venerdì 22 aprile 2011

Federali-Mattino. 23 aprile 2011. Bozen - Più che celebrare il 25 aprile, la presenza degli Alpini assieme agli Schuetzen, sancisce il festival del paradosso e, mi sia consentito, del più nauseabondo senso dell'ipocrisia politica, conclude Seppi.----Bozen - Dopo mesi di polemiche sulle indicazioni solo in tedesco lungo i sentieri di montagna e l'istituzione di una commissione paritetica che ha individuato 1.500 nomi contesi, ora l'ipotesi è di sostituire alle parole malga, ruscello, cima, lago, sentiero altrettanti simboli.----Immigrati - La Gran Bretagna è in cima alla lista perché abbiamo uno dei più generosi sistemi di welfare al mondo e siamo famosi per avere il cuore tenero, ha detto Gerard Batten.---- Brescia - Una banca marocchina sbarca in città.

Forza Oltrepadani:
Londra. La Gran Bretagna sbarra le porte ai migranti dall'Africa
Brescia. Una banca marocchina sbarca in città
Immigrati scaricati a Ferrandina come bestie
Verona. Scola: «Immigrazione? Gestita un po' a zig zag»
Verona. I tunisini subito a caccia di un lavoro

Luis, non sara' un tedesco tarocco?:
Bozen. Schuetzen e alpini? Come diavolo e acqua santa
Bozen. Alto Adige: cartelli bilingui sui sentieri, la Provincia propone i pittogrammi
Bozen. Toponomastica: cartelli bilingui sui sentieri, la storia


Londra. La Gran Bretagna sbarra le porte ai migranti dall'Africa: il ministro dell'Interno Theresa May ha detto al Daily Telegraph che il Regno Unito non accoglierà nessuno dei tunisini e di altri immigranti in fuga dai loro paesi.
La May ha detto che la Gran Bretagna non è pronta a unirsi a alcun piano di «condivisione del peso» dei migranti che molti membri del Parlamento temono intenzionati a puntare verso le sue coste.
«La Gran Bretagna è in cima alla lista perché abbiamo uno dei più generosi sistemi di welfare al mondo e siamo famosi per avere il cuore tenero», ha detto Gerard Batten, membro libertario della Camera dei Comuni mentre il suo collega Tory Richard Asworth che rappresenta la «porta di ingresso» di Calais ha invitato le autorità britanniche ad «alzare la vigilanza».

Brescia. Una banca marocchina sbarca in città
L'ingresso della filiale della banca marocchina in via Milano - Ore: 18:06
venerdì, 22 aprile 2011
Una banca marocchina arriva a Brescia. Con l’inaugurazione della filiale cittadina, in via Milano, dell’Attijariwafa Bank, la nostra città ha aperto una finestra sul Marocco.
L’ambasciatore marocchino in Italia, Abo Ayoub, e il console El Kadiri hanno tagliato il nastro assieme ai vertici francesi e italiani della banca. In realtà, il responsabile dello
 sportello, Mourad Karmoui, lavora in via Milano già da febbraio, con i due collaboratori, Ismail Boujaafar e Chafai Hanane. In questi mesi, la succursale ha offerto soltanto servizi finanziari, come prestiti per l’acquisto di case in Marocco o trasferimenti di denaro, ma da maggio inizierà l’attività vera e propria di sportello bancario.
La banca ha altre quattro filiali a Milano, Torino, Bologna e Padova. Attijariwafa Bank è il primo istituto di credito in Marocco e il settimo del continente africano. In Europa è presente con 50 sportelli, 25 dei quali nella sola Francia.

Immigrati scaricati a Ferrandina come bestie
Ferrandina, i profughi usciti dal campo di Taranto vengono espulsi perché senza biglietto. Restano al freddo a dormire. Li rifocilla come può chi lavora in stazione
22/04/2011  FERRANDINA – Vengono scaricati come bestie, senza alcuna sensibilità, con in tasca solo un permesso di soggiorno temporaneo e addosso gli abiti malconci con cui sono arrivati in Italia a bordo di un barcone. Non c’è distinzione tra profughi, ovvero richiedenti asilo politico in fuga dall’oppressione dei loro Paesi, e clandestini, cioè gente che lascia la propria Nazione in cerca di fortuna. Così, dopo averli ammassati nel campo di Massafra (Ta), li hanno lasciati liberi di circolare; peccato che viaggino senza soldi, quindi senza poter acquistare il biglietto. Il treno per loro, si trasforma presto in una trappola, che li sputa via alla prima occasione e ad ogni ora del giorno e della notte, senza verificare che alla fermata ci sia una minima possibilità di accoglienza e ristoro. Accade da circa dieci giorni alla stazione ferroviaria di Ferrandina, dove con frequenza di 4-5 al giorno vengono puntualmente scaricati dai treni giovani tra i 20 e i 40 anni, spesso di nazionalità afgana, ma anche tunisini. Sono senza “titolo di viaggio” e non possono proseguire. A cacciarli sono i controllori delle Ferrovie dello Stato, ma secondo la testimonianza di qualcuno di loro che si avventura in un italiano comprensibile, anche gli agenti della Polfer. Per la maggior parte viaggiano sull’Intercity Taranto-Roma, cercando fortuna nella Capitale, o più spesso uno snodo per altre destinazioni del centro Europa. Ma il loro peregrinare si ferma in una stazione ferroviaria tenuta in vita dai giovani del bar “Bascalo”, che in più di un’occasione hanno aiutato questi ragazzi a riprendere il loro viaggio della speranza. Il problema si ripropone, però, la sera, quando il bar chiude, ma gli “scarichi” vanno avanti. «E’ accaduto la notte scorsa – spiega Giovanni Aliuzzi del Bascalo - quando un 21enne afgano, che ha perso in un agguato i genitori e il fratello, è stato abbandonato nella stazione di Ferrandina, senza remore. Lo abbiamo trovato alla riapertura, affamato e semiassiderato, con addosso una maglietta a maniche corte. Si era rifugiato per dormire in un angolo della stazione. Noi lo abbiamo rifocillato e rivestito con abiti che avevamo messo da parte per la parrocchia; poi una signora gli ha regalato 10 euro. Poi lo abbiamo fatto risalire sull’Intercity delle 8.45 per Roma, ma abbiamo dovuto constatare con enorme dispiacere che dallo stesso treno scendeva un altro giovane tunisino, cacciato perché non aveva il biglietto». E’ una vera e subdola emergenza, quella che si sta vivendo allo scalo di Ferrandina, lontano da ogni centro abitato e oggettivamente inadeguato a far fronte a questi arrivi. Senza trascurare il pericolo reale, che qualcuno di questi disperati si avventuri, anche di notte, sulla vicina superstrada Basentana, con conseguenze prevedibili. «Siamo, purtroppo, abituati a queste situazioni – racconta ancora Aliuzzi - ma ultimamente la frequenza degli arrivi è cresciuta. Spesso sono disperati, che compiono azioni disperate, come l’egiziano che l’anno scorso ci ha rotto una vetrina perché aveva fame. Questa situazione non può essere tollerabile, a noi dispiace per queste persone abbandonate al loro destino; tanto più perché alla stazione di Ferrandina non c’è neppure un presidio di Polizia. Qualcuno deve fare qualcosa, anche perché molti di loro viaggiano senza una precisa meta, sono letteralmente in cerca di fortuna e molto giovani». Una situazione intollerabile per un Paese che si definisce tra i più civili del mondo. Allora, ci chiediamo, perché questi giovani vengono abbandonati a Manduria senza alcuna garanzia sul loro destino? Come può il controllore di un treno abbandonare di notte un ragazzo di 21 anni in una stazione che sa essere disabilitata? Se è vero, come ha raccontato il profugo tunisino al gestore del Bascalo, che è stato allontanato dal treno da personale della Polfer, chi ha autorizzato gli agenti a tenere questo comportamento? Domande per ora senza risposta, ma così non si può continuare.
Antonio Corrado

Verona. Scola: «Immigrazione? Gestita un po' a zig zag»
Il Patriarca di Venezia: «Si è andati a tentoni. La caduta dei muri ha fatto venir fuori l’infiacchimento dei cattolici nordestini»
VENEZIA - Per il cardinal Angelo Scola l’emergenza immigrazione è stata gestita «un po' a zig zag», ma il Patriarca di Venezia non dà un giudizio negativo sul «cammino fatto» davanti «all’immane fatica» di far fronte agli sbarchi dei profughi nordafricani sulle coste italiane. «Si è andati un po' a zig zag e a tentoni - ha sottolineato il Patriarca incontrando i giornalisti in vista della prossima visita del Papa Benedetto XVI a Venezia e nel Nordest -, ma la via di uscita la si sta trovando». «Quello che sta avvenendo è solo un anticipo di ciò che succederà», ha avvertito il cardinal Scola, per il quale «Prefetture e Questure hanno lavorato molto bene».
Secondo il cardinale dai Paesi sub-sahariani arriveranno «milioni di ragazzi che vivono con 300 euro all’anno, contro i 300 al mese degli immigrati tunisini, libici o egiziani» . Quindi le modalità con cui vengono gestite le conseguenze dei sommovimenti che stanno coinvolgendo l’Africa non può essere giudicato con «il difetto dell’intellettualismo tipico di noi europei e italiani». Di fronte a un fenomeno di questo tipo, bisogna per Scola «coniugare l’apertura e l’accoglienza con modalità realistiche e senza scandalizzarsi delle paure, che vanno interpretate e governate». «La caduta dei muri - ha concluso - ha fatto venir fuori l’infiacchimento dei cattolici nordestini, ma sarà il Nordest del futuro che dovrà farsi carico della nuova situazione a partire dai fenomeni di meticciato». Un nuovo Nordest «più largo», esteso a Paesi come Croazia, Slovenia e Baviera, che secondo il card.Scola «deve stimolare questa Europa stanca e divisa a farsi carico di una politica economica per l’Africa a beneficio degli africani con un "Piano Marshall"». (Ansa)

Verona. I tunisini subito a caccia di un lavoro
 PIANETA PROFUGHI. Impressioni, attese e sogni dei migranti con permesso di soggiorno provvisorio ora accolti nella locanda del Samaritano gestita dalla Caritas
 Ma l'accoglienza è tiepida: «Alcuni veronesi ci guardano storto anche se siamo regolari». I familiari? «Chiamano tre volte al giorno»
22/04/2011
Un'accoglienza tiepida, quella riservata da Verona ai tunisini arrivati nei giorni scorsi all'ostello «Il Samaritano» della Caritas. Non profughi di guerra, ma immigrati «per motivi umanitari», come si legge sui permessi di soggiorno temporaneo, che portano sempre con sé. Loro non si lamentano, cercano di sminuire, continuando a ringraziare gli operatori del centro, che da sabato scorso si stanno facendo in quattro per aiutarli.
Sono arrivati in 26, ma già quattro di loro hanno lasciato la città, senza comunicare però la propria destinazione. Gli altri stanno cercando di prendere confidenza con Verona: la mattina, dopo la colazione in ostello, vanno in giro, studiano com'è organizzata la città, fanno sosta nei parchi. Qualcuno ha già iniziato a cercare lavoro, con scarsi risultati.
«Siamo andati a vedere se c'era bisogno di persone che aiutassero nei campi», racconta Ezzeddine, 23 anni, «ma dicono tutti di no, sembra quasi che non si fidino del permesso di soggiorno che abbiamo, non c'è chiarezza sul fatto che sia rinnovabile». Ezzedine è partito dalla Tunisia di nascosto, senza dirlo alla sua famiglia, perché era certo che sarebbero stati tutti contrari. «Ho chiamato i miei genitori solo quando sono arrivato a Lampedusa», conclude, «erano arrabbiati ma anche sollevati per il fatto che il viaggio era andato bene: da allora mi telefonano almeno tre volte al giorno per sapere come va».
La maggior parte dei familiari non ha visto di buon occhio la partenza di questi ragazzi, ma loro non si sono lasciati fermare e hanno proseguito per la loro strada, alla ricerca di un futuro migliore: una strada che li avrebbe condotti prima a Lampedusa, poi a Manduria e infine a Verona. Le parole dei genitori, però, le hanno bene impresse nella mente. Come Jaafer, 21 anni. «Ho sempre fatto di tutto (imbianchino, cameriere, muratore) e anche adesso sarei disposto a fare qualsiasi cosa pur di lavorare, basta che sia un impiego onesto», parte con le più buone intenzioni Jaafer, «non voglio avere nulla a che fare con la droga o altro, la mia famiglia mi ha detto: "O trovi un lavoro serio o torni a casa". E io così farò».
Yassin, 25 anni, che per questo viaggio ha pagato 1.200 euro, è musulmano praticante ed è già stato a pregare nella moschea di via Bencivenga Biondani. Dice di essersi fatto una prima idea di Verona. «È una bella città, ma turistica, credo sarà difficile riuscire a trovare lavoro, anche perché al momento abbiamo il grande limite della lingua, facciamo fatica a spiegarci», racconta Yassin, «spero di riuscire al più presto ad andare in Francia, sto aspettando che la situazione si sblocchi».
E proprio per aiutarli nell'apprendimento della lingua italiana, il «Samaritano» ha organizzato dei corsi di alfabetizzazione, che i giovani tunisini possono frequentare ogni pomeriggio alle 16.
L'incapacità di comunicare li limita anche nei rapporti con la gente che incontrano per la città. «Quando la mattina camminiamo in centro incontriamo persone di Verona ma non riusciamo a parlare con loro», spiega Abdelmajid, 20 anni, «alcuni sono un po' diffidenti, ci guardano storto, si allontanano, altri invece sono disponibili e hanno un atteggiamento più ben disposto, non si può generalizzare». Alcuni di loro sono già finiti nel mirino della polizia, che li ha sottoposti a normali controlli di routine. «Eravamo in stazione, stavamo camminando, quando sono arrivati degli agenti e ci hanno fermato», racconta Achraf, 21 anni, «ci hanno chiesto di mostrare loro il permesso di soggiorno, ma poi ci hanno lasciato andare senza problemi». Quand'era in Tunisia, Achraf aveva incontrato un po' di amici appena rientrati dall'Italia. «Nessuno spiega che anche qui c'è crisi, che è difficile trovare lavoro», conclude il ragazzo, «mi dicevano che si stava bene, che si guadagnava facilmente ed è per questo che ho deciso di venire qui. Speriamo non sia stata un'illusione».
 Manuela Trevisani

Bozen. Schuetzen e alpini? Come diavolo e acqua santa
22/04/2011 11:08
BOLZANO - «Gli Schuetzen assieme agli alpini: è come invitare il demonio a fare bagno con l'acqua santa». È questo il commento del consigliere provinciale di Unitalia, Donato Seppi, in merito alle celebrazione per il 25 aprile.
«È assolutamente incredibile - afferma - prevedere una cerimonia ufficiale per celebrare il 25 aprile, organizzata dal Comune di Bolzano, sempre splendido esempio di incapacità politica e organizzativa, in cui compaiano schierati gli alpini e gli Schuetzen in un luogo che, per chiamarlo piazza, impone uno sforzo di fantasia urbanistica mostruoso».

Secondo Seppi, sarebbe assolutamente diverso e degno davvero di nota se, assieme a membri dell'esercito italiano, si schierassero militi verì di altri eserciti e non pantomine in ridicole divise, armate con schioppetti a tappi di sughero.

«Più che celebrare il 25 aprile, la presenza degli Alpini assieme agli Schuetzen, sancisce il festival del paradosso e, mi sia consentito, del più nauseabondo senso dell'ipocrisia politica», conclude Seppi.

Bozen. Alto Adige: cartelli bilingui sui sentieri, la Provincia propone i pittogrammi
Dopo mesi di polemiche sulle indicazioni solo in tedesco lungo i sentieri di montagna e l'istituzione di una commissione paritetica che ha individuato 1.500 nomi contesi, ora l'ipotesi è di sostituire alle parole malga, ruscello, cima, lago, sentiero altrettanti simboli
BOLZANO. Lungo i sentieri di montagna in Alto Adige l'escursionista potrebbe trovare in futuro cartelli con pittogrammi al posto delle denominazioni in tedesco e in italiano sulle quali si dibatte da anni (FOTO). Introducendo simboli per termini come malga, lago e vetta il nodo della denominazione bilingue dovrebbe sciogliersi almeno in parte. Questa almeno è la proposta che la Provincia autonoma di Bolzano farà al governo.

 Nel frattempo proseguono con massima riservatezza le trattative tra il governatore Luis Durnwalder e il ministro Raffaele Fitto sulla base dell'accordo siglato fra governo e Provincia, che ha portato all'individuazione di 1.500 denominazioni contese. Per il Cai invece i nomi bilingui dovrebbero essere oltre 2.500 - (SCHEDA).

 La scorsa estate, dopo un'aspra polemica tra Bolzano e Roma sulla segnaletica di montagna solo in tedesco, Fitto e Durnwalder avevano raggiunto un'intesa che prevedeva, tra l'altro, l'istituzione di una commissione paritetica di quattro saggi, che ora ha concluso i suoi lavori con un documento condiviso.

 Il risultato sembra però non convincere del tutto. Durante una due giorni a porte chiuse la giunta altoatesina ha discusso a lungo il tema. Durnwalder proseguirà le trattative e gli assessori si sono impegnati al massimo riserbo, per evitare fughe di notizie.

 L'eventuale accordo sarà comunque sottoposto al consiglio dei ministri e alla giunta, ha annunciato Durnwalder. Il suo vice Christian Tommasini (Pd) ha ribadito che ''tutti cercheranno una soluzione condivisa''. Non a caso la giunta ha anche deciso di ''adeguarsi agli standard europei'', introducendo un modello unico per la segnaletica di montagna (cartelli in alluminio con fondo giallo e scritta nera).

 In più il numero dei cartelli dovrebbe essere ridotto del 30%. Per la segnaletica in futuro si vuole puntare soprattutto sui numeri dei sentieri e sui pittogrammi, riducendo in questo mondo notevolmente il numero di toponimi da indicare in due lingue, italiano e tedesco.

 Sulla vicenda nei mesi scorsi è stata aperta anche un'inchiesta da parte della magistratura, per verificare il corretto utilizzo di finanziamenti pubblici all'Alpenverein (il Cai di lingua tedesca), incaricata dalla Provincia di rinnovare la segnaletica di montagna. Proprio la decisione dell'Alpenverein di installare numerosi cartelli con la sola denominazione tedesca _ secondo un rilevamento sono addirittura 34 mila in Alto Adige _ ha innescato la polemica tuttora aperta. 22 aprile 2011

Bozen. Toponomastica: cartelli bilingui sui sentieri, la storia

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