domenica 6 marzo 2011

Federali della Sera. 6 marzo 2011. La Lega è la forza politica che può battere chiunque. Non avevamo niente, ma tutto ha funzionato. Quando avverto che uno dei miei vuole troppo potere, lo caccio via. Basta abbacchio e pennichelle, non dovete più ingrassare. Ma che caos. Qui manca la bandiera del Veneto. Agli stranieri il 90% dei soldi. Shamrock. Poco folklore, ora si comanda.

Sezione Forza Oltre padani:
Bozen. La Provincia prova a prendersi la Rai.
Belluno. Rallenta il secessionismo scolastico.

Sezione padani, alias bombisti:
Bergamo. Maroni: la Lega sulle candidature decide da sola.
Mantova. La metamorfosi del Carroccio. Poco folklore, ora si comanda.
Mantova. Lega all'attacco sui fondi anticrisi «Agli stranieri il 90% dei soldi».
Mantova. La Lega rivuole la Provincia.
Cuneo. A Fossano due nuove associazioni per i giovani: “Crescendo” e “Shamrock”.
Venezia. Il federalismo? Lo paga il Comune.
Padua. Zaia rifiuta la coccarda tricolore al Bo. Qui manca la bandiera del Veneto. 3
Padua. Gentilini sornione incanta i leghisti di Noventa.
Ferrara. Ma che caos sul fotovoltaico».
Bozen. La Provincia prova a prendersi la Rai. Incontro riservato con Bonaiuti, ora trattativa con l'azienda a Roma. BOLZANO. La Provincia riprende la marcia sulla Rai di Bolzano. I deputati della Svp Siegfried Brugger e Karl Zeller, componenti della Commissione dei 6, hanno avuto un incontro riservato con Paolo Bonaiuti, portavoce del premier Silvio Berlusconi e sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega all'editoria. L'obiettivo è che la Provincia subentri al contratto di servizio che lega lo Stato alla Rai per i programmi in lingua tedesca e ladina. Nella scorsa legislatura era stata predisposta una norma di attuazione ad hoc, che venne stoppata dopo la protesta che unì la redazione italiana a quella tedesca. Il timore era che il controllo amministrativo della Provincia comportasse nei fatti un controllo politico sui programmi e che venisse rotta la possibilità di sinergie tra le redazioni. Il ministro Paolo Gentiloni nell'autunno 2007 stoppò la norma di attuazione. La Svp ha sempre chiarito che l'obiettivo resta, rafforzato dall'accordo di Milano che prevede proprio che la Provincia si faccia carico di finanziamenti per servizi che oggi vengono garantiti dallo Stato (tra cui Rai e Poste). La riunione con Bonaiuti risale ad alcune settimane fa. Trapelata la notizia, Karl Zeller la conferma, facendo intuire che il via libera politico c'è stato. «La trattativa viene ora condotta con la Rai a Roma», spiega infatti Zeller, «siamo ancora indietro, la norma di attuazione non arriverà alla prossima seduta della Commissione paritetica». Zeller precisa: «Il finanziamento riguarderebbe solo i programmi in lingua tedesca e ladina. La parte italiana è esclusa. Stiano tranquilli i giornalisti della redazione italiana, visto che si fidano più di Roma». Il contratto di servizio l'anno scorso ammontava a 15 milioni, «ridotto quest'anno a 11 milioni». Ma la parte finanziaria, chiarisce, «non è ancora in discussione, perché prima vanno decisi i contenuti. Abbiamo fatto alcune proposte alla Rai e stiamo aspettando una risposta. Si può discutere di un caporedattore per la redazione ladina? Accetterebbero un raddoppio delle ore di trasmissione in ladino?». Intanto lo stesso Zeller anticipa che l'attenzione dei parlamentari Svp è concentrata in questi giorni attorno al decreto legislativo sul federalismo regionale: obiettivo, ottenere l'inserimento di una norma che permetta alla Provincia libertà di manovra sull'Irpef vera e propria, non soltanto sull'addizionale Irpef, «per garantire sgravi alle famiglie numerose». Il potere di persuasione della Stella alpina non è poco: il voto della senatrice Helga Thaler Ausserhofer è ancora l'ago della bilancia nella bicamerale sul federalismo. Se passerà questa richiesta, riassume Zeller, «la Provincia si vedrebbe garantita una autonomia davvero speciale». Per quanto riguarda invece l'impugnazione governativa del bilancio provinciale nella parte degli sgravi sull'addizionale Irpef, anticipa Zeller, «chiederemo a Fitto di ritirare l'impugnazione, visto che il federalismo regionale darà alle Regioni i poteri su tutta l'addizionale».
Belluno. Rallenta il secessionismo scolastico. Gli studenti scelgono Feltre o Belluno, in calo le preferenze per il Trentino. LAMON. Si contano sulle dita di una mano gli studenti lamonesi che per il prossimo anno scolastico hanno optato per le scuole superiori nei comuni del Trentino. «Diminuisce la tendenza ad andare verso il Primiero», afferma il dirigente scolastico dell'istituto comprensivo Gian Pietro Da Rugna.  La fotografia delle pre-iscrizioni per l'anno 2010-2011 evidenzia che su venti studenti lamonesi frequentanti l'ultima classe della scuola secondaria, tre hanno scelto Levico Terme dove ha sede la scuola di acconciatura ed estetica, mentre due hanno optato per Transacqua, l'uno per l'alberghiero, l'altro per l'istituto tecnico a indirizzo economico. Che il fenomeno sia in controtendenza rispetto agli anni scorsi è evidente a Sovramonte dove nessuno ha scelto di proseguire gli studi negli istituti superiori di Primiero. La scuola più gettonata è il liceo "Dal Piaz" di Feltre con undici studenti preiscritti di cui quattro (tre di Lamon, uno di Sovramonte) hanno scelto il classico, altrettanti il linguistico (uno di Lamon, tre di Sovramonte), tre tutti di Sovramonte, invece, l'indirizzo scientifico. Di questi ultimi, due hanno optato per l'innovativo indirizzo in scienze applicate.  Le potenziali matricole dell'Itis Negrelli, divise tra i vari indirizzi, sono otto ed equamente distribuite fra i due altopiani.  Infine, fra gli studenti di Sovramonte, un giovane ha scelto il liceo artistico "Catullo" di Belluno, mentre il secondo opta per il liceo paritario di Feltre con indirizzo scientifico.  A Lamon due studenti hanno scelto l'indirizzo biologico e uno quello di scienze umane all'istituto canossiano. Per la formazione professionale, solo uno studente di Sovramonte e un altro di Lamon hanno scelto l'Enaip di Feltre, mentre un lamonese è preiscritto all'Agraria di Feltre e un altro al Rizzarda per servizi socio-sanitari.
Bergamo. Maroni: la Lega sulle candidature decide da sola. Paolo Bricco. BERGAMO. Dal nostro inviato. «La Lega è la forza politica che può battere chiunque. Non avevamo niente, ma tutto ha funzionato. Mi ricordo tante belle cose che mi hanno riempito la vita». E ancora: «Maroni, Calderoli e Giorgetti. Sono tutti amici. Quando avverto che uno dei miei vuole troppo potere, lo caccio via. Non credete a quello che dicono. Maroni, Calderoli e Giorgetti sono amici». Umberto Bossi adotta il registro del pathos. La Lega, nel pieno di una «costituzionalizzazione» che ha scavato più di un solco fra i vertici e la base, è tornata a parlare al suo popolo. E per farlo ha scelto Bergamo, l'altro cuore lombardo del movimento oltre alla Varese dei Bossi e dei Maroni, dei Reguzzoni e dei Giorgetti. Un cuore di tipo diverso: a Varese i generali e il potere vero, a Bergamo la truppa e il mito fondativo del giuramento a Pontida dei comuni lombardi e veneti contro il Barbarossa. L'occasione sono stati i 25 anni di vita della Lega in città, cena per duemila militanti dentro alla fiera, un po' vecchia Festa dell'Unità e un po' Tea Party per famiglie italiane militanti ma quiete, moquette marron distesa sul pavimento del capannone e luci stroboscopiche.
Alla festa ha partecipato, oltre al Senatur, l'intero stato maggiore, per un giorno non diviso dalle rivalità personali. Limitandosi al tavolo principale della cena, alla destra di Bossi era seduto il bergamasco Calderoli, alla sinistra Maroni più Renzo Bossi, Cota e Giorgetti. Il passaggio politico è stretto. La trasformazione in legge del federalismo è l'obiettivo che ha determinato, almeno finora, le scelte di Real Politik del Carroccio: con Berlusconi, nonostante gli scandali e i processi, per riuscire a ottenere il federalismo. «La festa di Bergamo - dice lo storico della Statale di Milano, Stefano Bruno Galli, intellettuale d'area - è una sorta di riconciliazione fra i vertici e i militanti, che hanno guardato con molta perplessità le vicende personali di Berlusconi e che per un attimo hanno pensato che lui non fosse più il garante del federalismo». Un federalismo a cui lavora Calderoli, che è di Bergamo. È lui a «sporcarsi le mani» e a mediare nelle commissioni e in Parlamento, nelle stanze romane e con i sindaci. Ancora ieri sera ha detto: «Lo stato farà la sua parte e le regioni faranno la loro. Un accordo si troverà» (l'incontro è previsto mercoledì prossimo). Questa operatività lo ha reso centrale nella nostra vita pubblica, ma allo stesso tempo dentro al partito ha riempito lo zaino sulla sua schiena di responsabilità e di attese. Con il risultato che, nella lotta fra colonnelli per rimanere vicino a Bossi così da potersi giocare bene le carte quando questi non ci sarà più, Calderoli fa fatica. Maroni si sta muovendo bene: si è costruito un profilo bipartisan, ma non ha rinunciato a uscite puntute come quella di ieri sera, quando ha avvertito Berlusconi che «è la Lega che deciderà se e dove andare da sola alle amministrative», ricordando che questo tema sarà affrontato al consiglio federale di domani in via Bellerio. Calderoli e Maroni non fanno parte del «cerchio magico» formato da quanti accudiscono il Bossi malato. Un gruppo ristretto in cui cresce l'influenza del capogruppo alla Camera Reguzzoni. Dunque, è anche per ricompensare lo "sgobbone" Calderoli che Bossi ha scelto di schierare tutto lo stato maggiore del partito ieri sera a Bergamo. Che resta il luogo del mito di Pontida a cui ricorrere nei momenti difficili, il cielo sotto cui Bossi esercita il fiuto animale per intuire cosa vuole la sua gente e fino a che punto può spingere la tecnica politica e la gestione del potere senza deluderla in modo irrimediabile.
Per una volta, niente discorsi sui posti da occupare, nessuna rivalità fra i dirigenti da sedare, nessun casino con i militanti che riversano le loro delusioni a Radiopadania. Solo il contatto con i militanti. Qui a Bergamo nel 1991 da un notaio è stato sottoscritto l'atto costitutivo della Lega Nord, che sancì l'alleanza di tutti i movimenti autonomisti. Ma Bergamo vuol dire anche i 300mila delle valli che, secondo l'Umberto ritratto in canottiera in Sardegna il 29 agosto del 1994, otto anni prima sarebbero stati pronti a prendere i fucili contro lo stato centrale (e unitario). «La Lega è nata a Varese, ma ha messo radici ancora più profonde a Bergamo», dice Galli. Che ricorda come, venticinque anni fa, il primo sindaco leghista sia stato eletto a Gandino, vicino a Clusone. Nemmeno a Varese si è arrivati a quel 40% che in maniera sistematica il partito ottiene nelle valli e nella Bergamasca. «E anche a Bergamo città - dice Alberto Ribolla, a 26 anni capogruppo in comune - siamo al 22%, il doppio di cinque anni fa». Bergamo conta poco nella gerarchia della Lega: il capo dei media del partito Giacomo Stucchi è stato appena messo da parte a favore di Renzo Bossi, diventato supervisore di Radiopadania e Telepadania. Nonostante questo, nonostante Silvio, nonostante la guerra fra i colonnelli e nonostante l'autunno del patriarca malato qui il militante medio mette da parte i mal di pancia. «La pressione fiscale continua a essere altissima e negli uffici pubblici trovi sempre pochi settentrionali - ti spiega Pierluigi Turani, agente di commercio con la tessera dal 1996 - però è anche vero che in Italia non riesci a cambiare le cose neanche con il 51 per cento…».
Mantova. La metamorfosi del Carroccio. Poco folklore, ora si comanda. La Lega di lotta e di governo. Sì, ma a Palazzo della Ragione c'è sopratutto un partito ormai abituato a comandare. I segni della metamorfosi spuntano a ogni angolo. Nei toni e nei concetti dei condottieri, nella location e anche nelle attenzioni di chi leghista non è. Organizzazioni di categoria, sindacalisti, istituzioni: tutti a stringere la mano ai seguaci di Alberto da Giussano. Interlocutori di palazzo.  Certo, qua e là saltano fuori i richiami alla Padania, all'ancestrale e mantovano parlamento del nord, «all'allergia che m'è venuta perché sto troppo a Roma» (Maroni), al «successo di aver ottenuto festa e bandiera della Lombardia» (Bottari). Ma l'impressione è che siano boutade per dare qualche riscaldatina all'animo del militante, mentre tutta Italia festeggia il 150º anniversario dell'Unità. Lo spiega Davide Boni, unico presidente lumbàrd della Provincia. Era l'anno di grazia leghista 1993: «Appartenere al movimento era difficile, eravamo spernacchiati ma adesso siamo tantissimi. Gli anni della secessione sono lontani e ora c'era bisogno di tornare su questo tipo di temi. Bossi conosce il suo popolo: l'esigenza ora è questa».  Sul palco i proclami da Lega di lotta arrivano da Boni e Bottari, la Lega di governo è nelle parole di Maroni (intervento con poche licenze dall'aura ministeriale) e anche di Fava. Davanti a loro circa 300 tra militanti, amministratori locali, alleati del Pdl e benediniani, rappresentanti di ogni categoria economica, sindacalisti e i vertici delle partecipate controllate dalla Lega. Non sono tutti lumbàrd, ma nessuno fa lo schizzinoso davanti a un invito con timbro padano. Il sindaco Nicola Sodano, la cui giacchetta nelle ultime settimane è stata vigorosamente strattonata dalla Lega, blandisce: «Quando il centrodestra litiga, l'elettore non capisce». In altre parole: lasciatemi tranquillo, per favore. C'è anche Benedetta Graziano dell'Italia dei valori, unica del centrosinistra a Palazzo della Ragione: «Speriamo sia una festa per il federalismo e non per la secessione» scherza. Indossa un abito verde, ma bandisce allusioni trasformistiche.  Già, l'abbigliamento. Che vinca il verde è ovvio, dai fazzoletti al taschino e sulle borsette delle signore fino alle cravatte. Le performance audaci si sono ridimensionate, anche se resiste qualche temerario stivale leopardato sotto a giacca e cravatta. Non saremo alla settimana milanese della moda, ma la Lega ha imparato a fare la brava: negli appuntamenti di gala poche licenze. La canottiera bossiana resta nel mito, nella cronaca di tutti i giorni serve altro. E niente lungaggini convegnistiche sul federalismo: non più di cinque minuti a testa di intervento, pubblico in piedi e pedalare. Nessuno o quasi nomina l'Italia, tutti citano il neologismo bossiano Padania (pidiellini Sodano e Maccari a parte).  C'è il federalismo ma c'è anche l'incoronazione di Fava. In sala circa 300 persone: Gianni, quanti aspiranti assessori vedi in giro? «Non lo so, ma sicuramente troppi» scherza a microfoni spenti. Non può dire che toccherà a lui, perché il partito deciderà ufficialmente lunedì «e la Lega è un movimento leninista: a quel che decide il vertice, si obbedisce e basta» spiega Boni. Fava conferma dal palco: «Le mie ambizioni personali mi porterebbero altrove ma se il movimento chiama, accetto senza indugi». Ovazione dal pubblico: «Pre-si-den-te, pre-si-den-te». Lui sorride, l'animo del polemista incallito deve arrendersi. Sembra già un Fava di governo. Metamorfosi completa. Carroccio pronto per un altro palazzo. «Non siamo più il semplice alleato fedele» urla Boni.
Mantova. Lega all'attacco sui fondi anticrisi «Agli stranieri il 90% dei soldi». CASTIGLIONE. Il 90% dei "buoni per la crisi" finisce a famiglie straniere. La Lega, basandosi sui dati forniti dall'assessorato ai servizi sociali relativi al 2010, attacca l'amministrazione Paganella. «Le politiche di integrazione attirano gli stranieri che poi finiscono alla Caritas».  Secondo i Lumbard la situazione a Castiglione è diventata insostenibile. Il motivo? L'iniqua distribuzione degli aiuti economici alle famiglie in crisi. «I servizi sociali, dati alla mano, sono diventati l'ancora di salvataggio solo per gli stranieri. La maggior parte dei fondi messi a disposizione dal Comune finisce agli extracomunitari, lasciando agli italiani solo le briciole» spiega Sergio Milanesi, portavoce dei Lumbard castiglionesi.  E non solo. «Oltre il 90% dei "buoni per la crisi" - spiega il portavoce dei Lumbard - finisce a persone non italiane. Per non parlare del servizio scuolabus: sui circa 4mila euro messi a disposizione, solo 675 euro si trasformano in contributi che aiutano gli italiani».  I numeri commentati da Milanesi sono stati discussi durante l'ultimo consiglio comunale e si riferiscono al 2010. Ed è alla giunta che il Carroccio indirizza critiche al vetriolo. «Nel nostro Comune - attacca Milanesi - c'è un problema di fondo nella gestione dei servizi sociali. La maggioranza, infatti, non capisce che l'assistenzialismo non risolve alcun problema. Anzi, è un sistema che porta all'emergenza registrata dalla Gazzetta un paio di giorni fa: l'amministrazione non si stupisca se la Caritas registra un boom di richieste di aiuto».  Milanesi poi continua a snocciolare numeri, sicuro del «totale fallimento della cultura dell'integrazione portata avanti da Paganella». «Non è possibile - spiega il portavoce dei Lumbard - che su un totale di settemila euro di "una tantum", oltre quattromila vadano agli extracomunitari». Come a dire: e gli italiani? Anche loro sono stati colpiti dalla crisi economica.  «Da tempo stiamo assistendo ad un rovesciamento delle parti - fa notare Milanesi -. È il Comune che va a cercare gli stranieri per farli integrare nel nostro tessuto sociale. Ma dovrebbe essere il contrario: gli immigrati devono impegnarsi per non rimanere ai margini della società. E invece il sindaco Paganella spende decine di migliaia di euro per mediatori culturali e sportelli per favorire l'integrazione».  Secondo la Lega, le risorse utilizzate per servizi simili non fanno altro che sottrarre denaro, e quindi aiuti, agli italiani. «Gli stranieri, quando vogliono, sanno far valere molto beni i propri diritti - conclude Milanesi - Tanto è vero che a loro vanno oltre 200mila euro all'anno del Fondo sostegno affitti. Agli italiani finiscono poco più di 100mila euro».
Mantova. La Lega rivuole la Provincia. Al gala del federalismo il ministro Maroni e Boni lanciano Fava. Abiti da sera e fazzoletti verdi. Soprattutto, una voglia matta di tornare a governare in Provincia. Come dal 1993 al 1997 e, per giunta, nel ventennale della nascita del partito. La Lega Nord sceglie Palazzo della Ragione, la sede duecentesca del consiglio della città libero Comune, dove si governava e si amministrava la giustizia, per festeggiare il primo pezzo di federalismo raggiunto. E gonfia il petto. Di fronte al ministro dell'Interno Maroni, leghista "storico".  L'ospite a sorpresa che ha invitato a festeggiare «ma con moderazione», perché «il percorso è ancora lungo». Dunque, non poteva che essere Davide Boni, primo e finora unico presidente leghista a palazzo di Bagno, a sollecitare l'orgoglio "lumbard". «Spero - dice tra gli applausi - di venire a salutare presto un altro presidente leghista in Provincia. Non me ne vogliano gli alleati del Pdl». Ricorda che Mantova fu la sede del primo parlamento della Padania e che qui «vi furono i sindaci e il presidente della Provincia più giovani d'Italia». Ebbene, «è tornato quel momento» avverte Boni rivendicando il candidato presidente «perchè - ricorda al Pdl - noi siamo sempre stati alleati fedeli e mai ci siamo tirati indietro». La campagna elettorale è lanciata; accanto c'è il deputato Gianni Fava, il candidato in pectore: «Sono un uomo di partito - si schermisce - e se la Lega decide di candidarmi, sono pronto»: l'applauso del popolo leghista è eloquente, tanto che Fava si spinge in un attacco al suo probabile avversario di centrosinistra, Pastacci (pur senza nominarlo): «La prima cosa che ha detto è che i partiti fanno schifo; noi, invece, crediamo che non tutti i partiti siano uguali». Quanto al federalismo, «il miracolo è già avvenuto: qui c'è tanta gente che ha storie e appartenenze diverse e festeggia un evento sociale, non istituzionale, che cambierà la nostra storia. L'altro miracolo sarebbe avere una nuova amministrazione provinciale che faccia ritornare Mantova in Lombardia». E sul fronte alleato? Le tensioni tra Lega e Pdl in Comune sul Centro Te, per una sera sembrano lontane: il sindaco Sodano («federalista da sempre» si definisce) invita a stare uniti: «La Lega ha portato avanti il federalismo grazie ad un'alleanza strategica che ci garantisce un futuro di speranza». E ammonisce: «Quando Pdl e Lega litigano, il nostro elettorato è sconcertato». All'assessore regionale nonchè coordinatore provinciale del Pdl, Carlo Maccari, tocca tenere insieme federalismo e amor di patria: «Non sono in contraddizione perché col federalismo ci sarà più giustizia per tutti. E la sussidiarietà è lo strumento con cui il federalismo farà muovere tutto il paese alla stessa velocità». E a Maroni: «Grazie ministro, per i risultati ottenuti nella lotta alla malavita organizzata». Il consigliere regionale leghista Bottari veste i panni del "duro e puro" quando insiste sulla «grande conquista ottenuta in Regione, e cioè la bandiera e la festa della Lombardia, la nostra identità».
Cuneo. A Fossano due nuove associazioni per i giovani: “Crescendo” e “Shamrock”. La prima di adulti, la seconda di giovani per cambiare la città che non è un paese per giovani. Pienone, venerdì sera, nella sala del “caffè Roma” dove si è volta la serata di presentazione “Vado via perché… resto perché…” in cui, oltre a far conoscere le varie iniziative degli educatori di strada di “Street life”, sono state presentare le due nuove associazioni che vogliono cambiare il volto della città. Fossano non è sicuramente un paese per giovani: la movida è inesistente e i giovani, appena possono, cercano di “migrare" nelle città vicine per trovare locali e opportunità di divertimento. Presenti alla serata, oltre al sindaco di Fossano Francesco Balocco, l’assessore alle politiche giovanili Maurizio Bergia, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano Antonio Miglio e il sindaco di Novellara (la città del gruppo musicali i “Nomadi”) Roul Daoli, appena quarantenne. Gli educatori di Strada hanno presentato le varie attività organizzate e messe in campo per “agganciare” i giovani e prevenire il disagio giovanile. I maggiori punti di incontro sono le scuole e le associazioni sportive.
In questi 3 anni hanno contattato centinaia di ragazzi delle medie e delle superiori con l’obiettivo di far emergere i loro sogni, i loro desideri e, soprattutto capire quali siano le loro modalità di vita, di divertimento, quali i loro bisogni. "Abbiamo progettato e fatto insieme ai ragazzi dei filmati- ha sottolineato Alberto Isaia, educatore di strada di  “Street life”-. Uno dei progetti che ha avuto molta partecipazione da parte dei ragazzi è stato “A tuo rischio e piacere”, l’abbinamento stretto tra il piacere del rischio e il rischio come divertimento”.
E’ stata presentata anche la neonata associazione di genitori "Crescendo” che ha lo scopo di aiutare i giovani e gli adolescenti a diventare adulti. “Bisogna intervenire su ciò che c’è già- ha evidenziato Paolo Giraudo uno dei genitori fondatori- e lavorare per costruire nuove opportunità. Dobbiamo anche riuscire a reperire fondi, magari dagli imprenditori fossanesi. E’ giusto investire nella conservazione delle opere’arte cittadine, ma è altrettanto importante fare qualcosa per i giovani di oggi”. Molto semplice, ma d’effetto, la presentazione della nuova associazione “Shamrock”, formata da 4 giovani fossanesi dai 18 ai 20 anni che si propone di organizzare eventi a basso costo a Fossano. La loro presentazione è stata molto originale con delle frasi che motivavano il “vado via perché… a Fossano non c’è nulla peri giovani” alternate a “rimango  perché a Fossano ho gli amici e posso divertirmi senza dover per forza andare in altre città..”.
Il sindaco di Novellara ha portato la sua esperienza: “Per anni abbiamo fatto progetti con i giovani. Dalla radio, ai centri sportivi, a centri di aggregazione. Ci siamo però resi conto che la cosa importante per loro non è cedere il progetto realizzato, anche perché i tempi di realizzazione sono molto lunghi in Italia, ma avere delle progettualità”. Lo scopo egli educatori di strada, infatti, è quello di far emergere le esigenze dei ragazzi e coinvolgerli in modo attivo. Il progetto “Street life” è finanziato dal Consorzio Monviso Solidale. Gli educatori di strada hanno collaborato con la neonata associazione “Shamrock” a dicembre creando un evento gratuito al Foro Boario per i giovani finanziato, appunto, dal Consorzio Monviso Solidale.
I ragazzi di “Shamrock” possono essere contattati su facebook: ”associazione giovani Shamrock creatori di eventi”. Lanciano un appello per trovare altri coetanei che abbiano voglia di partecipare attivamente per cambiare il volto di Fossano. L’associazione di genitori “Crescendo” invita i genitori e gli adulti interessati a contattarli all’indirizzo mail: crescendo.fossano(at)gmail.com. Per i ragazzi che vogliono contattare gli educatori di strada di “Street-life” tel 347.3190679.
Venezia. Il federalismo? Lo paga il Comune. Arrivano le deleghe ma anche nuove tasse come l'addizionale Irpef. Il federalismo lo paga il Comune. Ca' Farsetti deve chiudere un bilancio che parte da un passivo di 50 milioni di euro. E per far quadrare i conti il Comune si prepara ad applicare aumenti e nuove tasse. Tagli della Legge Speciale e trasferimenti ridotti, tagli ai trasporti, alla sanità. Il piatto piange e la giunta introdurrà, per la prima volta, l'addizionale Irpef. Se ne parlerà di nuovo lunedì e poi il provvedimento, insieme a quello della tassa di soggiorno, dovrà essere approvato dal Consiglio comunale. L'addizionale dello 0,2 per mille applicata senza abbattimenti potrebbe portare nelle casse del Comune almeno 8 milioni di euro.  Tassa di soggiorno. La possibilità offerta ai Comuni di imporre autonomamente una tassa di soggiorno vede il favore della giunta, ma la contrarietà delle categorie economiche. Sistema tutto da studiare, che potrebbe prevedere una differenziazione di «ticket» a seconda della categoria di appartenenza della struttura ricettiva, da un minimo di un euro per bed and breakfast e pensioncine, a 5 euro per gli hotel di lusso. Ma le entrate dalla tassa di soggiorno non potranno arrivare prima di luglio. «Occorre aspettare», dicono alla Ragioneria, «i decreti almeno due tre mesi».  Bilancio. Intanto il bilancio di previsione - in assenza di proroghe - deve essere chiuso per legge entro il 31 marzo. Dei 50 milioni iniziali ne mancano ancora all'appello almeno una ventina.  Tia e canoni. Dagli aumenti della Tia il Comune conta di ricavare 20 milioni di euro. Aumentata anche la Cosap per gli spazi acquei, le teriffe per l'uso di sale comunali. Circa 12 milioni di euro sono stati recuperati da risparmi e tagli di spese ma anche dalla riduzione di contributi.  Investimenti. Ridotti drasticamente anche gli investimenti. «Quest'anno solo 25 milioni di euro», dice l'assessore al Bilancio Sandro Simionato, «negli anni scorsi ne facevamo anche 120». Alienazioni. Altri palazzi potrebbero aggiungersi quest'anno alla lunga lista di proprietà vendute dal Comune per fare cassa. Potrebbe toccare adesso scuola Poerio e all'area di Porto Cavergnago, in ballo anche dismissioni delle quote societarie.  Nuove tasse. E alla fine potrebbe non bastare. Se si riuscirà a raggiungere il pareggio anche per il bilancio 2011 grazie a qualche artificio e ad altre strette sui servizi, il problema si ripresenterà nel 2012. Ecco allora che dopo gli aumenti già attuati o in previsione (Actv, Tia, acqua, Cosap) si potrebbe far ricorso ai ticket. Sulle strutture ricettive (tassa di soggiorno) ma anche sui passeggeri di navi e aerei. E intanto all'Irpef. Il federalismo, per ora, lo pagano i cittadini. 
Padua. Zaia rifiuta la coccarda tricolore al Bo. Qui manca la bandiera del Veneto. PADOVA. Tutti con la coccarda al petto a cantare l'Inno di Mameli nell'aula magna del Bo, mentre gli studenti lanciano le scarpe contro il portone di bronzo e contestano il rettore Zaccaria, «chiuso nel suo bunker come Gheddafi».  Tutti tranne il governatore Luca Zaia, che fiero della sua pochette verde-padana in bella mostra dice: «Non porto la coccarda per rispetto dei professori che non la indossano».  Pietosa bugia. Perché se i simboli hanno la forza evocativa di suscitare emozioni, la coccarda tricolore è riuscita perfettamente nell'intento: stabilire il discrimine tra chi è orgoglioso di essere italiano e vuole festeggiare i 150 anni dell'Unità e chi invece preferisce recitare per ragioni di partito la parte del leghista padano-veneto che reclama federalismo e spera che il 17 marzo passi in fretta, per far calare il sipario sul Risorgimento.  Un copione già recitato da Bossi e Calderoli, cui il governatore Zaia è rimasto fedele interprete visto che al Quirinale da Napolitano il Veneto è stato rappresentato da Clodovaldo Ruffato.  E così al Bo, nessuno si è stupito quando Luca Zaia ha rifiutato la coccarda, che invece il sindaco Zanonato, il presidente del consiglio regionale Ruffato, la presidente della Provincia Degani e i parlamentari De Poli, Giaretta e Destro hanno indossato consapevoli che quel simbolo un valore ce l'ha. E' un «fiore» tricolore che rende omaggio ad una pagina di storia leggendaria del Bo: i moti dell'8 febbraio 1848 con l'assalto degli studenti e di 5 mila padovani alle truppe austriache.  Il rettore Giuseppe Zaccaria ha offerto una lettura complessa del Risorgimento, che «non è un reperto archeologico, ciarpame retorico di un romanticismo antiquato: pur sconfitta la stessa componente federalistica del Risorgimento, da Gioberti a Cattaneo, quella che voleva realizzare uno Stato su basi federali, rivendicava con forza un'italianità culturale risalente a Dante, Petrarca e Boccaccio».  Un rettore quasi emulo di Benigni, attento ad interpretare il sentimento dell'unità nazionale al punto da citare quattro volte il presidente Napolitano.  «A quest'importante ricorrenza l'ateneo si è preparato con profitto perché la nostra Università anticipò di un mese quella stagione di agitazioni che sfociò nella resurrezione in veste democratica della repubblica di San Marco a Venezia nel 1848. Padova è anche l'ateneo i cui studenti andarono a morire per l'Italia nei campi di battaglia di Curtatone e Montanara, a San Martino e Solferino, sacrificando la vita all'ideale di Patria che doveva essere liberata dal dispotismo straniero. Siamo l'ateneo di Ippolito Nievo, vice intendente generale dell'esercito garibaldino, che vide 61 dei suoi studenti con i Mille a Marsala».  Poi un rapido excursus di nomi stampati sui libri: la facoltà di Giurisprudenza ha dato allo Stato unitario ministri e alti dirigenti come Angelo Messedaglia, Luigi Luzzati, Emilio Morpurgo, Carlo Francesco Ferraris e nel Novecento personalità come Giuseppe Bettiol, Luigi Carraro. Il Bo, con Marchesi, Bobbio, Meneghetti e Opocher divenne il centro animatore della Resistenza in Veneto e con i suoi 116 caduti meritò la medaglia d'oro. E prima ancora con Silvio Trentin inventò un'altra idea di Italia federalista. La storia non si cancella, anche se in troppi tentano di riscriverla.  Questo difetto Luca Zaia non ce l'ha perché, dopo aver rifiutato la coccarda tricolore, ha detto apertis verbis che lui non vede l'ora che passi il 17 marzo perché questa voglia di festeggiare gli sembra assurda: l'Italia è come l'orchestra del Titanic, la nave affonda ma si continua a suonare. Quanto al Risorgimento il governatore è convinto che il federalismo sia la conclusione della terza fase dell'unità, quella auspicata da don Luigi Sturzo e Luigi Einaudi. «48 ore fa è iniziata la stagione delle riforme e il federalismo municipale rappresenta il primo passo per ridurre gli sprechi nazionali. Il Veneto consegna all'Italia un assegno da 17,5 miliardi l'anno come gettito fiscale per la sussidiarietà, con questi soldi possiamo finanziare le università».  Ma in cima alle priorità Luca Zaia non mette ricerca, innovazione, cultura e sapere ma la lotta alla disoccupazione. In Veneto ci sono 75 mila giovani senza lavoro e 400 operai rischiano il posto alla Elettrolux e Vilnys, mentre il bilancio della Regione è sceso da 2,2 a 1,3 miliardi: insomma, soldi non ce ne sono.  Poi si toglie un paio di sassolini dalle scarpe: negli atenei la parentopoli dilaga e il Bo non ha valorizzato a sufficienza il padre nobile della riforma, il supertecnico di costi standard, tasse di scopo, addizionali Irpef e tasse di soggiorno. «Sono orgoglioso che il vero dominus del federalismo fiscale sia il professor Luca Antonini, docente a Padova».  L'ultimo richiamo alla bandiera. Non certo al tricolore, ma a quella del Veneto, che ha 1100 anni di storia. Al Bo non sventola, dice Zaia deluso. Chissà se il 17 marzo il leon di San Marco ruggirà di dolore stordito dalle note dell'Inno di Mameli.
Padua. Gentilini sornione incanta i leghisti di Noventa. E tira le orecchie ai parlamentari: «Basta abbacchio e pennichelle, non dovete più ingrassare». NOVENTA PADOVANA. Non poteva mancare un riferimento a Berlusconi, l'altra sera da parte di Giancarlo Gentilini, giunto Noventa per presentare il libro «Gentilini, il sindaco sceriffo» e, assieme, i militanti che hanno dato vita alla nuova sezione locale della Lega Nord. L'occasione si è presentata quando il prosindaco di Treviso ha affrontato l'argomento case di tolleranza.  «Bisogna eliminare i bordelli dalle strade - ha tuonato Gentilini - la donna è arbitro del proprio corpo. Se vuole fare quella vita la fa, ma regolata dalle leggi. Là circola un fiume di denaro e il 50 per cento deve andare allo Stato». E Berlusconi? «La prima escort è stata Eva - ha aggiunto sornione - se la conosceva Berlusconi sarebbe stata l'Eva di Berlusca».  Sempre in tema di donne, Gentilini ha bollato il burqa, «che considera le donne serve e schiave». Ma subito dopo ha ricordato quando Melita si era fatta autografare attorno all'ombelico ed esclamato: «Non mi lavo più».  La sala, gremita di esponenti politici e simpatizzanti del Carroccio, ha accolto con applausi e risate aneddoti e battute dello «sceriffo» trevigiano. Gentilini ha ripercorso la sua esistenza passando da periodo in collegio, vissuto assieme a Giampaolo Gobbo, ai 20 mesi di naja fra gli alpini, dai 40 anni di lavoro in Cassamarca fino al suo ingresso in politica, 17 anni fa. «Tre giorni dopo che ero andato in pensione Gobbo venne a riscuotere: voleva che diventassi sindaco. Gli ho detto no. Ma il giorno successivo si presentò con una stangona coscialunga e capitolai. La carne è debole». Così cominciò l'avventura politica del portabandiera della tolleranza zero.  Non sono mancate da parte dello «sceriffo» bacchettate agli amministratori disonesti e ai parlamentari, anche leghisti: «Non tollero che si tocchi il denaro dato al Comune perché viene estorto dai taccuini dei cittadini. Il sindaco deve essere l'esempio di onestà e rettitudine. E a Roma basta abbacchio e pennichelle, dovete dimagrire e non ingrassare».
Ferrara. Ma che caos sul fotovoltaico». Merli (Cna): gli incentivi fanno lavorare 750 imprese ferraresi. La Cna è molto preoccupata per il travagliato iter e per gli effetti del decreto legislativo sulle fonti rinnovabili approvato dal consiglio dei ministri, prima con l'istituzione di un tetto di potenza incentivabile di 8.000 megawatt, oltre il quale non sarebbe stato possibile usufruire degli incentivi, attualmente sostituito dalla introduzione di una scadenza al 30 maggio per le nuove domande di incentivazione.  Gli impianti collegati in rete dopo tale data saranno soggetti a una nuova formulazione del Conto Energia che il Ministero dovrà emanare entro il 30 aprile.  «Di fatto è un blocco degli incentivi a partire da giugno - sottolinea il direttore provinciale della Cna, Corradino Merli - Tale scelta danneggia in modo rilevante una filiera economica e di imprese, che proprio grazie alla leva del fotovoltaico e agli incentivi, aveva potuto mantenere un interessante volume d affari, in un contesto economico generale di disagio e di calo della domanda».  Nella nostra provincia - spiega Merli - sono circa 750 le imprese abilitate alla installazione degli impianti fotovoltaici, cui si aggiungono decine di studi professionali che si occupano della gestione documentale e burocratica delle richieste di contributo. Più in generale, la materia investe indirettamente lo stesso mondo dell'edilizia, vale a dire oltre 2300 imprese, solo per quanto le associate a Cna. «Risultano incomprensibili le ragioni di questo atteggiamento punitivo, soprattutto considerando che, a fronte di una spesa assai limitata da parte dello Stato, tali contributi generano una mole imponente di attività e di lavoro a cascata. Questo clima di grave incertezza e confusione non aiuta né la ripresa dell economia, né la tutela dell ambiente e il raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico, fissati a livello internazionale per il nostro Paese».  Nella sola nostra provincia gli impianti installati grazie al Conto Energia sono stati 1.146, pari ad una potenza complessiva di 26.641 Kw, ma il numero di domande, preventivi e richieste in corso d opera ha già assunto dimensioni pari agli impianti già realizzati.  «In questi giorni cittadini e imprenditori stanno telefonando in grande numero alla Cna per chiedere informazioni e protestare contro questo blocco degli incentivi, che paralizza progetti e iniziative già messi in cantiere. L introduzione della scadenza del 30 maggio, in sostituzione del precedente tetto degli 8000 Mw - precisa Merli - si presenta, nella pratica, comunque come una paralisi di fatto degli incentivi, tenuto conto delle stesse procedure inserite nel terzo Conto Energia. Ad oggi, i tempi degli iter di valutazione burocratica delle richieste viaggiano dai 30 ai 90 giorni, non esistono, quindi, i tempi tecnici necessari per l'accoglimento di nuove domande».  Per Merli siamo davanti a «un pasticcio tanto più incomprensibile se si pensa che il governo ha emanato il terzo Conto Energia appena lo scorso mese di gennaio e destinato a produrre una ondata di conseguenze pesanti, sia di carattere produttivo che occupazionale su un comparto, come quello dell'edilizia, che gli incentivi sul risparmio energetico e le detrazioni del 55% avevano contribuito a mantenere in attività, nonostante il ciclo negativo dell'ultimo anno. Anche in quest'ultimo caso, dopo estenuanti altalene legislative, che hanno prodotto un ulteriore indebolimento della domanda, producendo confusione ed elementi di incertezza nelle politiche di investimento delle imprese e dei cittadini».  Per il direttore di Cna «è indispensabile che l'attuale sistema di incentivi resti in vigore per i 14 mesi previsti dall'attuale decreto e che la nuova riformulazione non sia penalizzante per gli investimenti in corso»
 

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