martedì 3 aprile 2012

pm_3.4.12/ Fooorza oltrepadani: iatavenn’.- Bozen, oltrepadania: Secondo il partito di raccolta degli altoatesini di lingua tedesca non si risolvono i problemi marciando ma solo parlando e trattando. Immediata la risposta dei Tiratori: Se non si marcia i problemi diventano sempre più grandi: da Roma - dicono in un comunicato - tutti i giorni arrivao solo cattive notizie, dalle tasse al prezzo della benzina. Il segretario Svp Richard Theiner accusa gli Schützen di farsi strumentalizzare per scopi politici. Il giovane comandante Elmar Thaler è infatti un esponente della Südtiroler Freiheit, il partito di Eva Klotz.---Udin, oltrepadania: Ben venga l’insegnamento, nelle ore curriculari, del friulano nelle scuole dell’infanzia e delle elementari, ma resta da risolvere il problema della formazione degli insegnanti.

Maro', per polizia Kerala manca un'arma
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LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Isola dei disoccupati a cercare un lavoro sono 114 mila persone
Palermo, ancora roghi di rifiuti
Quando fu la Grecia a chiedere il conto alla Germania
Spagna, disoccupati marzo +0,8% su mese
Bozen, oltrepadania. Sulla sfilata è rottura Svp-Schützen
Udin, oltrepadania. Mancano i professori per il friulano a scuola

Maro', per polizia Kerala manca un'arma
Lo rivela la stampa locale citando 'autorevoli fonti'
03 aprile, 10:18
 (ANSA) - NEW DELHI, 3 APR - La squadra investigativa speciale (Sit) del Kerala che sta raccogliendo le prove nel processo per la morte di due pescatori indiani in cui sono implicati i maro' Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ''sospetta che una delle armi utilizzate dai militari debba ancora essere sequestrata''.
Lo scrive The Times of India in prima pagina nell'edizione del Kerala, citando ''autorevoli fonti'' secondo cui ''l'arma usata da uno dei maro' non e' fra le sette sequestrate sulla nave''.
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LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Isola dei disoccupati a cercare un lavoro sono 114 mila persone
03.04.2012
L’assessore al Lavoro, Antonello Liori, preferisce indossare gli occhiali rosa che, in economia sono importanti: «Un dato negativo è quello dell’aumento delle persone in cerca d’occupazione», dice, «tuttavia il tasso di disoccupazione medio annuo, riferito al 2011 è inferiore rispetto a quello registrato nel 2010. Altro dato incoraggiante è i lmiglioramento rispetto ad anni molto critici come il 2009 e il 2010». Liori si rifà ai dati dell’Agenzia regionale del lavoro che analizza i dati dell’Istat: «Pur registrando una diminuzione di 28 mila unità l’occupazione nel quarto trimestre del 2011 si è attestata a quota 587.000 unità lavorative, tremila in più, rispetto allo stesso periodo del 2010». Per l’assessore al lavoro è «la conferma di una piccola ma significativa inversione di tendenza». di Alfredo Franchini
CAGLIARI Erano poco più di centomila e ora i sardi in cerca d’occupazione sono diventati 114 mila. In percentuale, i disoccupati sardi sono secondi solo dietro ai campani. Gli ultimi dati Istat, relativi al quarto trimestre del 2011, sono stati divulgati ieri mattina, con una buona mezz’ora di ritardo sul previsto perché persino l’istituto centrale di statistica, ha troppi lavoratori precari; e questi hanno attuato la singolare protesta di ritardare le comunicazioni dei dati per poter attirare l’attenzione della stampa. La questione del lavoro non solo non si sblocca ma peggiora: a febbraio di quest’anno, rivelano i dati Istat, gli occupati in Italia sono in diminuzione: 29 mila persone sono uscite dal mercato del lavoro. Il calo riguarda prevalentemente le donne. Il mercato, comunque, resta caratterizzato da un esercito di persone non garantite, definite outsider, disoccupati, inoccupati e anche emigati. Anche se al calo dell’occupazione italiana, rispetto a un anno prima, si associa un discreto sviluppo di quella straniera. Il tasso di occupazione degli italiani rimane stabile su base annua al 56,5&, quello degli stranieri è invece in riduzione: dal 62,1 al 60,8 per cento. Anche gli ultimi dati rappresentano tre diverse Italie: il tasso di disoccupazione al Nord è al 6,7 che sale al 9,2 al Centro e ha come media il 14,9 nel Sud con punte in Campania (16,8) e in Sardegna (16,3). In assoluto stanno meglio le province autonome di Trento e Bolzano (tassi pari al 5,9 3 al 3,8) dove l’autonomia ha prodotto benefici permanenti sul sistema economico regionale. «E’ un quadro tragico della situazione economica della Sardegna» , afferma Luciano Uras, capogruppo di Sel, «il risultato della Sardegna è tra i peggiori d’Italia. La diisoccupazione maschile (12,8%) e quella femminile (14,6%) superano di circa cinque punti percentuali la media nazionale». Il cuore del problema, di per sé gravissimo dato che la chiusura di tante fabbriche generano disoccupati cinquantenni, resta la questione giovanile e femminile. Il tasso di donne ch elavorano è del 52%, quasi cinque punti in meno della media nazionale. Se il dato viene incrociato con quello dei laureati si può constatare che nell’isola accade il contrario di quanto si verificava negli anni Sessanta e Settanta quando i giovani potevano migliorare la condizione dei propri padri attraverso lo studio. Oggi i laureati sono sempre più costretti a lasciare l’isola per cercare lavoro. «Gli ultimi dati Istat confermano il crollo degli occupati nei settori produttivi», spiega Mario Medde, segretario generale della Cisl sarda, «mentre quelli degli anni precedenti, dal 2004 al 2010, attestavano la crisi del lavoro e la trasformazione dell’occupazione stabile in occupazione stagionale e precaria». Tra industria e agricoltura, segnala Mario Medde, sono stati persi 37.871 posti di lavoro nell’arco degli ultimi sei anni. E questo ha portato a un capovolgimento della composizione dei comparti produttivi con uno sbilanciamento della forza lavoro: in Sardegna il settore dei servizi assorbe personale quattro volte più del settore industriale, (455 mila contro 101 mila) e circa quattordici volte più del settore agricolo che vede ridurre il numero dei dipendenti (12 mila) e degli autonomi (19 mila).

Palermo, ancora roghi di rifiuti
I pompieri chiamati a domare le fiamme sprigionate dall'immondizia accatastata negli ultimi giorni e che producono diossina. Cumuli di spazzatura hanno creato e creano non pochi problemi, anche di ordine sanitario, in ogni zona della città
PALERMO. Ancora roghi a Palermo, dove nella notte si sono registrati una cinquantina di interventi dei vigili del fuoco, chiamati a domare le fiamme sprigionate dai rifiuti accatastati negli ultimi giorni e che producono diossina. Cumuli di immondizia hanno creato e creano non pochi problemi, anche di ordine sanitario, in ogni zona della città. L'Amia, l'azienda municipalizzata che si occupa della gestione e dello smaltimento dei rifiuti, sta cercando di far tornare la situazione alla normalità, dopo il fermo per lo sciopero dei dipendenti.

Quando fu la Grecia a chiedere il conto alla Germania
Il riferimento porta la firma di Marcello De Cecco, storico dell'economia (Normale e Luiss), al convegno Aspen Italia sul futuro del capitalismo che si è svolto a Londra. Insaporisce il suo intervento con lampi di aneddotica della crisi, ricorda di debiti accesi e mai pagati, di Germania e di Grecia, di tempi andati, come sono quelli del 1953 quando alla «dimenticata - ammette De Cecco - Conferenza di Londra» furono gettate le basi per una storia che non ritorna.
Fu deciso in quella sede che il debito tedesco della prima metà del ventesimo secolo avrebbe goduto di straordinarie agevolazioni che si risolsero, in realtà, nella sostanziale cancellazione. Haircut totale, rapata a zero. «Nonostante l'opposizione greca, anzi la duplice, perché reiterata nel tempo, opposizione greca», precisa Albrecht Ritschl, 52 anni, tedesco, docente di storia dell'economia alla London School of Economics.
Ritschl è studioso di un caso che riemerge, declinando, al tempo stesso, l'intransigenza e la "smemoratezza" di Berlino. E il contrappasso di Atene.
Grecia e Germania, Germania e Grecia non incrociano le lame per la prima volta. Alla crisi innescata dalla moneta unica aveva fatto da prologo, a ruolo invertiti, un'altra querelle internazionale incentrata sul debito tedesco accumulato fino al 1933 e poi su quello ammassato in epoca nazista. «Il London debt agreement del 1953 - ricorda Ritschl - divise l'esposizione tedesca globale in due capitoli. Il primo precisava che il debito accumulato fino al 1933 andava pagato subito, ma a condizioni di straordinario vantaggio, con interessi così bassi da determinare uno sconto che alcuni hanno fissato nella metà, circa, del totale dovuto. Il secondo, quello su debito e riparazione dei danni dell'epoca nazista e della guerra, era messo in correlazione con la riunificazione tedesca».
Evento futuribile nel 1953, lontano abbastanza per generare un "pagherò" a data da destinarsi che imposero gli americani. Washington preferì incoraggiare la Germania a ricostituire una solida economia, orientata all'export e destinata a divenire motore dello sviluppo europeo. «Gli Usa - continua Ritschl - non volevano commettere gli stessi errori emersi dopo il primo conflitto e per questo imposero ad Atene di abbassare la voce. La Grecia non era favorevole e cercò di opporsi alle condizioni del London debt agreement. Prevalse la tesi americana e dei maggiori alleati che non volevano zavorrare Berlino con un debito asfissiante». Quanto? Secondo calcoli approssimativi un anno di Pil, ovvero 90 miliardi di marchi nazisti del 1944. Il cambio alla valuta di oggi è impossibile. «Per questo - aggiunge il docente - si potrebbe parlare di un debito semplicemente pari a un anno di Pil». Oggi siamo a circa 3.600 miliardi di dollari (nominale).
Non è a oggi che si deve guardare, ma al 1990 (all'epoca era 1.500 miliardi di dollari), quando il debito, invece, di essere saldato con l'atto di riunificazione in ottemperanza agli accordi di Londra, sparì del tutto. «Atene contestò un'altra volta quell'intesa - ricorda Ritschl - ma il passaggio giuridico era inoppugnabile. Nei documenti finali sulla riunificazione delle due Germanie non si fa alcun riferimento agli impegni del London agreement e tanto basta per considerare nullo il debito pregresso». Una dimenticanza, piuttosto costosa se fosse una dimenticanza che, ovviamente, non fu. «Il cancelliere Helmut Kohl - aggiunge l'economista - lo disse chiaramente: una richiesta del genere non era sostenibile dalle casse di Berlino e ribadì, in cambio, il forte impegno economico tedesco nello sviluppo del progetto europeo». E (anche) per questo la Grecia fu invitata a tacere una volta di più, a rimanere voce solitaria, o quasi, in un coro che il segreto sugli archivi ancora non ci consente di ascoltare pienamente.
La Germania, in realtà, ha in parte pagato. Ci sono stati indennizzi individuali e a Paesi interi effettuati dallo Stato e dalle imprese private che avevano sfruttato il lavoro forzato. «L'abilità tedesca - spiega il docente - è stata nel tenere unito, in un solo capitolo, il debito e le riparazioni di guerra. Nel momento in cui è venuto meno l'impegno per le riparazioni anche il debito si è dissolto». Il destino di Atene sembra diverso e Ritschl ha pubblicamente denunciato la cortissima memoria collettiva del suo Paese, ma non lo condanna: «L'impegno è stato mantenuto. In modo indiretto, Berlino ha pagato».
 3 aprile 2012

Spagna, disoccupati marzo +0,8% su mese
Ottavo mese consecutivo di incremento nel numero dei disoccupati spagnoli. A cura del ministero dell'Economia, i dati relativi a marzo mostrano un aumento di 38.769 unità, 0,8%, a un totale di 4,75 milioni.

Bozen, oltrepadania. Sulla sfilata è rottura Svp-Schützen
Theiner a Thaler: «Vi siete fatti strumentalizzare dalla politica»
alpini 2012, svp, adunata, schutzen
BOLZANO. Nella travagliata marcia di avvicinamento all'Adunata nazionale degli alpini, un colpo di scena: ieri è arrivata la rottura tra la Svp e gli Schützen. La causa è la sfilata "Senza Roma verso il futuro" (in tedesco "Ohne Rom in die Zukunft") che i cappelli piumati terranno il 14 aprile a Bolzano per proclamare "l'addio dell'Alto Adige dall'Italia".
Secondo il partito di raccolta degli altoatesini di lingua tedesca "non si risolvono i problemi marciando ma solo parlando e trattando". Immediata la risposta dei Tiratori: "Se non si marcia i problemi diventano sempre più grandi: da Roma - dicono in un comunicato - tutti i giorni arrivao solo cattive notizie, dalle tasse al prezzo della benzina". Il segretario Svp Richard Theiner accusa gli Schützen "di farsi strumentalizzare per scopi politici". Il giovane comandante Elmar Thaler è infatti un esponente della Südtiroler Freiheit, il partito di Eva Klotz.
Le ire della Svp sono state soprattutto causate da una lettera inviata dagli Schützen in vista della sfilata a tutti i consiglieri provinciali. "Che gli Schützen diano ora degli ordini ai consiglieri provinciali, concedendoli addirittura la legittimazione per le loro azioni politiche, fa veramente traboccare il vaso", tuona Theiner.
Nel frattempo resta confermata anche la manifestazione che gli Schützen meranesi hanno organizzato proprio il 12 maggio a Merano, in concomitanza con l'Adunata degli alpini: nei pressi della Polveriera sulla 
Passeggiata Tappeiner, ricorderanno una grande battaglia sul Kuchelbergal, che fra l 'altro non è legata a quella data. Sul fronte organizzativo degli alpini, ci aggiorna il responsabile provinciale dell'Ana, Ferdinando Scafariello: «Tutto procede bene. L'11 aprile terremo il prossimo comitato organizzativo per fare il punto della situazione, mentre domani (oggi per chi legge, ndr) faremo un sopralluogo sui vari campi di attendamento per verificare esigenze e difficoltà nell'allestimento».3 aprile 2012

Udin, oltrepadania. Mancano i professori per il friulano a scuola
La docente Fachin Schiavi: «Lo Stato è assente sulla formazione professionale i corsi proposti dall’università di Udine sono ancora in attesa di riconoscimento»
di Giacomina Pellizzari
  UDINE. «Ben venga l’insegnamento, nelle ore curriculari, del friulano nelle scuole dell’infanzia e delle elementari, ma resta da risolvere il problema della formazione degli insegnanti». La professoressa Silvana Fachin Schiavi, esperta di pluringusmo, nel giorno del compleanno del Friuli, interviene sull’uso della marilenghe a scuola facendo alcune annotazioni.
 Prima di tutto si chiede «come mai la giunta regionale non ha affrontato questo aspetto prima che i genitori esprimessero l’eventuale assenso cioè al momento dell’iscrizione dei loro figli a scuola?». Questo perché, la professoressa, già onorevole, suppone che «molte famiglie, stanche di attendere l’applicazione delle leggi, hanno rinunciato».
 Detto tutto ciò, la professoressa torna dul problema della formazione degli insegnanti per ricordare che si tratta di un aspetto tutt’altro che irrilevante. La docente lo fa citando le parole di uno dei più eminenti glottodidatti in Italia e in Europa, Nereo Perini, che definì il regolamento della legge regionale 29/07 «un’arida elencazione di norme di ordine organizzativo. Manca un’introduzione volta a configurare il quadro del nuovo tipo di educazione che va a implicare una corretta presenza del friulano nel furricolo».
 Secondo Fachin Schiavi, infatti, «un corretto impianto di educazione plurilingue poggia su una progettazione collegiale degli insegnanti delle diverse lingue; la scelta dei testi e di materiali multilingui; attività didattiche che aiutino gli allievi a cogliere le analogie e le differenze tra le diverse lingue e culture». Obiettivi che si possono raggiungere con professori preparati ad hoc. Questo è il punto sul quale fa leva la docente per denunciare che «dall’approvazione delle legge di tutela delle lingue minoritarie, la 482/99, sono passati 12 anni e lo Stato non ha ancora fatto nulla per la formazione professionale degli insegnanti o peggio, non ha nemmeno riconosciuto le attività formative svolte dall’università di Udine con fondi regionali e dal Consorzio universitario del Friuli con fondi statali».
 Ora, continua l’esperta, è in discussione un master finanziato con fondi dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica organizzato sia in presenza, sia on line. In questo contesto, fa notare Fachin Schiavi, «è previsto solo il riconoscimento formale del corso soltanto per i docenti già in possesso di laurea. Ma la realtà dimostra che «a insegnare sono soprattutto le maestre spesso sprovviste di laurea.
 Da qui la considerazione: «Temo che anche questo primo intervento non risponderà alla necessità di disporre di docenti formati sia nella lingua minoritaria da insegnare, sia nella metodologia glottodidattica da seguire. Voglio credere che per i 252 docenti inseriti nell’elenco regionale siano stati accertati i titoli culturali, professionali e scientifici e che quindi la loro professionalità sia riconosciuta anche ai fini della loro carriera».

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