Crisi in escalation
Crisi: Merkel, serve crescita ma senza aumento deficit
Grecia: adesione swap debito 97% privati
Grecia: ricavi da turismo in calo del 35,3% a febbraio
Nuovo record negativo per il dinaro serbo
Raccolti 300 milioni a sostegno dei rifugiati nei balcani
Crisi in escalation
di Hans-Werner Sinn
MONACO – Per un attimo è sembrato che il programma di credito da 1000 miliardi di euro della Banca centrale europea, teso a iniettare liquidità nel sistema bancario dell’Europa, avesse tranquillizzato i mercati finanziari globali. Ma ora i tassi di interesse sui titoli di Stato italiani e spagnoli registrano un nuovo incremento e tornano a sfiorare il 6%.
Ovviamente, non si tratta del limite oltre il quale il peso debitorio diventa insostenibile. Dopo tutto, i tassi di interesse nel Sud Europa sono stati ben al di sotto del 10% nel decennio precedente l’introduzione dell’euro. Anche la Germania in quel periodo ha dovuto pagare i titolari di bond con cedole superiori al 6%. Ciò nonostante, i mercati stanno chiaramente manifestando un forte dubbio sull’eventualità che Spagna o Italia siano disposte a sostenere il proprio onere debitorio.
Il problema principale è la Spagna, dove il debito estero privato e pubblico è superiore a quello di Grecia, Portogallo, Irlanda e Italia messi insieme, e come in Grecia, si avvicina al 100% del Pil (93% per la precisione). Un quarto della forza lavoro e la metà dei giovani spagnoli sono disoccupati; questo scenario riflette la perdita di competitività del Paese sulla scia della bolla immobiliare gonfiata dal credito facile del periodo pre-crisi. Il deficit delle partite correnti si attesta al 3,5% del Pil, malgrado il calo delle importazioni indotto dalla recessione, mentre la contrazione economica spingerà la Spagna a mancare di nuovo il proprio target sul deficit di bilancio.
Inoltre, il debito della Spagna con il sistema Target di finanziamenti della Bce è cresciuto di 55 miliardi di euro (72 miliardi di dollari) tra febbraio e marzo, perché bisognava prevedere una compensazione per l’esodo di capitali di tale importo. Da luglio 2011 il debito Target della Spagna è cresciuto di 199 miliardi di euro. Il capitale ha preso il volo, e non si tratta più di bilanciare gli afflussi del 2008-2010. Il totale cumulativo dall’inizio del primo anno di crisi (2008) implica che la Spagna ha finanziato l’intero deficit delle partite correnti stampando moneta.
Il quadro è leggermente più roseo in Italia, dove il saldo delle partite correnti è oscillato da un surplus pari al 2% del Pil a un deficit pari al 3% del Pil negli ultimi dieci anni. Il debito Target del Paese è cresciuto di 76 miliardi di euro da febbraio a marzo, registrando da luglio 2011 un totale di 276 miliardi di euro. Anche l’Italia sta prosciugando i capitali; in effetti, la fuga degli investitori ha evidenziato un’accelerazione dopo l’iniezione di liquidità della Bce.
Ora è chiaro che è la stessa Bce ad aver causato gran parte della fuga di capitali da Paesi come Spagna e Italia, perché il credito a basso costo da essa offerto allontanava i capitali privati. L’obiettivo delle misure attuate dalla Bce era quello di ripristinare la fiducia e dar vita a una ripresa del mercato interbancario. Anche su questo fronte non ha riscontrato grandi successi, malgrado l’ingente quantità di denaro messa a disposizione.
Ora sono i francesi a vacillare. Dal momento che i capitali hanno abbandonato il Paese tra luglio 2011 e gennaio 2012, il debito Target della Francia è incrementato di 95 miliardi di euro. Anche la Francia ha perso competitività, a causa del credito a basso costo concesso nei primi anni dell’euro. Secondo un recente studio di Goldman Sachs, il livello dei prezzi del Paese deve scendere del 20% rispetto alla media dell’euro – e quindi deve svalutarsi in termini reali – se l’economia intende riguadagnare competitività all’interno dell’Eurozona.
L’Italia dovrà attuare una svalutazione interna del 10-15% e la Spagna del 20%. Mentre Grecia e Portogallo devono fronteggiare la necessità di deflazione rispettivamente al 30% e al 35%, i dati per Spagna e Italia sono abbastanza elevati da giustificare i timori sul futuro sviluppo dell’Eurozona. Questi squilibri possono essere corretti solo con grande impegno, ma a patto che si accetti un decennio di stagnazione. Per Grecia e Portogallo sarà un’impresa ardua restare nell’Eurozona.
In molti risolverebbero il problema instradando sempre più credito a basso costo attraverso canali pubblici – fondi di salvataggio, eurobond o Bce – dai Paesi in salute dell’Eurozona al Sud Europa in difficoltà. Ma ciò spingerebbe ingiustamente i risparmiatori e i contribuenti dei Paesi in salute a fornire capitale al Sud Europa a condizioni che non condividerebbero volontariamente.
I risparmi tedeschi, olandesi e finlandesi, rispettivamente pari a 15.000, 17.000 e 21.000 euro per lavoratore, sono già stati convertiti da investimenti negoziabili in puri fondi perequativi contro la Bce. Nessuno sa quanto varrebbero questi fondi in caso di tracollo dell’Eurozona.
Infine, la fornitura pubblica e permanente di credito a basso costo porterebbe a una prolungata infermità, se non addirittura a un collasso economico dell’Europa, dal momento che l’Eurozona diverrebbe un sistema di gestione centrale con un controllo statale sugli investimenti. Questi sistemi non possono funzionare, perché eliminano il mercato dei capitali come principale meccanismo di comando del sistema economico. Non si può fare a meno di domandarsi con quanta sconsideratezza i politici europei abbiano imboccato questa strada così scivolosa.
Traduzione di Simona Polverino
Hans-Werner Sinn è professore di economia e finanza pubblica presso l’Università di Monaco, e presidente dell’istituto tedesco Ifo.
Copyright: Project Syndicate, 2012.www.project-syndicate.org
Crisi: Merkel, serve crescita ma senza aumento deficit
25 Aprile 2012 - 15:44
(ASCA-AFP) - Berlino, 25 apr - Per uscire dalla crisi, l'Eurozona necessita di crescita ma anche di riduzione del deficit. Lo ha ribadito il cancelliere tedesco, Angela Merkel.
''In Europa - ha detto la Merkel -, siamo chiamati a superare la crisi del debito sovrano a causa delle turbolenze internazionali dei mercati finanziari. Da un lato - ha proseguito il cancelliere tedesco - cio' puo' essere fatto con una politica fiscale sostenibile, che e' una condizione necessaria ma non sufficiente''.
''Abbiamo bisogno di crescita - ha aggiunto la Merkel - sotto forma di iniziative sostenibili, non con programmi di stimolo che aumentano il debito, ma crescita sotto forma di riforme strutturali, come il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi ha detto oggi''.
sen/
Grecia: adesione swap debito 97% privati
Lo ha comunicato il ministero delle Finanze
25 aprile, 15:39
(ANSA-AFP) - ATENE, 25 APR - La Grecia ha completato oggi la ristrutturazione del proprio debito sovrano detenuto da parte dei creditori privati, ottenendo un tasso di partecipazione del 96,9%. Lo ha reso noto il ministero delle Finanze. ''Siamo molto contenti del risultato dell'operazione di scambio di obbligazioni'', ha commentato il ministro Philippos Sahinidis, facendo riferimento all'operazione di swap di un po' piu' della meta' dei 205,5 miliardi di euro del debito del Paese detenuto dai creditori privati.
Grecia: ricavi da turismo in calo del 35,3% a febbraio
ultimo aggiornamento: 25 aprile, ore 18:04
Atene, 25 apr. - (Adnkronos/Dpa) - I ricavi derivanti dal turismo si sono ridotti del 35,3 per cento in Grecia nel mese di febbraio. I dati sono stati diffusi oggi dalla Banca centrale greca. Il turismo rappresenta il 15 per cento del Pil in Grecia e un quinto della forza lavoro del paese. La banca ha sottolineato che il fatturato e' sceso del 44,7 per cento anno in anno a gennaio e febbraio, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Cio' e' attribuito ad un calo del 61 per cento delle prenotazioni dalla Germania e un meno 42,6 per cento dalla Gran Bretagna.
Nuovo record negativo per il dinaro serbo
Con un calo dello 0,1 per cento il dinaro serbo ha raggiunto ieri il suo nuovo record negativo contro la valuta europea, secondo quanto comunica la Banca nazionale serba (Nbs). La moneta locale ha toccato i 111,7631 punti, nonostante l’operazione effettuata lunedì dalla Banca centrale che ha venduto 20 milioni di euro nel mercato internazionale delle valute per arginare le eccessive oscillazioni. Gli interventi effettuati dalla Nbs dall’inizio dell’anno ammontano a un totale di 588,5 milioni di euro venduti per frenare la tendenza negativa. La moneta serba ha perso lo 0,6 per cento del suo valore rispetto al mese scorso, e il 9,6 per cento dall’inizio dell’anno. Nei confronti del dollaro statunitense il dinaro ha invece raggiunto quota 85,0492, perdendo lo 0,5 per cento rispetto alla quotazione precedente. Il calo su base mensile è dell’uno per cento, mentre su base annua è del 18,5 per cento.
Raccolti 300 milioni a sostegno dei rifugiati nei balcani
Durante il congresso di martedì organizzato dai Paesi balcanici sono stati raccolti circa 300 milioni di euro che serviranno per la costruzione di case destinate ad accogliere i rifugiati in Bosnia-Erzegovina, Montenegro Croazia e Serbia.
Inoltre secondo il Ministro per i Diritti Umani bosniaco Damir Ljubic Stati Uniti e Unione Europea hanno garantito lo stanziamento di altri 200 milioni di euro necessari per completare la prima fase del programma regionale che prevede la sistemazione di 27.000 famiglie di rifugiati.
La cifra più importante (230 milioni di euro) è stata donata dall’Unione Europea mediante i fondi IPA.
L’Amministrazione degli Stati Uniti ha invece stanziato 10 milioni di dollari (7,6 milioni di euro) annunciando di voler destinare altri fondi per la causa nei prossimi anni.
I governi di Norvegia, Italia, Germania e Svizzera hanno donato 5 milioni di euro ciascuno, la Danimarca 1,3 milioni e la Turchia un milione.
Il Lussemburgo ha contribuito con 500.000 euro e Cipro, Repubblica Ceca e Romania hanno stanziato 50.000 a testa mentre l’Ungheria finanzierà la causa con 30.000 euro.
Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Croazia e Serbia hanno destinato invece 83 milioni di euro in totale; solo il Governo serbo ha stanziato 33 milioni.
I risultati ottenuti sono certamente soddisfacenti ma non all’altezza delle aspettative poiché secondo le previsioni la somma totale raccolta sarebbe stata di circa 600 milioni di euro.
Ne parla l’agenzia ‘Tanjug’ precisando che il programma verrà pienamente realizzato soltanto nei prossimi cinque anni quando dovranno essere sistemati circa 74.000 rifugiati in Serbia, Bosnia-Erzegovina, Croazia e Montenegro.
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