Immigrati: rimesse nel 2011 pari a 7,4 mld
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Caritas: nel 2011 più di 5 milioni di stranieri
Boom per l'asta dei Titoli, Tesoro: ottimi
risultati, è andata benissimo
Francia: lavorare oltre 35 ore? ok, bufera su
premier
La Calabria non pensa alle famiglie
A metà legislatura
bocciata la Regione
Ad evidenziare i
risultati negativi è il Forum delle associazioni familiari che durante le
elezioni regionali aveva fatto sottoscrivere un manifesto di impegno anche al
governatore Giuseppe Scopelliti. Al giro di boa del percorso amministrativo
emergono, però, diverse lacune in materia di politiche per il settore
CATANZARO - La
Calabria non pensa alle famiglie, ed a poco è servito sottoscrivere il
manifesto che era stato anche siglato dal candidato governatore Giuseppe
Scopelliti all'epoca delle elezioni. A metà legislatura, però, il Forum delle
associazioni familiari non è affatto soddisfatto delle politiche per la
famiglia messe in campo dalla Regione.
La bocciatura arriva
per Calabria, Campania, Molise e Sicilia. Voto medio a tutte le altre. La regione più "produttiva" è stata
il Piemonte, con 111 atti; quella meno produttiva è la Campania con solo sei
atti. L'ambito che ha ricevuto meno provvedimenti in assoluto è quello della
conciliazione famiglia-lavoro. Mancano quasi ovunque politiche di sostegno alle
coppie in crisi e politiche "di ampio respiro" finalizzate al
sostegno alla natalità, che peraltro non esistono neppure, si sottolinea nella
ricerca, a livello nazionale. Mancano, ancora, provvedimenti relativi alla
formazione professionale, che è demandata proprio alle Regioni. Stentano a decollare, si sottolinea,
politiche familiari "organiche", finora portate avanti solo in poche
regioni, tra cui la Lombardia; tutte le altre hanno una visione frammentaria di
questo ambito. E permangono ancora, soprattutto al Sud, politiche assistenziali
ed erogazioni "a pioggia".
"Non è una valutazione conclusiva – ha sottolineato il presidente
del Forum, Francesco Belletti – ma in itinere, in modo da indicare possibili
modifiche".
Sono, invece, sette
e quasi tutte al Nord le regioni italiane "promosse" dal Forum delle
associazioni familiari in materia di politiche per la famiglia. Nove le regioni
che restano fra luci e ombre e quattro, tutte al Sud, quelle che detengono la
"maglia nera" in questo campo.
Il Forum aveva predisposto, in occasione delle elezioni amministrative
del 2010, un manifesto che era stato sottoscritto da oltre 400 candidati, molti
dei quali sono stati poi eletti, compresi otto presidenti (quelli di Campania,
Piemonte, Basilicata, Lombardia, Lazio, Toscana, Calabria e Marche). A metà
legislatura, l’organizzazione ha voluto, dunque, analizzare la produzione
legislativa e amministrativa delle Regioni, per verificare in che misura le
politiche familiari suggerite nel Manifesto siano state effettivamente
realizzate dagli eletti; 1.075 i provvedimenti esaminati. La ricerca – i cui risultati sono stati resi
noti oggi - mostra innanzitutto un’Italia a due, anzi a tre velocità nel campo
delle politiche per la famiglia: un Nord virtuoso, un Centro "in
cammino" ma con ancora tanta strada da percorrere e un Sud che arranca. Il
Forum promuove infatti Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia,
Marche, Piemonte, Trentino e Valle d’Aosta.
30 ottobre 2012
17:33
Immigrati: rimesse nel 2011 pari a 7,4 mld
(2Upd)
30 Ottobre 2012 -
14:07
(ASCA) - Roma, 30 ott - Sono 7,4 miliardi di
euro le rimesse degli immigrati nel 2011. L'accordo tra Abi e Acri presentato
questa mattina alla presenza del ministro della cooperazione e integrazione
Andrea Riccardi protocollo impegna Palazzo Altieri a costituire un gruppo di
lavoro al fine di: svolgere un'attivita' propedeutica di confronto e
contribuzione per la realizzazione di una struttura di collegamento tra
intermediari finanziari dei Paesi d'accoglienza e d'origine per la
valorizzazione del risparmio dei migranti, sulla scorta di quella sperimentata
in Senegal;promuovere il modello pilota in altri Paesi e contesti di
riferimento, ove esistano le condizioni e l'interesse di tutti i soggetti
coinvolti; organizzare incontri di approfondimento e di conoscenza fra le
banche italiane e possibili partner istituzionali e finanziari dei Paesi di
riferimento per la promozione di siffatti modelli operativi e/o piattaforme
finanziarie; supportare le banche aderenti al modello pilota e/o alle analoghe
successive iniziative nell'implementazione dei medesimi al fine di favorire la
massima valorizzazione del risparmio dei migranti fra l'Italia e i Paesi di
origine.
A sua volta l'Acri
si impegna a: informare e coinvolgere le Fondazioni associate nel sostenere il
modello pilota gia' in essere e le eventuali successive analoghe iniziative;
fornire adeguato supporto al processo, anche attraverso le competenze tecniche
rese disponibili all'interno di specifici progetti promossi su questi temi da
Fondazioni associate; contribuire a fornire adeguata diffusione e comunicazione
delle attivita' inerenti il modello di valorizzazione del risparmio dei
migranti fra l'Italia e i Paesi di origine.
L'idea che queste
risorse possano avere un ruolo importante per lo sviluppo dei Paesi, oltre che
dagli studi in corso, e' accreditato anche dalle esperienze di migrazioni
intervenute nei decenni scorsi in altri Paesi, come per esempio l'Italia.
Uno dei Quaderni di
Storia Economica di Banca d'Italia (ottobre 2011) ricorda che le rimesse degli
Italiani emigrati all'estero, tra il 1876 e il 1913, hanno aiutato il Paese in
diversi modi: hanno prodotto un flusso di risorse pari, in media, al 2,7% del
pil (che si aggira intorno al 4,5% negli anni del primo dopoguerra); hanno
contribuito a ridurre il divario nord-sud, in quanto i migranti provenivano
principalmente dalle regioni meridionali; hanno avuto un impatto positivo sullo
sviluppo del sistema finanziario (in particolare le Casse di Risparmio del
Sud): nonostante l'ingente quantita' di risorse che torno' in Italia attraverso
canali informali, infatti, il volume dei depositi in conti postali di risparmio
tra il 1890 e il 1913 sali' da 323 milioni di lire a piu' di due miliardi.
com-ram
Caritas: nel 2011 più di 5 milioni di stranieri
Ma cresce anche la disoccupazione
Le oltre 750mila
nuove assunzioni non compensano la crisi, il 12,1% è senza lavoro
Nel 2011 il numero
degli stranieri regolarmente presenti in Italia ha di poco superato i 5
milioni, l'8,2% della popolazione residente, un numero leggermente piu' alto di
quello stimato l'anno precedente (5.011.000 rispetto a 4.968.000). E' il quadro
fornito dal Dossier statistico sull'immigrazione 2012, redatto dalla Caritas e
dalla Fondazione Migrantes, presentato oggi. Piu' bassa, 6,6%, la percentuale
degli immigrati sui residenti europei ma, se si considera il gruppo dei nati
all'estero che hanno acquisito la cittadinanza del paese di residenza, si
arriva a 48,9 milioni di persone che fanno della Ue il principale polo
immigratorio al mondo insieme al Nord America.
Nel 2011 il ministero degli Esteri ha
rilasciato 231.750 visti per inserimento stabile, in prevalenza per motivi di
lavoro e di famiglia, mentre sono stati circa 263mila i permessi di soggiorno
validi alla fine del 2010 che, dopo essere scaduti, alla fine del 2011 non sono
risultati rinnovati. I permessi di soggiorno in vigore alla fine dell'anno,
dunque, inclusi i minori iscritti sul titolo dei genitori e al netto dei casi
di doppia registrazione (archivio del Ministero dell'Interno revisionato
dall'Istat), sono stati 3.637.724, in leggero aumento rispetto ai 3.536.062 del
2010 (+2,9%).
La ripartizione della stima totale di
provenienza per aree continentali, riporta il dossier, vede prevalere l'Europa,
tra comunitari (27,4%) e non comunitari (23,4%), seguita dall'Africa (22,1%),
dall'Asia (18,8%) e dall'America (8,3%), mentre le poche migliaia di persone
provenienti dall'Oceania e gli apolidi non raggiungono neppure lo 0,1%. A
dimostrare i solidi legami che tutti i gruppi hanno con l'Italia e'
innanzitutto l'elevata incidenza dei minori (tra i non comunitari 23,9% e
897.890 unita') e il fatto che la maggior parte di essi e' nata nel nostro
Paese.
Per quanto riguarda l'Europa, tra gli
stranieri comunitari (1.373.000, per l'87% provenienti dai nuovi 12 Stati
membri), le principali collettivita' sono risultate: Romania 997.000, Polonia
112.000, Bulgaria 53.000, Germania 44.000, Francia 34.000, Gran Bretagna
30.000, Spagna 20.000 e Paesi Bassi 9.000. Tra gli europei non comunitari
(1.171.163), gli albanesi sono i piu' numerosi (491.495). Seguono 223.782
ucraini; 147.519 moldavi; 101.554 serbi e montenegrini; 82.209 macedoni; 37.090
russi; tra i 20mila e i 30mila ciascuno, i bosniaci, i croati e i turchi.
L'Albania e' anche il primo paese per numero di studenti universitari.
Per quanto riguarda il continente africano,
alla fine del 2011 i marocchini risultano essere il gruppo piu' numeroso, con
506.369 soggiornanti (in testa anche tra tutti i non comunitari). Le altre
grandi collettivita' africane provengono da Tunisia (122.595), Egitto
(117.145), Senegal (87.311), Nigeria (57.011), Ghana (51.924); seguono Algeria
(28.081) e Costa d'Avorio (24.235); quindi, con circa 15mila soggiornanti,
Burkina Faso e, con 10mila o poco meno, Camerun, Eritrea, Etiopia, Mauritius e
Somalia. In totale, i soggiornanti africani sono 1.105.826.
Gli immigrati dall'Asia, che alla fine del
2010 incidevano per il 12,7% sull'insieme dei residenti stranieri nell'Ue,
nell'anno successivo sono arrivati a crescere in Italia di 6 punti percentuali,
per un totale di 924.443. In particolare, l'Italia e' lo Stato membro che
nell'Ue accoglie le collettivita' piu' numerose di cinesi (277.570 soggiornanti
nel 2011), filippini (152.382), bangladesi (106.671) e srilankesi (94.577),
mentre e' il secondo Stato per quanto riguarda la presenza di indiani (145.164)
e pakistani (90.185). La componente americana ammonta a 415.241 soggiornanti. I
principali gruppi provengono dal Perù con 107.847, dall'Ecuador con 89.626, dal
Brasile con 48.230 e dagli Stati Uniti con 36.318, seguiti, con circa 20mila
soggiornanti ciascuno, dai cittadini della Colombia, di Cuba e della Repubblica
Dominicana e, con circa 10mila, da Argentina, Bolivia ed El Salvador.
La media annuale, circa 8mila domande di asilo
all'anno dal 1990, e' stata superata di quasi quattro volte nel 2011, con un
totale di 37.350 (ma anche nel 2008 e nel 1999, quando le domande furono piu'
di 30mila). Nel 2011 le domande sono state presentate in prevalenza da persone
provenienti dall'Europa dell'Est e dal martoriato continente africano; quasi un
terzo (30%) delle domande prese in esame (24.150) è stato definito
positivamente: una su tre ha riguardato il riconoscimento dell'asilo e le altre
la protezione sussidiaria o umanitaria, per un totale di 7.155.
Gli sbarchi dal Nord Africa, confluiti per lo
piu' nell'isola di Lampedusa, hanno coinvolto circa 60mila persone, in partenza
prima dalla Tunisia e poi dalla Libia (28mila). In Italia, per far fronte alle
esigenze di accoglienza sono disponibili 3mila posti che fanno capo al Servizio
per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), in collaborazione con gli Enti
locali, le Regioni e il mondo sociale, e di 2mila posti assicurati dai Centri
di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), mentre e' di altri 3mila posti la
capienza dei Centri di accoglienza per immigrati. Oltre a questa rete di
servizi gia' esistente, le Regioni, con il coordinamento della Protezione
Civile, hanno dichiarato la disponibilita' di altri 50mila posti, di cui la
meta' e' stata effettivamente utilizzata per accogliere le persone in fuga dal
Nord Africa.
Le 750mila assunzioni di cittadini immigrati
residenti in Italia hanno compensato, almeno in parte, la perdita di oltre un
milione di posti di lavoro causata dalla crisi economica. Tuttavia, anche tra i
cittadini stranieri, cresce la disoccupazione arrivata lo scorso anno al 12,1%
(quattro punti percentuali in piu' rispetto al 2010). A scattare la fotografia
delle condizioni lavorative degli immigrati che vivono nel nostro paese e' il
Dossier statistico immigrazione di Caritas e Migrantes, presentato questa
mattina a Roma. Sempre nel 2011, si legge nel documento, a fronte del calo di
75mila unita' tra i lavoratori nati in Italia, gli occupati nati all'estero
sono aumentati di 170mila unita'.
Boom per l'asta dei Titoli, Tesoro: ottimi
risultati, è andata benissimo
ultimo
aggiornamento: 30 ottobre, ore 19:48
Milano, 30 ott.
(Adnkronos) - Ottimi risultati per l'asta odierna con cui il Tesoro ha
collocato 7 miliardi di euro di Btp a 5 e 10 anni, con una buona domanda e
tassi in netto calo.
Nell'asta di titoli
a 5 anni, con scadenza novembre 2017, il Tesoro ha collocato 4 miliardi di euro
il massimo in offerta - con un rendimento medio sceso al 3,80% dal 4,09% della
precedente asta di settembre: la domanda e' stata pari a 5,6 milairdi di euro
(1,49 volte l'offerta). Per l'asta di Btp a dieci anni, 3 miliardi con scadenza
a novembre 2022, il rendimento e' calato al 4,92% dal 5,24% precedente e una
domanda pari 4,28 miliardi (1,43 volte l'offerta).
L'asta odierna di
titoli di Stato a 5 e 10 anni "e' andata molto bene, devo dire. Ottima
domanda, bei rendimenti. Sono molto contenta, visti tutti i dubbi che
sembravano essere sorti. L'asta è andata benissimo, abbiamo dato il massimo su
tutto". Lo dice il direttore generale del debito pubblico del ministero
dell'Economia Maria Cannata, a margine della Euromoney Conference a Milano.
"Abbiamo dato il massimo su tutto - continua Cannata - i cinque anni poi,
ampiamente sopra mercato come prezzo, abbiamo dato il massimo. Piu'' di
cosi'....anche i dieci anni bene, 4,92 il tasso finale. Non ci possiamo
lamentare".
Francia: lavorare oltre 35 ore? ok, bufera su
premier
Ayrault colleziona
un'altra gaffe, ma poi corregge il tiro
30 ottobre, 18:56
(ANSAmed) - PARIGI,
30 OTT - Polverone in Francia sul premier, Jean-Marc Ayrault, autore - nel giro
di pochi giorni - di un'ennesimo clamoroso scivolone, che ha fatto infuriare
alcuni dei suoi stessi ministri e ha lasciato il Paese a bocca aperta. Mentre
l'opposizione di centrodestra giubila. Intervistato dai lettori de Le Parisien,
Ayrault dice di non escludere la possibilita' di eliminare il tetto delle 35
ore settimanali di lavoro legale, spezzando cosi' uno dei grandi dogmi del
Partito socialista, varato 12 anni fa dal governo di Lionel Jospin. Ritorneremo
alle 39 ore?, gli chiede un lettore. ''Perche' no? Non ci sono tabu'. Non sono
dogmatico'', risponde Ayrault, spiegando che si tratta di un tema che ''fara'
dibattere''. Parole che hanno l'effetto di un uragano politico. Tanto che il
premier si trova costretto a prodursi in una sorprendente marcia indietro. Le
35 ore settimanali ''non cambieranno mai fino a che la sinistra sara' al
potere'', ribatte poco piu' tardi in Parlamento, spiegando che ''cambiare le 35
ore e' escluso perche' non sono la causa delle nostre difficolta' economiche''.
Poco prima, il ministro del Lavoro, Michel
Sapin, aveva criticato il capo del suo stesso esecutivo dicendo che ''non
bisogna eliminare le 35 ore''. Mentre i sindacati erano gia' scattati sul piede
di guerra. ''Rimettere in discussione la durata legale del lavoro e' escluso'',
aveva avvertito la CFDT, reagendo alla gaffe di Ayrault. Le 35 ore sono ormai
una ''conquista sociale'', gli ha fatto eco la CGT. L'opposizione di
centrodestra - da anni contraria al provvedimento simbolo di Lionel Jospin e
dell'allora sua ministra, Martine Aubry - non poteva certo farsi sfuggire
un'occasione tanto ghiotta per punzecchiare il premier. ''Era troppo bello per
essere vero! Per qualche minuto ho fatto un sogno, che il premier indossava
finalmente i panni del coraggio politico'', ha ironizzato il segretario
generale dell'Ump, Jean-Franois Cope'. Mentre sempre a destra altri hanno
parlato di un primo ministro ''completamente screditato'', interprete del
''penoso livello di improvvisazione, impreparazione e dilettantismo''
dell'esecutivo Hollande. Nel giro di pochi giorni, Ayrault - ex professore di
tedesco - scelto per rassicurare la cancelliera Angela Merkel - ha cominciato a
collezionare gaffe. Tanto che pure i giornali di sinistra hanno cominciato a
dubitare sulle sue qualita'. Prima del clamoroso scivolone sulle 35 ore, c'e'
stato quello della scorsa settimana, quando si e' fatto bocciare una legge
della corte costituzionale ed ha pensato bene di anticipare i 'Saggi'
annunciando lui stesso la sentenza in modo del tutto indebito. Cosi', tanti in
Francia cominciano a chiedersi se non si tratti di un ''dilettante'', incluso
Liberation, il quotidiano simbolo della gauche parigina, e Le Monde, che
appoggio' apertamente Hollande durante la campagna presidenziale della scorsa
primavera. Alla coppia Hollande-Ayrault che guida la Francia da cinque mesi,
l'opinione pubblica ha gia' molto da rimproverare se si guardano ai sondaggi,
ormai da un paio di mesi in continuo calo.
Nessuno era andato
cosi' giu' nelle curve di popolarita' pocp dopo le elezioni e la flessione
riguarda sia Ayrault - al quale dall'inizio viene rimproverata mancanza di
personalita' e carisma - sia Hollande, che paga per mancanze proprie ma anche
per lo scarso appeal del suo premier. Tanto che gia' da fine estate - quindi a
tempo di record - e' cominciato un toto-premier forsennato, anche se con pochi
punti fermi quanto al successore. (ANSAmed).
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