di Roberto Dagnino, Limes
Le trattative per la formazione del nuovo governo e la riforma costituzionale vengono separate, dando la priorità a quest'ultima. Ciò rallenta tutto di alcuni mesi. Appuntamento a dopo l'estate. La crisi della CD&V.
I belgi sono i protagonisti preferiti delle barzellette olandesi e francesi. Hanno fama di non essere velocissimi intellettualmente e di uscirsene con suggerimenti e proposte quanto meno originali e di scarsa praticità. Nell’attuale perenne tentativo di formare un nuovo governo sembra che questa fama venga confermata.
Il calendario delle priorità sembra avvalorare queste malignità. Nei mesi scorsi l’attuale premier incaricato Elio di Rupo, socialista francofono, aveva proposto, visto il perdurare dello stallo nelle trattative, di scorporare la riforma costituzionale dalla formazione del nuovo governo. Da un lato si sarebbe salvata la faccia del paese a livello internazionale presentando al mondo un nuovo esecutivo. Dall’altro ci si sarebbe potuti azzuffare a piacere sul nuovo assetto istituzionale del Belgio.
La proposta venne bocciata un po’ da tutti, soprattutto dai fiamminghi che vi videro niente più che un trucchetto per rimandare qualsiasi riforma seria a data da destinarsi. In Belgio è prassi concordare le riforme costituzionali all’interno della maggioranza di governo, coinvolgendo poi altri partiti che consentano di raggiungere i due terzi dei voti parlamentari necessari; la proposta di Di Rupo, per quanto sensata, era in contrasto con una consolidata tradizione.
Adesso pare che ci si stia avviando verso la separazione delle due trattative - governo e assetto dello Stato - ma con un calendario invertito. Che sicuramente rassicura i fiamminghi: un nuovo Belgio prima di tutto il resto; ma che non brilla propriamente per velocità e praticità. Così facendo ci vorranno ancora mesi prima di separare anche solo la circoscrizione elettorale bilingue di Bruxelles-Hal-Vilvoorde (BHV), per non parlare dell’ampliamento del federalismo (o si arriverà alla fine al confederalismo?) e infine del nuovo governo.
La buona notizia è che qualcosa sembra muoversi: il 21 luglio scorso, la festa nazionale belga, il re Alberto II ha tenuto un discorso in tv in cui ha letteralmente alzato il pugno per invocare un sussulto d’orgoglio da parte dei partiti. La N-VA, incapace di tradurre il proprio nazionalismo a livello federale, è ormai uscita da ogni trattativa e ha scelto di fatto di restare all’opposizione. Gli altri partiti fiamminghi e francofoni, a questo punto tutti indispensabili per formare una maggioranza, hanno invece reagito positivamente (ma con parecchi se e ma) alle prime proposte avanzate da Di Rupo. L’unica eccezione, a parte la destra estrema isolata dal cordon sanitaire, è rappresentata dai democristiani fiamminghi della CD&V, che prima hanno detto no, poi sì e hanno infine optato per un forse. A loro era rivolto il pressante invito del re.
Il partito versa ormai da anni in una profonda crisi di identità, comune peraltro a parte della democrazia cristiana europea. Dopo aver dato al Belgio e all’Europa statisti del rango di Gaston Eyskens e Jean-Luc Dehaene e una seria lunghissima di grand commis, riuscendo sempre a conciliare senso dello Stato (belga) e attivismo fiammingo, non è ancora riuscito a riprendersi dalla sconfitta elettorare del 1999, quando venne isolato dall’alleanza di socialisti e liberali di Guy Verhofstadt e fu costretto ad uscire per la prima volta in decenni dal governo.
Oggi la CD&V siede di nuovo nell’esecutivo con il premier dimissionario Yves Leterme e qualche ministro, ma le ultime settimane hanno messo in chiaro che la crisi interna è tutt’altro che risolta e che bisognerà scegliere tra l’impegno per un nuovo governo belga e l’appiattimento sulle posizioni della N-VA. Per ora pare che, con un gesto di buona volontà e un occhio alla propria storia, abbia prevalso la prima opzione. Il leader Wouter Beke è riuscito a convincere i suoi dell’opportunità di sedersi al tavolo delle trattative. Sempre meglio che un voto al buio da cui la CD&V - questo è poco ma sicuro - non uscirebbe propriamente trionfante.
Lo stress causato da questa scelta è stato a quanto pare enorme. Tanto che Di Rupo ha generosamente preferito sospendere le trattative e invitare tutti a farsi una bella vacanza in vista dei prossimi incontri a venire, quelli su BHV. In altre parole, se riuscite ancora a seguire il tira-e-molla della politica belga, potete finalmente prendervi un momento di respiro. Se ne riparlerà eventualmente - da metà agosto in poi. La serie infinita delle ‘settimane cruciali’ e risolutive è destinata a tenerci compagnia ancora per parecchio.
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