mercoledì 23 febbraio 2011

Federali della Sera, Alla cattura di Valentin Vatalin Cose e di Andrei Catalin Albu, Zorro rapina l’ufficio postale. Annullato il concerto di Apicella. L’effetto Nimby non c’è stato, hanno accertato che l’uomo ha ricevuto numerosi bonifici per lavori idraulici, ma non ha mai presentato le dichiarazioni annuali dei redditi. Che penalizza e umilia. 23 febbraio 2011.

Sezione Forza Hofer, che Luis oggi non c’e’:
Trento. Più soldi per Hofer che per l'Italia.
Friuli VG. Arriva la scure sui funzionari della Regione: da 173 saranno ridotti a 90.

Sezione bancomat profugati bancomat prosciugati:
Modena. Bancomat clonati, prelievi a raffica. I ladri scoperti dalla polizia per eccesso di velocità in via Galilei.
Venezia. Il Viminale: profughi anche in Veneto.
Basilicata. De Filippo: “Abbiamo sacrificato agricoltura e turismo. L’effetto Nimby non c’è stato”.
Martignano. «Idraulico salentino ha evaso 1.650.000 euro».
Viggiano. Mascherata da Zorro rapina ufficio postale.
Vibo Valentia. Vibo: arrestati per bancarotta due imprenditori.

Sezione l’Italia festeggia se stessa:
Reggio Calabria. Omicidi impuniti e sconfitte dello Stato.
San Benedetto del Tronto. L’Unità d’Italia di festeggia a tavola.
Annullato il concerto di Apicella.
 
Sezione farneticazioni di un lauto stipendio in camera iperbarica:
Quando finirà la notte.
Trento. Più soldi per Hofer che per l'Italia. 23/02/2011 08:42. TRENTO - La Lega nord ha portato ieri in consiglio provinciale la polemica per le celebrazioni dei 150 anni dell'unità d'Italia. Con un'interrogazione, infatti, il capogruppo Alessandro Savoi, voleva sapere «quale ricco programma di eventi e manifestazioni l'ente pubblico abbia in programma per il prossimo 17 marzo e, soprattutto, quali e quante risorse saranno destinate alle celebrazioni in Trentino». L'intento del Carroccio era quello di richiamare la Provincia alla sobrietà e sostenere la teoria dello spreco di soldi per le celebrazioni da parte della Provincia che avrebbe fatto meglio a utilizzarli per altro, specialmente di questi tempi di difficoltà per l'economia.
Nella sua risposta però il presidente Lorenzo Dellai ha spiegato che gli unici soldi che la Provincia spenderà per le celebrazioni dell'unità d'Italia sono i 240 mila euro richiesti a tutte le Regioni italiane dal Governo per partecipare alle mostre organizzate a Roma al Vittoriano e all'aeroporto Leonardo Da Vinci con spazi dedicati a ciascuna regione. Per altre iniziative che si terranno in Trentino la Provincia non ha stanziato risorse ad hoc per le celebrazioni, ma ha attinto a quanto già stanziato a bilancio per le attività ordinarie. E pensare che l'anno scorso per il bicentenario della morte dell'eroe tirolese - non trentino - Andreas Hofer la Provincia, su iniziativa dell'assessore alla cultura Franco Panizza, ha speso 381.912 euro per un totale di novantacinque iniziative messe in campo in tutto il Trentino, da Fiavé a Vigo di Fassa. Per le celebrazioni dell'unità d'Italia invece le iniziative in programma finanziate dalla Provincia sono davvero molto poche. Le ha elencate ieri il presidente Dellai in consiglio provinciale.
Il Dipartimento istruzione ha previsto un percorso sul Risorgimento a cui hanno aderito solo tre scuole, poi dei progetti di ricerca sul periodo storico e corsi di formazione per docenti (50 adesioni), finanziati con i fondi già a bilancio. La Sovrintendenza beni storici-artistici ha utilizzato 50 mila euro di risorse proprie per organizzare due mostre- percorsi ad immagini sul Risorgimento in Trentino. Il Museo storico di Trento spenderà complessivamente 25 mila euro per un convegno di studi dal titolo «Ai confini dell'Unità» e per un ciclo di lezioni pubbliche sul tema che saranno organizzate presso la Fondazione Kessler. Anche in questo caso il Museo non ha ricevuto risorse aggiuntive dalla Provincia per le iniziative celebrative.
Nonostante fosse evidente, dalla risposta, che la giunta Dellai non si è emozionata per questo anniversario dei 150 anni e dunque le manifestazioni in programma sono ridotte all'osso e sono, addirittura - per entità complessiva degli stanziamenti ad hoc - circa 140 mila euro in meno rispetto a quanto la Provincia ha speso per Andreas Hofer, il capogruppo della Lega nord, Alessandro Savoi, ieri ha comunque replicato al presidente Dellai stigmatizzando festeggiamenti e celebrazioni. Anche se suonava curioso che gli unici soldi che la Provincia tirerà fuori sono quelli chiesti dal governo Berlusconi del quale, volente o nolente, la Lega fa parte. «Si tratta di una festa inutile - ha detto comunque Savoi - e non se ne capisce il senso soprattutto in Trentino e sarebbe molto più utile un po' di sobrietà».

Friuli VG. Arriva la scure sui funzionari della Regione: da 173 saranno ridotti a 90. di Anna Buttazzoni. Garlatti: c’è una resistenza epocale a cambiare e il rischio che si aprano contenziosi è alto TRIESTE. L’assessore al Personale Andrea Garlatti lo ammette: le “posizione organizzative”, i super-funzionari con incarico fiduciario, lo fanno «soffrire tantissimo». Lui vuole dimezzare le 173 Po, ma trova le resistenze della politica e degli uffici. E poi vuole la scuola di formazione per i dipendenti pubblici, finanziata trattenendo una quota dalle spese del personale. Sono i cardini della sua riforma.
Ieri in commissione l’assessore è stato chiamato dal centro-sinistra a illustrare la “rivoluzione” da lui ideata per rendere più efficiente la macchina-Regione. Una riforma che per il Pd è solo stata promessa. E allora in Aula scatta la “guerra dei numeri”.
I dati. Garlatti lo ripete: il Friuli Venezia Giulia ha un problema di “compatibilità economica” sulle spese per il personale. Lo dice in Aula fino a spiegare: «Se lo negassimo io vivrei molto meglio». Ma non può negarlo e allora snocciola numeri. Il costo per ogni abitante del Fvg del personale della Regione è di 164 euro contro i 42 della Toscana, i 31 del Veneto o i 21 della Lombardia. Il costo di ogni abitante del Fvg, invece, per il personale di Province e Comuni è di 404,8 euro contro i 276 del Veneto. Garlatti, tanto per agevolare la discussione, fa le somme. «I dipendenti del Comparto (Regione, Province e Comuni) costano 568 euro a ogni cittadino del Fvg, contro i 307 del Veneto. Non ho mai fatto battute o considerazioni sui dipendenti – dice Garlatti –, ma questo sistema non può reggere». I conti però l’assessore deve farli con la “struttura” e con tutte le resistenze al cambiamento «perché – sintetizza il consigliere regionale del Pdl Alessandro Colautti – c’è sempre la tendenza alla conservazione».
I super-funzionari. «Ho fatto meno fatica a riorganizzare direzioni e dirigenti che a portare avanti la riforma delle Po», quasi sospira Garlatti mentre pronuncia quelle parole. «Un motivo ci sarà e probabilmente – è la spiegazione dell’assessore – sta nel livello di patologia che questo istituto presenta, ma abbiamo definito di dimezzarle, dalle attuali 173 a 90, e dobbiamo arrivarci. C’è però una resistenza epocale a cambiare e il rischio che si aprano contenziosi è alto». Al posto delle Po, prorogate fino a fine anno, dovrebbero arrivare i vicedirigenti, assunti con concorso. «Ma il meccanismo classico del concorso dev’essere rivisto e innovato – fa sapere Garlatti –, magari pensando anche alla formula del corso-concorso per il personale».
La formazione-lavoro. Garlatti ne parla come uno degli strumenti per avere più dipendenti in Regione. «È un modello di reclutamento che è previsto anche nella pubblica amministrazione – afferma l’assessore – e quindi possiamo pensarci, magari aprendoci alla formazione-lavoro con un livello di retribuzione leggermente inferiore all’attuale».
La scuola. Sarà il luogo di formazione dei dipendenti pubblici e verrà finanziata, come prevede la legge, utilizzando una quota dell’1% del monte salariale di Regione, Province e Comuni. In termini economici per i dipendenti del Comparto potrebbero essere disponibili da 5 a 7 milioni, mentre fino a 10 potrebbe essere la quota derivante dal personale della Sanità. «Ma la somma da utilizzare per la scuola va concordata con i datori di lavoro – ripete Garlatti – e penso che non dovrebbe avere costi superiori ai 4 milioni».
Il centro-sinistra. Il più critico verso la riforma è il democratico Franco Brussa. «Il livello tra le promesse fatte e quanto realizzato è il più basso dal 1973, anno in cui seguo la Regione. La parte politica non ha messo l’assessore – dice Brussa – nelle condizioni di lavorare. Oggi spesso i dirigenti regionali non sono all’altezza del ruolo che svolgono, mentre i vice si assumono responsabilità non loro e tutto il resto dei dipendenti è demotivato. Sulle Po, poi, non avete la capacità di portare avanti il disegno tratteggiato, tanto che molti dirigenti – conclude Brussa – hanno confermato tutte le proprie Po e qualcuno ne ha addirittura chieste di più». Il capogruppo del Pd Gianfranco Moretton ha invece puntato l’attenzione sulle differenze tra lavoratori pubblici e privati. «Siete stati voi a creare diffidenza e rapporti di sospetto – asserisce Moretton –, la società va invece armonizzata senza astio». Igor Kocijancic (Rc) invece sottolinea: «Non è importante quanti sono i dipendenti, ma quali carichi di lavoro hanno. La giunta invece sa solo tagliare i numeri».
Modena. Bancomat clonati, prelievi a raffica. I ladri scoperti dalla polizia per eccesso di velocità in via Galilei. Dai controlli è emerso un bottino di centomila euro. Un incasso di almeno 100 mila euro con una spesa di una ventina di euro. È questo un primo calcolo approssimativo sul bottino di due rumeni bloccati dalla Polizia a Modena domenica e che per tre giorni avevano saccheggiato bancomat e carte di credito clonate.
Alla cattura di Valentin Vatalin Cose e di Andrei Catalin Albu, rispettivamente di 35 e 24 anni, gli agenti sono arrivati quasi per caso quando domenica pomeriggio hanno fermato per eccesso di velocità una Seat Toledo in via Leonardo da Vinci. Controllando i loro nomi al terminale sono saltati fuori i precedenti, sempre per truffe elettroniche collegate a prelievi pirata sugli sportelli delle banche. Anche la proprietaria della macchina, una connazionale, aveva precedenti dello stesso tipo. I poliziotti hanno controllato la macchina e i due giovani trovando 1800 euro in contanti e attrezzi per lo scasso. La svolta è arrivata quando è caduta a terra una tessera bancomat. «E' mia» ha subito detto uno dei due. Dopo un controllo alla banca dati degli istituti di credito si è scoperto che il tesserino di plastica era intestato a un modenese e che era stata bloccata poche ore prima al Credito Emiliano di via Giardini.
Di qui una seconda verifica sulle registrazioni video dei bancomat della zona. Mettendo in fila indizi e prove i dubbi sono stati azzerati. I due rumeni sono stati portati davanti alla filiale del Banco di Sassuolo e Cavola, sempre in via Giardini e lì sono stati scoperti gli strumenti classici dei ladri elettronici che rubano i codici ai bancomat. Un piccolo skimmer, un minuscolo congegno elettronico di pochi grammi, era stato posizionato sul retro dello sportello bancomat. I ladri prelevavano i codici dei clienti e bloccavano all'interno dell'imboccatura le tessere, contando sul fatto che i clienti sarebbero passati in banca solo il lunedì mattina alla riapertura degli uffici. «Avevano fatto di più - ha spiegato durante la conferenza stampa Raffaele Iasi, commissario capo delle Volanti durante la conferenza stampa - I due avevano danneggiato quattro filiali sempre in via Giardini, Banco S.Geminiano, Banca di S.Felice e Credem, rendendole inservibili. Così gli utenti venivano convogliati tutti sull'unico sportello funzionante in zona, che ovviamente era quello taroccato».Le indagini continuano per trovare il resto del bottino e i complici; con carte fasulle e con i codici rubati per via elettronica è possibile effettuare oltre ai prelievi anche acquisti sino a 2500 euro, pure su internet. s.cioce@gazzettadimodena.it
Venezia. Il Viminale: profughi anche in Veneto. Se il Sud non regge, saranno distribuiti in tutta Italia. E il governatore litiga con Lombardo. Zaccariotto: «Il problema ci tocca tutti». VENEZIA — Anche il Veneto deve prepararsi a tendere la mano alle migliaia di profughi in fuga da Libia e Tunisia. Viste le dimensioni di quella che il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha definito «un’emergenza umanitaria», l’ultima disposizione del Viminale è di distribuire in tutta Italia i nordafricani che stanno sbarcando a Lampedusa, nel momento in cui i centri di accoglienza del Sud saranno al completo. Lo rivela il sottosegretario alla Giustizia, Elisabetta Casellati, dopo un consulto con il dicastero dell’Interno. «Di fronte all’entità degli arrivi — annuncia—l’orientamento del governo è di sistemare i profughi in tutte le regioni, indistintamente, quindi anche al Nord. Il Paese è pronto a fare la sua parte ma è comunque necessario il coordinamento con l’Unione Europea: l’approdo sulle nostre coste di tanti disperati scappati da guerra e fame non significa che l’immigrazione sia un problema solo dell’Italia. E’ l’Europa a doversi prendere carico di chi versa in queste condizioni».
E nonostante il ministro delle Riforme, Umberto Bossi, dichiari «Speriamo che non arrivino, ma se succede li mandiamo in Francia e Germania», il Viminale ha diramato alle prefetture lo stato di allerta, chiedendo anche ai sette uffici del governo presenti in Veneto di avviare una ricognizione dei siti di proprietà demaniale nei quali eventualmente poter ospitare i profughi e dei terreni idonei ad allestire temporanei campi di accoglienza. La prefettura di Venezia ha già avviato il monitoraggio, chiedendo la collaborazione degli enti locali. Che non tarda ad arrivare. «E’ un’emergenza la cui soluzione deve riguardare tutte le istituzioni, laiche e religiose— riflette Francesca Zaccariotto, presidente della Provincia di Venezia—il territorio veneziano non potrà non esserne toccato e dovrà farsene in qualche misura carico». In prima linea anche la Caritas. Annuncia il delegato triveneto, don Giovanni Sandonà: «Già da lunedì della scorsa settimana Caritas italiana, in continuo contatto con le sedi regionali che potrebbero essere interessate dall’arrivo di migranti dal Nordafrica e su richiesta del ministero dell’Interno, sta interagendo con le diverse istituzioni per vedere come assicurare il proprio contributo. Anche attraverso la rete delle Caritas Diocesane e nel rispetto della sua mission. Cosa questo comporterà da un punto di vista operativo sarà chiaro nei prossimi giorni ».
Sul fronte della politica, il governatore Luca Zaia replica al collega siciliano Raffaele Lombardo, che sul suo blog ha scritto: «Gli immigrati vanno sistemati in un territorio nel quale ci siano opportunità di lavoro, come la Lombardia o il Veneto». «Lombardo ha perso un’occasione per stare zitto—attacca Zaia —se il principio è di accogliere i profughi dove c’è lavoro, allora andrebbero espulsi tutti subito non dico dal Veneto o dalla Siciliama dall’Italia, poichè di impiego ormai ce n’è poco ovunque. Quello del presidente della Sicilia mi pare un federalismo di ritorno, inoltre la sua regione conta 27 mila forestali e 100 mila dipendenti pubblici, perciò dispone di un apparato più che sufficiente a fronteggiare l’emergenza ». Polemica Mara Bizzotto, parlamentare europea della Lega e autrice di un’interrogazione urgente che sollecita un intervento della Ue sull’emergenza africana: «Le sparate di Lombardo sono pure fesserie, rasentano la follia e vanno rispedite al mittente». Ma l’onorevole Antonio De Poli, segretario regionale dell’Udc, chiama il time-out: «Sono discorsi inopportuni davanti alla tragedia in corso. Le speculazioni di Zaia e Lombardo sono poco rispettose: stiamo parlando di persone, non di pacchi». Michela Nicolussi Moro Marco Bonet
Basilicata. De Filippo: “Abbiamo sacrificato agricoltura e turismo. L’effetto Nimby non c’è stato”. 21 febbraio 2011. Rispondendo oggi al cronista della Repubblica, il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo ha detto a proposito della ricontrattazione delle royalties: “da parte dell’Esecutivo abbiamo ricevuto la massima disponibilità e già nei prossimi giorni dovrebbero arrivare le indicazioni sui nomi dei rappresentanti del Governo e della Regione al tavolo e speriamo di poter chiudere la stesura di un primo documento nel giro di un mese per poter allargare il confronto alle compagnie [...] siamo una regione del Mezzogiorno con problemi di occupazione e sviluppo e rendiamo un servizio al Paese: per ora l’effetto Nimby non c’é stato anche se abbiamo sacrificato alcune potenzialità di agricoltura e turismo”. Parola di Presidente! Signor presidente, ma all’ambiente ed alla salute chi pensa?
Martignano. «Idraulico salentino ha evaso 1.650.000 euro». MARTIGNANO (LECCE) – La Guardia di finanza ha scoperto un’evasione fiscale milionaria che sarebbe stata compiuta da un idraulico di Martignano di 60 anni, completamente sconosciuto al fisco, che tra il 2005 e il 2010 avrebbe evaso 1.650.000 euro, di cui 1.500.000 di base imponibile e 150.000 di Iva. L’uomo è stato denunciato. I finanzieri che hanno ricostruito il volume d’affari dell’artigiano che opera nel settore dell’impiantistica idraulico-sanitaria, e hanno accertato che l’uomo ha ricevuto numerosi bonifici per lavori idraulici compiuti nell’ambito di interventi di ristrutturazione immobiliari, ma non ha mai presentato le dichiarazioni annuali dei redditi. Oltre che all’ autorità giudiziaria, l’uomo è stato segnalato all’Agenzia delle Entrate per il recupero delle imposte evase.
Viggiano. Mascherata da Zorro rapina ufficio postale. di MASSIMO BRANCATI. Ci ha riprovato. Dopo la truffa del sangue di Padre Pio (il liquido sulla statua del santo che aveva in casa era il suo, non il frutto di un miracolo) ha tentato un’altra strada per fare soldi facili. Pensava che la maschera potesse rendere irriconoscibile il suo volto. Come Zorro... in gonnella. Ma quel pezzo di stoffa come «contorno occhi» non ha impedito agli impiegati di descriverne le fattezze ai carabinieri. E così è finita in manette Rosa Donnarummo, 49 anni, che poche ore prima aveva compiuto una rapina nell’ufficio postale di Marsicovetere. La donna «mascherata» è entrata nel locale impugnando un oggetto metallico (non è chiaro se si trattava di un’arma vera e propria). Dopo essersi fatta consegnare 3.000 euro si è dileguata per le vie del centro. I carabinieri di Viggiano, guidati dal capitano Sabato D’Amico, l’hanno subito rintracciata sulla scia dell’identikit fornito dagli impiegati. Quasi un gioco da ragazzi. La donna, dopo l’arresto, è stata colta da una crisi epilettica (si trova ricoverata in ospedale).
Non è la prima volta che Donnarummo ha a che fare con le forze dell’ordine. È lei, come dicevamo, l’autrice della truffa del sangue di Padre Pio. Nella sua casa di Marsicovetere, il 25 maggio del 2005, dalla statua del santo di Pietrelcina, che custodiva in giardino, fuoriuscì un liquido rosso. Sangue. Si gridò al miracolo con centinaia di fedeli che giungevano da ogni parte del Sud. La Chiesa, per la verità, rimase sempre in una posizione di attesa di fronte al fenomeno. Non si sbilanciò. E fece bene, perché non si trattava di miracolo. Non solo la lacrimazione non si rivelò veritiera, ma dopo prolungate indagini gli inquirenti ipotizzarono ai danni della proprietaria di casa, Donnarummo per l’appunto, il reato di «abuso della credulità popolare». La signora fu denunciata in stato di libertà.
Dalla data del primo «avvistamento» il cortile di quella casa era diventato meta di veri e propri pellegrinaggi. E non era raro vedere fedeli che omaggiavano il simulacro del Santo di monili in oro e altri oggetti preziosi. Il sangue che sgorgava dal viso di San Pio, insomma, si stava rivelando un affare. Ma la donna che stava abusando della suggestione e credenza popolare non aveva fatto i conti con i carabinieri. Infatti la compagnia di Viggiano, dopo l’attività investigativa condotta in collaborazione con il Ris di Roma, constatò che il liquido ematico rinvenuto sulla statua aveva lo stesso codice genetico (Dna) della persona sospettata. Un banale trucco. Come la maschera di Zorro indossata per fare la rapina all’ufficio postale.
Vibo Valentia. Vibo: arrestati per bancarotta due imprenditori. Mercoledì 23 Febbraio 2011 08:20. Un'operazione della Guardia di finanza di Vibo Valentia e' in corso per l'arresto di due imprenditori accusati di bancarotta fraudolenta. Contestualmente, i finanzieri stanno sequestrando due imprese operanti nel settore edile, per un valore di circa due milioni di euro. L'inchiesta, coordinata dalla Procura di Vibo Valentia, si riferisce al fallimento di una societa' edile del Vibonese. Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria, gli arrestati ed altre due persone, indagate in stato di liberta', avrebbero compiuto una serie di violazioni nel corso delle procedure fallimentari, compresa la sottrazione di beni dall'azienda in liquidazione. Le due societa' edili sequestrate operano una a Filandari ed una a Reggio Calabria. Ad uno degli arrestati sono stati concessi i domiciliari.
Reggio Calabria. Omicidi impuniti e sconfitte dello Stato. 23/02/2011. di DOMENICO LOGOZZO. Undici giugno 1980, Rosarno, ucciso il segretario del Pci, Peppino Valarioti: nessun colpevole; 8 agosto 1991, Campo Calabro, ucciso il giudice Antonino Scopelliti: nessun colpevole; 24 settembre 1990, Bovalino Superiore, ucciso il brigadiere Antonio Marino: nessun colpevole. È assurdo che, a distanza di tanti anni, lo Stato non riesca ancora a rendere giustizia ai coraggiosi nemici della ’ndrangheta. Se lo chiedono, angosciati, i familiari delle vittime, se lo chiedono, allarmati, i calabresi che si battono giorno dopo giorno contro l'anti Stato, contro la criminalità organizzata che ammazza e rimane impunita. L'ennesima uccisione di un fedele e onesto servitore dello Stato rimasta “senza colpevoli”, è quella brigadiere dei carabinieri Antonio Marino, comandante della stazione dei carabinieri di Platì. Venti anni sono passati invano. Assoluzione per i presunti responsabili dell'esecuzione mafiosa. Stato sconfitto. Ennesima beffa per le vittime della mafia che ci hanno rimesso la vita per garantire il rispetto della legge in territori dove purtroppo impera l'illegalità e la mafia semina terrore e morte. «È una cosa assurda» ha detto Rosetta Vittoria Dama al cronista del Quotidiano della Calabria, quando ha saputo la notizia delle assoluzioni per l'uccisione del marito. Un altro delitto impunito, che provoca sgomento tra i calabresi buoni e onesti. Troppi assassini in libertà, spavaldamente in giro nelle nostre città e nei nostri paesi, pronti a colpire nuovamente, con ferocia bestiale. Killer sanguinari, senza scrupoli. Esecutori di sentenze emesse dai capimafia, per togliere di mezzo le persone scomode. Come Peppino Valarioti, assassinato perché a Rosarno voleva impedire alle cosche di comandare su tutto e su tutti: politica, appalti, agricoltura. Tutti “affari” che dovevano essere “Cosa loro” e non libera scelta dei cittadini rispettosi della legge e della convivenza civile. Una bocca che doveva essere chiusa per sempre. E così è stato, nella notte di giugno, dopo che il segretario del Pci aveva festeggiato il positivo risultato elettorale, il piombo assassino ha trasformato la grande gioia in un grande lutto. E oggi, a oltre 30 anni dalla “esecuzione”, viene coraggiosamente chiesta dalla gente onesta di Rosarno la riapertura del caso, nella speranza di arrivare finalmente alla condanna dei mandanti e degli esecutori dell'omicidio. E non sono stati neppure condannati i mafiosi che hanno ideato e attuato a Campo Calabro, l'agguato al giudice-galantuomo Antonino Scopelliti. Una vita per la legalità. Contro tutte le inique azioni che a partire dagli anni settanta avevano avvelenato l'Italia democratica. “Cosa Nostra” gli aveva offerto diversi miliardi per “aggiustare” un processo. Ma Scopelliti non si era fatto corrompere. Non aveva ceduto. Non si era fatto intimorire. La legalità prima di tutto. La giustizia. È morto per la giustizia. Ma ancora non è stata fatta giustizia sulla sua morte. La figlia Rosanna, una ragazza coraggiosa, forte e determinata, si sta battendo per giungere alla identificazione e alla condanna dei responsabili. È riuscita a squarciare il lungo e assurdo silenzio. Una “rimozione dalla memoria” che alcuni giorni dopo l'omicidio il giudice Giovanni Falcone aveva denunciato. Si trattava di un delitto eccellente. “Cosa nostra” aveva fatto fuori un nemico pericolosissimo. E questo doveva far riflettere chi istituzionalmente aveva il dovere di valutare la gravità del colpo inferto allo Stato. Invece non è stato così. I colpevoli non sono stati mai puniti. Ha vinto la mafia. Ha perso lo Stato. A questo proposito è più che mai opportuno ricordare una riflessione del giudice Giovanni Falcone morto nella strage di Capaci. Parole illuminanti, pronunciate oltre vent’anni fa, ma che restano di grande attualità. Analisi spietata e impietosa. «Tutti i processi in cui non si riesce a tenere in carcere i colpevoli sono una sconfitta dello Stato», diceva Falcone, e aveva ragione, tanta ragione. Lo confermano, ancora oggi, i fatti. Lo Stato risponda adeguatamente all'anti Stato, alla criminalità organizzata che si espande minacciosamente e che penalizza e umilia la Calabria.
San Benedetto del Tronto. L’Unità d’Italia di festeggia a tavola. La Spedizione dei Mille ripercorsa attraverso un originalissimo itinerario enogastronomico. Appuntamento giovedì 24 febbraio presso la Degusteria del Gigante di San Benedetto dove si svolgerà una cena-evento dal sapore tutto patriottico. Proprio a tavola, il luogo che più di ogni altro è riuscito nella storia a unire e avvicinare, si festeggiano i 150 anni dell'Unità d'Italia. Sarà un viaggio tutto enogastronomico e dal sapore patriottico quello che verrà proposto giovedì 24 febbraio alle ore 21,  alla Degusteria del Gigante di San Benedetto del Tronto. Il ristorantino che si trova nel vecchio incasato della città rivierasca, in collaborazione con La Bottegola, deliziosa rivendita di vini, salumi e formaggi di Villa Sant'Antonio (AP), propone una cena-evento  dai colori verde, bianco e rosso. L'intento è quello di ripercorrere la Spedizione dei Mille attraverso il gusto, valorizzando così tutto ciò che, a livello enogastronomico, rende la nostra nazione unica e apprezzata in tutto il mondo. Un'idea nata dalla fantasia del proprietario della degusteria Sigismondo Gaetani e del titolare della Bottegola Raimondo Cinciripini e che sarà realizzata dall'estro e dalla professionalità dei due giovanissimi chef del ristorantino sambenedettese: Sabrina Tuzi e Luigi Damiani.
L'originalissimo menu si articola con la proposta di piatti divisi in base alla loro provenienza geografica e articolati seguendo l'itinerario dei Mille.
Si inizia con la farinata di ceci con robiola di Roccaverano con nocciole e riduzione di Barbera: un antipasto che omaggia i sapori della Liguria e del Piemonte per riecheggiare la partenza da Quarto (Genova), 4 maggio 1860.
Gli arancini di ragù e ragusano con fonduta di canestrato saranno il secondo antipasto della serata, ideato per omaggiare i sapori della Sicilia, dove sbarcarono i Mille (a Marsala), l'11 maggio del 1860. Il primo piatto sarà un lunghetto all'uovo, con pomodori secchi, cipolle di Tropea e ricotta affumicata: un viaggio nei sapori della Calabria, a ricordo della conquista del Regno delle due Sicilie e della battaglia di Reggio a Porto Salvo del 19 agosto 1860.
Con il pacchero di Gragnano con pomodoro, basilico e fiordilatte, si prosegue il gustosissimo viaggio nella nostra storia. Questo accostamento vuole esplorare i sapori della Campania e ricordare la battaglia di Gaeta contro l'Impero Borbonico del 7 settembre 1860.
Per il primo dei due secondi piatti in programma, torniamo nella nostra regione, dove ci delizieremo  con l'umido di carne marchigiana con frascarelli al pecorino. Un rimando questo alla battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860.
Seguirà poi un predessert con i sapori della Campania che prenderà la forma di un dolce sandwich di bufala con cui si vuole commemorare l'incontro di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II a Teano (26 ottobre 1860).
L'unità nazionale sancita il 17 marzo del 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia e di Torino Capitale sarà riproposta con la dolcezza dei dessert piemontesi. Il costo della cena sarà di 35 euro, con i vini della Degusteria. Per informazioni e prenotazioni contattare il numero 3356076707. 22/02/2011
Annullato il concerto di Apicella. Prevendita flop: un solo biglietto venduto per lo show in programma il 10 marzo agli Arcimboldi. MILANO - «Gli organizzatori del concerto del M° Apicella hanno informato il Teatro degli Arcimboldi che il concerto previsto per il giorno 10 marzo è rinviato. Non appena sarà definita la nuova data, ne daremo informazione. Per le modalità di rimborso dei biglietti consultare il sito www.ticketone.it». Questo il comunicato che appare sul sito del Teatro degli Arcimboldi, in relazione allo spettacolo in programma per giovedì 10 marzo. Il titolo, «Concerto annullato», lascia intendere che difficilmente sarà fissata una nuova data per lo chansonnier preferito di Silvio Berlusconi. Lo show era stato messo in prevendita a prezzi non esattamente stracciati: da 20 a 45 euro per un biglietto. Ma Ticketone - la notizia rimbalza su Internet - di questi biglietti ne avrebbe venduto uno solo. Da qui la decisione di rinunciare. Tra l'altro, il concerto era stato fissato prima che scoppiasse il caso Ruby. Vista la situazione, si poteva temere che la serata finisse in una contestazione contro il premier. Gli organizzatori stessi, perciò, si sarebbero tirati indietro.

Quando finirà la notte. di Barbara Spinelli, da Repubblica, 23 febbraio 2011. C’è qualcosa, nel successo strappato a Sanremo dalla canzone di Vecchioni, che intrecciandosi con altri episodi recenti ci consente di vedere con una certa chiarezza lo stato d’animo di tanti italiani: qualcosa che rivela una stanchezza diffusa nei confronti del regime che Berlusconi ha instaurato 17 anni fa, quando pretese di rappresentare la parte ottimista, fiduciosa del Paese.
Una stanchezza che somiglia a un disgusto, una saturazione. Se immaginiamo i documentari futuri che riprodurranno l’oggi che viviamo, vedremo tutti questi episodi come inanellati in una collana: le manifestazioni che hanno difeso la dignità delle donne; la potenza che emana dalle recite di Benigni; il televoto che s’è riversato su una canzone non anodina, come non anodine erano le canzoni di Biermann nella Germania Est o di Lounes Matoub ucciso nel ‘98 in Algeria. Può darsi che nei Palazzi politici tutto sia fermo, che il tema dell’etica pubblica non smuova né loro né la Chiesa. Ma fra i cittadini lo scuotimento sfocia in quest’ansia, esasperata, di mutamento. A quest’Italia piace Benigni quando narra Fratelli d’Italia. Piace Vecchioni quando canta la "memoria gettata al vento da questi signori del dolore", e "tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero, così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il pensiero". Quando conclude: "Questa maledetta notte dovrà pur finire". Poiché si estende, il senso di abitare una notte: d’inganni, cattiveria, sfruttamento sessuale di minorenni. C’è voglia che inizi un risveglio. Che la politica e anche la Chiesa, cruciale nella nostra storia, vedano la realtà dei fatti dietro quella pubblicitaria. Massimo Bucchi aveva anticipato, in una vignetta del 19 gennaio 2010, questa rivolta contro il falso futuro promesso dai signori del dolore: "Ha da passà ‘o futuro!". Erano i giorni in cui il governo non s’occupava che di legittimo impedimento, di lodo Alfano costituzionale, di processo breve. Immobile, il tempo ci restituisce senza fine l’identico. Quel 19 gennaio, il Senato si riunì per commemorare Craxi. Colpito poco prima a Milano dalla famosa statuetta, Berlusconi annunciava "l’anno dell’amore".
Forse ricorderemo gli anni presenti per questa collana di eventi, che pian piano travolse giochi parlamentari, patti con un potere imperioso e tassativo con gli altri, mai con se stesso. Ricorderemo questa domanda di politica vera. Ricorderemo, infine, i tanti che non hanno visto montare la marea della nausea, che hanno consentito al peggio per noia, o rassegnazione, o calcolo di lobby. Cerchiamo di non dimenticarlo: ben 315 parlamentari hanno votato un testo, il 4 febbraio, in cui si sostiene che Berlusconi liberò Ruby perché, ritenendola nipote di Mubarak, voleva "evitare un incidente diplomatico".
Ma soprattutto, colpirà nei documentari futuri l’inerte ignavia dei vertici della Chiesa, l’orecchio aperto solo ai potenti, il rifiuto - così poco cristiano - di dire male del male solo perché da questo male sgorgano favori; perché i governanti concedono alla Chiesa il monopolio sui cosiddetti valori non negoziali (il dominio sulla vita e la morte, essenzialmente) purché siano lasciati in pace quando violano la Costituzione, fanno leggi per sottrarsi alla giustizia, mostrano di non sapere neppur lontanamente cosa sia la decenza pubblica. La canzone di Vecchioni, la recita di Benigni, sono punti di luce in una chiusa camera oscura; sono una forza che sta di fronte alla formidabile forza del regime. Una forza cocciuta, insistente, cui l’opposizione è estranea e ancor più la Chiesa. L’insurrezione interiore avviene anche dentro il mondo cattolico: si parla di un 30 per cento di refrattari, tra frequentatori della messa e presbiteri. Basta scorrere le innumerevoli lettere che parroci e preti scrivono contro i dirigenti in Vaticano, per rendersene conto. Sono lettere d’ira, contro la loro acquiescenza. Micromega dà ai dissidenti il nome di altra Chiesa e sul proprio sito li rende visibili. Le pagine dei lettori sulla rivista di attualità pastorale Settimana sono fitte di denunce del berlusconismo.
Quest’altra chiesa non ne può più dei compromessi ecclesiastici con una destra che nulla ha ereditato dalla destra storica che fece l’unità d’Italia. Ha riscoperto anch’essa il Risorgimento, la Costituzione del ‘48. Condivide il dover-essere dei cattolici che Alberto Melloni riassume così: "Una dedizione alla grande disciplina spirituale, un primato vissuto del silenzio orante, un abito di umiltà, un’adesione alla democrazia costituzionale come ascesi politica" (Corriere della Sera 19-12-10, il corsivo è mio).
Tra i criticati il cardinale Bagnasco, che critica il Premier ma per non sbilanciarsi vitupera non meno impetuosamente i magistrati. O che denuncia un disastro antropologico contro il quale però non pronuncia anatemi, preferendo alla chiarezza il torbido di alleanze tra Pdl e Casini che mettano fuori gioco Fini e le sinistre, troppo laici. Contro questo insorgono tanti preti: "Vedete quanto è pericoloso tacere?", chiedono citando Agostino. L’empio pecca, ma è la sentinella che ha mancato: "Chi ha trascurato di ammonirlo sarà giustamente condannato".
Nei paesi nordafricani vigeva simile spartizione di compiti: ai despoti il dominio politico, alle moschee la libertà di modellare l’intimo delle coscienze. L’accordo di scambio sta saltando ovunque, tanto che si parla di fallimento colossale di quella che gli Occidentali chiamavano stabilità. È in nome della stabilità che Berlusconi ha chiamato Mubarak un saggio, e ha detto non voler "disturbare" Gheddafi poco prima che questi bombardasse i libici facendo centinaia di morti. È la stabilità il valore che anima tanti responsabili in Vaticano, perché essa garantisce prebende varie, sconti fiscali per le case-albergo dei religiosi, finanziamenti per scuole.
In cambio si elargiscono indulgenze. Berlusconi dice parole blasfeme, e mons. Fisichella invita a "contestualizzare" la bestemmia. Il Premier è accusato di concussione e prostituzione minorile, e la Chiesa giudica "abnorme" la sua condotta come quella dei magistrati. Afferma Nogaro, vescovo emerito di Caserta: "Noi rimaniamo nello sgomento più doloroso vedendo i gesti farisaici delle autorità civili e religiose, che riescono ad approdare a tutti i giochi del male, dichiarando di usare una pratica delle virtù più moderna e liberatoria." (Micromega 1/11).
Altri presbiteri ammoniscono contro leggi liberticide sul testamento biologico. Don Mario Piantelli, parroco di San Michele Arcangelo, si associa "alle richieste che da molte parti d’Italia sono indirizzate ai vertici ecclesiastici di alzare forte la voce e di compiere azioni profetiche nei confronti del governo Berlusconi. È necessario un supplemento di libertà evangelica per sganciarsi decisamente da un sistema di governo che, attraverso benefici e privilegi, sembra avvantaggiare il "mondo ecclesiastico", e in realtà aliena e impoverisce i credenti".
La Chiesa ebbe comportamenti non diversi nel fascismo. Sta macchiandosi di colpe simili, e nessuno sguardo profetico l’aiuta a vedere gli umori d’un paese che cambia, che magari non vota opposizione ma è stufo di quel che succede. Che comincia a guardare se stesso, oltre che l’avversario. Il cartello più nuovo, nella manifestazione delle donne, diceva: "Bastava non votarlo". Bastava la virtù dei primordi cristiani: la parresia, il parlar chiaro.
Nel filmato futuro che dirà il nostro oggi saranno convocati gli storici. Potranno imitare Benedetto Croce, quando nei Diari, il 2-12-’43, si mise nei panni di Mussolini e scrisse: "Chiamato a rispondere del danno e dell’onta in cui ha gettato l’Italia, con le sue parole e la sua azione e con tutte le sue arti di sopraffazione e di corruzione, potrebbe rispondere agli italiani come quello sciagurato capopopolo di Firenze(…) rispose ai suoi compagni di esilio che gli rinfacciavano di averli condotti al disastro di Montaperti: "E voi, perché mi avete creduto?"". (23 febbraio 2011)
 

Nessun commento: