme topi e zanzare. Raccolta ferma al palo
Molise. Irisbus: conviene trattenere chi vuole andare?
Petrolio lucano. Nuovi bandi per Tempa Rossa
Sarà il terzo centro oli lucano
Palermo sommersa dai rifiuti, allarme topi e zanzare. Raccolta ferma al palo
I negozianti: «Spazzatura fin dentro ai locali»
Anche le strade del porto sono infestate dalla sporcizia
PALERMO - Cinque chilometri di strada con decine di minidiscariche, dove si può trovare di tutto: sacchetti della spazzatura, frigoriferi, divani, televisori, persino mobili. A Monreale, via Pezzingoli è il simbolo di una città che vive nell'immondizia. I rifiuti non vengono raccolti da una ventina di giorni per problemi economici della società Alto Belice Ambiente. L'odore è nauseante, la spazzatura è abbandonata ai bordi della strada e gli automobilisti a volte sono costretti a fare lo slalom per riuscire a percorrerla. Cumuli dalle dimensioni impressionanti, non certo al livello delle montagne di spazzatura che infestano il capoluogo campano, ma la minaccia di un ulteriore peggioramento - e lo spettro di una crisi analoga a quella campana - è sufficiente a terrorizzare i palermitani.
«Mi sono ritrovato la spazzatura persino dentro il negozio - racconta Giuseppe Balzano titolare di una officina meccanica - Ci sono topi e zanzare. C'è il rischio che questi rifiuti prendano fuoco, è già capitato e respirare diossina è pericoloso». Cassonetti stracolmi anche vicino il parco divertimenti Acqua park. «È l'unica attrazione della zona - dice Massimo Pepe - vedere queste scene non è proprio il massimo. I cassonetti pieni da queste parti sono la normalità». Uno scenario, che si ripete in via Linea Ferrata, alle spalle del parco acquatico: contenitori stracolmi e rifiuti accatastati. Da circa due mesi nella zona è aperto un cantiere di lavoro. «Da almeno venti giorni la raccolta è ferma - dicono Antonino Gambacorta e Angelo Rusticano - Siamo qui per rifare alcuni muretti lungo questa strada. Abbiamo lavorato tra l'immondizia, divorati dalle zanzare e respirando odori nauseanti».
Cartacce, sacchetti in plastica, tovaglioli e fazzoletti che svolazzano sono il biglietto da visita anche per i crocieristi che sbarcano a Palermo. Le strade davanti al porto sono piene di immondizia e non si vede l'ombra di uno spazzino sebbene il sabato sia il giorno d'attracco delle navi. La situazione è ancora più grave in periferia, dove da alcuni giorni i cassonetti sono colmi di spazzatura, e per eliminarli la gente dà fuoco alle campane. Dopo un periodo in cui la raccolta sembrava entrata a regime, Palermo è nuovamente sporca. L'immondizia è tornata ad accumularsi nelle strade, in centro come in periferia. I cassonetti non vengono svuotati regolarmente e anche i contenitori di plastica o carta sono strapieni. L'Amia, l'azienda per la raccolta dei rifiuti gestita da commissari, non avrebbe le risorse necessarie per gestire al meglio il servizio. «L'unica strada per recuperare altri fondi - dice il consigliere comunale Salvatore Orlando (Idv) - è l'aumento della tassa sui rifiuti (Tarsu), ma ciò non è possibile dato che questa amministrazione l'ha già incrementata del 75% nel 2006». «Non vorremmo che dietro questi disservizi sui rifiuti - aggiunge Orlando - ci sia l'intenzione di tenere sotto scacco il consiglio comunale e la città».
Non va meglio a Monreale: la città normanna è tra le mete preferite dai turisti, eppure lungo la circonvallazione che da Palermo porta al paese ci sono decine di minidiscariche. I cumuli di immondizia arrivano fino a Giacalone, dove i palermitani durante le giornate più afose si rifugiano in cerca di fresco. Capita, allora, di cenare nei ristoranti all'aperto, subendo il puzzo della spazzatura seminata ai bordi delle strade. «Purtroppo la situazione è pessima - dice un ristoratore - A causa dell'immondizia e di questo odore nauseabondo la gente preferisce andare a cenare in altri posti, subiamo un calo evidente».
La raccolta differenziata, avviata nei mesi scorsi in diverse zone della città, va a singhiozzo, con una serie di disagi che si sommano a quelli dovuti al rallentamento della raccolta 'tradizionalè da parte dell'Amia. Con l'avvio della differenziata, infatti, in molte strade cittadine sono spariti i classici cassonetti, sostituiti da contenitori colorati per 'cartà, 'organicò e 'indifferenziatò nei quali i rifiuti dovrebbero essere suddivisi e depositati in determinati giorni della settimana, e in precise fasce orarie. Ma il mancato rispetto dei turni di raccolta ha, di fatto, trasformato lo spazio antistante molti palazzi in 'mini discarichè nelle quali, anche a causa del mancato rispetto dei criteri di raccolta da parte dei cittadini, viene spesso depositato di tutto. A questo si aggiunge l'abitudine di molti a gettare sacchetti di rifiuti indifferenziati nei luoghi dove fino a qualche tempo fa c'erano i tradizionali cassonetti, oppure a fianco delle campane per la raccolta di vetro che a loro volta non vengono svuotate con regolarità. Numerosi cittadini denunciano l'aumento di ratti e scarafaggi in città.
Molise. Irisbus: conviene trattenere chi vuole andare?
L'acquiso dello stabilimento Irisbus da parte della DR Company è un pericolo da evitare o l'occasione, forse unica, di contribuire alla crescita di un'azienda automobilistica meridionale?
Negli ultimi giorni, importanti vicende stanno interessando lo stabilimento Irisbus di Flumeri (Avellino). Come è noto, si tratta di uno stabilimento di proprietà della Fiat che produce autobus e del quale il gruppo del Lingotto vuole disfarsi.
Di fronte a questa volontà, si è fatta avanti la DR Motor Company avanzando una proposta d’acquisto. Si tratta di un’azienda fondata nel 2006 a Macchia d’Isernia dall’imprenditore molisano Massimo Di Risio che costruisce, nei propri stabilimenti, automobili con componentistica Chery e Fiat. Si tratta quindi di ciò che più assomiglia ad un’azienda produttrice di automobili, nata nell’Italia meridionale, anche perché proprietà, sedi direttive e stabilimento sono esclusivamente molisane. Benché caratterizzata da una forte joint venture con altre case, la DR Motor è un’esperienza che nemmeno il più ottimista osservatore, fino a dieci anni fa, avrebbe immaginato potesse nascere nel Sud Italia. Le ultime mosse del gruppo inoltre, sembrano sempre più caratterizzarsi per la volontà di radicare proprio nel Mezzogiorno, da dove tutti scappano, Fiat per prima, le proprie radici ed il proprio futuro. La proposta d’acquisto dello stabilimento Irisbus dell’avellinese e, qualche mese fa, di Termini Imerese svelano una strategia coraggiosa e che può avere risvolti epocali per la storia dell’industria meridionale.
Le reazioni dei sindacati di fronte alla volontà di vendere lo stabilimento, da parte di Fiat, e di acquistarlo, da parte di Dr, sono state decisamente conservatrici. Da più parti sono emerse voci critiche e la richiesta a Fiat di mantenere stabilimento e livelli occupazionali.
Ma ciò che mi chiedo è se sia utile mantenere a forza chi se ne vuole andare e se, quella che si presenta, non sia invece per i lavoratori di Irisbus un’occasione forse irripetibile.
Fermo restando l’assoluta legittimità della pretesa di conservare tutti i posti di lavoro dello stabilimento (700) e dell’indotto, se queste garanzie arrivano dalla Dr, perché opporsi al cambio di proprietà? Ispira più fiducia chi vuole abbandonarti o chi vuole prenderti con se? Volendo guardare l’altra faccia della medaglia, questa potrebbe essere per i lavoratori irpini, l’occasione di contribuire, con il proprio lavoro, alla nascita di un’azienda automobilistica tutta meridionale, con management meridionale, dipendenti e stabilimenti meridionali. Una realtà che potrebbero, più di ogni altra, sentire propria. Una realtà che prima di decidere di smantellare uno stabilimento ci penserebbe due volte, perché in questo territorio è nata, vuole crescere e ad esso è inesorabilmente legata. Provocazioni di Marchionne a parte, è chiaro che Fiat non andrà mai via da Torino. Allo stesso modo, Dr perché dovrebbe abbandonare il suo territorio? Al di là delle strategie, le aziende, anche se globalizzate, sono fatte di persone. Queste hanno sentimenti, aspirazioni ma anche legami e radici. E qualcosa mi dice che se in un momento storico in cui tutti scappano dal Mezzogiorno Di Risio vuole ancorarvisi con forza, potrebbe valere la pena ascoltarlo e, se ha qualcosa di interessante da dire, dargli fiducia.
Gaetano Pietropaolo (coordinatore L'ALTRO SUD) per commenti collegarsi al sito www.laltrosud.it
Si prega di far girare e pubblicare l'articolo, se possibile.
Petrolio lucano. Nuovi bandi per Tempa Rossa
di FILIPPO MELE 23 Luglio 2011
Petrolio lucano al centro dell’attenzione stante il deficit energetico del Paese. Per gli appalti sulla realizzazione dei lavori di preparazione del centro oli di Tempa Rossa, della strada di accesso al centro e della preparazione del sito per il deposito del gpl, ad esempio, interessanti un giacimento che si estende tra le due province da Corleto Perticara, nel Potentino, a Gorgoglione, nel Materano, è tutto da rifare. La Total E&P Italia ha revocato quelli già banditi. Il motivo, comunicato alle imprese che avevano inoltrato la richiesta di partecipazione alla gara, sta in una decisione della Commissione europea del 24 giugno scorso. Decisione importante non solo per il futuro di Tempa Rossa, ma anche per gli sviluppi del procedimento penale denominato Totalgate. Ma andiamo con ordine. «La Comunità europea ha stabilito che gli appalti destinati a permettere la prestazione di un’attività di prospezione ed estrazione del petrolio nel territorio italiano – ha spiegato il direttore del progetto, Fabrice Arnaud – non sono più soggetti alla direttiva 2004/17/CE. Ciò, in quanto il settore è stato riconosciuto esposto alla concorrenza su un mercato liberamente accessibile».
Da qui la revoca della gara pubblica, bandita, cioè, come da una stazione istituzionale, poiché Total non è più soggetta alle regole del codice dei contratti pubblici. Significa che gli appalti di Tempa Rossa torneranno ad essere privati, come all’origine. A prima, cioè, dell’esplodere, il 16 dicembre 2008, dell’inchiesta Totalgate condotta dall'allora pubblico ministero della Procura della Repubblica di Potenza Henry John Woodcok. Un'inchiesta che fece assai rumore e che ora è al vaglio del giudice dell’udienza preliminare, Rosa Larocca. In carcere, su disposizione del giudice per le indagini preliminari Rocco Pavese, finirono tra gli altri l'allora amministratore delegato della Total Italia, Lionel Levha, l'ex direttore di Tempa Rossa, Jena Paul Juquet, l’imprenditore Francesco Rocco Ferrara, di Policoro, l'ex sindaco di Gorgoglione Ignazio Giovanni Tornetta. Tra gli altri personaggi coinvolti, l'on. Salvatore Margiotta (Pd), assolto da ogni accusa il 4 maggio scorso. Sono rimasti in 35 a dover comparire davanti al giudice dell’udienza preliminare.
Ma cosa c’entra il Totalgate con la decisione della Comunità europea sul petrolio italiano? C’entra, poiché l'inchiesta di Woodcock si è basata proprio sul mancato rispetto del codice dei contratti pubblici. Insomma, se la Comunità europea ha chiarito che i lavori per l'estrazione del greggio non sono regolati da appalti di procedura pubblica ciò non potrà non essere preso in considerazione nel dibattimento davanti al giudice dell’udienza preliminare. Tanto, almeno, auspicano gli imputati coinvolti nel Totalgate.
Sarà il terzo centro oli lucano
Tempa Rossa sarà il terzo centro oli della Basilicata dopo quello della Valbasento e di Viggiano. I dati sul progetto complessivo sono pubblicati sul sito della Total Italia. Il giacimento interessato è situato nell'alta valle del Sauro, tra Corleto Perticara e Guardia Perticara, nel Potentino, e Gorgoglione, nel Materano. A regime l'impianto avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 250.000 m³ di gas naturale, 267 tonnellate di gpl e 60 tonnellate di zolfo.
Il progetto prevede la messa in produzione di 8 pozzi; la costruzione di un centro di trattamento oli dove gli idrocarburi estratti, convogliati tramite una rete di condotte interrate (pipeline), verranno trattati e separati nei diversi sottoprodotti (grezzo, gas combustibile, zolfo, gpl) e poi, a seconda del prodotto, spediti tramite canalizzazioni interrate; la costruzione di un centro di stoccaggio gpl (2 serbatoi interrati della capacità totale di 3.000 m³) dotato di 4 punti di carico stradale; la costruzione o modifica di infrastrutture di servizio (adeguamento di strade comunali, realizzazione dei sistemi per l'alimentazione di acqua ed elettricità per il centro di trattamento, connessione alle reti esistenti per il trasporto e la distribuzione degli idrocarburi).
«Il giacimento Tempa Rossa – si legge sul sito Total - beneficia della vicinanza di infrastrutture esistenti. Così il gas sarà convogliato alla rete locale di distribuzione Snam e il petrolio trasportato tramite condotta interrata fino all'oleodotto «Viggiano -Taranto», lungo 136 km (di cui 96 in Basilicata), che collega le installazioni petrolifere della Val d'Agri alla raffineria di Taranto, suo terminale di esportazione».
Lo sviluppo del progetto Tempa Rossa riunisce tre grandi gruppi petroliferi mondiali. Al fianco di Total, operatore incaricato alla sua realizzazione, figurano Shell ed Esso Italiana. [fi.me.]
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