LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Senza lavoro e senza speranze
L'UNIONE SARDA - Economia: La crisi schiaccia l'agricoltura
Draghi: l'Europa deve dotarsi di un'authority per ristrutturare le banche
Quasi il 50% dei pensionati sotto 1.000 euro al mese
Crisi: Grecia, i redditi diminuiti di un quarto in un anno
Trst, oltrepadania. Equitalia, caccia a 270 milioni in Fvg
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Senza lavoro e senza speranze
26.04.2012
PORTO TORRES Cassintegrati e dimenticati, schiacciati da ritardi che annullano le speranze delle famiglie e le prospettive future per un reinserimento nel sistema produttivo. La Regione promette e non riesce a mantenere gli impegni, allora annulla le riunioni e la tensione sale alle stelle. Vi ricordare la Vinyls? E’ una ferita aperta che sanguina e nessuno riesce a curare: restano solo i complimenti per quella originale «resistenza» dei cassintegrati sull’isola dell’Asinara. E le centinaia di operai dell’indotto? Allo sbando, senza uno straccio di progetto: la formazione professionale dei lavoratori in cig è ferma al palo, così pure l’eventuale reimpiego nella pubblica amministrazione con 13 milioni di euro bloccati. La situazione più preoccupante è quella dell’area del Sassarese, una polveriera che non può essere neutralizzata con letterine di protesta: il settore industriale è fermo e la chimica verde – dopo tutte le procedure a livello regionale e governativo – rischia di diventare un fantasma che vaga tra le macerie del Petrolchimico. Il capitolo E.On è una farsa europea: il colosso energetico tedesco si permette di fare la voce grossa, prima snobba e poi zittisce Regione, Provincia e Comuni affermando – anche per iscritto – che la trasformazione del polo energetico di Fiume Santo non ci sarà e l’investimento da 700 milioni di euro è da dimenticare. Con l’aggiunta di una bugia: «Nessuno è in grado di realizzare quel progetto». Invece l’interessamento c’è, e anche forte. Ma evidentemente l’idea è quella di continuare a fare profitti e raccogliere certificati verdi per poi investire risorse in Brasile. E l’azione dei tedeschi è incontrastata: a Fiume Santo solo esuberi, tra i lavoratori della centrale e dell’indotto. È crollato anche il comparto edile, e a poco è servita l’iniziativa per sollecitare l’avvio di importanti opere pubbliche con il coinvolgimento delle aziende sarde. Il declino delle aree industriali, a Porto Torres come a Ottana e Portovesme sottolinea gli errori commessi con scelte che oggi – di fronte alla grave crisi – evidenziano in maniera drammatica la grave debolezza dell’Isola rispetto ad altre realtà nazionali. E non si può fare a meno di ricordare che per l’industria, in Sardegna, sono state spese nel corso degli anni ingenti risorse, con sostanziosi interventi pubblici. Di quel gigante con i piedi di argilla ora restano solo i pezzi sparsi qua e là, e migliaia di ore di cassa integrazione, mobilità e disoccupazione: il peggiore risultato degli ultimi dieci anni. Statistiche della paura che segnano un tessuto sociale e produttivo che non può essere rilanciato con le chiacchiere da bar e gli slogan costruiti a tavolino da chi azzarda soluzioni che neppure sfiorano il dramma quotidiano di migliaia di famiglie sulla soglia della povertà. Porto Torres è il centro della resistenza. A nessuno può sfuggire che la priorità è il lavoro e il patrimonio da tutelare è il capitale umano. E la battaglia per gli ammortizzatori sociali che si rinnova non è, purtroppo, un segnale incoraggiante. Il rischio? Un inesorabile declino.
L'UNIONE SARDA - Economia: La crisi schiaccia l'agricoltura
26.04.2012
Confagricoltura: ben 245 sono allevamenti ovicaprini. Nella provincia di Cagliari più chiusure Sono 870 le aziende “defunte” nel primo trimestre dell'anno La crisi economica non lascia scampo all'agricoltura sarda. Nel primo trimestre del 2012, hanno chiuso i battenti 870 aziende: 245 sono allevamenti ovicaprini, 144 si occupano della coltivazione di ortaggi e 101 sono aziende cerealicole. Lo rileva Confagricoltura, in una indagine svolta sulla base dei dati di Unioncamere.
L'OVICAPRINO «Un primo trimestre preoccupante», sottolinea il direttore di Confagricoltura Maurizio Onorato, «che scandisce la situazione di forte criticità che attanaglia soprattutto il settore ovicaprino. Su 34.019 imprese totali, a fronte di 336 nuove iscritte», ribadisce Onorato, «si è registrata la cessazione di 847. Anche sul nazionale assistiamo alla stessa tendenza, con la chiusura di 13.000 aziende agicole nei primi tre mesi di questo anno».
IL TERRITORIO Nel 2011 il settore ha perso 960 aziende su un totale di 34.471 registrate in Camera di commercio: a fronte di 1.060 nuove iscrizioni si rilevano 2.020 cessazioni. La provincia di Cagliari, con 11.967 imprese agricole, segna il maggior numero di chiusure: 703. Seguono Nuoro con 493, Sassari (475) e Oristano (349). Se il dato viene rapportato al numero di aziende per provincia, il record negativo (-5% in un anno) spetta ad Oristano, superiore a Cagliari (-3%).
LA RAZIONALIZZAZIONE «Indubbiamente», dice il presidente di Confagricoltura, Elisabetta Falchi, «viviamo un dramma. Ma se confrontiamo il documento del Crel 2010 rapportato ai dati del 2000, emerge che la chiusura è contestuale a un aumento del 13% della superficie agricola utilizzata. L'elevata dimensione media delle aziende sarde, pari a 19,2 ettari, è il segnale che anche nell'Isola, come nel resto d'Italia, si sta seguendo un trend di razionalizzazione», continua Falchi. «Dal 2000 al 2010 è aumentata pure la presenza femminile in agricoltura, passata dal 19,8% al 23,9%. Sono poi notevolmente cresciuti il tasso di scolarizzazione e il numero di laureati tra i capi azienda, mentre è ancora scarso il ricambio generazionale».
IL MERCATO Dall'indagine di Confagricoltura, si evince che il 92% delle imprese agricole, pari a 31.657, è rappresentato da ditte individuali. Il maggior numero di aziende (11.967) si trova nella provincia di Cagliari: 11.059 sono ditte individuali e 632 società di persone. Questa ultima tipologia si riscontra soprattutto nella provincia di Sassari (817), mentre hanno scarsa diffusione le società di capitali dove è ancora Sassari a mantenere il numero maggiore (120), seguita da Cagliari (117). Interessante infine il dato sull'età delle persone registrate, secondo cui l'80% ha tra i 30 e i 69 anni, il 15% è costituito da ultrasettantenni mentre i giovani, dai 18 ai 29 anni, sono solo il 5%.
Draghi: l'Europa deve dotarsi di un'authority per ristrutturare le banche
L'Europa deve dotarsi di un meccanismo per la «risoluzione» delle banche in difficoltà, vale a dire per una ristrutturazione delle banche in difficoltà fatta in maniera coordinata. Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, definendo «importantissimo» affrontare questo nodo.
«L'integrazione finanziaria è la chiave per la stabilità, per bilanciare le condizioni monetarie e finanziarie e per assicurare la trasmissione della politica monetaria», ha ribadito Draghi nell'intervento di apertura alla conferenza su integrazione finanziaria e stabilità a Francoforte. Ricordando che prima della crisi era ampiamente condivisa l'idea che «l'integrazione finanziaria fosse un processo in continua evoluzione» ma proprio con la crisi questo processo si è arrestato. «Per preservare i benefici del mercato unico - ha detto - devono essere prese diverse decisioni in varie direzioni».
Nel 2011 il sistema finanziario dell'Eurozona «ha fortemente risentito» dell'intensificarsi della crisi del debito sovrano e, di conseguenza, il processo di integrazione dei mercati finanziari «è ulteriormente rallentato», cancellando, in alcuni casi, i progressi compiuti in passato.
Lo scrive la Bce nel Rapporto annuale sull'integrazione finanziaria in Europa presentato oggi a Francoforte da Draghi e dal Commissario europeo per il Mercato interno e i servizi finanziari, Michel Barnier.
L'andamento osservato dal 2007 e, quindi, durante tutto il periodo della crisi, «è in contrasto con i continui progressi compiuti nei 25 anni precedenti», si legge nel rapporto, anche se, da fine 2011 e soprattutto dal varo della seconda asta di rifinanziamento a tre anni da parte della Bce, gli indicatori relativi all'integrazione finanziaria hanno mostrato qualche segnale di miglioramento.
26 aprile 2012
Quasi il 50% dei pensionati sotto 1.000 euro al mese
Per 2,4 milioni le prestazioni non superano i 500 euro. Un terzo dei pensionati ha meno di 65 anni
26 aprile, 12:42
ROMA - Nel 2010 quasi la metà dei pensionati, 7,6 milioni, il 45,4% del totale, ha ricevuto pensioni (una o più prestazioni) per un importo medio totale mensile inferiore a 1.000 euro. E' quanto emerge dalla rilevazione condotta dall'Istat insieme all'Inps. Per 2,4 milioni (14,4%) le prestazioni non superano i 500 euro.
Nel 2010 la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche, pari a 258,5 miliardi di euro, è aumentata dell'1,9% rispetto all'anno precedente; in diminuzione, invece, risulta la sua incidenza sul Pil (16,64% a fronte di un valore di 16,69% registrato nel 2009).
23,8 MLN ASSEGNI, QUASI META' (47,9%) AL NORD - Nel 2010 sono state erogate in Italia 23,8 milioni di prestazioni pensionistiche con un importo medio per prestazione pari a 10.877 euro. E' quanto si legge in un rapporto dell'Istat condotto con l'Inps secondo il quale il 47,9% delle pensioni è erogato al Nord mentre nelle Regioni del Centro è erogato il il 20,5% dei trattamenti e il 31,6% al Sud. In totale i pensionati sono 16,7 milioni e percepiscono in media 15.471 euro all'anno. Circa due terzi dei pensionati infatti ha una sola pensione mentre un terzo ne ha più di una.
QUASI UN TERZO (29,1%) PENSIONATI HA MENO DI 65 ANNI - Il 29,1 % dei pensionati ha un'età inferiore ai 65 anni. E' quanto emerge dalla rilevazione su trattamenti pensionistici e beneficiari condotta dall'Istat insieme all'Inps, con riferimento al 2010. L'Istituto di statistica, infatti, evidenzia come il 25,6% dei pensionati ha un'età compresa tra 40 e 64 anni e il 3,5% ha meno di 40 anni. Ne consegue che il 70,9% dei pensionati ha più di 64 anni.
FORTE CALO NUMERO PRESTAZIONI INVALIDITA' - Nel 2010 a fronte di una riduzione del numero totale delle prestazioni pensionistiche dello 0,3% circa su base annua (a 23 milioni 763 mila da 23 milioni 835 mila), il numero delle pensioni d'invalidità è sceso nettamente, attestandosi a 1 milione 501 mila da 1 milione 606 mila, con un calo del 6,6%. E' quanto emerge dal rapporto sui trattamenti pensionistici diffuso dall'Istat. In riduzione, -1,34%, sono risultate anche le pensioni di invalidità civile (a 3 milioni 159 mila da 3 milioni 202 mila).
Crisi: Grecia, i redditi diminuiti di un quarto in un anno
26 aprile, 11:45
(ANSAmed) - ATENE, 26 APR - Nel 2011 i redditi in Grecia sono diminuiti di ben il 25,3% rispetto all'anno precedente. E' quanto si evince da un rapporto annuale dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in cui sono stati elaborati i dati comunicati dal ministero delle Finanze ellenico. Nello studio si rileva che i lavoratori greci stipendiati pagano tasse relativamente basse ma elevati contributi sociali. Maurice Nettley, economista esperto di politica fiscale presso l'OCSE, ha dichiarato al quotidiano Kathimerini che lo stipendio medio lordo nel 2011 è sceso da 20,457 euro a 15,729 euro. La riduzione ammonta al 23,1%, ma sale in realtà al 25,3% se si tiene conto dell'inflazione. Al netto delle imposte sui redditi (per i lavoratori non sposati) il reddito è calato del 25,5% a 16.180 euro. (ANSAmed).
Trst, oltrepadania. Equitalia, caccia a 270 milioni in Fvg
Sono 30mila i contribuenti interessati ai pagamenti dilazionati. Udine in testa tra le città “morose” con quasi 112 milioni
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE. Il Friuli Venezia Giulia deve allo Stato ancora 270 milioni di euro. 267 milioni 699 mila e 196 per l’esattezza. Sono i quattrini non versati dai contribuenti a cui va a caccia Equitalia: somme dovute, accompagnate dalle poco gradite “cartelle” recapitate a casa. Non esattamente un biglietto di cortesia. Tasse non corrisposte, che questi cittadini hanno scelto di pagare a rate. Imposte che mancano per buona parte dalla provincia di Udine: 111 milioni e 600 mila euro, quasi la metà del totale.
Seguono, a distanza, Trieste, Pordenone e Gorizia. Denaro richiesto prevalentemente dall’Agenzia delle entrate su redditi non dichiarati, o solo parzialmente, dall’Inps e altre istituzioni pubbliche. Come i Comuni, per quanto riguarda imposte sui rifiuti, ad esempio, o multe non saldate. «L’ente impositore», così si chiama, verifica, accerta e procede con l’iscrizione “al ruolo”, una sorta di registro dei cattivi. Poi scatta la cartella. Lo scenario nazionale 20 miliardi di euro, stando ai dati in mano a Equitalia e riferiti a marzo 2012. A tanto ammonta il buco da colmare in Italia a suon di cartelle, una valanga di 1 milione e mezzo di letterine. Il Friuli Venezia Giulia è quasi un santo con l’aureola.
Ha sul groppone 270 milioni di euro, ma nel resto del Paese si sta peggio. Molto peggio. In Lombardia Equitalia ha accettato rateizzazioni per 3 miliardi e 500 milioni di euro, in Lazio 3 miliardi e 300 milioni, in Campania 2 miliardi e 200 milioni. In Toscana 1 miliardo e spiccioli, mentre nel vicino Veneto si supera il miliardo. Tra le più virtuose la Valle d’Aosta (21 milioni e mezzo di euro) e il Trentino (143 milioni). Il Friuli Venezia Giulia In regione risultano complessivamente 30 mila e 262 rateazioni concesse per circa 270 milioni di euro. La cifra rappresenta le imposte che Equitalia deve riscuotere e si ricava sommando gli importi per i quali i cittadini hanno domandato il piano di pagamento. È il denaro che lo Stato deve recuperare e il contribuente, per mettersi in regola con il fisco, decide di dilazionare il dovuto. Si tratta comunque di una fetta del totale.
«L’anno scorso – spiega Giordano Popoli, direttore regionale di Equitalia Nord – sono state inviate circa 300 mila cartelle. Di queste tra il 20 e il 25% alla fine vengono rateizzate». Si tratterebbe del 10%, si stima, di chi ha ricevuto l’attenzione di Equitalia, cioè chi non ha ancora saldato. «Anche in Friuli Venezia Giulia, come nelle altre regioni, ci rendiamo conto che la situazione è certamente critica, soprattutto in questo periodo di crisi, ma i contribuenti non dimostrano di reagire male», commenta il direttore. Le quattro province Udine fa la parte del leone: 111 milioni e 600 mila euro per quasi 12 mila pagamenti a rate. «Non è che lì sono più scorretti delle altre città – sottolinea il direttore regionale di Equitalia Nord – il motivo va ricercato nel fatto che la provincia è ampia e il territorio ha a che fare con un tessuto produttivo più dinamico economicamente, quindi – aggiunge il direttore – la casistica aumenta».
Seguono Trieste (64 milioni di euro), Pordenone (58 milioni) e Gorizia (33 milioni e 600 mila). Le rateizzazioni La possibilità di pagare a rate i debiti è stata introdotta a partire dal 2008 «per aiutare famiglie e imprese». In questo modo, afferma Equitalia, «chi è in situazione di temporanea difficoltà può dilazionare gli importi delle cartelle anche fino a 6 anni, periodo che – è precisato – può essere prolungato di ulteriori 6 anni nel caso di un peggioramento dello stato economico, come disposto dal decreto Milleproroghe». La maggior parte delle rateizzazioni concesse riguarda somme fino a 5 mila euro per i quali non è richiesta alcuna documentazione particolare a supporto della domanda. «In genere, nell’80% dei casi – osserva Popoli – la cifra è sotto i 20 mila euro, mentre l’importo minimo a rata è di 100 euro. Raramente rifiutiamo il nostro aiuto – prosegue il direttore – è raro che si dica di no a un contribuente, ci rendiamo conto delle situazioni individuali e cerchiamo di venire incontro a tutti. È bene che si capisca che il nostro servizio non è fatto per rovinare le persone – conclude – ma per dare una mano il più possibile».
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