Pubblico impiego, sono 4.028 gli esuberi.
Patroni Griffi: "Risparmi per 392 milioni"
Grecia: Schaeuble, piu' tempo per debito
Trst, oltrepadania est. Città sempre più
vecchia: 2026, età media di 49 anni
L'UNIONE SARDA - Economia: Latte, prezzo 2013 a
80 centesimi
13.11.2012
Gli allevatori sardi
puntano in alto. Oggi il prezzo del latte ovino oscilla mediamente fra i 70 e
75 centesimi al litro. Ma l'asticella può arrivare anche oltre: fino a ottanta.
«Attualmente il pecorino romano è venduto a 5,80 euro al chilo, un euro e mezzo
in più di un anno fa», commenta Luca Saba, direttore regionale di Coldiretti.
«Ciò significa che c'è il tanto per remunerare maggiormente i pastori».
L'INCONTRO Oggi
pomeriggio, le associazioni degli allevatori sardi incontreranno l'assessore
regionale dell'Agricoltura, Oscar Cherchi. Non sarà solo l'occasione per
parlare di diversificazione delle produzioni di formaggio: durante il vertice
si comincerà a discutere delle nuove trattative per definire il prezzo del
latte nel 2013. E anche quest'anno, ammettono gli allevatori, non sarà facile
spuntare una buona tariffa. «Nel 2012», incalza Saba, «siamo riusciti, vendendo
il latte fuori dall'Isola, a portare il prezzo a 75 centesimi, creando non pochi
malumori fra gli industriali che acquistano il latte per poi trasformarlo in
formaggio. Ora, però, pensiamo che si possa andare oltre grazie al rialzo delle
quotazioni del pecorino romano e a causa del calo delle quantità prodotte: nel
2011 si arrivava a 240 mila quintali oggi siamo a 110 mila».
LA SUPERCOOPERATIVA
Questo pomeriggio, in assessorato, le associazioni degli allevatori
rilanceranno sul consorzio di secondo grado controllato al 40% dalla Sfirs: «È
un progetto che abbiamo proposto qualche mese fa e che ha incontrato
l'interesse dell'assessore», commenta Saba. «In sostanza, si tratta di un
organismo partecipato da tutte le cooperative sarde, produttrici di formaggio e
guidato da un manager che si occuperebbe di vendere il formaggio in giro per il
mondo. Abbiamo la necessità di spezzare l'oligopolio degli industriali»,
lamenta il direttore di Coldiretti. «I pastori hanno bisogno del libero
mercato».
LA QUALITÀ
«Purtroppo», ammette Elisabetta Falchi, presidente regionale di
Confagricoltura, «il settore zootecnico ovino sconta da sempre un mancato
accordo sul prezzo del latte. È un problema cronico che, oltre a incidere sulla
remunerazione, si ripercuote negativamente sulla programmazione dell'attività
delle imprese agricole». La scorsa annata, conferma Falchi, «i prezzi del latte
oscillavano tra i 70-75 centesimi al litro, mentre per la prossima campagna il
prezzo dovrebbe attestarsi tra 75 e 80 centesimi. Occorre, in ogni caso,
orientare la politica del settore verso la qualità, la diversificazione e la
destagionalizzazione. Ma è indispensabile rivedere i disciplinari di produzione
del pecorino romano all'interno dei consorzi di tutela e, di conseguenza,
l'applicazione diffusa delle griglie di qualità, oggi imposte unilateralmente
dagli industriali». Lanfranco Olivieri
Pubblico impiego, sono 4.028 gli esuberi.
Patroni Griffi: "Risparmi per 392 milioni"
ultimo
aggiornamento: 13 novembre, ore 14:12
Roma, 13 nov. -
(Adnkronos) - Sono 4.028 le eccedenze assolute del personale non dirigenziale
nelle amministrazioni centrali. A comunicarlo è il dipartimento della Funzione
pubblica durante l'incontro con i sindacati sulla revisione delle piante
organiche di 50 amministrazioni centrali. Di questi oltre 4.000 impiegati in
esubero, 3.236 sono nei ministeri. Secondo quanto si apprende, ci sarà un
ulteriore provvedimento per l'Inps, il ministero di Giustizia e gli Enti parco.
Secondo una stima
del ministro per la Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi dalle
eccedenze sono attesi risparmi per un totale di 392 milioni di euro, di cui 342
per il personale non dirigenziale e 50 milioni dai risparmi di spesa dei
dirigenti.
Il
ridimensionamento, spiega il ministro, "è stato studiato sui numeri e sarà
fatto con gli strumenti della gradualità richiesti ma sarà comunque portato a
termine". "La seconda fase per gli enti locali - ha proseguito
Patroni Griffi - parte da un atto diverso che avremo dopo dicembre e riguarda
la definizione degli indici di virtuosità a cui parametrare le dotazioni
organiche degli enti locali, e tutto sarà definito con un decreto del ministero
della Funzione pubblica e dell'Economia".
Dal conteggio
"mancano alcuni enti, una platea da cui mancano amministrazioni
significative come Esteri, Giustizia e Interno e l'Inps mentre la mancanza
degli enti parco non credo spostino i numeri. Probabilmente intorno a gennaio
potremmo essere in grado di dare i numeri dei ministeri". Mentre su Inps e
Inpdap il ministro si mostra prudente sui tempi, e ottimista su "alcune
significative riduzioni di organico, che pensiamo di poterle gestire".
A proposito dello
strumento della mobilità nel pubblico impiego Patroni Griffi ritiene che
"la gestione successiva - ha precisato - ci dirà quanto personale deve
essere guidato da un'amministrazione all'altra, un'operazione che richiede anche
qualche elemento di complessità come la formazione e la riqualificazione''.
''Quindi oggi - ha
sostenuto - non vorrei prefigurare in anticipo tutto il percorso non avendo gli
elementi sicuri che dobbiamo valutare. Ad esempio quando sapremo quante sono le
persone al netto dei pensionamenti gia' avremo un quadro piu' definito. Oggi
procediamo con calma e pragmatismo".
Grecia: Schaeuble, piu' tempo per debito
Obiettivo riduzione
al 120% nel 2020 un po' troppo ambizioso
13 novembre, 11:15
(ANSA) - BRUXELLES,
13 NOV - ''Piu' tempo e' possibile'' per ridurre il debito greco''. Cosi' il
ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble sull'allungamento dei tempi,
oltre che per la riduzione del deficit, anche del debito greco.
L'obiettivo del
debito al 120% del pil nel 2020 e' ''un po' troppo ambizioso''.
Trst, oltrepadania est. Città sempre più
vecchia: 2026, età media di 49 anni
Previsto un progressivo calo dei triestini
in fascia lavorativa mentre è atteso un sensibile aumento dei cosiddetti
inattivi, ovvero bambini e soprattutto anziani
di Piero Rauber
Dai sintomi alla diagnosi. Più
precisamente: all’autodiagnosi. Il check-up statistico non commissionato fuori,
ma fatto in casa dai tecnici del Municipio, non lascia scampo. E così il luogo
comune diventa sentenza: Trieste non solo è, oggi, una città di vecchi (il che
non è da buttare, perché vuol dire che qui si vive bene e a lungo) ma è anche
una città in cui, domani, proprio i vecchi saranno ancora, e comunque, più di
oggi. E considerato poi che il destino anagrafico più plausibile è quello di un
calo, pur contenuto, della popolazione residente totale, il conto è presto
fatto: nella Trieste che verrà da qui ai prossimi 15 anni ci saranno sempre
meno triestini in forze, cioè in età lavorativa tra i 15 e i 65 anni, che
manterranno (benché tale verbo sia romanzato e improprio, visto che il sistema
previdenziale, in particolare, è nazionale e non territoriale) sempre più concittadini
cosiddetti “inattivi”, sotto i 15 anni o sopra i 65. Il rapporto tra questi
ultimi e gli “attivi” - chiamato indice di dipendenza strutturale - oggi è del
63,2% e, nel 2026, si presume toccherà il 69%.
Tale autodiagnosi - di una condizione (e
non per forza una patologia) cronica che si fa sentire ovunque ma in questa
“città di vecchi” di più - viene appunto dall’Ufficio comunale di statistica,
che ha elaborato su input politico dell’amministrazione Cosolini il rapporto
“Trieste e la popolazione ieri, oggi e domani: scenari demografici 2012-2026
nel Comune”. Il check-up futuristico - presentato ieri in Municipio da Emiliano
Edera da assessore ai Servizi demografici con il direttore dei Servizi
informativi Lorenzo Bandelli e la funzionaria dell’Ufficio di statistica
Antonella Primi che ha curato lo studio - dispensa in effetti una serie di
scenari assai interessanti. Messe le mani avanti - nel senso che i tecnici
ricordano come si tratti di un lavoro basato su freddi modelli statistici
passibili di scostamenti anche ampi, da rivedere a cadenza triennale e da
riaggiornare prossimamente (e probabilmente con una popolazione al ribasso) in
base ai numeri finali dell’ultimo censimento 2011 - ecco dunque come si evolverà
presumibilmente la società triestina da qui all’orizzonte teorico del primo
gennaio 2027. L’età media dei residenti, oggi poco sopra i 47 anni e mezzo, si
attesterà - effetto dell’aumento dell’aspettativa media di vita - sui 49. Oltre
che un’impennata media da 184 e mezzo a 196 dell’indice di ricambio della
popolazione attiva, cioè del numero di quelli che stanno per uscire dal mercato
del lavoro (dai 60 ai 65 anni) ogni cento che ci stanno entrando (dai 15 ai 20
anni), ne conseguirà anche un innalzamento marcato del cosiddetto indice di
vecchiaia (dato dagli over 65 ogni cento under 15) dall’attuale 246,29 a un
284,57 nell’ipotesi più plausibile. Andasse tutto liscio sarà un 268,09, che
diventerà invece 297,45 nel caso più negativo. Il report infatti propone, per
ciascun parametro, tre previsioni. Una intermedia, ritenuta la più probabile,
costruita in continuità con i trend demografici del recente passato: un
ragionevole e progressivo aumento del tasso di fecondità, oltre che
dell’aspettativa di vita, abbinato a un lieve ed altrettanto graduale calo dei
saldi migratori. L’ipotesi “bassa”, o pessimistica, parte a sua volta da una
stazionarietà del tasso di fecondità, da una speranza di vita teorica che
aumenta più lentamente negli anni, e da saldi migratori decisamente negativi.
Quella “alta”, ottimistica, muove al contrario da previsioni di tassi di
fecondità più alti, da aspettative di vita più tirate rispetto alle prospettive
medie, e da un ritorno a saldi migratori positivi. Solo in quest’ultima ipotesi
- si legge nel report stesso - «si prevede che il sistema delle attività
economiche esprima una domanda di lavoro che trova in sede locale risposte
qualitativamente e quantitativamente adeguate ed una buona qualità di vita nel
territorio oggetto di studio».
Ma l’indice anagrafico e demografico che
tira le somme è quello come si diceva della dipendenza strutturale, che deriva
dal numero degli inattivi ogni cento in età lavorativa: qui il rapporto
previsto al primo gennaio 2027 - come si può vedere nella tabella sopra - non
si discosta di molto tra le tre ipotesi, oscillando attorno a quota 69 a fronte
del 63,2 di oggi.
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