Le autostrade siciliane tornano allo Stato. Ma il Tar Sicilia annulla il provvedimento
La Lega ha ragione su Tav e Napoli
De Magistris se fosse ancora pm indagherebbe su se stesso
Il gesto simbolico di un Ticino stizzito
Le autostrade siciliane tornano allo Stato. Ma il Tar Sicilia annulla il provvedimento
Per il tribunale amministrativo i ministeri delle Infrastrutture e dell'Economia, non potevano decretare lo scioglimento del Consorzio
PALERMO - Si riaccende lo scontro tra Regione e Governo nazionale, dopo che il Tar della Sicilia ha dichiarato nullo il provvedimento adottato dai ministri Matteoli e Tremonti in forza del quale il Cas (Consorzio autostrade siciliane) veniva «sollevato» dalla gestione delle autostrade nell'isola. In pratica, il Tribunale amministrativo regionale ha confermato la posizione assunta dell'amministrazione regionale secondo cui il Governo Berlusconi, nella specie i ministeri delle Infrastrutture e dell'Economia, non poteva decretare lo scioglimento del Consorzio, annullare la concessione delle autostrade Messina-Catania, Messina-Palermo e Siracusa-Gela per gravi inadempienze, e trasferire proprietà e competenze all'Anas. Il dispositivo della sentenza cita che «la clausola di decadenza, prevista nella convenzione in questione, deve essere ritenuta nulla ai sensi dell'articolo 1419 del Codice civile e, conseguentemente, nulla la dichiarazione di decadenza adottata dall'Anas in applicazione della clausola contenuta nella convenzione e contestata dalla parte ricorrente».
In sostanza il Tar Sicilia ha dichiarato «l'illegittimità» del provvedimento di decadenza del Consorzio autostrade siciliane dalla gestione delle autostrade dell'isola, adottata dal Ministero delle Infrastrutture con il supporto tecnico dell'Anas. Il Tar ha, addirittura, dichiarato nulla la clausola di decadenza prevista nella convenzione, privando perciò il ministero e l'Anas del relativo potere. La rilevanza della censura mossa alla condotta di cui è stata vittima la Regione siciliana si è tradotta in un provvedimento di condanna al pagamento delle spese processuali nei confronti dell'Anas per un importo di 10 mila euro. La sentenza del Tar è adesso appellabile davanti al Cga, Consiglio di Giustizia amministrativa. «Malgrado questo risultato», dichiara l'assessore regionale alle Infrastrutture e alla Mobilità Pier Carmelo Russo, «ancora una volta è forte il richiamo a un condiviso senso di responsabilità e, pertanto, sollecitiamo a risolvere nelle sedi istituzionali, piuttosto che nelle aule giudiziarie, ogni eventuale controversia. Per questa ragione, il governo regionale ribadisce la necessità che ministero delle Infrastrutture, ministero dell'Economia e Anas, accolgano l'invito che da tempo ho loro rivolto per costituire un unico soggetto, unitamente alla Regione siciliana, che si occupi fattivamente della qualità della rete autostradale e, in questo modo, di tutti i cittadini dell'isola».
Soltanto un anno fa il presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo aveva definito quel provvedimento congiunto dei due ministeri «un atto illegittimo, privo di fondamento, un vero e proprio scippo fatto con grande destrezza ai danni della Sicilia e dei siciliani. Un atto portato avanti nonostante il governo regionale, sin dal suo insediamento, abbia assunto, tempestivamente, iniziative forti e incisive, impegnando cospicue risorse finanziarie del bilancio regionale per contrapporre, a ogni precedente attività, spesso rivolta all'occupazione di poltrone e allo sperpero di risorse pubbliche, un'azione costante di riqualificazione straordinaria del patrimonio autostradale siciliano». «Il ricorso al Tar è stato necessario», puntualizza il presidente della Lombardo , «per la mancanza di dialogo. Ora sappiamo di avere avuto ragione. È il momento di far prevalere il buonsenso, per gestire il patrimonio autostradale della Sicilia e dei siciliani. La cosa che ci preme maggiormente è esercitare il controllo e la vigilanza nell'interesse della nostra isola e del suo popolo. Si deve tornare al dialogo: per questo motivo ribadiamo la necessità che i ministeri delle Infrastrutture e dell'Economia e l'Anas, accolgano l'invito che da tempo abbiamo rivolto loro, per costituire un unico soggetto, unitamente alla Regione siciliana».
La Lega ha ragione su Tav e Napoli
Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua
Bossi urla tante sciocchezze, dal separatismo alle mani libere. Ma questa volta dobbiamo dargli ragione sui due eventi del giorno: Tav e Napoli.
Sulla prima, non è accettabile che un Governo degno di questo nome perda anni dietro a chi protesta, forse per giuste ragioni e forse per speculazioni di bassa lega. Le popolazioni locali della Val di Susa sono state ampiamente consultate. Nessuno può reclamare, avendo avuta l’opportunità di dire le proprie ragioni in maniera estesa ed abbondante.
Ma, alla fine, bisogna decidere. E la decisione spetta a chi ha le massime responsabilità istituzionali, in questo caso il Governo espresso da una maggioranza parlamentare solida. La costruzione della linea ferrata ad alta capacità è un interesse nazionale che prevale su qualsiasi altro interesse. Dunque, se c’è qualche gruppuscolo che intenda andare contro l’interesse nazionale, dev’essere emarginato, pur lasciandolo sfogare fino a che ne avrà voglia.
Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha giustamente inviato duemila uomini sul territorio per consentire l’apertura dei cantieri entro oggi. Come sempre, presa la decisione, tutto rientra nella normalità. La democrazia è consultazione e decisione. Le due attività sono complementari, non ci si può fermare solo a una delle due.
Un’altra volta ragione dobbiamo dare alla Lega quando si oppone a che i rifiuti della città di Napoli vengano sversati al di fuori del perimetro campano. è chiaro a tutti che il Dlgs 22/97 e successive modifiche vieta ad ogni Regione di portare all’esterno i propri rifiuti. Questo principio rientra in quello generale, detto di sussidarietà, previsto dall’articolo 118 della Costituzione, secondo il quale ogni Comune deve avere un’autonomia amministrativa, ogni Provincia migliora tale autonomia coordinando servizi di più Comuni, proprio perché non è un Ente territoriale. La Regione dà gli indirizzi perché tutti i propri Enti funzionino meglio.
L’intervento del Governo centrale dovrebbe esserci solo quando gli Enti locali non riescono a risolvere i propri problemi. Ma in questo caso, se proprio costretto, il Governo centrale deve intervenire con propri commissari ad acta, sostitutivi degli amministratori locali.
Delle due, l’una: o gli amministratori locali fanno il loro dovere, oppure dichiarano la loro impotenza o incapacità e se ne vanno a casa, consentendo ai dirigenti dello Stato di sostituirli. Ma non è accettabile che amministratori come Bassolino, Iervolino ed oggi De Magistris, dopo tante roboanti promesse, dicono che non ce la fanno e sono rimasti (e rimangono) attaccati alla loro poltrona.
La questione della spazzatura di Napoli non è di interesse nazionale, se non per la vergogna che quell’amministrazione ha fatto ricadere sull’intero Paese, a seguito delle immagini diffuse in tutto il mondo. Una nobile città come Napoli non merita tutto questo. La più grande responsabilità è della classe dirigente locale che ha consentito lo scempio di una perla che per secoli è stata l’esempio di nobiltà, di cultura, di vasti commerci e di sana econonia.
Che dietro a tutto il marasma dell’emergenza vi sia la criminalità organizzata è come scoprire che il sole sorge.
La questione è: perché in questi diciassette anni l’amministrazione comunale non è intervenuta adeguatamente, chiedendo anche l’intervento straordinario delle Forze dell’ordine e dell’Esercito? Una risposta è urgente. Ma s’intuisce che Bassolino e Iervolino sono stati incapaci di fare quello che dovevano, cioè un sistema ordinato di smaltimento dei rifiuti, che avesse nella parte terminale delprocesso la loro trasformazione in biogas ed energia elettrica. In diciassette anni i due incapaci amministratori, Bassolino e Iervolino, non hanno nemmeno attivato la raccolta differenziata.
Oggi De Magistris deve attuare il suo programma partendo appunto dai rifiuti. è inutile che scarichi sul Governo la propria impotenza, perché il problema va risolto a Napoli e non a Roma. Continuare con questa manfrina, mentre i cittadini napoletani vivono come in Africa, è un danno per tutti. Ma in Svezia i rifiuti li comprano e li pagano 90 euro la tonnellata, purché la biomassa sia isolata. Ci pensi, De Magistris e provveda smettendo di dare fiato alla bocca.
De Magistris se fosse ancora pm indagherebbe su se stesso
Scrivono Libero e il Giornale, citando la presidentessa della Commissione petizioni dell'Unione europea Erminia Mazzoni, che il deputato europeo Luigi De Magistris, soltanto pochi mesi fa, il 26 gennaio, presentò una risoluzione che chiedeva alla Commissione «d'esercitare la massima durezza e di bloccare i fondi per Campania e Napoli fino a quando non ci fossero state prove certe circa l'esistenza d'un piano rifiuti conforme alle norme».
Sono gli stessi fondi, 145 milioni di euro, che oggi il neosindaco napoletano De Magistris Luigi, senza avere presentato alcun piano rifiuti conforme alle norme, salvo aver ribadito il suo no al termovalorizzatore, reclama a gran voce. Allora si congratulava con se stesso perché «il parlamento europeo» aveva «approvato la risoluzione» di cui era stato «il primo firmatario» e per la quale s'era «lungamente impegnato». Adesso, com'è naturale, il sindaco ha bisogno di soldi, ma i fondi restano bloccati, come aveva chiesto il deputato europeo, mentre l'Unione europea minaccia (con «la massima durezza») nuove sanzioni. Fosse ancora Pm, De Magistris indagherebbe se ipsum.
Il gesto simbolico di un Ticino stizzito
Governo a maggioranza. Il Governo ha deciso. La metà dei ristorni sarà versata a Roma. L’altra metà invece sarà congelata fino a quando riprenderanno le trattative con l’Italia. Dopo settimane di riunioni e dopo l’ultima seduta di 2 ore, l’attesa decisione: i 56,8 milioni di franchi – che il Ticino ristorna all’Italia come rimborso delle imposte dirette pagate dai frontalieri in Svizzera nel 2010 – sono stati divisi in due. Quindi 28,4 milioni saranno normalmente pagati a Roma. Gli altri 28,4 milioni invece saranno messi su un conto di Banca Stato fino all’apertura di un negoziato serio con la Penisola. In particolare si chiede di stipulare un accordo sulla fiscalità basato sul principio dello scambio di informazioni e l’accoglimento del principio di reciprocità con la conseguente riduzione del ristorno.
Una decisione che ha diviso il CdS. E il batti e ribatti tra Sadis e Borradori in conferenza stampa ne è stata la conferma. «Una decisione che viola il diritto internazionale e la legalità in quanto il Ticino è solo un agente pagatore, senza autonomia decisionale» ha sottolineato Laura Sadis. «Noi dobbiamo tutelare gli interessi del Ticino e non siamo semplici pagatori, ma uno Stato che deve prendere le sue decisioni» gli ha ribattuto Marco Borradori. «Questa decisione rischia di inserire l’economia cantonale, nei rapporti con l’Italia, in una spirale negativa. Inoltre anche verso Berna si lancia un segnale di sfiducia» ha rincarato Sadis. «A me sembra che rispetto ai problemi avuti con la Germania e l’allora ministro Steinbrück, il Consiglio federale finora non si sia mosso altrettanto velocemente. E per quanto riguarda i rapporti con l’Italia credo che sia difficile avere una situazione peggiore di questa» ha concluso Borradori. Da parte sua Manuele Bertoli ha cercato di sminuire la portata della decisione. «Rispetto ad altre questioni, dove gli importi sono decisamente più elevati, mi sembra che quella dei ristorni sia un problema non prioritario».
01.07.2011
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