martedì 17 aprile 2012

pm_17.4.12/ Funerali padano-rumeni. - Oltre la meta' dei suicidi censiti in Italia, informa lo studio, avvengono in una regione del Nord (1.628 casi nel 2010, pari al 53,4% del totale), a fronte del 20,5% al Centro (624 casi) e del 26,1% al Sud (796 casi). Anche in termini relativi il Nord conferma i valori piu' alti, con 5,9 suicidi ogni 100 mila abitanti, a fronte dei 5,3 del Centro e dei 3,8 del Sud.---La Guardia di finanza ha bloccato il pagamento di un premio assicurativo da 76 milioni di euro per la sanità veneta. La Regione avrebbe dovuto pagare la somma alla società romena City Insurance.

Suicidi al tempo della crisi, una vittima al giorno tra chi ha perso il lavoro
Consiglio dei Ministri n. 24 del 16/04/2012
Cosa accomuna l’Italia con l’Austria
L'Argentina espropria la Repsol
Venezia, padania. Assicurazione per la sanità veneta

Suicidi al tempo della crisi, una vittima al giorno tra chi ha perso il lavoro
A rischio la fascia degli 'esodati' +12,6% nel 2010. Piu' casi al centro-nord, prima la Lombardia
17 aprile, 10:32
ROMA -Quello dei suicidi al tempo della crisi è un tema entrato ormai di prepotenza nelle cronache quotidiane nel nostro Paese. Ormai da tempo. Infatti, chiarisce il Secondo Rapporto dell'Eures, soltanto nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati, superando ulteriormente i 357 casi registrati nel 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media nel triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008), a riprova della correlazione tra rischio suicidario e integrazione nel tessuto sociale.
Tra i disoccupati, informa lo studio, la crescita riguarda principalmente coloro che hanno perduto il lavoro (272 suicidi nel 2009 e 288 nel 2010, a fronte dei circa 200 degli anni precedenti), mentre meno marcato appare l'incremento tra quanti sono alla ricerca della prima occupazione (85 vittime nel 2009 e 74 nel 2010, a fronte delle 67 in media nel triennio precedente). La crescita dei suicidi dei disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente al 39,2% del totale, salendo al 44,7% tra quanti hanno perduto il lavoro. Considerando la sola componente maschile, l'aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009 a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando così la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell'identità e del ruolo sociale degli uomini, messo in crisi dalla pressione psicologica derivante dall'impossibilità di provvedere e partecipare al soddisfacimento dei bisogni materiali della famiglia.
A RISCHIO FASCIA 'ESODATI', +12,6% NEL 2010 - La crisi pesa e il rischio suicidio e' sempre piu' in agguato nella fascia dei cosiddetti esodati, vale a dire tra coloro che hanno tra i 45 e i 64 anni, facendo segnare un incremento di casi del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008: e' quanto emerge dal Secondo rapporto Eures su 'Il suicidio in Italia al tempo della crisi'. L'incremento dei suicidi in questa fascia di eta' - sottolinea lo studio, realizzato su dati Istat - e' legato alla vulnerabilita' in termini occupazionali delle persone comprese in queste fasce di eta', alle prese con gravi difficolta' di ricollocazione lavorativa. Ma la disoccupazione, informa l'Eures, e' anche alla base dei suicidi nelle fasce di eta' tra 45 e i 54 anni, aumentati del 13,3% rispetto al 2009, e in quella 55-64 anni (+10,5%); il tutto a fronte di una crescita complessiva dell'8,1%. ''Ed e' proprio in questa fascia che si concentra anche il problema dei cosiddetti 'esodati' - sottolinea Eures - ovvero di quei lavoratori usciti dal mercato del lavoro attraverso canali di protezione sociale e che l'attuale riforma Monti-Fornero del sistema pensionistico (in attesa di interventi correttivi), rischia di lasciare totalmente privi di reddito''. Consistente, tra il 2008 e il 2010, anche l'aumento dei suicidi tra gli over 64 (+6,6%), nella fascia 18-24 (+6,5) e, in misura inferiore, in quella 25-44 anni (+2,3%). Piu' in generale si conferma la correlazione diretta tra eta' e 'propensione al suicidio', con un indice pari a 8,5 suicidi ogni 100 mila abitanti tra gli over 64, a 6,6 nella fascia 45-64 anni, a 4,6 in quella 25-44, a 2,6 nella fascia 18-24 e a 0,2 tra i minori. In termini generali, evidenzia l'Eures, il fenomeno del suicidio nel nostro Paese si e' declinato nel 2010 in prevalenza al maschile, con 8,2 suicidi ogni 100 mila abitanti, tendenza che e' andata rafforzandosi a partire dal 2007 (quando l'indice era pari a 7,7).
DI PIU' A CENTRO-NORD, PRIMA LA LOMBARDIA - Sono aumentati nel 2010 i suicidi nelle regioni del Centro-Nord, ma a livello territoriale il triste primato se lo e' aggiudicato la Lombardia (con 496 casi, +3% rispetto al 2009), seguita dal Veneto (320, pari al 10,5% del totale, con un aumento del 16,4% sul 2009) e l'Emilia Romagna (278, 9,1%). Questi alcuni dei dati contenuti nel Secondo Rapporto Eures su 'Il suicidio in Italia al tempo della crisi'. Oltre la meta' dei suicidi censiti in Italia, informa lo studio, avvengono in una regione del Nord (1.628 casi nel 2010, pari al 53,4% del totale), a fronte del 20,5% al Centro (624 casi) e del 26,1% al Sud (796 casi). Anche in termini relativi il Nord conferma i valori piu' alti, con 5,9 suicidi ogni 100 mila abitanti, a fronte dei 5,3 del Centro e dei 3,8 del Sud. Ma e' il Centro Italia a registrare nel 2010 la crescita piu' consistente (+11,2% sul 2009, che sale a +27,3% nel Lazio, con 266 suicidi), a fronte di un +1,8% a Nord e di un calo del 3,5% al Sud. In termini relativi (media 2006-2010) e' tuttavia la Valle d'Aosta a guidare la graduatoria del rischio suicidario (con 9,2 suicidi ogni 100 mila abitanti), seguita dal Friuli Venezia Giulia (9) e dalla Sardegna (8,9). A livello provinciale (media 2006-2010) il valore piu' alto si rileva a Vercelli (15 casi per 100 mila abitanti), Belluno (12,9), Ogliastra e Sondrio (12,7), mentre il valore piu' basso si rileva a Napoli (1,1).
336 CASI NEL 2010 TRA IMPRENDITORI AUTONOMI - La gelata economica ha i suoi effetti negativi non solo sul lavoro subordinato e sui 'senza lavoro' ma anche anche nella sfera del lavoro autonomo, inducendo al suicidio anche molti artigiani, commercianti o comunque imprenditori 'autonomi': secondo l'Eures nel 2010 questi sarebbero stati ben 336, contro i 343 del 2009. Lo studio definisce infatti ''molto alto il rischio suicidario'' in questa componente della forza lavoro direttamente esposta all'impatto della crisi. In dettaglio, nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini, confermando come tutte le variabili legate a fattori materiali presentino ''indici di mascolinita' superiori a quello gia' elevato rilevato in termini generali''.
Secondo lo studio pero' i rischi di suicidio nei momenti di difficolta' economica sarebbero piu' alti tra disoccupati e imprenditori, meno invece tra i dipendenti. Infatti, considerando l'indice di rischio specifico (suicidi per 100 mila abitanti della medesima condizione) sono i disoccupati a presentare l'indice piu' alto (17,2), seguiti con scarti significativi dagli imprenditori e liberi professionisti (10 suicidi ogni 100 mila imprenditori e liberi professionisti), colpiti dalle fluttuazioni del mercato e, come noto, dai ritardi nei pagamenti per i beni e servizi venduti (in primo luogo da parte della Pubblica Amministrazione) e dalla conseguente difficolta' di accesso al credito. Seguono i lavoratori in proprio (5,5) e chiudono la graduatoria del rischio i ''piu' tutelati'' lavoratori dipendenti (4,5). Soltanto di poco piu' alto, infine, l'indice di rischio suicidario degli inattivi (pensionati, casalinghe, studenti, eccetera). Lo spettro della poverta' e' anche alla base di numerosi atti estremi da parte di separati e divorziati, ambito che sarebbe a rischio suicidio 15 volte oltre la media soprattutto tra gli uomini. Non a caso, rileva l'Eures, nel 2010 si sono contati 33,8 suicidi ogni 100 mila abitanti separati o divorziati (66,7 tra gli uomini a fronte di 11,8 tra le donne). Assai distanziati i casi di suicidio che hanno riguardato i vedovi (8,6 casi ogni 100 mila abitanti, che sale a 35,5 tra gli uomini a fronte di 3,6 tra le donne) e, con ampio scarto, dai coniugati (4,2) e da celibi e nubili (4,1).

Consiglio dei Ministri n. 24 del 16/04/2012
16 Aprile 2012
Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi alle ore 17,45 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio, Mario Monti.
 Segretario il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Antonio Catricalà.
Il Consiglio ha approvato il disegno di legge sulla delega fiscale per dare maggiore certezza al sistema tributario, migliorare i rapporti con i contribuenti e proseguire nel contrasto all’evasione fiscale. Il Consiglio ha poi approvato la presentazione di un emendamento parlamentare contenente le misure per l’annullamento della procedura di gara – nota come beauty contest – per l’uso efficiente e la valorizzazione economica dello spettro radio. Il Consiglio ha inoltre approvato due provvedimenti: le sanzioni a carico dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e le misure di promozione del turismo e dell’internazionalizzazione delle imprese (attraverso la riorganizzazione dell’ENIT e la disciplina dell’Agenzia per la promozione all’estero delle nostre imprese).
A – Delega fiscale
 Il disegno di legge delega fiscale vuole correggere alcuni aspetti critici del sistema fiscale italiano per renderlo più equo, trasparente ed orientato alla crescita economica. Un primo punto importante del disegno di legge delega approvato in data odierna dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, è quello di dare maggior certezza al sistema tributario e migliorare i rapporti con i contribuenti. A questo si aggiunge la volontà di proseguire nel contrasto all’evasione e all’elusione e nel riordino dei fenomeni di erosione fiscale. Sul fronte dell’equità, un contributo sarà assicurato dalla riforma del catasto dei fabbricati, mentre su quello della crescita emerge la fiscalità ambientale.
 La delega verrà attuata a parità di gettito e quindi non si attende alcun aumento di pressione fiscale. Ovviamente, razionalizzare il prelievo in funzione dell’equità e della rimozione di distorsioni comporterà una redistribuzione del prelievo, ma questa resterà confinata all’interno dei singoli comparti. Ad esempio, la riforma del catasto persegue in primo luogo l’obiettivo di una maggiore equità, avvicinando le singole rendite catastali ai valori effettivi di mercato; ma alla revisione delle rendite si accompagnerà, contestualmente, quella delle aliquote, in modo da mantenere invariato il carico fiscale complessivo sui fabbricati. La razionalizzazione della tassazione dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo e delle agevolazioni fiscali comporterà aumenti o riduzioni di carico impositivo sui singoli contribuenti, ma per il complesso delle imprese il carico fiscale resterà invariato.  Anche il riordino dei fenomeni di erosione fiscale non comporterà aumenti del prelievo complessivo, essendo finalizzato alla razionalizzazione del sistema, a parità di gettito. Anche dalla tassazione ambientale non conseguiranno aumenti di pressione fiscale: anch’essa è infatti finalizzata alla redistribuzione del carico fiscale esistente e alla revisione del finanziamento degli interventi per le fonti rinnovabili. L’entrata in vigore della nuova tassazione ambientale sarà comunque legata al recepimento della disciplina armonizzata decisa a livello europeo.
Di seguito, in sintesi, le informazioni principali relative ai tre capitoli del disegno di legge:
 1) Il capitolo “equità e razionalità del sistema” prevede la revisione del catasto dei fabbricati, che sarà attuata in collaborazione con i Comuni e l’Agenzia del territorio, con l’obiettivo di attribuire a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita. Con la riforma si vuole ridefinire i fabbricati in base non solo a valori ma anche a criteri più aggiornati: localizzazione, qualità dell’immobile e superficie in metri quadri. Per le unità immobiliari urbane saranno applicati i seguenti principi e criteri direttivi: (1) riferimento ai rispettivi valori medi ordinari espressi dal mercato in un arco temporale triennale antecedente alla nuova determinazione; (2) definizione degli ambiti territoriali del mercato immobiliare; (3) rideterminazione delle destinazioni d’uso catastali ordinarie e speciali; (4) determinazione del valore patrimoniale medio ordinario. La rendita media ordinaria per le unità immobiliari sarà valutata attraverso l’analisi delle statistiche sui valori di mercato; inoltre sono previsti meccanismi di adeguamento periodico dei valori e delle rendite delle unità immobiliari. Infine, per evitare che la revisione delle rendite catastali causi un aggravio del carico fiscale, è prevista la contestuale riduzione delle aliquote.
 La delega, inoltre, definisce metodologie di stima e rilevazione dell’evasione di tutti i principali tributi, attraverso il confronto tra i dati di contabilità nazionale con quelli dall’anagrafe tributaria; questi risultati saranno calcolati e pubblicati ogni anno, con partecipazione dell’ISTAT, dell’Amministrazione finanziaria e di altre Amministrazioni pubbliche. Il provvedimento introduce anche l’obbligo di redigere un rapporto annuale, all’interno della procedura di bilancio, sulla strategia seguita e sui risultati conseguiti.
 Nell’ambito del monitoraggio e riordino dell’erosione fiscale, viene istituto l’obbligo di redigere, all’interno della procedura di bilancio, un rapporto annuale sulle spese fiscali (dove, per spese fiscali si intende qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell’imponibile o dell’imposta, regime di favore) che sarà confrontato con i programmi di spesa. Si prevede la possibilità di costituire una commissione indipendente e di eliminare, ridurre o riformare le spese fiscali che appaiono in tutto o in parte ingiustificate alla luce delle mutate condizioni socio-economiche. E’ comunque fatta salva la tutela dei diritti fondamentali e delle finalità meritevoli: la famiglia, la salute, le situazioni di svantaggio economico o sociale, il patrimonio artistico e culturale, la ricerca e l’ambiente. Verrà anche razionalizzato e stabilizzato l’istituto del 5 per mille.
 2) Il secondo capitolo della delega interviene sui rapporti tra fisco e contribuente, introducendo una definizione generale di abuso del diritto che, recependo la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione, sarà unificata con quella dell’elusione, rendendola applicabile a tutti i tributi. Inoltre saranno introdotte specifiche regole procedimentali, che garantiscano un efficace confronto con l’amministrazione fiscale e salvaguardino il diritto di difesa del contribuente. Verrà anche attuata una revisione del sistema sanzionatorio penale secondo criteri di predeterminazione e proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti. In proposito verrà dato più rilievo al reato tributario per i comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e utilizzo di documentazione falsa; mentre si prevede l’esclusione della rilevanza penale per i comportamenti ascrivibili all’abuso del diritto e all’elusione fiscale. Viene prevista, inoltre, la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio, in modo da correlare le sanzioni stesse all’effettiva gravità dei comportamenti, introducendo la possibilità di ridurre le sanzioni in casi di minore gravità o di applicare sanzioni amministrative anziché penali. Si prevede che il principio del raddoppio del termine di accertamento in caso di denuncia penale si applichi solo ove la denuncia sia inoltrata in riferimento ai termini di decadenza dell’accertamento.
 I controlli saranno mirati e rafforzati attraverso l’utilizzo delle banche dati e la collaborazione con altre autorità pubbliche; sarà potenziata la tracciabilità dei pagamenti e l’utilizzo della fatturazione elettronica. Nell’ambito del contenzioso tributario è prevista la procedura stragiudiziale per liti di modesta entità; l’estensione della conciliazione alla fase di appello e al giudizio di revocazione, la ridefinizione della distribuzione delle Commissioni tributarie sul territorio, salvaguardando l’articolazione provinciale, per razionalizzare l’utilizzazione del personale amministrativo e dei Giudici. Sarà rivista la riscossione dei Comuni.
 Nell’intento di migliorare il rapporto tra fisco e contribuente, secondo l’impostazione della enhanced relationship incoraggiata dall’OCSE, per i soggetti di maggiori dimensioni è prevista l’introduzione di sistemi aziendali di gestione e controllo del rischio fiscale. Alle aziende che attiveranno questi sistemi interni di controllo saranno garantiti una serie di incentivi in termini di minori adempimenti, riduzione delle sanzioni e minori accertamenti; mentre per le imprese di minori dimensioni sarà rivisto ed ampliato lo strumento del tutoraggio.
 Sarà avviato un processo di semplificazione degli adempimenti superflui o di scarsa utilità per l’Amministrazione finanziaria.
 3) La terza parte della delega rivede la tassazione in funzione della crescita, dell’internazionalizzazione delle imprese e della tutela ambientale. Si prevede che la tassazione dei redditi prodotti dalle imprese commerciali e dai lavoratori autonomi venga assoggettata ad un’unica imposta. In proposito si stabilisce la deducibilità dalla base imponibile di questa imposta dalle somme prelevate dall’imprenditore, dal professionista o dai soci come remunerazione. Queste ultime concorreranno alla formazione del reddito complessivo imponibile ai fini IRPEF personale del singolo imprenditore. Per i contribuenti di minori dimensioni, invece, si prevede la possibilità di introdurre il pagamento a forfait di un’unica imposta in sostituzione di quelle dovute.

Cosa accomuna l’Italia con l’Austria
di Rainer Nowak – 17 aprile 2012
Pubblicato in: Austria
Traduzione di ItaliaDallEstero.info
L’Austria e il suo panorama politico per molti versi assomigliano all’Italia dei primi anni ’90, eppure, purtroppo e/o per fortuna, sono profondamente diverse.
La voglia di declino in questi mesi è costantemente presente.Come se lo spettatore, considerando lo stato d’animo catastrofico del barcollante mercato finanziario, si stesse riprendendo in un costoso centro di recupero grazie a una terapia intensiva a base di farmaci. E l’Occidente di oggi sprofonda un’altra volta. Recentemente si sente parlare di una novità: l’Austria, stando ad un rapido e superficiale confronto, assomiglierebbe all’Italia dei primi anni ’90.
All’epoca la Democrazia Cristiana, assieme al fino ad allora noto sistema partitico , basato su un leader di partito ed un tesoriere, affondò come il Titanic quasi cento anni prima. La conseguenza fu la frammentazione dei partiti, piccoli e nuovi movimenti ebbero la loro occasione per farsi avanti. Contro il fango della corruzione, della congiura e delle relative teorie, entrò in scena un gruppo di magistrati noto come “Mani pulite”, nome più accattivante dal punto di vista mediatico e allo stesso tempo vantaggioso, ma che tuttavia non riuscì a fare molto di più che spianare la strada ad un Silvio Berlusconi.
In Austria si sta delineando uno scenario spaventoso simile a quello di allora. A causa dello scandalo delle postazioni selfservice della Telecom, l’ÖVP sta precipitando definitivamente e il SPÖ lo seguirà presto, a causa delle sue carriere basate sulle raccomandazioni o di altre cattive abitudini da tempo tollerate in silenzio – basti pensare al gigante mediatico della SPÖ di Vienna. Ci sarebbe ancora un ulteriore parallelismo con l’Italia: circa una dozzina di partitucoli insignificanti che fremono sui blocchi di partenza. Anche se le loro possibilità di entrare a far parte della Camera Bassa sono limitate. Per fare un confronto con la situazione italiana made in Austria basta e avanza.
Solo che, anche se la situazione è simile nella gravità, si tratta di ben altro e questo è sia un bene che un male.
Ma mettere a confronto la Democrazia Cristiana con l’ÖVP non è appropriato. A differenza del fango romano, la casta politica del Partito Popolare – ad eccezione probabilmente di Ernst Strasser – non tenta di costruire ville in Nordafrica o altrove, arricchendosi personalmente e garantendosi una vita fatta di agi e mondanità. Hanno voluto invece, tramite goffi e sfacciati finanziamenti ai partiti, attraverso aziende parastatali, fornire al partito e ai loro deboli alleati testate giornalistiche di partito, che nessuno legge, ma che procureranno ai funzionari quella importanza che hanno perso da tempo. Il problema dell’ÖVP è quindi quello di restare al governo ad ogni costo anche in assenza di un futuro politico. Gli elettori questo lo percepiscono e si allontanano dal partito.
Poi c’è l’assenza di un Di Pietro, quel magistrato che in Italia ha a cuore la caccia agli scandali. Peter Pilz si considera un eroe di questo tipo, ma i tribunali non danno credito ad un megalomane. D’altronde, forse per fortuna, non c’è in all’orizzonte un Silvio Berlusconi. Anche Eva Dichand, che gode di molta fiducia grazie alla sua rivista “Heute” e ai suoi agganci con “Kronen Zeitung”, si spera che non fondi un partito. I suoi amici nella SPÖ non glielo consentirebbero
Quindi manca un qualsiasi tipo di purificazione che, vedi l’Italia, anche se non sarebbe una garanzia di miglioramento, ogni elettore in Austria desidera apertamente o in cuor suo. L’idea che Werner Faymann e Michael Spindelegger possano continuare a governare dopo le prossime elezioni, anche se improbabile, fa giustamente rabbrividire anche i dirigenti della SPÖ e ÖVP.
Restano i nuovi avventurieri partitici, che forse ce la faranno ad entrare al governo e a superare la barriera del 4 percento: nella situazione attuale bisogna fare tanto di cappello a chi riuscirà a farsi carico di questo sforzo immane e del suo superamento. E poco importa che si tratti di specialisti informatici completamente a digiuno di politica che saltano fuori con lo pesudonimo di “Pirati”. O che si tratti di vecchi politici come Johannes Voggenhuber e Erhard Busek, che hanno fallito nel proprio partito, oppure del tentativo del magnate desideroso di gloria Frank Stronach di unire i liberali con ciò che resta del BZÖ, partito che in questo paese non è ancora riuscito a prendere piede. Essi obbligano la SPÖ e l’ÖVP a reagire in qualche modo, costando in termini di accordi forse persino tutta la maggioranza. Ben venga tutto ciò che può portare a un vero cambiamento.
[Articolo originale "Die italienischen Verhältnisse Österreichs" di Rainer Nowak]

L'Argentina espropria la Repsol
Madrid minaccia ritorsioni
Il presidente Kirchner nazionalizza i giacimenti del gruppo petrolifero spagnolo. Funzionari del governo entrano nella sede della società e cacciano i dirigenti iberici
 di OMERO CIAI
LA FILIALE argentina della compagnia petrolifera spagnola Repsol è stata nazionalizzata ieri con un decreto d'esproprio firmato e annunciato in televisione a reti unificate dalla "presidenta" Cristina Kirchner. Poco dopo funzionari del governo argentino, guidati dal ministro per la pianificazione Julio de Vido, sono entrati nei locali della società petrolifera, l'YPF-Repsol, hanno preso possesso della sede ed espulso tutti i dirigenti spagnoli presenti. Il colpaccio  -  la succursale argentina rappresenta con una produzione di 472mila barili al giorno un terzo del  fatturato di Repsol  -  era nell'aria da settimane ma la notizia è arrivata in Spagna nel momento meno opportuno per le difficoltà a contenere la speculazione sul debito. Ieri lo "spread", che volava oltre i 460 punti, ha segnato il risultato peggiore dall'insediamento del nuovo governo di centrodestra alla fine dell'anno scorso. Mentre la Borsa di Madrid era l'unica in Europa a registrare un segno negativo.
Nel discorso in tv la Kirchner ha difeso il decreto di esproprio (lo Stato controllerà il 51 per cento della compagnia mentre il restante 49 percento verrà diviso tra i governatori delle regioni argentine che possiedono greggio) affermando che "il petrolio è un interesse pubblico strategico e prioritario" e non può stare in mani straniere. E aggiungendo che Repsol non ha rispettato gli accordi investendo poco o niente
nello sfruttamento dei giacimenti argentini. Parlando alla nazione Cristina  è riuscita anche a scherzare
allundendo alle polemiche sul safari in Botswana di re Juan Carlos di Spagna. "Nazionalizzo YPF-Repsol perché le loro colpe sono lunghe come la proboscide di un elefante", ha detto. A Madrid il governo del premier Rajoy si è riunito d'urgenza per studiare "misure adeguate" ad un atto che è stato definito "ostile". E oggi, quando arriverà in Messico per prendere parte al Foro economico mondiale sull'America Latina, il premier spagnolo dovrebbe annunciare le rappresaglie di Madrid all'esproprio.
Repsol comprò la società YPF argentina, privatizzata dal governo Menem nel 1993, con un investimento pari a 13 miliardi di euro fra il 1998 e il 1999. Il paradosso vuole che allora il marito di Cristina (l'ex presidente Nestor Kirchner, morto d'infarto nel 2010) appoggiò la privatizzazione e vendette a Repsol, per 600 milioni di dollari, il 5 per cento delle azioni della compagnia statale YPF che appartenevano alla provincia di Santa Cruz dove a quel tempo governava. Repsol è una compagnia spagnola completamente privata, il suo principale azionista è la Caixa (la Cassa di Risparmio di Barcellona) che ne possiede il 12 per cento, ma il colpo è molto forte anche per il governo Rajoy che fino alla fine ha sperato che la Kirchner non arrivasse a tanto.
Nel retroscena che ha portato la "presidenta" ad una mossa così spregiudicata ci sono numerose ragioni sia politiche che economiche. Intanto c'è il peso sempre maggiore che ha assunto nel governo il gruppo di giovani peronisti ("La Campora") guidato da Maximo Kirchner, il figlio primogenito di Cristina. Nazionalisti, populisti e autarchici si ispirano alla sinistra peronista anticapitalista degli anni Settanta. C'è il fabbisogno di energia per sostenere la crescita, e quest'anno l'Argentina ha dovuto importare petrolio e gas per 10 miliardi di dollari (da qui l'accusa a Repsol di aver investito poco per migliorare lo sfruttamento dei giacimenti). E c'è, sullo sfondo, un piccolo tesoro come la scoperta di nuovi giacimenti per 22 miliardi di barili (una dimensione che potrebbe rendere il paese autosufficiente dal punto di vista energetico per molto tempo) in un'area chiamata Vaca Muerta, nella provincia di Mendoza, vicino alle Ande, che il governo Kirchner vuole controllare direttamente.
Cristina Kirchner sosteneva ieri giustificando davanti al Paese la sua decisione che l'Argentina era ormai l'unico paese latinoamericano produttore di gas e petrolio che non gestiva attraverso compagnie statali e pubbliche (come in Brasile o in Venezuela) le sue fonti di energia. Ma l'espropriazione della compagnia YPF-Repsol, fatta per decreto e senza un contesto e una sicurezza giuridica per chi  ha investito denaro, è  - scrive El Pais -  "una fuga in avanti che mette l'Argentina al margine della comunità economica internazionale".
(17 aprile 2012)

Venezia, padania. Assicurazione per la sanità veneta
Bloccato premio da 76 milioni
La regione avrebbe dovuto pagarli alla compagnia romena City Insurance. Sequestrati i documenti della gara d'appalto
VENEZIA - La Guardia di finanza ha bloccato il pagamento di un premio assicurativo da 76 milioni di euro per la sanità veneta. La Regione avrebbe dovuto pagare la somma alla società romena City Insurance. Per il Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia numerosi gli aspetti «sensibili» che hanno indotto gli uomini del Gico, coordinati dalla magistratura di Venezia, ad approfondire il caso e ad acquisire elementi di sospetto sull'operato della City Insurance: l'entità dell'appalto, il considerevole ribasso offerto dalla società romena in sede di gara. I sospetti si sono acuiti di fronte al comportamento del vertice sull'operato della società: spiccano, tra le altre, la volontà di tacere circa l'esistenza di una società, la Dacia spa, che deterrebbe il capitale di controllo della City (con il 96% delle azioni) nonostante sia cessata già dal 31 dicembre 2010.
La compagine sociale della Dacia, inoltre, include persone già note agli archivi di polizia per reati di carattere finanziario, e in particolare per l'indebito rilascio di fidejussioni, in mancanza dei requisiti di legge, nei confronti di enti pubblici, nonchè per condanne per abuso di ufficio, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e per peculato. Gli uomini delle Fiamme Gialle di Venezia hanno sottoposto a sequestro presso la Regione Veneto, per ordine della magistratura lagunare, tutta la documentazione relativa alla gara d'appalto, allo scopo di approfondire l'esistenza di possibili condotte illecite.
Gli accertamenti finora condotti hanno già permesso di constatare che la documentazione prodotta agli uffici regionali contiene attestazioni non corrispondenti al vero in ordine a circostanze significative quali la compagine societaria, l'esistenza di società controllanti e il possesso dei requisiti di regolarità fiscale previsti dal Testo Unico in materia di appalti. È ora in fase di controllo la posizione fiscale in Italia della società rumena, con particolare attenzione all'assolvimento delle imposte. Il prossimo 'step' operativo vedrà il coinvolgimento di tutti i reparti della Guardia di Finanza competenti, allo scopo di approfondire l'esistenza di eventuali condotte illecite nell'aggiudicazione delle gare. (Ansa)

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