venerdì 8 novembre 2013

VIII.XI.MMXIII – Monfalcone, oltrepadania est. Gli interventi erano stati programmati da tempo da Fincantieri e concordati con il Comune per dare un adeguato respiro al rinato albergo operai, dal prossimo anno riconvertito in Museo della cantieristica e dal 2015 in sede direzionale di Fincantieri.

Petrolio, la grande illusione. Se Viggiano non ride, la Val d'Agri piange
Sicilia, riparte la corsa ai casinò: esitato il ddl
M.M., Taranto declassata
Germania: surplus a record 20,4 mld
Francia, S&P taglia rating da AA+ ad AA: riforme inefficaci per crescita
Monfalcone, oltrepadania est. Monfalcone, l’ex albergo operai rivela tutta la sua mole




Petrolio, la grande illusione. Se Viggiano non ride, la Val d'Agri piange
Da rivedere l’utilizzo locale delle royalty. I sindaci chiedono un assessorato dedicato
di MARIATERESA LABANCA
VAL D’AGRI - Se Viggiano non ride, il resto della Val d’Agri piange. I suoi centri, sempre più spopolati, lottano con gli stessi numeri neri della crisi che affliggono il resto della regione. Il petrolio non è servito a mitigarne gli effetti. Anzi. Abbiamo raccontato in questi giorni, nel corso del viaggio realizzato nel cuore della terra del petrolio, le contraddizioni del paese più ricco d’Italia, grazie a un gettito di royalty che dal 2005 ha portato nelle casse comunali quasi 120 milioni di euro, dove però benessere e sviluppo rimangono ancor uno sogno lontano. Ma Viggiano è solo un pezzo del puzzle della valle del petrolio. Sicuramente - con i suoi 21 pozzi dei complessivi 29, e il Centro Oli Eni ospitato nell’area industriale - il più importante. Ma non è l’unico. Intorno a quello che si è rivelato un vero e proprio pozzo di San Patrizio per le compagnie petrolifere, ruotano i famosi dieci comuni della cosiddetta Alta Val d’Agri. Qui la desolazione e il senso di impotenza regnano sovrani. L’oro nero è stato un bluff. E i primi ad ammetterlo sono stati proprio loro: gli amministratori che lo scorso anno sono arrivati a rassegnavano le proprie dimissioni per portare la vertenza Val d’Agri al centro dell’agenda politica. Il territorio è in ginocchio.  Nonostante l’enorme ricchezza. E la beffa consiste proprio in questo: hanno visto passare davanti agli occhi fiumi di danaro, scivolati via senza che ne abbiano lasciato il segno. Per la precisione, alcuni comuni, un pò di soldi li hanno visti transitare anche sui propri bilanci. Come Calvello, Grumento, Marsicovetere e Montemurro che nel solo 2012 hanno ricevuto royalty, rispettivamente, in queste quantità:  4.3, 2.8, 2.1  e 0,722 milioni di euro. Gli altri, invece, in termini di compensazioni economiche, non hanno ricevuto nemmeno un quattrino, pur convivendo, in maniera quasi diretta,  con le attività estrattive, e con i problemi ad esse legati. Ma non è solo una questione di royalty. E’ che l’appuntamento con lo sviluppo, legittimamente atteso, è saltato del tutto. Eni e la filiera estrattiva hanno portato poco lavoro per gli abitanti della valle. A Spinoso, Montemurro, Marsico, Paterno e gli altri comuni che gravitano intorno al Centro Oli il tasso di disoccupazione è in linea con quello lucano medio. Si vive per lo più di pubblico. E anche un pò di industria. Non quella legata alle estrazioni, però. Un’azienda come la Vibac, che produce componnenti in plastica, con il suo indotto ha quasi creato più posti di lavoro per la gente del posto. «Se dovesse chiudere questa azienda, allora sì che sarebbero guai», concordano i primi cittadini dell’area. Il management aziendale ha più volte sollecitato interventi che potessero servire all’abbassamento dei costi produzione. Per adesso non ci è riuscita. E nel frattempo ha fatto un nuovo investimento. In Serbia. Solo di recente, dopo 15 anni di estrazioni,  l’impegno congiunto di Regione, sindacati e Confindustria ha portato a qualche risultato. Ad oggi  dei 2.140 lavoratori dell’indotto estrattivo diretto, quasi mille arrivano dalla regione, di cui 668 dalla Val d’Agri. Molti di questi, però, non sono lucani, ma con residenza acquisita. Bisogna poi fare una differenza fra le varie tipologie contrattuali. Molti sono assunti a tempo determinato o comunque precari.
Ma il vero problema è che il  petrolio non solo non si è trasformato in reali opportunità per il territorio, ma, ancora peggio, ha fortemente penalizzato settori come turismo e agricoltura, le cui potenzialità sono evidentemente compromesse dalle attività estrattive.  Per non parlare del delicato equilibrio ambientale e dei possibili rischi per la salute dei cittadini. Basti pensare che un comune come Spinoso, che non prende neanche un euro di royalty - nonostante in linea d’aria disti solo  otto chilometri del Centro Oli - insieme agli altri centri dell’area e ad alcune associazioni ambientaliste ha deciso di commissionare un’indagine “indipendente” rispetto ai monitoraggi pubblici di Arpab. Dopo lo scandalo Fenice, l’Agenzia regionale sconta ancora molti scetticismi.  I comuni non si fidano. Così le amministrazioni preferiscono rimetterci di tasca propria, pur di capire come stiano andando veramente le cose.
Questo modello di gestione della risorsa oro nero va cambiata. I sindaci ribelli della Val d’Agri -  a cui nei mesi successivi si sono aggiunti altri amministratori lucani che chiedono compensazioni ambientali per tutti paesi in qualche modo interessati dalla filiera estrattiva - avevano presentato un documento. Ora, chiedono, che la discussione politica della prossima Giunta riparta esattamente da qui. A partire dalla proposta che riguarda la   ripartizione delle risorse secondo il criterio di prossimità. Cioè in funzione della distanza dai punti di maggiore criticità: Centro oli, pozzi petroliferi e presidi di smaltimento delle acque di estrazione. E che prevede pure che gli stessi criteri vengano applicati anche per il reperimento di personale da impiegare in tutte le attività estrattive, acquisendolo da manodopera locale in misura non inferiore all’80 per cento di tutto il personale impiegato.
Ma, soprattutto, c’è un modello gestionale da cambiare. Se i primi cittadini sono fondamentali nella fase della programmazione - meglio conoscono  le specificità territoriali - è pur vero che i sindaci non possono essere lasciati da soli nella pianificazione dello sviluppo dell’area, nè tantomeno nella gestione di risorse tanto importanti. Insomma, servirebbe una sorta di regia, a un livello istituzionale più alto, con competenze specifiche, in grado di lavorare in sinergia  con le amministrazioni locali. Da una recente riunione dei cosiddetti sindaci ribelli è arrivata un’indicazione precisa: chiedono che un assessorato specifico al petrolio.
Del resto, basta fare due calcoli per dare un peso economico all’opportunità che ci sta sfuggendo dalle mani. Se ai 19 milioni della Val d’Agri, si aggiugono  i quasi 11 milioni complessivi destinati agli altri comuni dell’area, i 90 della card carburanti (che ora si vorrebbe convertire in altro) e i 169 riconosciuti alla Regione: in un anno la Basilicata ha guadagnato    289  milioni di euro. .
mercoledì 06 novembre 2013 09:07

Sicilia, riparte la corsa ai casinò: esitato il ddl
PALERMO. La Sicilia riprova a giocare la carta dei casinò, un percorso che si preannuncia non facile, considerando le numerose iniziative di legge arenatesi negli anni alla Camera e in Senato. A parte i Cinquestelle che ieri hanno votato contro al legge-voto in commissione Affari istituzionali dell'Assemblea regionale, a destra e a sinistra il progetto piace, tant'è che il ddl è stato esitato senza problemi. E piace anche ai sindaci di Taormina e Cefalù, le due città candidate a ospitare le case da gioco. Il testo, primo firmatario il deputato Lino Leanza (Art.4) inizialmente prevedeva solo Taormina, ma un emendamento, approvato in commissione, apre la strada anche a un casinò nella provincia di Palermo, in pole position c'è Cefalù. «Da trent'anni aspettiamo questo provvedimento, siamo fiduciosi e certi che l'Ars lo approverà - dice il sindaco di Taormina, Ligio Giardina - vedremo cosa farà Roma, anche se non capisco perchè usare due pesi e due misure, perchè a Sanremo può esserci un casinò e in altre parti d'Italia no».  Per il sindaco «la creazione della sala da gioco avrà riflessi positivi per Taormina e per l'indotto: alberghi, ristoranti o attività collaterali. Può essere un'opportunità per destagionalizzare i flussi turistici così da avere visitatori tutto l'anno, un'occasione anche per città vicine Catania e Messina». D'accordo anche il sindaco di Cefalù, Rosario Lapunzina. «Siamo favorevoli - dice - anche perchè a differenza di quanto accade per il gioco che si fa nei locali con slot machine, il casinò ha regole ben precise. E poi incrementerebbe il turismo con ricadute positive per l'economia del territorio». L'idea piace anche all'assessore regionale al Turismo, Michela Stancheris.  Il ddl è pronto per l'aula, spetterà alla conferenza dei capigruppo calendarizzarlo. Se dovesse passare, la legge-voto sarà trasmessa a Camera e Senato per la doppia lettura. Proprio stamani il vice premier, Angelino Alfano, ha ricevuto al Viminale i deputati regionali Giuseppe Picciolo (Drs) e Nino Germanà (Pdl) sul tema del casinò a Taormina, presente anche il sindaco di Taormina. «Ringraziamo il ministro Alfano per la sensibilità e l'attenzione mostrata sul tema - dicono Picciolo e Germanà - Nel lungo e cordiale incontro abbiamo avuto modo di illustrare il tema dell'apertura delle case da gioco in Sicilia. Da ora in avanti, dando impulso al ddl regionale di iniziativa parlamentare che sarà sottoposto, non appena approvato, dal presidente Crocetta al governo nazionale, che grazie alle condizioni contingenti attuali di reale lotta alla criminalità organizzata ed alla mafia, crediamo possa vedere il naturale supporto di tutte le forze parlamentari». Secondo i due parlamentari regionali «per la Sicilia tutta, e non solo per Taormina, si apre un nuovo percorso di sviluppo  che, come auspicato dall'assessore Stancheris, completerebbe a pieno l'offerta turistica siciliana».

M.M., Taranto declassata
«Taranto perde la storica sede del Dipartimento Marittimo dello Jonio e del Canale d’Otranto in quanto “declassata” a Comando con funzioni territoriali di secondo livello, alle dipendenze del Comando Logistico della M.M. di Napoli. Non si tratta solo di uno spostamento a carattere meramente logistico bensì di un segnale emblematico del progressivo disimpegno della Marina Militare verso la sede tarantina. Un cambiamento drastico che secondo Confindustria, al di là della evidente inerzia registrata attorno alla questione (da tempo annunciata) da parte della politica nostrana, aggiunge ulteriori preoccupazioni e perplessità rispetto al futuro di settori finora ritenuti parte integrante del sistema socio-economico tarantino».
 Gli industriali ionici ricordano che è «solo di pochi giorni fa, in questo senso, il nostro appello agli arsenali di Siracusa e La Spezia a fare fronte comune per scongiurare i rischi di irreversibile declino del comparto arsenalizio e dell’indotto; un settore gravato da una crisi senza precedenti per effetto della imminente conclusione delle commesse di manutenzione sulle unità navali militari e dalla vetustà del naviglio, a cui si aggiunge la drastica riduzione delle risorse economiche disponibili a carico del bilancio del Ministero della Difesa in favore degli arsenali italiani.
 La tegola del declassamento di Taranto – di fatto già avvenuto – a Comando Logistico Area Sud (ComLog Area Sud) aggiunge ora ulteriori ed inevitabili punti interrogativi ad una situazione già notevolmente compromessa sul piano delle prospettive, anche in presenza di una struttura di grandissima valenza e altrettanta strategicità qual è la nuova Base Navale di stanza a Taranto».
 Alla luce di tutto questo, Confindustria ha inserito la questione dell’avvenuta perdita del Dipartimento Marittimo dello Jonio e del Canale d’Otranto fra le priorità da portare all’attenzione del tavolo interistituzionale in programma il 13 novembre prossimo a Roma.
 «L’auspicio ultimo è che il ridimensionamento della base tarantina non avvenga a “costo zero”, prevedendo garanzie sostitutive da parte dei ministeri competenti sia sul piano del mantenimento di impegni già assunti sia per evitare che il progressivo depauperamento in atto produca effetti ben più gravi, in termini di ricadute economiche e di perdita di risorse, rispetto a quelli già in essere».

Germania: surplus a record 20,4 mld
Esportazioni +1,7% a settembre
08 novembre, 10:02
(ANSA) - ROMA, 8 NOV - Marcia a pieno ritmo l'export tedesco a settembre (+1,7%), facendo volare il surplus commerciale della Germania oltre le attese ed al nuovo record di 20,4 miliardi di euro dal precedente 19,8 del 2008. Si alimentano così i timori che la dipendenza del Paese sulle esportazioni stia ostacolando la ripresa economica nell'eurozona.

Francia, S&P taglia rating da AA+ ad AA: riforme inefficaci per crescita
Secondo il ministro dell’Economia Moscovici il giudizio è “critico e inesatto”
di red/eco - 08 novembre 2013 10:16
fonte ilVelino/AGV NEWS
Brutto risveglio per Parigi. Standard&Poor’s ha deciso di tagliare il rating sovrano della Francia da AA+ a AA con outlook che passa da negativo a stabile. A pesare sulla scelta dell’agenzia americana il timore che, nonostante le riforme varate in campo fiscale, dei servizi e del mercato del lavoro, le stime di crescita non aumentino. In particolare, non sarebbero utili neppure a ridurre il rischio che la disoccupazione rimanga sopra il 10 per cento fino al 2016. S&P punta il dito anche contro il governo transalpino, accusato di non riuscire ad attuare le riforme proprio per l’alto livello di disoccupazione. Non si è fatta attendere la reazione piccata dell’esecutivo francese: il giudizio dell’agenzia di rating è “critico e inesatto” per il ministro dell’Economia, Pierre Moscovici, e “rimane fra i migliori al mondo” per il premier Jean-Marc Ayrault.

Monfalcone, oltrepadania est. Monfalcone, l’ex albergo operai rivela tutta la sua mole
Con la demolizione del vecchio ingresso e nei giorni scorsi di due altre costruzioni l’imponente edificio ha acquistato una nuova visibilità. Panzano cambia volto
L'enorme mole del ristrutturato ex albergo operai sta acquistando sempre maggiore visibilità. Dopo la demolizione a maggio dell'ex ingresso operai al cantiere navale, in questi giorni sono andate giù anche le costruzioni che lo fiancheggiavano e dove fino ancora poco tempo fa erano collocati uffici di Fincantieri. L'ingresso storico del cantiere, affacciato su piazzale Cosulich, non sarà invece toccato. L'operazione rientra nella riqualificazione complessiva dell'area su cui insiste l'enorme palazzo, realizzato dai Cosulich negli anni '20 per alloggiare gli operai celibi impiegati nel cantiere. Un intervento che vede fianco a fianco più soggetti: Fincantieri, proprietaria dell'80% dell'immobile, dove vuole ricavare una nuova sede direzionale, Comune, che grazie a finanziamenti europei e regionali e fondi propri sta creando al piano terra il Museo della cantieristica, e l'impresa siciliana Regalvilla, che in una porzione del fabbricato ricaverà una foresteria.
Le nuove demolizioni sono state realizzate per conto di Fincantieri, dopo che già a maggio l'ex ingresso operai, una costruzione enorme, è finito, a cinque anni dalla “pensione”, in briciole sotto i colpi delle ruspe. Gli interventi erano stati programmati da tempo da Fincantieri e concordati con il Comune per dare un adeguato respiro al rinato albergo operai, dal prossimo anno riconvertito in Museo della cantieristica e dal 2015 in sede direzionale di Fincantieri. L’idea è di realizzare un parco urbano nella zona antistante l’ex albergo operai, seppure non di grandi dimensioni. «Tutta quella zona va alleggerita per dare alla struttura il respiro che merita», ha detto ad aprile, preannunciando l'abbattimento dell'ex ingresso maestranze il coordinatore della trasformazione dell'immobile per conto di Fincantieri, l'architetto monfalconese Francesco Morena. Il progettista si è detto non a caso contrario alla realizzazione del previsto parcheggio in struttura, nell’area ora dedicata alla sosta delle biciclette e in quella riservata alle automobili dei lavoratori Fincantieri del secondo turno. La trasformazione sta riguardano comunque anche ampie fette dello stabilimento. A renderla visibile anche all'esterno c'è, ad esempio, vicino alla torre dell'acquedotto, la nuova costruzione degli spogliatoi per il persone delle imprese in appalto, andata a sostituire una struttura datata.
(l.bl.)


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