venerdì 9 novembre 2012

(2) IX.XI.MMXII/ Stefano Giantin: «Si naviga in acque agitate», avvisa la Commissione europea nel preambolo delle sue previsioni economiche autunnali, pubblicate mercoledì. Acque agitate per gran parte dei Paesi Ue. Paesi dove brillano alcune luci, come quelle dell’Austria, dove «si ritorna gradualmente alla normalità» e quelle della locomotiva tedesca, seppur in fase di rallentamento. E tante ombre, da quelle spagnole e greche, alle molte italiane. Ma se nei Paesi dell’Europa mediterranea non c’è ragione per guardare al futuro con fiducia, l’umore nella vicina Slovenia, nella prossima “ventottesima stella”, la Croazia, e nella “candidata” Serbia è altrettanto tetro.

Salva-Napoli, il governo non fa sconti
Bankitalia:a Sud produzione torna a 2009
Industria: Codacons, inutile produrre se famiglie non possono acquistare
Ue: 5 Paesi contrari ad aiuti per terremoto in Emilia Romagna
Grecia: Stournaras, nessuna preoccupazione su aiuti. L'Europa paghera'
Serbia: Italia si conferma terzo partner commerciale
La Commissione Ue vede nero sul futuro dell’ex Jugoslavia

Salva-Napoli, il governo non fa sconti
Prestito a condizioni invariate: 200 euro a cittadino
 NAPOLI — Doveva essere un decreto che salvasse i Comuni con i conti in rosso, quindi anche Napoli. Soprattutto Napoli. Il documento del governo Monti rischia invece di trasformarsi «in un cappio al collo», come ha detto il sindaco de Magistris, per il Comune. Un cappio dal quale difficilmente la città riuscirà a liberarsi per i prossimi cinque anni. L’esecutivo ha infatti posto la fiducia alla Camera blindando il testo che comprende sostanzialmente un unico maxiemendamento nel quale non è prevista, però, alcuna richiesta di quelle fatte da Napoli: elevare il fondo a disposizione della città da 200 euro per cittadino ad almeno 300, destinando più risorse solo ai Comuni con più di 500 mila abitanti; e innalzare il piano di rientro da 5 a 10 anni. Niente di tutto questo.
Tutto resta fermo. Il governo ha chiuso la porta in faccia a Palazzo San Giacomo. Anche perché i fondi a disposizione non ce li ha proprio. Ma Napoli, così, rischia davvero di affondare. Perché di soldi, al Comune, ne servono tanti e subito. Pochi giorni fa sono stati stralciati 850 milioni di crediti difficilmente esigibili — per la quasi totalità, multe automobilistiche, Tarsu e Ici non pagate — dal rendiconto di bilancio 2011. E per 850 milioni eliminati, teoricamente, ne servirebbero almeno altrettanti per riequilibrare i conti. Soldi che finiscono nel mare di un miliardo e mezzo di debiti che l’amministrazione si ritrova, oltre ad altri 900 milioni di debiti che Palazzo San Giacomo ha verso le sue società partecipate. Denari che mancano in cassa e che stanno generando la paralisi totale della città nella quale la refezione a scuola ancora non parte; nella quale le strade sono piene di buche; nella quale la società che gestisce l’illuminazione, avanzando 40 milioni di arretrati, minaccia di «staccare la spina»; nella quale le corse degli autobus vengono ridotte perché i soldi per farli uscire tutti in strada mancano; nella quale gli anziani a passo reddito e i portatori di handicap dal nuovo anno dovranno pagare l’abbonamento a prezzo pieno per il trasporto pubblico; e nella quale la tassa sui rifiuti è la più alta d’Italia. Insomma, un default che, seppure non acclarato, viene vissuto di fatto ogni giorno dai napoletani. E non è un caso se in dieci anni la città ha «perso» quasi 30 mila abitanti emigrati altrove: molti andati lontano, altri semplicemente in periferia dove si vive meglio e la vita costa senza dubbio meno. Ecco perché de Magistris si aspettava un aiuto concreto, vero, reale e soprattutto immediato dal governo e non solo pacche sulle spalle e promesse, tante, che non si sono tradotte poi in emendamenti approvati, che era l’unica cosa che contava.
Il decreto 174 è rimasto invariato con l’unica novità, peraltro introdotta direttamente dal governo e non dai parlamentari campani, di portare i conferimenti per il Comune di Napoli da 100 a 200 euro per cittadino. Poi basta. Ora la speranza si sposta al Senato — ma davvero ridotta al lumicino — dove il decreto farà il secondo passaggio prima dela conversione in legge. Il tutto dovrà accadere entro il 5 dicembre prossimo. Poi, in ogni caso, dovrà essere predisposto il piano di rientro che sarà di lacrime e sangue e sul quale sorveglierà sia la Corte dei Conti che il presidente del collegio sindacale che sarà indicato direttamente dai ministeri dell’Interno e dello Sviluppo economico a mo’ di commissario. Si comincerà dall’inevitabile innalzamento dell’Imu sulla prima casa che sarà portata al massimo, salvo miracoli, portandola dall’attuale 0,5 per mille allo 0,6 per mille. Così come è molto probabile che anche l’addizionale Irpef, che oggi va dallo 0,4 per cento allo 0,8, che è il massimo, ma viene applicata in maniera graduale in base al reddito. In futuro potrebbe essere portata invece al massimo per tutti. Inevitabile sarà anche il ritocco ulteriore della tassa sui rifiuti e delle tariffe per i servizi a domanda individuale, quindi il costo degli asili nido e dei biglietti dell’autobus. Il comune dovrà anche metter mano alle società partecipate, intervenendo sul personale in esubero nel caso di conti in rosso. L’unica cosa positiva è che i 200 euro per cittadino — che nel caso di Napoli, moltiplicati per i circa 970 mila abitanti fanno circa 194 milioni di euro — potranno essere chiesti in anticipo. «Forse anche l’intera cifra entro l’anno», spiega l’assessore al bilancio, Salvatore Palma, che racconta comunque come non abbia messo ancora mano al piano di rientro «visto che speriamo che le cose cambino al Senato». Già, una speranza. Che è poi di tutti i napoletani ai quali restano ben pochi motivi per non emigrare altrove.
Paolo Cuozzo

Bankitalia:a Sud produzione torna a 2009
Analisi su primi nove mesi dell'anno
09 novembre, 14:22
 (ANSA) - ROMA, 9 NOV - Nei primi nove mesi del 2012 ''i livelli produttivi, in contrazione in tutta Italia, si sono riportati nel Mezzogiorno sui livelli minimi della primavera del 2009''. E' quanto rileva la Banca d'Italia nell'aggiornamento del rapporto sull'economia delle regioni. Secondo Via Nazionale al Sud ''ha influito la maggiore dipendenza di quest'area dagli andamenti della domanda interna'' mentre nel resto del paese l'effetto si e' mitigato per le esportazioni che pure si sono attenuate.

Industria: Codacons, inutile produrre se famiglie non possono acquistare
ultimo aggiornamento: 09 novembre, ore 12:43
Roma, 9 nov. (Adnkronos) - Inutile che le industrie "riprendano la loro produzione, dal momento che le famiglie non hanno i soldi per acquistare i loro prodotti". Cosi' il Codacons commenta i dati Istat, relativi alla produzione industriale, che a settembre hanno registrato un calo dell'1,5% rispetto al mese precedente e del 4,8% rispetto al settembre 2011. Per il Codacons, inoltre, l'accordo sulla produttivita', anche se "utile in futuro", non serve "per uscire da questa profonda crisi, che resta una crisi, in primo luogo, di consumi".

Ue: 5 Paesi contrari ad aiuti per terremoto in Emilia Romagna
ultimo aggiornamento: 09 novembre, ore 14:18
Bruxelles, 9 nov. - (Adnkronos) - Cinque Paesi europei - Svezia, Germania, Olanda, Finlandia e Gran Bretagna - sono contrari alle proposte di bilancio europeo rettificativo per il 2012, che comprendeno anche 670 milioni di aiuti per il terremoto in Emilia Romagna. Lo riferiscono fonti europee.

Grecia: Stournaras, nessuna preoccupazione su aiuti. L'Europa paghera'
09 Novembre 2012 - 12:55
 (ASCA-AFP) - Atene, 9 nov - ''Non c'e' motivo di preoccuparsi'' per la nuova tranche di aiuti internazionali.
''La Grecia sta facendo i compiti a casa e l'Europa esborsera' la quota'' di 31,5 miliardi euro necessaria ad evitare il crac del Paese ellenico. A rassicurare gli umori e' il ministro delle Finanze Yannis Stournaras, a poche ore dalle indiscrezioni trapelate da fonti dell'Eurogruppo, secondo cui ''sara' molto difficile'' che i leader dell'eurozona ''giungano ad una decisione sul nuovo pacchetto di aiuti greco'' nel corso della prossima riunione prevista per lunedi' 12 novembre.
rba/sam/rob

Serbia: Italia si conferma terzo partner commerciale
Per export e import. Germania Paese leader
09 novembre, 12:42
(ANSAmed) - BELGRADO, 9 NOV - L'Italia si e' confermata terzo partner commerciale della Serbia nei primi nove mesi dell'anno, sia in termini di export che di import. In entrambi i settori la Germania e' il paese leader.
 Come ha reso noto a Belgrado l'Ufficio nazionale di statistica, le esportazioni serbe verso la Germania hanno fatto registrare nel periodo gennaio-settembre un valore di 965,5 milioni di dollari. Al secondo posto la Bosnia-Erzegovina con 805,7 milioni di dollari, seguita dall'Italia con 769,3 milionidi dollari.
 Per l'import, alle spalle della Germania con 1,54 miliardi di dollari, figurano la Federazione russa con 1,4 miliardi di dollari e l'Italia con 1,28 miliardi di dollari. (ANSAmed)

La Commissione Ue vede nero sul futuro dell’ex Jugoslavia
Lubiana ancora in recessione: anche il 2013 sarà negativo Cadranno i consumi e la disoccupazione salirà oltre l’11%
di Stefano Giantin
BELGRADO. «Si naviga in acque agitate», avvisa la Commissione europea nel preambolo delle sue previsioni economiche autunnali, pubblicate mercoledì. Acque agitate per gran parte dei Paesi Ue. Paesi dove brillano alcune luci, come quelle dell’Austria, dove «si ritorna gradualmente alla normalità» e quelle della locomotiva tedesca, seppur in fase di rallentamento. E tante ombre, da quelle spagnole e greche, alle molte italiane. Ma se nei Paesi dell’Europa mediterranea non c’è ragione per guardare al futuro con fiducia, l’umore nella vicina Slovenia, nella prossima “ventottesima stella”, la Croazia, e nella “candidata” Serbia è altrettanto tetro. Viaggiando da nord verso sud, la Commissione non può che evidenziare le grandi falle che si sono aperte nelle economie balcaniche. Falle ancora più ampie di quanto stimato nei rapporti precedenti. Prima tappa del viaggio, Lubiana, che «è precipitata di nuovo in recessione, con una forte crescita negativa a metà 2012», mette il dito nella piaga il rapporto di Bruxelles. E fosse solo il -2,3% di Pil di quest’anno a impensierire l’Ue. Neppure nel 2013, infatti, la Slovenia rivedrà un segno positivo nella casella del suo prodotto interno lordo, previsto dall’Ue a -1,6%. Dovrà anche sopportare «una significativa caduta dei consumi privati» e una disoccupazione in crescita. I senza lavoro, con relative tensioni sociali esacerbate dalle misure d’austerità, «aumenteranno di due punti», dall’8,4% del 2011, al 10,6% del 2012 fino all’11,5% del 2013. E si aggraverà anche il rapporto debito pubblico/Pil, malgrado i tagli decisi dal governo. Rapporto che passerà dal 54% di quest’anno al 59% dell’anno prossimo. Sarà al 62% nel 2014, mentre all’esordio della crisi era al 35%. Ma potrebbe andare perfino peggio, se i conti pubblici dovessero risentire della «recente ricapitalizzazione delle banche e di un possibile sostegno aggiuntivo alle aziende a controllo statale». Qualche centinaio di chilometri verso sud e il panorama resta sconfortante. «Dopo una temporanea stabilizzazione nel 2011, la Croazia sperimenta al momento la seconda caduta nelle sue attività produttive dall’inizio della crisi nel 2008», avvisa la Commissione. Il prossimo membro Ue ha registrato una «contrazione del Pil reale dell’1,7% nella prima metà del 2012» e i dati su «produzione industriale, costruzioni e disoccupazione suggeriscono» che l’economia «sta stagnando». Cosa deve attendersi Zagabria? Un -1,9% di Pil fino a dicembre, poi crescita zero nel 2013 e una moderata ripresa (+1,4%) solo nel 2014. Non tutti i mali croati sono endogeni, spiega poi Bruxelles, indicando nei «venti contrari ciclici e strutturali» le zavorre croate. Perché la Croazia soffre sì «della contrazione» delle economie dei suoi partner storici, ma la sua «competitività internazionale» ha dimostrato nondimeno di essere «inadeguata a scongiurare un declino delle esportazioni». Cosa porterà l’entrata nell’Ue nel 2013? «Maggiori investimenti», «una modesta accelerazione dell’export». E un po’ più di lavoro, con la disoccupazione che scenderà dal 14,2% al 13,9% nel 2013. Un calo minimo, di certo non sufficiente a riassorbire i 120mila che l’hanno perso dal 2008. E a frenare il nervosismo anti-tagli, soprattutto nel settore pubblico. E la Serbia? È «tornata in recessione», conferma l’Ue, con «la domanda interna e l’export» in calo. Un arretramento che quest’anno sarà del -1,6%, ma nel 2013 si tornerà in positivo, con il Pil a +1,5%. Sarà però una crescita anemica, a causa del perdurare della crisi dei consumi, dell’alta disoccupazione, stabile oltre il 26% e delle difficoltà collegate al «deprezzamento del dinaro», col rischio «acuto» di picchi d’inflazione, tagli e conti pubblici traballanti. Che la situazione, non solo nei vicini Balcani ma in tutto l’Est, sia assai precaria, lo conferma una buona notizia. La Banca europea degli investimenti (Bei), quella per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) e la Banca mondiale hanno annunciato ieri il varo di una sorta di “mini-piano Marshall” per rilanciare le economie dell’Europa orientale. Trenta miliardi di euro, destinati a 17 Paesi tra cui quelli balcanici, Cechia e Slovacchia, Albania, Ungheria, che potranno contare fino al 2014 sui miliardi delle istituzioni internazionali come arma per contrastare «il continuo impatto dei problemi dell’Eurozona» sulle proprie economie nazionali.


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