LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Precipita la produzione del grano
Gargano da vetrina verso presenze record
Disoccupazione a Brindisi il tasso è a livelli record
La «Strazzata» lancia la sfida all’hamburger
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Precipita la produzione del grano
25.07.2011
ORISTANO. Il granaio è rimasto vuoto. Nonostante l’ottima annata, con rese per ettaro ritornate su una media compresa fra i 30 e 35 quintali, la produzione di grano duro e, più in generale, dei cereali, in provincia si è ridotta drasticamente. A lanciare l’allarme sono le associazioni di categoria. Dice il presidsente pronvinciale della Cia, Serafino Mura: «Se fino al Duemila la cerealicoltura si estendeva per quasi 3mila ettari, adesso resistono appena poche centinaia di ettari, coltivati principalemnte a grano duro». Franco Cocco, presidente provinciale di Coldiretti, aggiunge: «Probabilmente questa è la provincia che ha registrato il maggiore calo di produzione: il 70%, contro il 60% del dato regionale». Paradossalmente, l’abbandono arriva proprio in questa che è zona di eccellenze, di pane e pasta tradizionali. Ma il crollo del prezzo di mercato del grano duro, che nel 2010 ha segnato il record negativo dei 13 euro al quintale ha influito moltissimo. Anche se quest’anno la valutazione del frumento ha ripreso quota, ritornando ai 25 euro di dieci anni fa, gli esperti sono comunque scettici su una ipotetica ripresa della cerealicoltura oristanese, certamente non nelle condizioni di tenere testa alla concorrenza di Canada e Ucraina. Ma le colture intensive (là molto sviluppate) qui sono ancora un gran parte utopia: l’Oristanese paga pesantemente i ritardi del riordino agrario, con situazioni paradossali, come a Zeddiani, dove, le mappe, inattuate, sono pronte dal 1963. Con questa situazione raggiungere livelli di competitività internazionali è praticamente impossibile. Il colpo di grazia, però, è arrivato dal cosidetto “disaccoppiamento” degli aiuti europei. «A coltivare grano e cereali sono rimasti pochi coraggiosi», dice Serafino Mura. Qualcuno resiste in Marmilla ma anche nel Sinis dove, come riferisce Franco Cocco, sono nate esperienze interessanti di cerealicoltori che stringono alleanze con mulini sardi capaci di valorizzare il prodotto e garantire un prezzo accettabile, alle semole e alle farine locali. Vere e proprie gocce nell’oceano, di una provincia, come aggiunge Mura: «Dove ad esempio esiste un pastificio industriale che però importa dall’estero tutta la materia prima». Secondo le organizzazioni di categoria, le opportunità di rilancio esistono, ma ad alcune condizioni. «Partendo da un cambio di rotta da parte della Regione, che deve decidersi a varare - spiegano Cia e Coldiretti - una politica che assicuri le produzioni con marchi di tutela ma anche, la messa a regime, potenziandole, delle attività di assistenza tecnica da parte delle agenzie». E intanto si continua a parlare di riconversione e di colture destinate alla cosidetta “energia verde”. Anche su questo, però, lo scenario dell’Oristanese è estremamente diverso da quello mondiale, dove, una percentuale sempre più massiccia di colture è stata riconvertita in questo senso. Su questo però, le posizioni dei due segretari sono diametralmente opposte. Se infatti Franco Cocco della Coldiretti è possibilista («coltivare per produrre biomasse è comunque sempre meglio dell’abbandono delle terre»), per Serafino Mura della Cia, l’ipotesi, da queste parti, non è perseguibile («rischia infatti di esporre gli agricoltori al ricatto dell’industria, che ancora una volta, imporrebbe regole e prezzi, con effetti facilmente prevedibili»).
Gargano da vetrina verso presenze record
di GIANNI SOLLITTO
VIESTE - La stura l’ha data “Trivago.it”, il sito comparatore prezzi hotel leader in Europa, e la notizia è stata ripresa dalla gran parte dei media nazionali. Così ancora una volta, la Vieste delle vacanze è salita agli onori della cronaca perché è risultata essere, assieme a Gallipoli e Ostuni, la località turistica più gettonata dai turisti italiani. Se la Puglia è al primo posto tra le preferenze dei vacanzieri d’Italia, l’equazione non può che essere una. Vale a dire Vieste al primo posto tra le località turistiche del Belpaese. E che il dato possa trovare facile conferma, basta rivolgere uno sguardo alle prime cifre, riguardo arrivi e presenze, che fanno propendere per percentuali in aumento nell’ordine del 10 – 15% rispetto alla scorsa stagione che già, di per sé, è stata particolarmente prolifica facendo attestare in più di un milione e 800 mila presenze il dato statistico ufficiale, il più alto dell’intera Puglia. Probabilmente, quella in corso sarà ricordata come la stagione turistica con il maggior numero di presenze, se è vero com’è vero, che già in maggio e giugno è stato registrato un notevole aumento di vacanzieri con numeri insperati. Tanto è vero che aziende, come il “Gattarella Resort”, ai primi di luglio avevano già superato i fatturati del 2009 e 2010. Altra conferma della stagione da record che Vieste si accinge a concretizzare, viene dalle presenze della prima quindicina di luglio, che solitamente ha fatto registrare vuoti evidenti (in particolare la prima settimana).
Quest’anno non solo non c’è stato quel “classico” vuoto, ma, al contrario, ci sono stati arrivi superiori rispetto anche a luglio inoltrato. Altra caratteristica, molto importante, della stagione 2011, stando a quanto si è riusciti a sapere dai responsabili delle varie strutture ricettive, riguarda il “ritorno” di molti ospiti. E si sa quanto sia fondamentale, per una buona politica turistica, riuscire a far ritornare chi è già stato in vacanza nello stesso luogo. E’ il segno tangibile dell’essersi trovati bene in tutti i sensi. Apprezzabile, inoltre, e non solo a livello statistico, la preferenza di Vieste da parte di vacanzieri del Nord Italia. Se, negli ultimi tempi, si è dovuto far fronte ad una massiccia richiesta proveniente dalle regioni meridionali, ora sta riprendendo senso la tendenza ad un turismo proveniente dal Nord, in particolare da Veneto, Lombardia, Trentino, Piemonte e, addirittura, dalla mitica (turisticamente parlando) Romagna.
Gran bella gente da queste regioni, come pure dall’estero (Svizzera, Germania, Inghilterra, Paesi del “nuovo” Est). Queste, che non solo semplici tendenze, fanno ben sperare nel futuro anche se non bisogna nascondere che parte del successo che sta riscuotendo Vieste, insieme ad altre poche realtà turistiche pugliesi, è anche da ricondurre alla crisi nei Paesi del Nord Africa e alle incertezze economiche di Grecia e Spagna, dirette concorrenti. In ogni caso, si tratta di momenti favorevoli che possono consentire una ulteriore stabilità del comparto turistico locale, pur di fronte a non poche remore (assenza di accoglienza, promozione, divertimento per i giovani) che vanno assolutamente rimosse.
Disoccupazione a Brindisi il tasso è a livelli record
di Pierluigi Potì
BRINDISI - Tasso di disoccupazione in provincia: ormai manca davvero poco per eguagliare il record in negativo stabilito nel 2005. All’epoca, infatti, la percentuale dei “senza impiego” era pari al 27,9%, mentre oggi - con i dati aggiornati al 30 giugno - si è raggiunta quota 27,35%.
E’ l’ennesimo, deficitario resoconto di un “male eterno” fotografato come ormai di consueto dall’Osservatorio del Mercato del Lavoro della Provincia di Brindisi (l’ex Ufficio di Collocamento), secondo il quale le persone che hanno dichiarato la propria immediata disponibilità al lavoro sono ben 73.806 su un totale di popolazione attiva pari a 269.857. Di essi, 31.888 sono uomini (24,07%) e 41.918 sono donne (30,52%).
Gli aspetti inquietanti, in tale contesto, sono almeno due: il primo è che, nella nostra provincia, il tasso di disoccupazione continua a crescere senza alcun freno (rispetto all’ultima rilevazione del 31 marzo scorso, il tasso è aumentato dello 0,17%, creando in appena un trimestre 453 disoccupati in più nel panorama lavorativo provinciale). Il secondo, ben più grave e rilevante, attiene al confronto rispetto agli anni pregressi: in appena tre anni e mezzo (ovvero dalla fine del 2008), il tasso di disoccupazione è cresciuto di ben 5 punti percentuali (dal 22,3 al 27,35%) e i senza impiego in provincia sono ora qualcosa come oltre 13mila in più!!!
Passando all’analisi comune per comune, va evidenziato che la “palma” di tessuto urbano maggiormente penalizzato resta appannaggio di San Pancrazio Salentino, dove il tasso raggiunge addirittura il 32,52%, seguito da Torchiarolo (31,98%) e Brindisi (30,75). Tutti i restanti comuni hanno una soglia di disoccupazione più bassa del 30%, con dati che oscillano tra i picchi minimi (per modo di dire...) registrati a Carovigno (22,31%), Torre Santa Susanna (22,59%), San Michele Salentino (22,87%) e, soprattutto, Fasano (21,85%), e i quelli massimi riscontrati a Mesagne (29,8%), Francavilla Fontana (29,43%) e San Pietro Vernotico (28,78%).
Il capoluogo, in particolare, “vanta” 18.597 disoccupati su un totale di “arruolabili” pari a 60.475. Tra i “senza impiego” rientrano 7.756 uomini (26,36%) e 10.841 donne (34,91%).
Quanto, infine, alle fasce d’età più penalizzate, al primo posto quella compresa tra i 45 e i 54 anni con ben 12.856 disoccupati. Seguono gli over 55 (10.493) e poi le altre fasce d’età; quella compresa tra i 30 e i 34 anni (10,491), tra i 35 e i 39 anni (10.201), tra i 25 e i 29 anni (9.526), tra i 20 e i 24 anni (9.052), tra i 40 e i 44 anni (8.344) e, infine, fino ai 19 anni (2.870).
Un resoconto nudo e crudo, dunque, che testimonia la pericolosissima involuzione che le opportunità di lavoro continuano a subire nel nostro territorio provinciale. Lasciando, ovviamente, poco spazio a prospettive future in qualche modo incoraggianti per i giovani, costretti in gran numero ad emigrare altrove, in cerca di occasioni che qui mancano inesorabilmente.
La «Strazzata» lancia la sfida all’hamburger
di Luigia Ierace
POTENZA - «La strazzata? È l’hamburger lucano». Parola di chef. Anzi di lady chef. Tiziana Lopardo lancia la sfida ai tanto gettonati fast food proprio con la «strazzata» (termine dialettale che sta per «strappata con le mani»), la focaccia della tradizione gastronomica del mondo rurale aviglianese, che risale all’inizio del 1800 e la cui caratteristica principale è che nel suo impasto viene mescolata una piccola quantità di pepe nero.
E così, appena insignita del prestigioso riconoscimento di Discepolo di Escoffier, Lady chef Tiziana Lopardo, componente del direttivo dell’Associazione cuochi Potentini e Coordinatrice nazionale Lady chef dell’Area Sud della Federazione italiana cuochi, lancia la sua provocazione all’hamburger, icona per i giovani e emblema del pasto veloce, quel fast food che è entrato prepotentemente nella vita di tutti i giorni. Prende la strazzata, uno dei 77 prodotti tipici alimentari della Basilicata iscritto nell’elenco di quelli agroalimentari tradizionali del Ministero delle Politiche agricole, e la farcisce con altre tipicità lucane per valorizzarla e promuoverla.
Macinato di podolica, insalata verde, melanzane sott’olio, pomodori secchi di Tolve, olive di Ferrandina e stracciatella: gli ingredienti della ricetta che la lady chef anticipa alla Gazzetta, come si vede nelle foto che indicano le diverse fasi preparatorie.
«È un pasto completo, veloce, genuino, realizzato con i prodotti del territorio, che può senza dubbio competere con i fast food». Ne è certa Tiziana Lopardo che ha fatto provare la «strazzata lucana» a persone di diverse età, dai ragazzi agli anziani, cercando i calibrare i sapori in base ai diversi gusti, fino ad arrivare al giusto mix. Ma è uno dei tanti modi con cui potrà essere gustata la «strazzata lucana» quello che propone nell’ambito di un progetto voluto dall’Alsia, l’Azienda sperimentale Pantano di Pignola, dalla Comunità Montana «Alto Basento» e dall’associazione culturale il «Cigno» di Stagliuozzo per riscoprire questo prodotto da panetteria che rischiava di scomparire nel cambio generazionale con la perdita del patrimonio storico, sociale e culturale, oltre che gastronomico.
«Da sempre simbolo di festa e convivialità. Era consuetudine servirla farcita durante i banchetti nuziali con prosciutto e provolone. Abbiamo pensato prima a una sua rivisitazione - sottolinea Michele Catalano, responsabile dell’Azienda sperimentale Pantano di Pignola - per poi coinvolgere i panificatori locali e diffondere nel Potentino, questo prodotto tipico dell’area tra Filiano e Avigliano».
Lavorata a mano, si ottiene sciogliendo il lievito nell’acqua tiepida e impastandolo due tipi di farina locale: il frumento tenero di Carosella e Risciola e il frumento duro, la Semola di Cappelli, fino ad ottenere un impasto morbido e compatto all’interno del quale viene mescolato il pepe nero macinato, elemento essenziale che impreziosisce la focaccia di un sapore unico nel suo genere». L’impasto, di colore più scuro rispetto al pane per la maggiore quantità di crusca, così condito si fa riposare fino a che si ottiene una lievitazione naturale e, dopo aver praticato un buco al centro, è cotto per 10-15 minuti nel forno a legna. A farcirlo ci pensa la lady chef.
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