martedì 9 novembre 2010

Prove di Federalismo, la Puglia perde 650mln


[m.sc.] - 09 Novembre 2010 - BARI - Se il meccanismo «federalista» di ripartizione del Fondo sanitario nazionale fosse basato (e non è detto che lo sarà) sui profili di spesa pro-capite per fascia d’eta, e se le cinque regioni benchmark saranno quelle di cui si parla in questi giorni, la Puglia dovrà fare a meno di circa 652 milioni di euro, pari a poco più dell’8% della dotazione 2009. A dirlo è un recente studio del Cerm, che al di là dell’ipotesi di ripartizione - peraltro interessante e suggestiva - fa emergere due aspetti interessanti. Primo (già noto): qualunque sia il criterio di standardizzazione, è fatale che la Puglia e le altre regioni del Sud scontino la propria inefficienza. Secondo: per la Puglia, quota parte di quell’inefficienza sta nell’elevato costo dei lavoratori della sanità. Che sono pochi, è vero, ma costano più di tutti. La spesa standardizzata (valutata dallo studio) è quella che ciascuna Regione dovrebbe sostenere per offrire prestazioni dello stesso livello qualitativo rispetto alle Regioni benchmark . Il Cerm propone di usare il metro di valutazione più semplice possibile: ovvero, quanto si spende per assistere ogni cittadino (secondo 21 fasce d’età di 5 anni l’una e tre capitoli: spesa per diagnostica, farmaceutica, assistenza ospedaliera), e quale sia il rapporto tra i fabbisogni delle varie fasce d’età. Il rapporto, calcolato sulla base delle cinque regioni migliori (Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto e Umbria), viene poi applicato alla struttura demografica di tutte le altre: e così si può determinare la spesa standardizzata. Quello fornito dai calcoli del Cerm è un risultato interessante perché contraddice una posizione da sempre espressa dalla Puglia: ovvero che il fondo sanitario sia sottodimensionato perché la pesatura attuale non tiene conto del gran numero di anziani residenti (che sono quelli che costano di più). Eppure, applicando il benchmark, vien fuori che comunque la Puglia spende oggi 652 milioni in più rispetto alla cifra teorica, pari all’8,87%: ben più della media italiana. A fare peggio, infatti, sono soltanto Lazio e Campania, veri buchi neri per quanto riguarda la sanità. Lo studio ripartisce le spese di amministrazione secondo gli stessi profili delle fasce d’eta. E fa emergere così una caratteristica tutta pugliese. Ovvero, la spesa per il personale sanitario che nel 2009 ammontava a 2,12 miliardi, pari al 28,9% del Fondo: in percentuale è meno della Lombardia (la Regione più virtuosa in questo senso, con solo il 29,5%). La sanità pugliese ha soltanto 8,7 addetti ogni 1.000 abitanti, il dato più basso d’Italia insieme al Lazio. Ma la criticità è nel costo per addetto, che è pari a 59.930 euro: il più alto d’Italia dopo la Sicilia. Proprio l’esiguità del numero di addetti (34.390 in totale, di cui 28.794 nelle strutture pubbliche e il resto nel privato accreditato) rende ragionevole supporre che le retribuzioni siano sbilanciate verso l’alto soprattutto al vertice della piramide (quindi medici e dirigenti). Ma questo rende ancora più paradossale l’effetto della norma di blocco del turn-over imposta da Tremonti come condizione per firmare il piano di rientro. In una situazione del genere, si rischia infatti di svuotare il sistema dall’interno, portandolo alla paralisi per mancanza di addetti.
Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=381056&IDCategoria=1

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