Brunetta: imprenditori ingrati
Gli attacchi? Gioco dei poteri forti
Il ministro, le critiche degli industriali veneti «amici» e gli indignati nel Pdl («anime semplici»). «Sfido Marchi: lui racconti la mia storia, io la sua. Senza sconti»
VENEZIA — «Nel Paese è in atto un gioco al massacro dei poteri forti che porta con sé la presa di posizione di anime semplici, di superficiali e di opportunisti. C’è una grandissima ipocrisia, e, me lo lasci dire, un’irriconoscenza nei confronti del premier Silvio Berlusconi e del suo governo ». Il ministro della Pubblica Amministrazione dell’Innovazione Renato Brunetta risponde così alle critiche che nelle ultime settimane stanno piovendo sull’esecutivo e sul suo leader. Critiche che nel Veneto hanno visto la firma di alcuni big dell’economia come Giannino Marzotto, Gianni Zonin o Enrico Marchi, giusto per fare tre nomi.
Ma attacchi alla leadership sono venuti anche da alcuni esponenti della cosiddetta base del Popolo della Libertà. Già battezzati con un aggettivo dal sapore spagnolo: indignati. Ministro, che cosa sta succedendo? Sembra l’inizio della fine. Tutti pronti ad abbandonare la nave. «Ma tutti chi, scusi? Io con la base del partito mi confronto quasi quotidianamente e in tutta sincerità non vedo il quadro che lei mi descrive. Stiamo entrando in una fase congressuale, la critica è abbastanza normale in questi casi. Piuttosto noto un gioco al massacro dei poteri forti, quello sì. A cui, semmai, si accodano anime semplici e gli immancabili opportunisti».
Ma le prese di posizione (contrarie) di alcuni industriali e manager veneti di spicco che effetto le hanno fatto? «Avranno cambiato idea rispetto al passato che cosa vuole che le dica, è legittimo, no? Il governo sopporta bene le critiche. Non è che, se un anno (faccio un esempio) la Save va male sono qui a chiedere la testa del presidente. Si guardino dentro, piuttosto, senza ipocrisie».
Cioè? «Si facciano un esame di coscienza. Anzi lancio loro questa proposta: facciamolo assieme, in pubblico, questo esame. Parlo ad esempio all’amico Enrico Marchi. Ricostruiamo le nostre due storie davanti alla gente. Io racconto la sua, e lui la mia. Senza farci il minimo sconto. Io ci sto, lui ci sta?».
Confindustria ha dato una sorta di «ultimatum» al governo di cui lei fa parte: «Ora salviamo il Paese». «Per quel che mi riguarda accetto la sfida: fare di più e ancora di più. Detto questo, Confindustria non la capisco, è assolutamente ingrata con l’esecutivo. Perché le cose, noi, in questi anni le abbiamo fatte eccome. Non lo dico io che potrei essere di parte, lo dicono tutti, dall’Ocse in giù. Abbiamo fatto le riforme più importanti della storia repubblicana, non c’è stata crisi sociale, solo qualche radical chic che ha fatto folklore salendo sui tetti, nessun lavoratore è stato lasciato solo, abbiamo investito 40 miliardi di euro in cassa integrazione, abbiamo salvato le stesse aziende. In un periodo di crisi come questo abbiamo raggiunto il pareggio, il che ci porta a Marco Minghetti, nel 1875».
Di andare a votare prima, manco a parlarne... «No, dopo gli antibiotici adesso tocca alle vitamine. Dopo le manovre e i tagli ora tocca alle grandi strategie dello sviluppo. Dalle vendite del patrimonio pubblico al riscatto delle case da parte di due milioni di inquilini. Tocca alle vitamine, appunto».
A darle ci sarà sempre il medico Berlusconi? «L’unico medico legittimato a farlo, in democrazia. Non decidono certo i poteri forti o le agenzie di rating. Il titolo di medico, in democrazia, lo danno gli elettori. E hanno scelto lui».
Non è d’accordo quindi con il vostro consigliere regionale Nereo Laroni che parle di «fine di un ciclo»? «Laroni è molto più esperto di me sui cicli che finiscono...».
Imprenditori e manager, tra cui il presidente di Veronafiere Ettore Riello, sostengono che la vita privata del premier «offende profondamente il nostro lavoro e le imprese ». «Dico solo: chi è senza peccato scagli la prima pietra. In giro c’è una marea ignobile di ipocrisia. E una marea di illegalità nelle intercettazioni. Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano».
Anche le donne del Pdl a Cortina si sono sentite offese da certi comportamenti di Berlusconi. «Non ho sentito nulla del genere, e a Cortina c’ero anch’io. Se hanno qualcosa da dire lo scrivano».
In compenso la Lega, dopo il voto su Milanese, sembra più compatta. Nonostante Flavio Tosi non perda occasione di invitare il premier a fare un passo indietro. «Il Carroccio è un fedele alleato con le sue normali divisioni all’interno. Se dovessimo parlare di quelle del Partito Democratico faremmo notte».
A proposito: e il caso Penati? «Quello di Sesto San Giovanni? Ricordo al segretario del Pd Pierluigi Bersani i comandamenti: a Sesto vige il Settimo, non rubare».
Massimiliano Cortivo
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