martedì 4 ottobre 2011

Federali.mattino_4.10.11. Bozen. Il modello è ancora allo studio - dice Durnwalder - e sicuramente varrà solo per famiglie con figli. L'idea è che da quei 12.500 (o 15 mila) la soglia si possa alzare in base al numero di dei figli: se c'è un figlio si alza a una cifra maggiore, se ci sono due figli a una soglia ancora superiore, ecc. Per famiglie molto numerose posso immaginare anche una soglia di reddito di 50 o 60 mila euro. Quindi si arriva a un'esenzione anche superiore alla soglia dei 35 mila chiesti dai sindacati, ma appunto solo per famiglie con figli.

Bozen, oltrepadania. Irpef, sgravi per le famiglie
Dipendenti pubblici in fuga dalla Pa nel 2011: pensionati in crescita del 5,27%
Il Titano “A” nell’ultimo rapporto Fitch: ecco come funzionano i meccanismi delle agenzie          
Titano sempre più vecchio: 1.580 hanno più di 80 anni
 ‘La Cina è più vicina a Berlino che a Roma’


Bozen, oltrepadania. Irpef, sgravi per le famiglie
Allo studio l'esenzione dall'addizionale per chi ha figli
di Marco Rizza
BOLZANO. Una sorta di «quoziente familiare» per l'esenzione graduale dell'addizionale regionale Irpef: più figli si hanno, più si alza la soglia di reddito esentata dalla tassa, fino a coinvolgere anche il ceto medio. Il modello è allo studio tra i tecnici della Provincia in vista della predisposizione del bilancio 2012 e potrebbe rappresentare una novità importante per migliaia di famiglie altoatesine. L'annuncio è stato dato ieri dal presidente Durnwalder, che ha indicato anche alcuni paletti. Si è detto disponibile ad alzare la soglia minima sotto la quale c'è l'esenzione per tutti, ipotizzando di passare dagli attuali 12.500 a 15 mila euro. Niente da fare invece per la richiesta dei sindacati di azzerrare l'addizionale Irpef per tutti i redditi sotto i 35 mila euro: «Questo è troppo», chiude Durnwalder. Ma tra questi due estremi è spuntata appunto la proposta di modulare l'esenzione per le famiglie: «Il modello è ancora allo studio - dice Durnwalder - e sicuramente varrà solo per famiglie con figli. L'idea è che da quei 12.500 (o 15 mila) la soglia si possa alzare in base al numero di dei figli: se c'è un figlio si alza a una cifra maggiore, se ci sono due figli a una soglia ancora superiore, ecc. Per famiglie molto numerose posso immaginare anche una soglia di reddito di 50 o 60 mila euro. Quindi si arriva a un'esenzione anche superiore alla soglia dei 35 mila chiesti dai sindacati, ma appunto solo per famiglie con figli. Non entro nei dettagli perché sono ancora allo studio, ma la direzione che vorremmo intraprendere è questa». Applausi alla
decisione della giunta sono arrivati subito dall'ala sociale Svp, che però
chiede di prendere in considerazione non solo le famiglie con figli ma anche i pensionati. Questa piccola rivoluzione dell'addizionale Irpef, insieme a una riduzione «mirata» dell'Irap (vedi articolo sotto), è possibile perché per il 2012 è previsto un aumento del gettito di circa 130 milioni, un incremento che permette qualche sgravio fiscale. Diverso il discorso per quanto riguarda le uscite. Il patto di stabilità nazionale prevede infatti che il saldo totale per il 2012 debba migliorare di 280 milioni rispetto all'anno in corso. Tolti i 130 milioni di entrate, restano circa 150 milioni di minori spese: ciò comporterebbe tagli del 9% ai diversi comparti, ma in realtà gli uffici dell'assessorato alle finanze stanno studiando il modo per diminuire l'impatto sui conti pubblici. I 150 milioni potranno infatti essere messi a disposizione dei fondi di rotazione per i Comuni e per l'economia, visto che questi finanziamenti non rientrano nel patto di stabilità essendo in sostanza dei prestiti. In questo modo si potrà evitare di mettere soldi freschi nei fondi di rotazione. Allo stesso modo sarà usato per gli investimenti nell'edilizia sociale il «tesoretto» da 200 milioni accantonato proprio in questo comparto negli ultimi anni: così facendo si risparmieranno parte dei 140 milioni che ogni anno la Provincia mette in bilancio per l'edilizia sociale. Con questi e altri accorgimenti tecnici, il tagli ai vari capitoli di spesa dovrebbe attestarsi intorno al 2%: poco in un contesto nazionale di lacrime e sangue. E non tutti i settori saranno toccati dai tagli: «Non ridurremo sanità, sociale, formazione, ricerca e innovazione, personale, lavoro e mobilità - ha detto Durnwalder. Ovviamente un taglio anche solo del 2% non fa contento chi lo subisce, quindi da qui a fine ottobre (quando il bilancio deve essere approvato dall'esecutivo, ndr) ci sarà di che discutere in giunta...». Complessivamente il bilancio 2012 si aggirerà intorno ai 5,3 miliardi di euro, poco meno di quello dell'anno in corso.

Dipendenti pubblici in fuga dalla Pa nel 2011: pensionati in crescita del 5,27%
Il dato relativo ai primi 9 mesi dell'anno. Ma quelle di anzianità sono cresciute del 34,2%
MILANO - Se le nuove norme sulle pensioni hanno ridotto il numero dei lavoratori in uscita nel settore privato, ben diverso è l'esito per quel che riguarda il settore pubblico. La «stretta» sul pubblico impiego, le norme sulla uscita forzata dalla pubblica amministrazione con 40 anni di contributi e i timori su nuove riforme spingono infatti i travet a uscire dal lavoro prima possibile
I DATI - Nei primi 9 mesi del 2011 - secondo i dati Inpdap - le nuove pensioni sono infatti state complessivamente 75.743 (+5,27%) ma gli assegni di anzianità sono cresciuti addirittura del 34,2%. Le nuove pensioni nel complesso - si legge nei dati Inpdap - sono aumentate del 5,27% passando dalle 71.953 dei primi 9 mesi del 2010 alle 75.743 dei primi nove mesi 2011 ma a fronte del calo delle pensioni di vecchiaia, di quelle di inabilità e del cosiddetto part time (si va in pensione di anzianità ma si continua a lavorare part time) le pensioni di anzianità sono passate da 39.477 a 52.973 con una crescita del 34%. La spiegazione dell'aumento di persone che hanno lasciato l'amministrazione in età anticipata rispetto alla vecchiaia è in parte nella norma del 2009 che prevede la possibilità per lo Stato di far uscire il dipendente se ha raggiunto i 40 anni di contributi (quindi di fatto una scelta dell'amministrazione e non del lavoratore) ma anche le misure sul pubblico impiego quali il blocco dei contratti e la reateizzazione del Tfr. E probabilmente una parte consistente di coloro che ha scelto di andare in pensione lo ha fatto temendo l'arrivo di nuovi interventi sul pubblico impiego e in generale il peggioramento delle condizioni del comparto. L'aumento dell'età di vecchiaia delle donne (a 61 anni quest'anno) e la finestra mobile per la vecchiaia (12 mesi una volta raggiunti i requisiti a fronte dei 3-6 mesi che si attendevano l'anno scorso) non ha ancora dispiegato completamente i suoi effetti. Le pensioni di vecchiaia sono state nei primi nove mesi 2011 14.941, il 5,91% in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. I nuovi assegni di inabilità sono stati 3.808 a fronte dei 4.394 dei primi 9 mesi 2010 (-15,39%) mentre un vero e proprio crollo si è registrato nel part time: nei primi nove mesi 2011 sono state solo 4.021 a fronte delle 12.258 dei primi nove mesi 2010 (-204%). Per l'anzianità è stato possibile un aumento così consistente nonostante l'inasprimento dei requisiti per il 2011 (da 59 a 60 anni l'età minima per l'uscita con quota 96 tra età e contributi) poichè nella pubblica amministrazione i lavoratori tendono a non andare in pensione di anzianità appena raggiunti i requisiti (come accade nel lavoro privato) ma a lavorare fino al raggiungimento dei 40 anni di contributi o l'età prevista per la vecchiaia. I lavoratori che sono usciti con 40 anni di contributi nei primi 9 mesi dell'anno sono stati 24.000 a fronte dei 25.345 dell'intero 2010.

Il Titano “A” nell’ultimo rapporto Fitch: ecco come funzionano i meccanismi delle agenzie          
 Martedì 04 Ottobre 2011
 di Saverio Mercadante
Anche Bologna e l’Emilia Romagna. L’ultimo taglio del rating  da parte di Standard & Poor’s,  ha riguardato undici enti locali italiani: è stata abbassata l’affidabilità creditizia da A+ ad A, con outlook negativo. Oltre alle due sopra citate, provincia di Mantova, regione Marche, provincia di Roma, regione Sicilia, regione Friuli Venezia Giulia, Genova, regione Liguria, Milano e regione Umbria. Per Torino, invece, è stato rivisto da stabile a negativo l’outlook, mentre è stato confermato ad A il rating sul debito a lungo termine. Qualche settimana fa la decisione di declassare da A+ ad A il rating sovrano sull’Italia. Dopo 48 ore l’effetto a catena. E per 15 banche italiane, fra cui Unicredit è giunto da parte di Standard & Poor’s il taglio dell’outlook da stabile a negativo mentre per sette di queste, fra cui Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Bnl, è stato allineato verso il basso anche il rating. Alle fine di agosto l’Agenzia di rating Fitch nel suo ultimo rapporto sulla Repubblica di San Marino ha confermato la “A” nella valutazione dell’Idr, l’Issuer default rating, e cioè il rischio finanziario, mentre è negativo l’outlook - ossia la valutazione di previsione - che riflette le “deboli prospettive macroeconomiche e le incertezze in corso nel settore bancario”. Incertezze che riguardano “in particolare la più grande banca del paese e cioè la Cassa di Risparmio”, recita il rapporto. Si riconoscono a San Marino gli sforzi fatti verso la trasparenza, ma si prefigurano “conseguenze permanenti” dopo l’ultimo scudo fiscale che ha colpito il sistema bancario. E ancora sulla Carisp: “Anche se la situazione si dovesse normalizzare in seguito all’adozione di un piano di ristrutturazione per Delta la banca richiede una ricapitalizzazione di grandi dimensioni nel 2011”. Ci sono molte discussioni sull’eventuale affidabilità delle società di rating. Spesso gli investitori privati, società di investimento o di hedge fund, detengono quote di proprietà delle agenzie di rating. E’ evidente il formarsi di un patente conflitto di interesse: chi colloca prodotti finanziari è al tempo stesso quello che valuta l’affidabilità di prodotti finanziari da lui stesso collocati. Insomma, non raramente, la maggior fonte di finanziamento dei costosi studi che portano a valutare il rating, non sono le agenzie di stampa e la comunità finanziaria, ma le stesse società emittenti oggetto dell’indagine e singoli investitori con molta liquidità. Viene spesso citata l’analisi di rating positiva fornita nei confronti dell’istituto di credito Lehman Brothers appena una settimana prima del suo fallimento all’interno della crisi finanziaria americana dei mutui subprime del 2008. D’altro canto altri analisti fanno notare che eventuali agenzie di rating governative sarebbero ancor più inaffidabili in quanto dirette interessate a non essere pienamente trasparenti e obiettive.

Come funziona il rating
Il rating, o valutazione, viene espresso attraverso un voto in lettere in base al quale il mercato stabilisce un premio per il rischio da richiedere all’azienda per accettare quel determinato investimento. Per avere un rating, una società, una banca o uno Stato devono rivolgere una richiesta esplicita a una delle agenzie di rating. Il servizio è a pagamento. Ottenuto l’incarico, l’agenzia inizia l’analisi della società, della banca o dello Stato. L’analista incaricato attinge da informazioni pubbliche (ad esempio, i bilanci), studia i fondamentali economici e finanziari e incontra i manager per raccogliere tutte le informazioni necessarie. Solo dopo questa analisi è possibile esprimere un voto sull’affidabilità creditizia della società che ha richiesto il rating. Terminato il lavoro dell’analista, entra in azione un comitato. Sarà, infatti, un organo collegiale - e non un singolo analista - a valutare tutto il materiale raccolto e ad esprimere un giudizio sotto forma di rating. In seguito, il rating viene votato a maggioranza dal comitato, formato da esperti del settore in cui opera la società che si sta valutando. Dopo la votazione del rating, questo viene comunicato alla società, banca o Stato richiedente. I quali possono appellarsi, fornendo informazioni aggiuntive e chiedendo di avere un’ulteriore analisi. Il comitato può, se lo ritiene necessario, riunirsi e deliberare di nuovo sul rating alla luce delle informazioni aggiuntive, decidendo di cambiare il voto o di mantenere quello deciso in precedenza. Una volta notificato il rating alla società che ha voluto farsi valutare, si passa alla pubblicazione. La società può chiedere che il rating non venga pubblicato: in tal caso resterà riservato e non di pubblico dominio. In caso di pubblicazione, invece, il rating diventa noto al mercato. Da questo momento in poi l’agenzia di valutazione tiene sotto monitoraggio il rating, per valutare eventuali promozioni o declassamenti. Il meccanismo espone al rischio di  aggiotaggio e insider trading, ovvero all’omissione di comunicazione al mercato di informazioni in grado di abbassare il prezzo del titolo, che correttamente per la teoria economica deve incorporare nel prezzo tutte le informazioni disponibili in un dato istante.

Titano sempre più vecchio: 1.580 hanno più di 80 anni
4/10/11 10:42
 [Resto del Carlino] San Marino ‘invecchia’, i numeri emersi dal rapporto della Consulta socio-sanitaria sono chiari, anzi chiarissimi. La popolazione ultra 65enne residente a San Marine nel 2010 è di 5.572 unità su una popolazione di quasi 32mila abitanti. Un rapporto che è destinato a crescere se si considera pure che dai dati emersi risulta chiaramente come San Marino abbia la più elevata aspettativa di vita alla nascita. Aspettativa più lunga per le donne (oltre 85 anni) rispetto agli uomini (oltre 80). Attualmente le donne anziane sono 3.001, il 19,10″10 dell’intera popolazione femminile (gli uomini sono 2.471). Facile quindi evidenziare una progressiva riduzione delle classi di età giovani, cioè da zero a 14 anni, un incremento notevole degli anziani e una significativa contrazione della popolazione in età lavorativa, cioè dai 15 ai 64 anni. Indici che confermano la tendenza all’invecchiamento della popolazione sammarinese e da qui si passa alla trasformazione dei nuclei familiari, sempre più mononucleari (famiglie sempre più numerose nella quantità, ma composti da un numero sempre più esiguo di membri). «La situazione sammarinese – spiega il coordinatore della Consulta, Marino Serra – è da questo punto di vista decisamente migliore rispetto a tutti i paesi europei. Qui c’è l’aspettativa di vita più lunga al mondo. E questo grazie alla prevenzione sulla quale l’Iss sta lavorando intensamente. Poi è vero che i giovani sono sempre meno». LE PERSONE seguite dal Servizio Territoriale Domiciliare nel 2010sono state 1.087, di cui 471 sono cittadini che vivono da soli. Sono 365 le persone non autosufficienti fra i quali tre hanno un’età compresa fra zero e 17 anni. Il numero degli anziani assistiti con un’età compresa fra gli 80 e gli aver 90 (che in totale sono 1.580) è 676. Solo nel 2010 sono state erogare oltre 45 mila prestazioni a domicilio di assistenza diretta, mentre sono state 8.233 le prestazioni di trasporto protetto. Con l’aumento della popolazione anziana, numerosa e multipatologica, inevitabilmente aumenterà anche la cronicità che rappresenterà in futuro anche una delle questioni più rilevanti e di impatto sul sistema sanitario e socio-sanitario sammarinese.
Donatella Filippi

‘La Cina è più vicina a Berlino che a Roma’
di Alessandro Aresu
Il professore della Peking University e Senior Associate del Carnegie Endowment for International Peace spiega la strategia cinese nella crisi dell'euro. L'Italia deve decidere come risolvere i suoi problemi di debito.
Michael Pettis è una delle voci più ascoltate sull’evoluzione dell’economia cinese, grazie al blog China Financial Markets. Autore di The Volatility Machine, è professore alla Guanghua School of Management della Peking University, Senior Associate al Carnegie Endowment for International Peace, nonché investitore attivo nella scena musicale cinese.
In questo dialogo con Limes, ha approfondito alcuni nodi della crisi del debito, di cui ha discusso recentemente con Bloomberg.

LIMES: Su China Financial Markets ha fornito una serie di previsioni sull’economia mondiale per questo decennio. Nei prossimi mesi cosa succederà in Europa? Qual è il ruolo della Germania?
PETTIS: La mia posizione è all’incirca la stessa che aveva John Maynard Keynes più o meno 80 anni fa. Notevoli squilibri commerciali globali sono “colpa” di politiche sbagliate nei paesi che hanno surplus almeno tanto quanto in quelli che producono deficit, forse perfino di più. Insistere affinché i paesi indebitati sopportino da soli le politiche di aggiustamento è enormemente irresponsabile. Ciò conduce inevitabilmente a una crescita minore, e obbliga questi paesi ad accettarne le conseguenze occupazionali o a intervenire a livello commerciale per scaricare parte dei problemi sui paesi in surplus. Se la Germania non prende immediatamente misure per invertire il proprio, finirà male per l’Italia, ovviamente, ma anche per lo Stato tedesco.   

LIMES: Cosa accadrà in Italia? Torneremo alla lira?
PETTIS: Probabilmente sì. L’Italia, come la Spagna e come altri paesi in deficit in Europa, ha solo due modi per aggiustarsi. Il primo è subire una bassa crescita e un’alta disoccupazione per molti anni a venire, almeno fino a quando gli stipendi torneranno in carreggiata. Il secondo è svalutare la sua moneta rispetto all’euro, e per fare questo ovviamente deve avere una sua moneta.

LIMES: Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, la crisi del debito in Europa ha prodotto 300 miliardi di crediti a rischio nel sistema bancario europeo. Questa stima è corretta?
PETTIS: Quasi certamente la cifra è molto più alta. La storia delle crisi finanziarie ci insegna che le nostre stime sono quasi sempre troppo basse perché non consideriamo la possibilità dell’inevitabile esplosione di passività potenziali.

LIMES: Recenti incontri tra l’Italia e la Cina hanno generato la speranza di una “salvezza” cinese per il debito del nostro paese. Considerando le sue analisi sul debito e sull’economia cinese, pensa che Pechino abbia interesse a “comprare” parti del sistema italiano (bond, azioni, porti) o sono stupidaggini?
PETTIS: In gran parte sono stupidaggini. Se la Cina porterà un contributo significativo di capitali in Europa, sarà principalmente verso la Germania e non verso paesi che hanno seri problemi di credito. Sarebbe molto difficile per i cinesi accettare un salvataggio di paesi europei relativamente ricchi da parte del loro governo, e ogni perdita sarebbe politicamente difficile da accettare. Ovviamente, se la Cina e altri paesi asiatici e in via di sviluppo dovessero portare capitali in Europa, ciò non farebbe altro che peggiorare gli squilibri commerciali con paesi come l’Italia. Dobbiamo ricordare che l’Europa ha bisogno di più domanda esterna, e più capitale esterno significa meno domanda esterna.

LIMES: I downgrade di Standard & Poor’s degli Stati Uniti e dell’Italia hanno considerato la politica come una debolezza. Fino a che punto Silvio Berlusconi è un fardello per la credibilità economica e internazionale dell’Italia? Le sue dimissioni possono contribuire a riportare fiducia?
PETTIS: Credo che le sue dimissioni sarebbero positive per la credibilità italiana, ma solo nel caso in cui non comportino un processo politico più frammentato e disordinato. Però la vostra crisi da ultimo non riguarda Berlusconi, ma un eccesso di debito e una valuta sopravvalutata.

LIMES: Secondo questo scenario, quali sono i punti fondamentali per una strategia italiana nel 2012?
PETTIS: L’Italia ha bisogno di decidere al più presto chi debba pagare il prezzo dell’aggiustamento dei conti. I lavoratori possono pagare con molti anni di disoccupazione elevata. La classe media può pagare con un “sequestro” dei risparmi. Le piccole imprese possono pagare con un esproprio (probabilmente attraverso tasse e tariffe). Gli investitori stranieri e interni possono pagare con la svalutazione e la ristrutturazione del debito. Come Keynes scriveva già nel 1922, è facile capire l’economia, ma alla fine è la politica a decidere quali settori e quali classi devono pagare il conto.

Nessun commento: