martedì 15 novembre 2011

Federali.sera_15.11.11. Non c’e’ piu’ la categoria destra-sinistra. Da vent’anni esiste la categoria padania-contro tutti gli interessi altrui-solo per gli interessi loro. Semplice no?----Nicola Porro: Ma questo spread proprio non lo vuole capire. I barbari sono fuori. Via, raus. È arrivata la Bocconi, la Trilateral, Cernobbio. Ma come diavolo si è permesso di toccare ieri la pericolosissima (almeno così veniva definita fino alla settimana scorsa) quota 500? Ueeee ragazzi sveglia, c’è Monti.

LA NUOVA SARDEGNA - Politica: Le imprese: «La Regione vuole rifare l’Iri»
Effetto Monti: un flop
L’Ungheria annulla asta titoli di Stato



LA NUOVA SARDEGNA - Politica: Le imprese: «La Regione vuole rifare l’Iri»
15.11.2011
Tutti gli aumenti destinati all’Industria andranno alle società partecipate pubbliche
Dodici associazioni del mondo industriale, artigiano, cooperativo e agricolo contestano la manovra finanziaria 2012 La ricetta? «Tagliare tutti i costi fissi dell’amministrazione»
CAGLIARI. Un’alleanza così grande tra associazioni imprenditoriali di diversi campi e con storie differenti alle spalle, in Sardegna non c’era mai stata. Significa che la crisi è davvero eccezionale, spiegano i dodici rappresentanti di: Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Agci, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confcooperative, Confesercenti, Confindustria, Legacoop e Cia. Le dodici organizzazioni che rappresentano 124 mila imprese e 400 mila lavoratori, un quarto dell’intera popolazione dell’isola, sono in allarme per la manovra finanziaria che soddisfa la spesa corrente e ignora lo sviluppo. E sparano a zero sul sistema della Partecipazioni regionali, una sorta di Iri, (una delle tre holding delle famigerate Partecipazioni statali), sopravvissuto solo in Sardegna. «Un sistema da cambiare», dicono. Che cosa spinge i rappresentanti d’interessi diversi a unirsi per contestare la Finanziaria? È inutile nascondere che per tanti anni Confindustria e Confapi, per esempio, non avevano dialogato tra loro e così il mondo della cooperazione o dell’agricoltura. «Il problema è che la manovra della Regione non è un bilancio vero», spiega Luca Murgianu, presidente di Confartigianato. Le entrate sono pari a 6.899 milioni ma la cifra comprende le quote di compartecipazione concordato con lo Stato e poi contestate dal governo». Tra impegni e spesa restano 686 milioni che difficilmente, per il meccanismo esistente, potranno essere impiegati negli anni a venire. A chiedere alla Regione un’inversione di tendenza ci sono Murgianu e Filippo Spanu (Confartigianto), Massimo Putzu e Roberto Saba (Confindustria), Francesco Lippi (Api sarda), Bruno Marras e Francesco Porcu (Cna), Gilberto Marras (Confcooperative), Sergio Cardia (Agci), Marco Scalas e Luca Saba (Coldiretti), Gigi Picciau (Confagricoltura), Gavino Sini (Confcommercio), Marco Sulis (Confesercenti), Antonio Carta (Legacoop). Come fare per liberare risorse fresche? La ricetta è chiara, spiegano le associazioni: innanzitutto bloccare la spesa della sanità. «Quello che fa paura», dice Filippo Spanu, «è la spesa fuori controllo. Solo per la spesa farmaceutica sono usciti dalle casse 150 milioni». Poi si deve semplificare le procedure e avere la certezza dei tempi di pagamento. Un dato su cui le associazioni chiedono più chiarezza è quello delle Partecipate regionale; tra enti e agenzie sono previsti 17 milioni di euro. Per l’industria è previsto un aumento delle risorse ma in realtà l’intervento diretto sulle imprese è limitato all’otto per cento e tutti gli altri aumenti andranno a beneficio delle società partecipate. Come dire che in Sardegna resiste l’ultimo avamposto di un’economia centralizzata nelle mani del pubblico. Non sono stati citati casi singoli perché le associazioni si sono riservate di elaborare un documento dettagliato da inviare alla Regione ma tra i «convitati» c’erano sicuramente molte agenzie regionali e la Sfirs, diventata il braccio dell’amministrazione regionale. «Si deve liberare la spesa vincolata almeno del 15%, nel 2012 sarebbero 300 milioni. E per questo si devono tagliare i costi fissi della macchina pubblica almeno del 30%».

Effetto Monti: un flop
Ci avevano detto che l'incarico del professore della Bocconi sarebbe stato un toccasana, ma i mercati se ne fregano di SuperMario: borse giù, spread su
di Nicola Porro - 15 novembre 2011, 08:14
Ma questo spread proprio non lo vuole capire. I barbari sono fuori. Via, raus. È arrivata la Bocconi, laTrilateral, Cernobbio. Ma come diavolo si è permesso di toccare ieri la pericolosissima (almeno così veniva definita fino alla settimana scorsa) quota 500? Ueeee ragazzi sveglia, c’è Monti.
Ma non avete letto Repubblica ?E il Sole24ore?
E Le Monde ? C’è Monti. Snello (copyright Conchita), elegante, preparato, sobrio, rassicurante, con il trolley... E la Borsa? Quegli sciagurati ieri si sono azzardati a chiudere con un calo del 2 per cento: peggio dei grandi europei. Ma dove vivono? C’è Monti.
 I mercati, purtroppo, cosa facilmente prevedibile da chi non abbia i paraocchi, se ne infischiano di Berlusconi e di Monti.
Anzi possiamo con certezza affermare che l’uscita di scena del Cavaliere un primo grande risultato l’ha ottenuto: sarà finalmente chiaro per tutti che la questione finanziaria ha poco a che vedere con la credibilità di chi ci guida. Certo essa ha un grande peso nel nostro giudizio politico. Ma il punto vero si chiama debito e comportamento della Banca centrale europea. Con l’uscita di scena di Berlusconi ci renderemo conto in che pasticcio siamo (questa sì vera omissione del governo, che fino a ieri sottovalutava la tempesta). E di come non sia sufficiente sbarazzarsi del premier per risolvere magicamente i nostri problemi.
Oggi i mercati potrebbero rimbalzare o di nuovo crollare. Non sarebbe merito di Monti, come ieri non era demerito di Berlusconi (ci siamo annoiati ormai a scriverlo). Ma in buona parte nelle incertezze di francesi e tedeschi nell’affrontare una crisi sia economica sia finanziaria che sta investendo rispettivamente l’Europa  e l’euro. Ieri la mazzata finale è arrivata da Wolfgang Schäuble. Il potente ministro finanziario tedesco ha detto: «No al finanziamento del debito attraverso la Bce». Insomma no alla creazione di nuova moneta, così come stanno facendo tutte le altre banche centrali del mondo. E i mercati sono sprofondati. Colpa di Monti? Ma va là.
Tra pochi giorni sarà chiaro a tutti come i mercati siano stati, in fondo, la clava per far fuori un governo politico. Una clava in mano all’opposizione che l’ha utilizzata con spregiudicatezza. Le tensioni sui tassi potranno anche essere una buon incentivo a mettere mano alle riforme che si debbono fare per ridurre strutturalmente la spesa pubblica e dunque essere meno ricattabili in futuro. Ma il giochetto della credibilità alta di Monti, bassa di Berlusconi, già ieri si è ben capito conta poco. Molte delle cose che Monti ha scritto e detto nelle ultime settimane ( non certo la patrimoniale come bene continuano a scrivere Alesina & Giavazzi sul Corriere della Sera) saranno molto utili al risanamento strutturale di questo Paese.
Ci dobbiamo augurare che i temi delle liberalizzazioni, pensioni, mercato del lavoro e giustizia (cosa che caparbiamente i radicali continuano a buona ragione a porre al centro dell’agenda politica) siano affrontati con coraggio da Monti. Che riesca dunque nel miracolo di strappare i voti in Parlamento delle fasce più conservatricidellacoalizioneberlusconiana e dell’opposizione. Questo è il miracolo che ci possiamo attendere dal premier incaricato. Non quello assurdo e mal posto di rimettere in sesto i mercati per il solo fatto di esistere. Quasi avesse una bacchetta magica.
P.s.: gli stessi banchieri che ci raccontavano dell’attacco speculativo all’Italia e di come fosse relativamente irrilevante il suo premier, ieri ci hanno soffiato un’indiscrezione che sta prendendo piede nei consessi che contano.
E cioè che il nuovo governo si appresterebbe a chiedere un prestito monstre al Fmi con il quale finanziare gran parte delle prossime emissioni. Ci auguriamo che sia una remota ipotesi di studio, come spesso se ne sentono in queste ore. Si tratterebbe altrimenti di una follia, di un vero commissariamento internazionale del nostro Paese. Una cambiale che ci darebbe ossigeno per qualche mese e ci strozzerebbe quando portata all’incasso.

L’Ungheria annulla asta titoli di Stato
di Redazione - 15 novembre 2011, 08:00
Il doppio schiaffo di Fitch e Standard&Poor's che hanno messo sotto sorveglianza il debito dell'Ungheria ha indebolito il fiorino, tanto che l'agenzia nazionale del debito AKK ha dovuto annullare la vendita di titoli per 160 milioni. Il rendimento dei Bond ungheresi a 10 anni è schizzato all'8,64%, il livello più alto negli ultimi 27 mesi.

Nessun commento: