È Bolzano la capitale dei «super-mutui»
Stipendi: il 17% sotto i 1000 euro
È Bolzano la capitale dei «super-mutui»
Nicola Borzi – Il Sole 24 Ore
Da un lato Bolzano, Cremona, Trento, Sondrio e Verona. Dall'altro, il Medio Campidano, Brindisi, Taranto, Carbonia–Iglesias e Foggia. Un divario verticale tra province ricche del Centro-Nord, in grado di indebitarsi ben oltre la media nazionale, e quelle povere delle Isole e del Sud.
All'apparenza, è assai tradizionale il quadro dell'analisi sull'importo medio del credito al dettaglio erogato nel 2010 di Crif Decision Solutions, società leader in Italia ed Europa nelle soluzioni a supporto del credito retail.
All'apparenza, appunto: perché il divario tra Centro-Nord e Sud resta enorme (la media dei mutui erogati nel 2010 a Bolzano è stata pari a due volte e mezzo quella elargita nel Medio Campidano), ma l'indebitamento cresce molto di più in alcune realtà isolane e meridionali. Nella provincia sarda dell'Ogliastra, pur restando sotto la media nazionale, i valori medi dei mutui sono cresciuti del 33,9%, segnando il record nazionale. Seguiti dal 22,1% di Olbia-Tempio Pausania e del 15% a Oristano e dintorni, in seconda e terza posizione. Dunque la "cultura del debito", considerata (non sempre a ragione) indice di modernità, si sta diffondendo – insieme ai rialzi dei prezzi immobiliari – anche nelle aree sinora marginali.
L'analisi di Crif mostra dinamiche diverse a seconda del tipo di contratto. I prestiti personali hanno segnato il passo (a livello nazionale si è segnato -0,9% su base annua per l'erogato medio, a fronte del +1,8% del 2009 sul 2008), con un calo molto rilevante di quelli finalizzati (-13,7% dopo il -10,1 del 2009), mentre hanno recuperato smalto i mutui, con un moderato aumento.
«Nel 2010 si è assistito a una limitata ripresa dell'economia, ma resta forte l'incertezza sui tempi di un effettivo recupero delle posizioni pre-crisi», spiega Daniela Bastianelli, senior analyst di Crif Decision Solutions -. I mutui hanno ripreso vigore sia per le nuove erogazioni che per sostituzioni e surroghe di vecchi contratti, grazie ai decreti Bersani che hanno permesso alla clientela una migliore gestione dei propri impegni». Un impatto l'hanno avuto anche lo stallo del mercato immobiliare con il calo dei prezzi accompagnati con bassi tassi d'interesse. Male invece il credito al consumo, frenato dai consumi di beni durevoli che anche nel 2010 sono calati (-1,9% su base annua, addirittura -7,4% nell'ultimo trimestre) con il crollo delle immatricolazioni auto per il mancato rinnovo degli incentivi. «L'andamento ancora negativo – aggiunge Bastianelli – si spiega col fatto che il 2010 è stato un anno di debole ripresa economica, una disoccupazione particolarmente alta, oltre l'8% con punte vicino al 30% per i giovani, limitata dinamica dei redditi».
Proprio la maggiore prudenza degli intermediari ha impedito che in Italia esplodesse, come all'estero, il rischio nel credito alle famiglie, anche se nel biennio 2008-09 gli indicatori sono cresciuti in modo notevole. Le famiglie italiane sono meno indebitate della media europea, con un rapporto rispetto al reddito disponibile che nel primo semestre 2010 era del 65%, contro il 97% a marzo 2010 per la media dell'area Euro e il 155% Del Regno Unito nel 2009.
I consumatori, più consapevoli e maturi nell'"acquistare" credito, e la nuova normativa Ue sul credito al consumo si focalizzano sulla sostenibilità del debito per le famiglie e reso il "responsible lending" (affidamento responsabile) argomento caldo per le aziende di credito. Sono stati messi a punto avanzati modelli di sostenibilità che considerano, ad esempio, gli oneri passati e prospettici, la volatilità del risparmio, i consumi familiari, il rischio di credito, l'evoluzione del debito complessivo dei richiedenti. Questo approccio consentirà agli istituti di credito di offrire ai clienti una consulenza ad hoc sui bisogni finanziari, in linea con quanto richiesto dalla nuova Direttiva Ue per coniugare esigenze del consumatore e offerta creditizia, in un'ottica di equilibrata gestione del credito.
Stipendi: il 17% sotto i 1000 euro
Il 17% dei lavoratori dipendenti guadagna meno di mille euro netti mensili e che quasi il 60% non arriva ai 1.400 euro al mese
di Mirco Marchiodi
BOLZANO. Dopo l'allarme lanciato dalla Camera di commercio («la ripresa economica non è stabile, visto che a fronte di un aumento del clima di fiducia delle imprese è diminuito per la seconda volta consecutiva quello dei consumatori», ha affermato il presidente Michl Ebner commentando l'ultima rilevazione fatta dall'Ire) e dopo il botta e risposta tra imprese e sindacati sulle politiche di welfare, la Cisl anticipa alcuni dei dati contenuti nell'indagine sui lavoratori dipendenti dell'Istituto per la promozione dei lavoratori che sarà presentata a breve. Dati da cui emerge che il 17% dei lavoratori dipendenti guadagna meno di mille euro netti mensili e che quasi il 60% non arriva ai 1.400 euro al mese.
LA RILEVAZIONE. Lo studio prende in considerazione i redditi mensili netti dei lavoratori dipendenti. Il 17% dei lavoratori non arriva a mille euro, il 19% ha una retribuzione netta tra i 1.000 e i 1.200 euro e il 23% tra i 1.200 e i 1.400 euro. Appena un quarto dei lavoratori dipendenti altoatesini ha stipendi netti mensili più alti: il 10% guadagna tra 1.600 e 1.800 euro, il 5% tra 1.800 e 2.000 euro e l'11% supera i 2.000 euro. Si tratta di statistiche relative ai soli lavoratori dipendenti, e non vengono quindi considerati, tra gli altri, i redditi di imprenditori, artigiani, pensionati o liberi professionisti.
CHI STA MEGLIO. Nello studio si prendono in considerazione anche le retribuzioni mensili nei settori del privato, riferite a lavoratori che hanno l'orario a tempo pieno. Dai primi dati emerge che chi sta meglio sono i dipendenti del settore banche e assicurazioni, dove gli stipendi netti mensili partono praticamente tutti da un minimo di almeno 1.200 euro e dove il 60% dei dipendenti guadagna più di 1.600 euro netti mensili. Bene anche i trasporti, settore nel quale la situazione è comunque più differenziata: a fronte di un 51% che supera i
1.600 euro netti mensili, c'è infatti un 12% che non arriva a percepire più di 1.200 euro.
E CHI STA PEGGIO. I settori che presentano il maggior numero di dipendenti con stipendi netti mensili inferiori ai 1.200 euro sono commercio, agricoltura e turismo. Non arrivano a questa cifra il 26% dei dipendenti del commercio, il 25% di quelli dell'agricoltura e il 23% di quelli del turismo. In questi settori è anche molto bassa l'incidenza di chi ha uno stipendio "pesante": le percentuali di chi guadagna oltre 1.600 netti mensili si aggirano attorno al 20% in tutti e tre i comparti, e questo dato vale anche per l'artigianato, dove però gli stipendi inferiori ai 1.200 euro netti si fermano al 19%. L'industria è il settore che dopo quello bancario presenta la minore percentuale di dipendenti sotto i 1.200 euro netti: solo il 9%. Lo stipendio medio comunque non è molto più alto di quello di altri settori, visto che il 43% dei lavoratori ha retribuzioni nette comprese tra 1.200 e 1.600 euro mensili. Sopra i 2.000 euro netti mensili il 16% dei dipendenti. C'è però un importante nota a margine, rileva la Cisl, ed è quella che riguarda la cassa integrazione: «Nel 2010 - sottolinea il segretario della Femca/Cisl Maurizio Albrigo - in certi mesi dell'anno abbiamo raggiunto anche una soglia di oltre diecimila lavoratori in cassa integrazione, per non parlare delle oltre duemila persone che nel corso dell'ultimo anno hanno perso l'occupazione. Non ci stiamo ad essere indicati come quelli che lanciano segnali di allarmismo - è la risposta al presidente di Assoimprenditori Stefan Pan -, semplicemente rileviamo una difficoltà oggettiva. Basti notare che, causa la crisi del lavoro, ci sono state 458 esecuzioni immobiliari perché i proprietari non riuscivano più a far fronte alla rata del mutuo e che nel 2010 sono aumentati del 20% gli inquilini che hanno pagato in ritardo o per nulla le spese condominiali fino al punto di far pignorare l'alloggio per rientrare con le spese».
Nessun commento:
Posta un commento