Caserta. La crisi rifiuti morde il centro città, almeno due giorni per liberare le strade
Calabria. La regione più povera del Paese con un governatore super stipendiato
Esondazioni, sciopero della fame in Puglia e Basilicata
Napoli. Fondi europei, un miliardo (quasi) perso
Caserta. La crisi rifiuti morde il centro città, almeno due giorni per liberare le strade
La protesta degli operatori ecologici ferma il consiglio comunale. C'è un accordo, ma la raccolta stenta ancora
CASERTA — Quarantotto ore di tempo, a partire dalla scorsa notte, per avviarsi lentamente alla normalità. Le centinaia di tonnellate di rifiuti accumulatisi in sei giorni di mancata raccolta saranno rimosse dalle strade e i dipendenti di Caserta Ambiente, la ditta che gestisce il servizio di raccolta rifiuti, riceveranno nelle prossime ore le spettanze del mese di giugno. Si è chiusa così, ieri mattina, la difficile trattativa tra Comune e azienda, dopo che gli operatori ecologici avevano parcheggiato i camion colmi di rifiuti maleodoranti in piazza Vanvitelli, erano saliti al primo piano di Palazzo Castropignano e avevano preteso ed ottenuto la sospensione del consiglio comunale in corso. «Altro che bilancio, qua c’è il problema dei nostri stipendi, da qui non ce ne andiamo, e fino a quando non vedremo i soldi sul conto corrente nemmeno un sacchetto dei rifiuti sarà raccolto dalla strada», avevano minacciato i lavoratori. Alla fine il Comune verserà a Caserta Ambiente il 90 per cento della mensilità di febbraio: circa 900mila euro che saranno utilizzati dall’azienda per le retribuzioni di giugno. Entro il 10 agosto, poi, il Comune dovrebbe riuscire a versare anche quanto necessario a garantire gli stipendi di luglio e la quattordicesima.
«Questo è il mandato politico che diamo alla struttura amministrativa e chi non dovesse dare seguito alle nostre indicazioni sarà ritenuto direttamente responsabile e saranno attivate le procedure disciplinari previste», ha assicurato il sindaco che ha voluto anche «ringraziare i lavoratori per gli sforzi fatti fino ad ora» e ricordare «che resta una grave situazione finanziaria ma che abbiamo dato disposizione agli uffici di garantire gli stipendi ai dipendenti comunali e ai dipendenti di Caserta Ambiente, che noi riteniamo ad essi equiparabili». I lavori del Consiglio, dopo un'altra pausa, sono poi ripresi nel primo pomeriggio e, tra gli interventi a raffica dell’opposizione (a staffetta, e ripetutamente, Luigi Cobianchi, Franco De Michele, Carlo Marino, Enrico Tresca, Edgardo Ursomando, Nicola Melone e Luigi Ebraico), il dibattito è proseguito fino a tarda notte.
Dopo una defaticante discussione sulle contestazioni formali sollevate dall’opposizione in merito alla legittimità dell’ordine del giorno, i toni del confronto si sono accesi, ancora una volta, sull’assenza del Macrico dal piano triennale delle opere pubbliche. «La città deve sapere — ha ribattuto il sindaco — che allo stato non esiste alcun progetto sul Macrico, così come acclarato anche dalla gestione commissariale. Ciò nonostante stiamo andando in Regione per trovare altri strade, non stiamo rinunciando al Macrico ma nessuno si riempia la bocca con progettualità che non ci sono. Chiedo una mano a tutti per affrontare la questione Macrico ma deve essere chiaro a tutti — ha concluso — che siamo all’anno zero».
Antonella Palermo
Calabria. La regione più povera del Paese con un governatore super stipendiato
21/07/2011
di ENZO ARCURI
Stupirsi è il meno che si possa fare, irritarsi lascia il tempo che trova, indignarsi, sì sarebbe proprio il caso di farlo con tutta la rabbia e la determinazione che si hanno in corpo. Certe notizie quando si conoscono lasciano il segno. Questa volta c'è una notizia che non può passare inosservata o sotto silenzio. È di questi giorni, riportata con grande evidenza sulla grande stampa, io l'ho letta sul Corriere della Sera. Il presidente della Giunta regionale della Calabria è fra i suoi colleghi italiani quello che riceve uno dei più alti emolumenti, più di lui guadagna il governatore della Sicilia, un’indennità quasi doppia di quella percepita dal presidente dell'Umbria. Sì è proprio così il governatore calabrese è fra i più pagati d'Italia, guadagna molto di più, è stato denunciato, del governatore dello stato di New York. Scusate se è poco. Naturalmente l'attuale governatore questa indennità l'ha ereditata dal suo precedessore, che a sua volta l'aveva trovata. E assieme a lui anche assessori e consiglieri regionali, presidente dell'assemblea e presidenti delle commissioni ricevono emolumenti fra i più alti d'Italia e recentemente avevano anche tentato di aggiungerci qualche altro migliaio di euro, blitz sventato in estremis. Insomma la regione più povera d'Italia, quella che vanta la più alta percentuale di disoccupati e di inoccupati soprattutto fra i giovani e le donne, che ha il reddito più basso al limite della sussistenza, che non ha un tessuto produttivo, è la più generosa con i suoi amministratori. C'è da chiedersi e molti se lo saranno chiesto per quali benemerenze o per quali speciali meriti. Purtroppo non ci sono stati e non ci sono né gli uni né gli altri, è soltanto un altro paradosso calabrese, un pasticciaccio che ha radici antiche e che adesso ha un sapore molto amaro in presenza di una crisi che sta drammaticamente estendendo le aree della povertà. Finora non ce ne eravamo accorti o meglio nessuno aveva fatto le bucce alla casta regionale, non era stato fatto il pari e il dispari dei costi della politica regionale. Un grande pentolone che ha consumato immense risorse per consegnare alle nuove generazioni una regione senza futuro o comunque con un futuro fortemente incerto, una regione con un sistema sanitario fuori controllo, che ha accumulato un'incredibile esposizione debitoria senza offrire servizi adeguati e che oggi costringe i calabresi a pagare più tasse e più balzelli per colpe e responsabilità di un ceto politico e dirigente incapace e arruffone, peraltro profumatamente retribuito. No, così non va, non può piacere un consiglio regionale che lavora pochi giorni al mese, che è puntualmente assente sulle grandi questioni, che non ha il coraggio né la sensibilità di ridurre i propri costi. Non può piacere un governo regionale che balbetta su Gioia Tauro, che cincischia sui fondi comunitari, che sottrae risorse ai ceti più deboli per consegnare un milione di euro all'organizzazione di Miss Italia nel mondo, che non dice una parola sull'abbandono del corridoio Berlino - Palermo con il rischio di un più accentuato isolamento della regione. Non possono piacere province che consumano risorse preziose in consulenze e iniziative ludiche, non possono piacere comuni che non toccano indennità ed emolumenti e riducono invece servizi essenziali. Non possono insomma piacere le istituzioni che chiedono sacrifici ai cittadini e non rinunciano ai propri privilegi. Ecco perché appare quanto meno scandaloso che, in un momento di grandi restrizioni, con una manovra finanziaria lacrime e sangue, la regione più povera d'Italia che chiede ai suoi cittadini il sacrificio di nuove tasse, paghi gettoni milionari ai suoi rappresentanti istituzionali. Ed è altrettanto scandaloso che nessuno, nel palazzo, abbia uno scatto di dignità e dica agli inquilini del suo condominio dorato che è tempo di decisioni esemplari, un gesto non simbolico di condivisione dei sacrifici. È scandaloso che a Roma, nei palazzi del governo e del Parlamento, si tergiversi sui costi della politica, ma è ancora più scandaloso che la stessa insensibilità si manifesti a Catanzaro o a Reggio da parte di chi invece dovrebbe dimostrarsi vicino al disagio della propria gente.
Esondazioni, sciopero della fame in Puglia e Basilicata
Gli organizzatori dell'iniziativa comincerano da domani lo sciopero della fame per sollecitare la nomina del commissario che intervenga per far fronte allo stato d’emergenza derivante dalla esondazione dei fiumi che ha provocato la perdita del lavoro per numerose aziende agricole e la distruzione di abitazioni
21/07/2011 Mimmo, Maria, Agostino e Fedele a Serramarina, in provincia di Matera, e Patrizia, Adele ed Ernesto a Marina di Ginosa, nel tarantino, cominceranno da domani lo sciopero della fame per sollecitare la nomina, da parte del governo, del commissario che, con poteri straordinari, intervenga per far fronte allo stato d’emergenza derivante dalla esondazione dei fiumi del primo marzo scorso che ha provocato la perdita del lavoro per numerose aziende agricole e la distruzione di abitazioni, soprattutto nel tarantino.
A causa del maltempo, il primo marzo scorso si verificarono le esondazioni del Bradano, dell’Agri, del Sinni, del Basento e del Cavone (in Basilicata) e del Galaso (nel tarantino), che provocarono una situazione di emergenza in tutta la zona compresa tra i due territori regionali. «Noi siamo – raccontano gli organizzatori della iniziativa che fanno parte del Comitato per la difesa delle terre Joniche – le prime 'vittime' della modifica della legge sulle calamità naturali contenuta nel milleproroghe con la quale la gestione dei danni provocati dalle calamità naturali ricadrebbe sulle Regioni con l’innalzamento delle tasse regionali e questa situazione di rimbalzo di responsabilità tra governo e Regioni sta creando di fatto uno stallo».
“Non toccheremo cibo – annunciano – fino a quando non ci saranno risposte certe. Contro l’arroganza – dicono – di chi fa finta di non vedere lo stato in cui siamo e cerca ogni scusa per non assumersi le sue responsabilità opponiamo la nostra dignità di chi non ha colpe ma chiede diritti ai risarcimenti e ad un territorio in sicurezza». In realtà, secondo gli organizzatori della iniziativa, nulla è stato fatto «dopo le espressioni di solidarietà e gli impegni dei parlamentari di maggioranza ed opposizione, che avrebbero dovuto agire sulla finanziaria con misure correttive capaci di rimediare alle responsabilità della politica ma che non si sono realizzate per la 'blindaturà del testo della finanziaria» e anche «dopo la disponibilità data dalle Regioni ad intervenire anche finanziariamente, se fossero stati rimossi gli ostacoli normativi del patto di stabilità».
Napoli. Fondi europei, un miliardo (quasi) perso
Caldoro: «Eventualità inaccettabile il ritorno a Bruxelles dei finanziamenti da utilizzare nei prossimi cinque mesi»
I sindacati: «Il ruolo del governo diventa centrale»
NAPOLI - La crisi in Campania rischia di degenerare in forti tensioni sociali e per questo è necessario imporre la vertenza regionale sul piano nazionale. Anche perché è ormai quasi certa la perdita di gran parte del miliardo e 180 milioni di risorse europee che dovrebbe essere speso nei prossimi cinque mesi. E anche i grandi progetti rischiano di restare al palo nel 2011. La preoccupazione è stata espressa con estrema chiarezza nel corso di un vertice svoltosi ieri presso la sede romana della Regione in via Poli, presieduto dal governatore Stefano Caldoro, presenti il vicepresidente nazionale di Confindustria con delega al sud Cristiana Coppola, il presidente degli imprenditori campani Giorgio Fiore, i segretari nazionali di Cgil Cisl e Uil, Vincenzo Scudiere, Raffaele Bonanni e Guglielmo Loy, il leader della Ugl Giovanni Centrella, i segretari campani delle tre confederazioni Michele Gravano, Lina Lucci e Anna Rea.
Caldoro ha posto sul tavolo cinque priorità: far partire concretamente il piano per il sud, affrontare i nodi delle aree di crisi, giudicare la regione per ciò che farà d'ora in poi e non per le scelte del passato, realizzare politiche virtuose nella sanità e, infine, una profonda revisione del patto di stabilità. Senza la quale scatterà inesorabilmente il disimpegno automatico delle risorse, in quanto, finché non si riuscirà a tener fuori dal parametro del calcolo del patto il cofinanziamento nazionale dei fondi europei, il destino è irrimediabilmente segnato. L’attuale norma capestro mette, infatti, la giunta regionale di fronte a due eventualità entrambe inaccettabili: o la perdita dei fondi di Bruxelles o un nuovo sforamento del patto, così come avvenne nel 2009, del quale ancora oggi si pagano le conseguenze nefaste. «Ci batteremo per far approvare quell’emendamento che avevamo presentato e che consentirebbe di evitare la perdita dei fondi europei», sottolinea il segretario confederale della Uil Anna Rea, che ha giudicato positivamente il vertice, «perché rimette la Campania e il sud al centro dell’attenzione».
«L’impressione», commenta il segretario confederale della Cgil Vincenzo Scudiere, «è che la Campania stia vivendo una crisi ben più drammatica di quella che emerge solo dal problema dei rifiuti, a causa dei tagli imposti dal governo e della politica anti meridionale di Tremonti e della Lega. Di qui la richiesta urgente di tutti i partecipanti al tavolo di un incontro a palazzo Chigi». I sindacalisti hanno messo l’accento sull’ «apprezzabile volontà del presidente Caldoro nel sottolineare la possibilità per la Campania di potercela fare a superare la difficile situazione». La verità è che le crisi industriali regionali investono aziende che hanno un peso nazionale, «per cui», sostengono all’unisono i sindacalisti, «il ruolo del governo diventa centrale». L’attuale situazione di stallo finirebbe, infatti, per ricadere anche sulle grandi infrastrutture strategiche, il cui elenco sarà reso noto la prossima settimana, che il governo intende privilegiare al sud, tra le quali, per quel che riguarda la Campania, c’è la direttrice ferroviaria ad alta capacità Napoli -Bari, Ciò «nonostante le risorse del fondo aree sotto utilizzate destinate alle regioni non siano state toccate dalla recente manovra di Tremonti», spiega il ministro delle coesione Raffaele Fitto, «ma anzi siano stati finalmente sbloccati i fondi dei programmi attuativi del fas che per tutte le regioni, sia del sud che del centro -nord, sono pari a 20 miliardi 109 milioni».
Emanuele Imperiali
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