lunedì 12 marzo 2012

pm:12.3.12/ Spettro ri-default. - Giuseppe Timpone: Ora, il fatto che la Grecia possa obbligare un creditore ad aderire a un’offerta ha creato il presupposto per cui questi abbia titolo per fare scattare il “credit event” per chiedere il rimborso del cds, qualora ne abbia uno in possesso. In sostanza, secondo anche l’Isda, siamo di fronte a un vero caso di default, per quanto controllato. D’altronde, come spiegare il fatto che il salvataggio della Grecia passi per l’assunzione di perdite nominali del 53,5% a carico dei creditori?

LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Idee d’impresa: 148 giovani alle prese col mercato
Germania: ok asta semestrali, tassi giu'
Grecia, scattano cds. Incognita rimborsi e spettro ri-default
Federazione Russa. La guerra per la carne suina



LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Idee d’impresa: 148 giovani alle prese col mercato
12.03.2012
CAGLIARI. Nei prossimi mesi 148 giovani sardi si misureranno col mercato locale e nazionale in un’avventura imprenditoriale resa possibile da “Promuovidea”, un progetto Por Fse 2007-2013 per promuovere la cultura d’impresa. Due le categorie destinatarie di un finanziamento di 6.584.062,73 euro: giovani disoccupati o inoccupati d’età compresa tra 18 e 35 anni, ovviamente residenti nell’isola (linea A) e lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali, a regime e in deroga (linea B). «La Sardegna - dice l’assessore Antonello Liori - ha predisposto gli strumenti per creare lavoro, affilando le armi per la lotta alla disoccupazione, passaggio obbligato per lo sviluppo socio-economico. Il Piano regionale per il lavoro potrà contare su oltre 600 milioni di euro, provenienti prevalentemente da fondi europei, ma anche regionali e in minima parte nazionali. Tra gli obiettivi, favorire l’inserimento lavorativo, prevalentemente dei giovani e delle donne, incentivare l’autoimprenditorialità, migliorare la competitività con la formazione, aiutare la ricerca e l’innovazione, facilitare l’accesso al credito». “Promuovidea” ha suscitato buon interesse tra i giovani. Si sono mossi in 1039 per partecipare al bando regionale, mettendosi in azione per centrare un obiettivo che richiedeva creatività, spirito d’iniziativa, capacità di leggere territorio e mercato, elaborare un businessplan, scegliere la forma giuridica più idonea, conoscere la normativa amministrativa. La provincia con il maggior numero di partecipanti è stata quella di Cagliari: 457 domande, 33 progetti finanziati per un totale di circa 1.471.000 euro. Stanziamento disponibile per il Cagliaritano 1.500.000 euro. A notevole distanza per numero di domande presentate e finanziate Nuoro (rispettivamente 138 e 10), Oristano (89 e 8), Carbonia-Iglesias (73 e 7), Medio Campidano (39 e 7), Ogliastra (38 e 3), Olbia Tempio (51 e 9). Le 154 domande presentate nella provincia di Sassari sono in corso di valutazione: lo stanziamento disponibile è pari a 900 mila euro. La linea B ha registrato la partecipazione di 196 tra cassintegrati e lavoratori in ammortizzatori sociali che vogliono mettersi in proprio. Ci riusciranno in 71, ai quali per i loro progetti andranno più di 3 milioni di euro su uno stanziamento disponibile di 4.500.000 euro. Anche per questa linea il maggior numero di domande è stato presentato nella provincia di Cagliari: 95. Più distanziate Sassari (26), Nuoro (22), Oristano (18), Carbonia-Iglesias (17), Medio Campidano (8), Olbia Tempio (8) e Ogliastra (2). «Nell’ultima annualità - aggiunge l’Assessore Liori - sono state finanziate azioni per oltre 5.000 imprese, i bandi «Impresa donna»,Promuovidea, Europeando e Microcredito hanno agevolato la creazione di 1.500 aziende, che vede protagonisti donne e giovani, oltre 2.000 interventi di formazione continua, rivolta non solo ai giovani, ma anche ai lavoratori ed agli imprenditori stessi. Un pacchetto di politiche attive per il lavoro, che insieme a quelle passive, sono riuscite ad attenuare gli effetti di una grave crisi e che contribuirà a preparare la Sardegna alla crescita quando gli effetti negativi termineranno».

Germania: ok asta semestrali, tassi giu'
Assegnati 3,5 mld, bene domanda
12 marzo, 12:08
(ANSA) - ROMA, 12 MAR - La Germania ha collocato titoli di stato semestrali (Bubill) per 3,5 miliardi di euro, poco meno dell'ammontare massimo prefissato di 4 miliardi, registrando un calo del rendimento e una buona domanda.
 Il rendimento medio e' sceso allo 0,053% dallo 0,076% dell'asta di un mese fa. Bene la domanda che ha superato l'offerta di 1,6 volte contro 1,5 precedente.(ANSA).

Grecia, scattano cds. Incognita rimborsi e spettro ri-default
Giuseppe Timpone - 12 marzo 2012
Con una decisione attesa, ma non per questo meno traumatica, l’International Swaps and Derivates Association si è pronunciata per dichiarare ammissibile la richiesta dei creditori assicurati di fare scattare l’obbligo del rimborso dei “credir default swaps” emessi sui bond ellenici. La decisione avviene alla fine della settimana in cui si è avviata l’operazione di “swap” tra vecchi titoli di stato greci e bond di nuova emissione, che ha di fatto falcidiato il debito pubblico greco di circa 90 miliardi, ma che dovrà essere ancora completata nei prossimi giorni.
Infatti, all’offerta della Repubblica Ellenica hanno aderito creditori privati in possesso dell’85,8% dei 206 miliardi di bond in circolazione, ma per effetto di una legge approvata lo scorso 23 febbraio dal Parlamento di Atene, anche i 25 miliardi restanti di bond emessi sotto la legge greca potranno essere obbligati alla conversione. Lo stesso dicasi ai 9 miliardi circa di titoli acquistati sotto la legge internazionale, per via dell’adesione già di oltre i due terzi del capitale.
In sostanza, entro il 23 marzo, di fatto i 206 miliardi di euro di bond saranno pienamente convertiti, con le buone o con le cattive, in titoli di nuova emissione, dal valore nominale complessivo del 53,5% di quello nominale originario, di cui il 31,5% in 20 titoli di pari importo e con scadenza da 11 a 30 anni; il restante 15% in 3 titoli a 6, 12 e 24 mesi emessi dall’Efsf, il Fondo europeo di salvataggio. Su questi bond, gli interessi saranno del 2% fino al 2015, del 3% dal 2016 al 2020, del 4,3% dal 2021. C’è anche la possibilità di sottoscrivere bond a interesse cedolare legato all’andamento del pil. Essi daranno, cioè, un interesse più alto, nel caso in cui nei prossimi anni il pil greco aumentasse più delle percentuali previste.
Tuttavia, l’operazione di salvataggio non viene digerita dalle agenzie di rating. Se già Standard & Poor’s ha declassato i bond greci al livello “SD”, ossia di “Selective Default” o “default parziale”, anche Moody’s ha abbassato il suo giudizio al minimo, C.
Ora, il fatto che la Grecia possa obbligare un creditore ad aderire a un’offerta ha creato il presupposto per cui questi abbia titolo per fare scattare il “credit event” per chiedere il rimborso del cds, qualora ne abbia uno in possesso. In sostanza, secondo anche l’Isda, siamo di fronte a un vero caso di default, per quanto controllato. D’altronde, come spiegare il fatto che il salvataggio della Grecia passi per l’assunzione di perdite nominali del 53,5% a carico dei creditori?
Ma il problema dei cds è tutt’altro che secondario. Finora, molti hanno sottovalutato la situazione, sulla base della stima di 3,2 miliardi di euro netti da rimborsare. In effetti, saremmo di fronte a un importo sostenibile per il sistema bancario internazionale che ha emesso i cds. Tuttavia, tale cifra è al netto, mentre l’importo lordo sarebbe di circa 70 miliardi. Vediamo perché.
Le banche che hanno venduto cds agli obbligazionisti a loro volta avevano spesso acquistato cds per assicurarsi dal rischio bancarotta da altri istituti. Ad esempio, le prime tre banche italiane hanno acquistato 1,248 miliardi di euro complessivi di titoli assicurativi, mentre ne hanno venduti 1,533 miliardi, risultando al netto esposti negativamente per 285 milioni.
Ora, quando le cifre sono di questi livelli, tutto sommato tra incassi ed esborsi il sistema dovrebbe reggere. Ma mettiamo il caso di Deutsche Bank. Essa ha acquistato cds per 37,4 miliardi, mentre ne ha venduti per 34,5 miliardi. Al netto, l’istituto tedesco dovrebbe essere esposto positivamente per 2,9 miliardi. Ma mentre gli esborsi sono certi, siamo così sicuri che i suoi debitori pagheranno con altrettanta solerzia e facilità? Se, cioè, uno degli anelli della catena dei cds dovesse non essere solvente, cosa accadrà all’intera montagna dei titoli assicurativi? La risposta ovvia è che irromperebbe sul sistema finanziario il dato lordo, non già il netto. In altri termini, saremmo messi davanti all’evidenza.
All’Eurogruppo di stasera, si affronterà ancora una volta il caso Grecia, dopo avere esaminato anche quello di Spagna e Portogallo, alle prese con il mancato raggiungimento degli obiettivi fiscali concordati con Bruxelles. Si dovrebbero sbloccare aiuti per Atene per 94,5 miliardi, dopo che sono stati già assicurati 35,5 miliardi per finanziare i titoli di nuova emissione da parte dell’Efsf, a parziale rimborso dei vecchi bond per i creditori privati.
Tuttavia, non fa ben sperare il trend sul “grey market” del debito di nuova emissione della Grecia, che sebbene ancora non esista in circolazione, di fatto viene già quotato. Il problema è che esso viene valutato a un valore scontato sul nominale tra il 71% e il 79%, tra 21,4 e 28,75. Considerando che già il valore iniziale di riferimento è solo il 46,5% di quello nominale iniziale pre-swap, siamo dinnanzi a un debito greco ormai quotato sul mercato a circa il 12-14% del suo valore.
In altri termini, la finanza non ha (maggiore) fiducia della Grecia, anche dopo il salvataggio europeo e l’operazione di concambio. Il mercato valuta nei fatti Atene come un creditore non solvente e non ne fanno mistero nemmeno gli stessi vertici internazionali, Fondo Monetario in primis, che entro la fine dell’anno potrebbe essere necessario un ulteriore pacchetto di aiuti per 28 miliardi. Il default è stato solo rimandato e gli investitori restano in attesa di quello che viene ora definito il “ri-default”.

Federazione Russa. La guerra per la carne suina
12 marzo 2012
Ben Aris, Russia Oggi
Gli allevatori russi, i colossi del settore e il governo della Federazione puntano a soddisfare il fabbisogno interno con grandi finanziamenti e dazi sulle importazioni
Infuria tra Europa e Russia una guerra sulla carne. Da quando la popolazione mondiale nel 2011 è arrivata alla soglia dei sette miliardi di esseri umani, i generi alimentari  molto rapidamente stanno diventando un prodotto strategico alla pari con il petrolio, e i vari Paesi si stanno precipitando ad aumentare la loro produzione dei più importanti prodotti di base.
La Russia potrebbe essere una fucina di prodotti agricoli, e, invece, secondo il Comitato di  Statistica dello Stato, importa ancora il 40 per cento del proprio fabbisogno alimentare. In ogni caso, un notevole impulso sostenuto  da adeguati investimenti statali ha permesso alla Russia di diventare autosufficiente nel 2009 in quanto a fabbisogno di pollame e nel 2012 si spera che accada altrettanto per la carne suina.
La rilevanza che hanno assunto le importazioni di carne è venuta  alla ribalta della cronaca negli anni Novanta, quando una disputa  commerciale scoppiata con gli Stati Uniti indusse la Russia a bloccare le importazione delle “Zampe di Bush”, le cosce di pollo surgelate americane così soprannominate dai venditori ambulanti dei mercati all’aperto russi riprendendo  il nome dell’allora presidente George W. Bush.
Lo Stato ha investito denaro in questo settore grazie a  prestiti agli allevatori erogati dalla Banca russa per l’Agricoltura, la Rosselkhozbank, una delle cinque banche più importanti del Paese. Il settore agricolo è in rapida espansione e la Russia ha scalato  velocemente  la classifica degli esportatori di grano nel mondo nel 2008 balzando al quarto posto.
La produzione di carne, però, è rimasta ancora indietro. Quella di pollame è aumentata seguendo il ritmo di  crescita del  grano, essendo per altro il tipo di carne più semplice da produrre. Subito dietro al pollame c’è la produzione di carne suina, che sarà seguita da quella bovina quando entro i  prossimi anni entrerà in piena produzione una serie di grandi ranch che riceveranno finanziamenti pubblici.
Nell’attesa che ciò accada, buona parte delle importazioni di carni suine arriva dall’Europa e proprio la carne di maiale è stata al centro del contendere durante i negoziati alla Wto (l’Organizzazione Mondiale del Commercio), culminati a dicembre 2011 con l’adesione formale  della Russia all’accordo per il commercio globale. I produttori locali di carni suine molto probabilmente subiranno qualche contraccolpo dovuto al fatto che saranno abrogate le restrizioni commerciali imposte alle importazioni di carni dall’Europa.      
 “L’ingresso nel Wto verosimilmente lascerà immutato e non influirà sul settore del pollame, mentre caleranno gli utili nel settore dell’allevamento di suini, benché gli allevatori più produttivi dovrebbero essere in grado di conservare alcuni dei margini più ampi su scala globale”, ha commentato Mikhail Krasnoperov, analista di Troika Dialog.
Per contrastare la competitività della concorrenza europea, il governo ha stanziato investimenti  per 6 miliardi di rubli (200 milioni di dollari), destinati a incrementare la produzione interna di carni suine e ad aumentare e mantenere la quota di mercato nel 2012. Il ministro russo dell’Agricoltura Elena Skrynnik ha dichiarato che lo Stato intende porre fine all’importazione annuale di circa 500-600mila tonnellate di prodotti suini, pari a un quinto dei consumi totali.
La penuria di carni  suine nel 2011 ha già fatto arrivare a livelli record i prezzi e adesso che l’incertezza relativa all’ingresso nel Wto è stata risolta, il sempre più invogliante mercato ha spinto molti grandi produttori interni di carni suine a dare il via a  programmi di investimento.
Al momento la Russia sovvenziona i produttori locali con un sistema di quote e imponendo alti dazi sulle importazioni di carni di maiale, ma dopo che a dicembre 2011 la Russia è entrata nel Wto il nuovo regime commerciale più aperto renderà addirittura  più facili le importazioni delle carni suine di produzione europea.
 “Negli ultimi cinque anni, gli investitori russi e quelli stranieri hanno speso oltre 7 miliardi di dollari nel comparto  russo delle carni suine”, ha detto Sergei Yushin, presidente dell’Associazione nazionale russa dei produttori di carne, che al contempo ha messo in guardia dal pericolo che in seguito alla recente adesione al Wto gli investimenti dall’estero siano a rischio senza un consistente aiuto statale.
Le importazioni in Russia di carne suina potrebbero triplicare in base al nuovo regime commerciale, ha detto a Bloomberg il sindacato nazionale degli allevatori di suini ed entro il 2020  potrebbe raggiungere una produzione di 1,8 milioni di tonnellate di carni e soddisfare quasi la metà del fabbisogno interno complessivo russo. I coltivatori temono nondimeno che l’aumento delle importazioni a basso prezzo e di alta qualità possa vanificare gli investimenti negli allevamenti russi di suini, che tendono a essere più piccoli e meno efficienti degli allevamenti su vasta scala presenti in Occidente. Secondo le stime del sindacato allevatori di suini la produzione interna andrà a calare a partire dal 2014.
“L’interesse per gli investimenti in questo settore calerà  bruscamente dopo  l’ingresso della Russia nel Wto”, ha affermato Nikolai Birulin, presidente del sindacato. “Soltanto i progetti in corso di realizzazione adesso nel settore agricolo avranno qualche possibilità di ricevere ordinazioni”. Secondo Birulin, in seguito all’adesione al Wto il comparto  dell’allevamento dei suini in Russia potrebbe subire perdite nell’ordine  di almeno 20 miliardi di rubli (662 milioni di dollari).
Il governo è consapevole del problema: lo ha affermato il viceministro dell’Agricoltura Ilja Shestakov, e di conseguenza avrebbe in cantiere un progetto finalizzato a sostenere la produzione interna con misure amministrative adeguate e linee di credito, almeno  fino a quando il settore non potrà reggersi in piedi da solo a fronte della concorrenza da parte di importazioni più vantaggiose dal punto di vista economico.
Nel frattempo i più importanti produttori russi di carni suine stanno accelerando i loro investimenti per accaparrarsi quante più quote di mercato riusciranno prima che si scateni la concorrenza.
All’inizio di febbraio 2012 il più importante operatore nel settore delle carni lavorate in Russia, il gruppo Cherkizovo, ha annunciato che nei prossimi due anni incrementerà dell’80 per cento  la produzione delle carni nei suoi 10 allevamenti di suini fino ad arrivare a una produzione annua di 180mila tonnellate. Parole dell’amministratore delegato  Sergei Mikhailov al Russia Forum 2012 a Mosca.
Anche il suo più importante antagonista commerciale, Rusagro, ha dichiarato che intende espandere il proprio allevamento e l’impianto di lavorazione delle carni suine ubicato nella regione di Tambov,  investendo altri tre miliardi di rubli nel 2012 per arrivare a una produzione annua di circa 100mila tonnellate di carne, secondo quando ha detto l’amministratore delegato della società Maxim Basov. Basov  ha anche precisato che nel 2011 l’azienda ha già investito 2,5 miliardi di rubli e un’ulteriore espansione sarà cofinanziata dal governo che ha messo a disposizione sei miliardi di rubli per incrementare la produzione di carni suine nel Paese.

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