L'UNIONE SARDA - Economia: Dal 2007 persi 11.000 posti di lavoro
Parma, padania. Lavoro, lo stage conviene. Assunti 38 mila giovani
Svizzera. I comuni italiani guardano al Ticino con ansietà
L'UNIONE SARDA - Economia: Dal 2007 persi 11.000 posti di lavoro
11.08.2011
La crisi dell'edilizia non trascura i lavoratori. Quella del 2010, spiegano da Cna, è la terza riduzione consecutiva del numero degli occupati nel settore, che dopo aver perso il 10% tra il 2007 e il 2009 segna il tasso negativo più importante, pari a -8,1%. Da quando il comparto è entrato in recessione sono usciti dal mercato oltre 11.000 addetti (8.000 dipendenti e 3.000 autonomi), il 17% della forza lavoro del 2007. Nel 2010 in Sardegna risultano autorizzate quasi 2,7 milioni di ore di cassa integrazione per le costruzioni: rispetto al 2009 si tratta di una crescita del 62%. In controtendenza rispetto al dato nazionale, nel primo quadrimestre del 2011 accelera il ricorso all'ammortizzatore sociale: le ore complessive autorizzate aumentano del 99% rispetto al primo quadrimestre 2010. «I dati del 2010 e le stime per l'anno in corso confermano che le difficoltà non sono finite», dichiara Paolo Porru, presidente di Cna costruzioni. «Il recupero di un miliardo dei fondi Fas, il 40% di quelli complessivamente dovuti, non produrrà alcun effetto per il prossimo anno, né è pensabile bastino da soli a rilanciare il settore. Di certo ci stiamo avviando verso un lunghissimo periodo di stagnazione», conclude Porru. ( lan. ol. )
Parma, padania. Lavoro, lo stage conviene. Assunti 38 mila giovani
Lo stage può spalancare le porte all’assunzione. Lo rileva Unioncamere fornendo i numeri del sistema informativo Excelsior della stessa Unioncamere e del ministero del Lavoro. Che dimostra che più di 38 mila giovani che hanno effettuato uno stage o un tirocinio nel 2010 sono stati poi assunti dalle imprese che li ospitavano. Numeri non da poco in questi tempi, peraltro in crescita rispetto al 2009, quando gli stagisti poi integrati in impresa erano stati quasi 37 mila. Questo malgrado il numero delle imprese coinvolte e quello dei tirocinanti sia calato.
Nel 2010, infatti, le imprese che hanno ospitato giovani in cerca di una esperienza di lavoro, il 32% dei quali laureato o prossimo alla laurea, sono state il 13,3% del totale (erano il 14,8% nel 2009). In termini percentuali, l’entità del fenomeno (e, più nello specifico, anche la disponibilità ad accogliere in stage giovani laureati o laureandi) aumenta in maniera esponenziale al crescere della dimensione dell’azienda, con comportamenti peraltro diversi rispetto al passato: se le imprese con meno di 9 dipendenti che hanno ospitato tirocini sono state il 9,9% del totale di questa 'taglià d’azienda (in contrazione rispetto all’11,6% dell’anno precedente), quelle con oltre 500 dipendenti sono state il 73,9%, in sensibile aumento rispetto al 65,8% del 2009. In valore assoluto diminuisce anche il numero degli stage attivati lo scorso anno: sono stati 310.820 a fronte dei 321.850 del 2009, con una contrazione che ha interessato essenzialmente il settore dei servizi.
Excelsior mostra che lo scorso anno le quote maggiori di neo-assunti si sono registrate, nel settore manifatturiero, tra le imprese chimiche, farmaceutiche e petrolifere (nelle quali il numero di tirocinanti laureati o laureandi ha superato la metà del totale) e della meccanica; tra i servizi, spiccano le imprese del commercio al dettaglio, dei servizi di trasporto e logistica (quasi 1 stagista assunto ogni 4), dei servizi informatici e telecomunicazioni (1 su 5).
Svizzera. I comuni italiani guardano al Ticino con ansietà
Di Nicole della Pietra, swissinfo.ch
Preoccupazione e rabbia. Sono questi i sentimenti dominanti nei 340 comuni italiani di confine, dopo la decisione del canton Ticino di congelare parte dei ristorni delle imposte sui frontalieri. Oltre al blocco, è il finanziamento futuro delle infrastrutture di questi paesi, ad essere in pericolo. Reportage in Lombardia.
In questo caldo pomeriggio d’estate, Porlezza somiglia a una piccola stazione balneare. Vetture immatricolate in Olanda e in Germania sono parcheggiate un po' ovunque nelle stradine di questo borgo di 4'500 abitanti. Situato in provincia di Como, Porlezza è l’ultimo comune della costa nord-est del lago Ceresio.
Il sindaco ci fa visitare la scuola elementare. Politico di centro-destra, come la maggior parte dei suoi colleghi nella regione lombarda e piemontese, Sergio Erculiani è stato eletto nel 2004. È fiero del suo comune, e degli sforzi intrapresi negli anni per migliorare infrastrutture e spazi pubblici, ma anche per arricchire l'offerta culturale e le attività sociali della sua cittadina.
«Soldi spesi bene»
«Il ristorno dell'imposta sui frontalieri ci ha permesso di finanziare una serie di progetti, dall'ingrandimento della scuola alla costruzione dell'aula sportiva», spiega Sergio Erculiani. Ogni anno il comune di Porlezza riceve circa 700'000 franchi dal canton Ticino, riversati da Roma dopo deduzioni.
Fatto non indifferente per una piccola città a valenza turistica. I soldi provenienti dal ristorno dell'imposta da parte dalle autorità ticinesi – sommati ai fondi europei – sono serviti tra l'altro a migliorare e modernizzare il lungolago del borgo.
Più a Sud, nel comune di Valmorea, tra le colline verdi e selvagge della provincia di Varese, anche il sindaco Mauro Simoncini ci tiene a dimostrare «che i soldi del ristorno non vengono sprecati».
Uomo gioviale, Simonicini elenca anche le infrastrutture finanziate grazie all’imposta dei frontalieri. A bordo della sua auto, ci porta davanti al nuovissimo centro ambulatorio di Valmorea, prosegue in direzione della scuola, senza tralasciare la piccola rotonda, inaugurata lo scorso anno. «Questi soldi che arrivano dalla Svizzera
ci hanno permesso di porre fine a una lunga serie di incidenti», si rallegra il sindaco.
Mercato del lavoro carente
Mauro Simoncini, che ammette il suo debole per il Ticino, preferisce non commentare la decisione del governo di Bellinzona di congelare la metà delle imposte alla fonte dei frontalieri per il 2010, pari a circa 28,5 milioni di franchi. «Il lavoro, è in Svizzera, che lo si trova. Qui, non abbiamo molti impieghi da offrire».
Il sindaco sa di cosa parla. Proprietario di un cantiere navale, in qualche anno è stato costretto a licenziare più di tre quarti del suo personale e il futuro resta per lo meno cupo. «Qui i soldi non circolano, nessuno spende», ci confessa.
Tra polemiche e opportunità
A Como, capoluogo dell’omonima provincia, cambiano i toni. Il consigliere comunale Luigi Bottone si mostra più combattivo e intende organizzare una riunione dei sindacati per i primi giorni di settembre. «Dobbiamo unire le forze e difenderci», annuncia il consigliere comunale, che ammette però di non conoscere il numero di frontalieri domiciliati a Como. Poco importa.
Il contenzioso fiscale italo-svizzero ha permesso al giovane coordinatore de «I popolari di Italia domani» (centro-destra) di aumentare la sua presenza nei media e su Internet, grazie anche a un botta e risposta con Giuliano Bignasca. Il presidente della Lega ha fatto del tema dei frontalieri un cavallo di battaglia, dettando al neoeletto governo ticinesi i suoi dieci comandamenti.
«Alcuni politici italiani approfittano di questa diatriba per mettersi in mostra. In realtà sono pochi quelli che conoscono i nomi dei ministri ticinesi e ancora meno i meccanismi della politica elvetica», rimpiange una giornalista lombarda, specialista del trattato bilaterale italo-svizzero del 1974 sul ristorno ai comuni di frontiera, ma che preferisce restare anonima.
Più frontalieri, meno disoccupazione
Claudio Pozzetti non fa parte di questa categoria. Membro del Consiglio generale degli italiani all’estero, è incaricato di vigilare sugli interessi dei lavoratori italiani impiegati in Ticino. Pozzetti riassume scrupolosamente ogni tappa del braccio di ferro tra il canton Ticino e l'Italia e ricorda ognuna delle dichiarazioni dei membri del governo svizzero.
Pozzetti sottolinea come la campagna dell'Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice), che ha ritratto i frontalieri come topi, sia stata umiliante per i lavoratori italiani.
Ci tiene però a sottolineare che «se queste decine di migliaia di lavoratori non avessero un impiego dall’altra parte del confine, sarebbero probabilmente disoccupati e questo peserebbe in modo insostenibile sulle risorse dei piccoli comuni da cui provengono»
Un tasso sempre più magro?
Oltre al congelamento dei ristorni - che per il momento non grava ancora sui comuni visto che i soldi versati da Bellinzona vengono versati da Roma solo due anni dopo – c'è un altro spettro che grava sulle regioni di confine.
Oltre al congelamento dei ristorni - che per il momento non grava ancora sui comuni visto che i soldi versati da Bellinzona vengono versati da Roma solo due anni dopo – c'è un altro spettro che grava sulle regioni di confine.
Il governo ticinese chiede infatti di rivedere al ribasso il tasso di ristorno (attualmente al 38,8%) all'Italia, stabilito da un accordo che risale al 1974 e molto più elevato rispetto a quello concordato con l'Austria (12,5%). A lungo contraria a questa proposta, la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf ammette ora che la questione merita di essere esaminata.
Uno scenario più che preoccupante, spiega Mauro Simoncini, concludendo: «Roma continua a tagliarci i viveri e il piano di risanamento del debito lascia presumere delle nuove misure di risparmio con cui dovremmo fare i conti. È per questo motivo che contiamo più che mai sui soldi che ci ritornano dalla Svizzera».
Nicole della Pietra, swissinfo.ch
Nessun commento:
Posta un commento