Sezione Forza Bignasca, che Luis oggi non c’e’:
1. Lugano. Il Canton Ticino alle urne con la sindrome anti-italiana.
2. San Marino. 4.000 posti di lavoro a rischio nella sola provincia di Rimini.
3. Bozen. Il Pd chiede subito una verifica alla Svp su toponimi e rapporti Comune-Provincia.
Sezione tragedia annunciata:
4. Treviso. Il Presidente leghista Muraro: L'Unità d'Italia? Una tragedia.
5. Milano. Unità d'Italia, Boni: in Regione si lavora.
6. Milano. Lega: «Alla festa per l'Italia invitiamo gli austriaci e gli eredi di Garibaldi».
7. Firenze. Tracce dell'Unità d'Italia in Santa Croce. Nasce percorso di riflessione.
Sezione appelli, piu’ o meno disperati:
8. Venezia. In Veneto si è dimezzato il posto di lavoro sicuro.
9. Napoli. San Paolo, il centro medicina alternativa è prossimo alla chiusura: ma è in attivo.
10. Palermo. “Triscele vanto per la Sicilia. Le nostre radici più antiche di quelle cristiane”.
11. Precari Altamurani: Appello al ministro Raffaele Fitto.
12. Uscire dall’Italia feudale con l’economia di relazione.
1. Lugano. Il Canton Ticino alle urne con la sindrome anti-italiana. Frontalieri, scudo fiscale, criminalità d'importazione al centro della campagna elettorale. LUGANO - Tranquilli: nonostante le roboanti dichiarazioni di Giuliano Bignasca, segretario della Lega dei Ticinesi, il muro in cemento armato alto quattro metri che dovrebbe separare Lombardia e Canton Ticino non verrà mai costruito. Trattasi di sparata ai fini elettorali che non potrà concretizzarsi per la «banale» ragione che la Svizzera ha sottoscritto un accordo con la Ue per la libera circolazione delle persone. Ma il muro sollecitato dai leghisti svizzeri è al tempo stesso un segnale dell'aria che tira in Ticino con l'approssimarsi delle elezioni cantonali in calendario il 10 aprile prossimo: il tema dei rapporti non idilliaci con l'Italia e la Lombardia in particolare è in testa all'agenda dei partiti. Ovviamente non tutti la prendono allo stesso modo; e alle guasconate di Bignasca (il cui partito però detiene la maggioranza relativa al di là del confine) fanno da contraltare le denunce di esponenti di sinistra (ad esempio il socialista Saverio Lurati) preoccupati dalla corsa al ribasso dei salari dovuta proprio al continuo approdo in Ticino di manodopera italiana. Il flusso di pendolari principalmente dalle province di Varese, Como e Sondrio non è stato intaccato dalla crisi; anzi, le rilevazioni più recenti dicono che in un anno l'esercito dei frontalieri è cresciuto del 4,6%, superando abbondantemente quota 45mila lavoratori. Il dumping salariale che ne consegue (gli italiani si accontentano di salari inferiori ai 3mila franchi mensili, uno stipendio con il quale è impossibile vivere in Svizzera) è usato da partiti tanto di destra quanto di sinistra per sollecitare consensi.
A ciò si aggiunga lo scudo fiscale di Tremonti che a Lugano è visto ancor oggi come un affronto alla dignità nazionale elvetica mentre l'ultimo punto di frizione tra Italia e Svizzera riguarda la criminalità. Negli ultimi mesi è stata registrata un'impennata di rapine nei paesi vicini al confine e i banditi sono sempre scappati in direzione dell'Italia. Il sospetto, in Ticino, è che i malviventi approfittino dei controlli divenuti più blandi alle frontiere (dopo l'ingresso degli elvetici nell'area Schengen) per commettere reati in Svizzera e tornare impuniti in Lombardia. Persino un partito moderato come il Ppd nei giorni scorsi aveva chiesto un inasprimento dei controlli lungo la frontiera; sempre meglio del muro sollecitato dalla Lega che ritiene l'Italia incapace di controllare il flusso di fuggiaschi in arrivo dal Nordafrica.
«Ma io lo avevo detto almeno tre mesi fa: frontalieri, scudo fiscale e criminalità di importazione sarebbero stati i temi centrali della campagna elettorale per le elezioni cantonali»: di rientro da due settimane di vacanza, gongola Pierre Rusconi leader ticinese dell'Udc, partito dell'ultradestra svizzera, da sempre strenuo difensore dell'«isolazionismo» svizzero. Solo che Rusconi aveva scelto per la sua battaglia politica simboli perlomeno discutibili, identificando i lavoratori italiani come ratti famelici all'assalto del formaggio svizzero. «Mi avevono tacciato di fare discorsi da bar e di essere xenofobo - dice adesso Rusconi - noto che le questioni da me sollevate sono adesso al centro del dibattito di tutti i partiti». Difficile che il parlamento cantonale del Ticino possa intervenire su questioni che riguardano i rapporti internazionali tra stati, il «richiamo della foresta» alla difesa degli interessi concreti locali potrà comunque servire come argomento in campagna elettorale. Per inciso, Lega e Udc, le formazioni più agguerrite sul fronte anti italiano, hanno stretto un patto di ferro: l'Udc appoggerà i candidati leghisti per il governo cantonale mentre i due partiti si presenteranno apparentati alle elezioni per il parlamento di Berna previste in ottobre. Claudio Del Frate
2. San Marino. 4.000 posti di lavoro a rischio nella sola provincia di Rimini. Senza accordo tra Italia e San Marino è compromessa una parte importante dell’economia provinciale.
[c.s.] La situazione dei rapporti fra Italia e San Marino sta diventando insostenibile e a farne le spese sono i seimila cittadini Italiani che tutti i giorni attraversano il confine dei due stati per recarsi sul posto di lavoro. Il grave pericolo è che il perdurare di questo stato di fatto porti al crollo del sistema economico della piccola Repubblica con la conseguente perdita dei posti di lavoro per tutti gli Italiani ivi occupati. Questo comporterebbe il riversamento di seimila nuovi disoccupati nei rispettivi comuni di residenza in un paese, il Nostro, che già vive un momento di recessione senza pari e che non sarebbe assolutamente in grado di assorbire tale impatto. Al contrario la Repubblica di San Marino è stata fino ad ora un importante motore economico per tutto il territorio circostante.
Quattromila di questi frontalieri sono residenti nella provincia di Rimini e lo scenario che si prospetta all’orizzonte è di forte disagio sociale in cui altrettante famiglie si troverebbero senza reddito, costrette a ricorrere a quegli istituti necessari a tutelare il proprio sostentamento e la dignità personale.
Lo scenario attuale non disegna più soltanto un problema di rapporti politici tra Stati ma stravolge l’economia reale tanto della Repubblica di San Marino quanto nei comuni Italiani limitrofi e intendiamo l’economia vera, quella che produce, quella che crea ricchezza e della quale non si parla mai.
Tutto questo senza nulla togliere alla doverosa azione di governo verso la tutela del Nostro patrimonio finanziario e di chi sfrutta paesi come la Repubblica di San Marino (e non solo) per trarne illeciti profitti, ma questa azione non può e non deve penalizzare chi lavora onestamente, ogni giorno, alla luce del sole, producendo reddito e benessere tanto per San Marino che per l’Italia.
Premesso ciò noi sottoscritti Sindaci della Valmarecchia auspichiamo che:
1. I rapporti tra i due Stati tornino ad essere di reciproca collaborazione, considerando la particolarità e le relative opportunità che la Repubblica di San Marino può offrire anche all’Italia.
2. Lo stato di San Marino ponga fine alla politica discriminatoria nei confronti dei lavoratori Italiani e torni a rispettare i Principi Costituzionali e di Equità Sociale.
3. Lo stato italiano trovi una soluzione equa alla doppia imposizione per arrivare ad una legge definitiva sul trattamento fiscale dei lavoratori frontalieri, a partire dall’aumento dell’attuale franchigia ferma dal 2003 a 8 mila euro.
4. Le “Parti” prendano atto che qualsiasi azione intrapresa verso la Repubblica di San Marino non è fine a se stessa ma tocca inevitabilmente anche tutti i territori Italiani limitrofi, interconnessi in un unico sostanziale tessuto sociale ed economico .
E’ indispensabile ripristinare i rapporti di “buon vicinato” sui quali si è sempre retto un sistema economico finanziario di cui i beneficiari non sono stati soltanto i sammarinesi ma anche tutti gli Italiani che hanno contribuito allo sviluppo dell’economia REALE di quel paese .
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3. Bozen. Il Pd chiede subito una verifica alla Svp su toponimi e rapporti Comune-Provincia. BOLZANO. Dalla toponomastica al welfare, alla scuola, passando per i rapporti tra Provincia e Comune. La segreteria del Pd ha preparato ieri i temi più importanti da affrontare nel vertice sollecitato alla Svp. Sarà il segretario Antonio Frena a chiedere all'Obmann Richard Theiner di fissare un incontro tra delegazioni. Il filo conduttore, ormai è chiaro, sarà «no alle forzature sui temi della convivenza». La presenza del sindaco Luigi Spagnolli, degli assessori del Pd Chiara Pasquali e Mauro Randi, e della capogruppo Franca Berti ha portato ieri sera ad allargare il discorso anche ad alcune questioni più amministrative legate a Bolzano. Prima la verifica con la Stella Alpina. Essendo partito tutto dal caso delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia, sarà un incontro prevalentemente politico, anticipa il segretario Antonio Frena, «che darà molto spazio al tema dei rapporti tra gruppi linguistici». Sulla toponomastica, da tempi non sospetti il Pd ha rifiutato di firmare il disegno di legge della Svp e ora appoggia la richiesta di tutti i consiglieri italiani di garantire una pausa di sei mesi per costruire un testo condiviso. Soprattutto, come ha messo in chiaro la deputata Luisa Gnecchi, non si prenda nemmeno in considerazione una norma di attuazione che spiani la strada a una legge provinciale su misura dei desideri Svp. Le elezioni anticipate sembrano passate in secondo piano, ma il Pd chiederà alla Svp che intenzioni abbia per i prossimi anni. Frena la butta sul ridere: «Michaela Biancofiore sostiene che tra Svp e Pdl l'alleanza è ormai cosa fatta. Non varrà nemmeno la pena di porre domande». In realtà il Pd ha incassato ieri lo stop della Svp al nuovo gruppo al Senato come era stato ideato da Helga Thaler Ausserhofer e Manfred Pinzger. Frena commenta: «Spero che la Svp abbia messo in chiaro che non farà spudoratamente da stampella all'impresentabile governo Berlusconi. Spero che la riunione di questa sera (ieri, ndr) abbia fissato alcuni paletti. Ci fidiamo del senatore Peterlini, che ha parlato molto chiaro su questo tema». Convivenza significa anche conoscere bene le due lingue. Frena anticipa: «Con la Svp vogliamo parlare di bilinguismo e di come sviluppare meglio nelle scuole la presenza di italiano e tedesco». Reduci dal congresso degli Arbeitnehmer, i vertici del Pd chiederanno alla Svp se nei prossimi anni di legislatura si terrà fede alla linea finora seguita di garantire un bilancio congruo a sociale, scuola e innovazione. A proposito dei rapporti tra Provincia e Comune, l'argomento più urgente sono le aree che Palazzo Widmann chiede a Bolzano per realizzare le case per il ceto medio. L'assessore Christian Tommasini sta preparando i bandi. Ieri confronto con Spagnolli e Chiara Pasquali, che hanno ribadito «non toccheremo il verde agricolo». Il discorso si è poi allargato a temi più amministrativi. Tra questi piazza Don Bosco, uno dei progetti su cui il Pd insiste a Bolzano. L'area è stata trasferita dall'Ipes al Comune. Non ci sono più ostacoli al progetto. In attesa dei servizi a Casanova, è stato detto ieri, Provincia e Comune potranno organizzare progetti culturali per il quartiere, come a Firmian. Intanto prosegue la raccolta firme a Bolzano per la campagna nazionale del Pd «Berlusconi dimettiti - 10 milioni di firme per mandarlo a casa». Oggi tre appuntamenti per sottoscrivere l'appello, che a Bolzano sta raggiungendo quota tremila firme. Dalle 9 alle 12.30 in piazzetta Bersaglio, al mercato rionale di Oltrisarco; dalle 11 alle 12.30 in piazza Innerhofer; dalle 15 alle 18 sul ponte Talvera (lato Theiner).
4. Treviso. Il Presidente leghista Muraro: L'Unità d'Italia? Una tragedia. TREVISO. ''L'Unità d'Italia è una tragedia per le identità territoriali ed economiche sulle quali si basa la ricchezza dell'Europa. E' vero che l'Italia unita era una necessità nel XX secolo, quando per realizzare programmi di sviluppo erano necessari i grandi spazi. Oggi invece, per le piccole identità economiche e territoriali su cui si fonda l'economia globale, l'Unità d'Italia rappresenta una tragedia''. Lo ha detto il presidente leghista della Provincia di Treviso Leonardo Muraro, ospite di KlausCondicio, il talkshow di Klaus Davi in onda su YouTube.
''Io il 17 marzo - ha aggiunto - continuerò a lavorare, non ho soldi a disposizione per festeggiare l'Unità d'Italia, visto che sono 3 anni che non riceviamo un euro da Roma e i nostri soldi sono bloccati nelle scuole e nella viabilità. Ricordo che la Provincia di Treviso, seguendo gli input di una direttiva europea, è stata la prima a ridurre del 50% la mortalità sulle proprie strade''.
''Suggerisco alla razza campana di imitare quella veneta, di alzarsi alle 6 come si fa in Veneto e in provincia di Treviso, di sporcarsi le mani fino alle 20 di sera e, soprattutto, di pensare alla collettività''. Per il presidente leghista della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro, è questa la soluzione per risolvere il problema dei rifiuti in Campania. ''In Veneto - ha aggiunto Muraro - il 33% della persone fa volontariato, qui da noi non si guarda agli interessi propri, ma a quelli della collettività''.
''Sul tema rifiuti - ha insistito Muraro - siamo un esempio per gli amici campani; il Veneto è la regione più virtuosa, la raccolta differenziata è al 70%. Inoltre, per quanto riguarda l'emergenza idrica, noi in Veneto non abbiamo costruito all'interno degli argini dei fiumi, salvo piccolissime realtà rappresentate dalle abitazioni storiche presenti da secoli nelle galene, le quali in caso di calamità non riceveranno la stessa assistenza e gli stessi benefici di chi ha costruito fuori dai canali''.
5. Milano. Unità d'Italia, Boni: in Regione si lavora. Decisione del presidente leghista. Nicoli Cristiani (Pdl): contro la legge. Penati (Pd): aperti per i cittadini. MILANO - Nuovo strappo leghista sui 150 anni dell'Unità d'Italia. Davide Boni, presidente leghista del Consiglio regionale lombardo, ha deciso di disporre l'apertura degli uffici dell'Assemblea il 17 marzo, dopo la spaccatura della settimana scorsa in Cdm con i ministri leghisti che hanno espresso la loro contrarietà alla chiusura degli uffici il giorno della proclamazione della festa nazionale. La decisione sarebbe stata presa dallo stesso Boni e resa nota dalla segreteria generale ai dipendenti, con una circolare di poche righe, in cui «si comunica che gli uffici del Consiglio regionale resteranno aperti nella giornata del 17 marzo, con modalità e operatività che saranno comunicati successivamente». Dall’iniziativa si dissocia il vicepresidente del consiglio Franco Nicoli Cristiani: «E’ una decisione - ha detto a magine dei lavori - che spetta esclusivamente all’Ufficio di Presidenza e non a un unico componente e la decisione non puo’ comunque essere in contrasto con le decisioni del governo».
VIA EMAIL - La notizia dell'apertura del Consiglio il 17 marzo è arrivata per e-mail ai consiglieri, mentre era in corso la seduta che aveva all'ordine del giorno il progetto di legge sui 150 anni dell'Unità d'Italia. Diversi esponenti dell'opposizione - Luca Gaffuri per il Pd e Gabriele Sola per l'Idv - sono intervenuti per criticare la decisione di Boni, che però ha anche provocato la reazione dei due vicepresidenti, visto anche che la decisione non è stata presa dall'Ufficio di presidenza, che nemmeno sarebbe stato informato. Franco Nicoli Cristiani (Pdl), che era di turno al momento dell'annuncio, ha preso la parola per dissentire, guadagnandosi un applauso trasversale: questa decisione «va contro la legge nazionale - si è limitato a dire, con decisione -, noi festeggeremo, credo sia stato un eccesso di zelo da parte della segreteria generale». «Boni - ha invece sostenuto l'altro vicepresidente, Filippo Penati (Pd) - pochi giorni fa aveva addirittura proposto in ufficio di presidenza di chiudere non solo il 17 ma anche il 18 per consentire di fare il ponte: qualcuno della Lega deve avergli fatto una lavata di capo». Penati a questo punto propone di «tenerlo aperto, il Consiglio, non per la burocrazia ma per onorare la festività con una seduta aperta a tutti i cittadini». Redazione online
6. Milano. Lega: «Alla festa per l'Italia invitiamo gli austriaci e gli eredi di Garibaldi». Il Carroccio fa ostruzionismo padano: 220 emendamenti tra revisionismo storico e semplice sberleffo. MILANO - «Il console austriaco o un suo delegato in rappresentanza della parte lesa». Nel comitato che dovrà organizzare le celebrazioni lombarde del 150esimo dell'Unità d'Italia non si potrà non trovare uno strapuntino anche per gli eredi di Cecco Beppe. La richiesta porta la firma del gruppo regionale leghista in un emendamento al progetto di legge bipartisan in discussione da oggi nell'aula del Pirellone. Ostruzionismo padano, tra revisionismo storico e semplice sberleffo. Celebrazioni per altro ridotte ai minimi termini, quelle lombarde, dopo la scure di Tremonti sulle finanze di casa. Un milione di euro o poco più. Diviso tra spese in conto corrente (che serviranno a finanziare le singole celebrazioni) e investimenti per avviare i restyling dei luoghi storici. Qualche esempio? L'ossario di Solferino, la torre mausoleo di San Martino, il museo internazionale della Croce Rossa di Castiglione delle Stiviere.
I lumbard del Pirellone non si limiteranno a votare no. Gli emendamenti allegati al progetto di legge dicono tutto: duecentoventi. Chiedono di rivedere i capitoli di spesa, di spostare le risorse dai festeggiamenti tricolori alle politiche culturali. Ma i consiglieri leghisti hanno lavorato anche di fantasia. Nello stesso comitato promotore, a fianco del console austriaco, dovrà per esempio sedere, «in rappresentanza della famiglia» anche «un discendente di Garibaldi». E poi «un rappresentante dei Kaiserjäger (i cacciatori imperiali austriaci ndr)» e uno «della Veneranda Fabbrica del Duomo». Ma l'emendamento più difficile da soddisfare sarà il numero 157. Nel solito comitato pro celebrazioni, dicono i leghisti, non potrà mancare «un residente ultracentenario presente all'epoca degli avvenimenti storici. Per ogni provincia lombarda».
Il consigliere Massimiliano Orsatti rivendica la crociata anti-risorgimentale: «Le sembra possibile buttare via soldi per organizzare qualche parata, mentre aumentiamo le tariffe dei treni per i pendolari?». Non basta. Secondo Orsatti, il progetto di legge è poco padano in tutti i sensi. «È burocratico, raffazzonato, farraginoso. Mancano venti giorni alla data clou e siamo in evidente ritardo. Altre regioni si sono mosse per tempo e hanno programmato le loro celebrazioni in modo serio. Noi ci siamo ridotti all'ultimo minuto con i risultati che tutti vedono». Oggi in aula sarà battaglia. Il Pd è già all'attacco. Fabrizio Santantonio (con il pidiellino Carlo Saffioti) è il primo firmatario della legge: «Quello della Lega è un atteggiamento irrispettoso e irresponsabile. Irrispettoso perché irride i valori, la memoria e il lavoro di tanti uomini e donne che si sentono a pieno titolo italiani. Irresponsabile perché in un momento delicato come questo mette in dubbio un principio cardine della nostra Repubblica e della Costituzione». Andrea Senesi
7. Firenze. Tracce dell'Unità d'Italia in Santa Croce. Nasce percorso di riflessione. Il percorso comprende le targhe in memoria e i monumenti sepolcrali di 12 protagonisti della storia risorgimentale, da Gustavo Modena a Giovan Battista Niccolini, Daniele Manin, Carlo Botta, Atto Vannucci. Firenze, 22 febbraio 2011 - 'Tracce dell'Unità d'Italia in Santa Croce': da Ugo Foscolo a Giosuè Carducci ai caduti di Curtatone e Montanara. E' stato presentato oggi un percorso di riflessione lungo la storia che porto all'Unità d'Italia attraverso il ricordo di alcuni dei suoi protagonisti, sepolti o commemorati nella basilica di Santa Croce.
''In Santa Croce è conservata la memoria del farsi di un popolo, attraverso la raccolta dei valori e principi di una comunità - ricorda Stefania Fuscagni, presidente dell'Opera di Santa Croce -. La conservazione della memoria dei santi laici della civitas qui ha avuto una particolare declinazione: quella della consacrazione della chiesa a Pantheon e, nel corso dell'Ottocento, Santa Croce si è trasformata nel 'Tempio degli italiani'. Con le tombe dedicate ai contemporanei si afferma la sua fama di spazio privilegiato per la meditazione sui personaggi illustri e sulla nuova nazione nata dal Risorgimento''.
Il percorso comprende le targhe in memoria e i monumenti sepolcrali di 12 protagonisti della storia risorgimentale, da Gustavo Modena a Giovan Battista Niccolini, Daniele Manin, Carlo Botta, Atto Vannucci. E' stato presentato oggi alla presenza del prefetto di Firenze, Paolo Padoin, di Stefania Fuscagni, presidente Opera di Santa Croce, e di Padre Antonio di Marcantonio, rettore della Basilica.
Disperso in Urss: il suo nome è fra quello dei caduti in Santa Croce
8. Venezia. In Veneto si è dimezzato il posto di lavoro sicuro. Tanti stage spesso inutili. CAMBIAMENTO RADICALE. La Cgil mette assieme i dati dell'Inps e dell'agenzia regionale. Assunzioni a tempo indeterminato al 16%: erano il doppio nel 2007 C'è il boom dell'occupazione "a chiamata". Cassa integrazione alta. 22/02/2011. Antonella Benanzato. VENEZIA. Veneto sempre più precario e flessibile. La crisi morde e la regione scopre il lavoro a chiamata. Investe in stage e tirocini formativi senza sbocco lavorativo e vede in ulteriore crescita il ricorso agli ammortizzatori sociali. La fotografia l'ha scattata ieri la Cgil del Veneto basandosi su dati ufficiali dell'Inps e dell'agenzia "Veneto Lavoro" della Regione.
DIMEZZATE LE ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO. Il primo piano è sul calo delle assunzioni a tempo indeterminato precipitate dal 2007 - quando erano al 31,3% del totale - al 16,7% nel 2010. Una percentuale che diventa ancor più allarmante se confrontata con quella della altre aree del Paese. Sul tempo indeterminato, il Veneto risulta fanalino di coda dietro alla media del Nord che è al 21,3%, ma anche alla media italiana che si attesta al 19,4%. In sintesi, negli anni della crisi in Veneto il lavoro a tempo indeterminato è calato più che in tutte le regioni italiane (un terzo in più rispetto alla media nazionale), mentre le nuove assunzioni sono più che altrove all'insegna dell'instabilità.
CASSA INTEGRAZIONE ALTA ANCHE A GENNAIO. Ma il rosario da sgranare è ancora più doloroso, se si guardano i dati sulla cassa integrazione. Nel 2010, ad esempio, le ore totali di Cig sono state oltre 124 milioni: 27,7 milioni di ordinaria, 55,1 di straordinaria e 41,8 di cassa integrazione in deroga per un totale di 75.647 lavoratori che ne hanno fruito nel corso dell'anno. E anche a gennaio 2011 il dato è già consistente: sono 7,5 milioni di ore complessivamente, ripartite tra 1,6 milioni di ordinaria, 2,2 di straordinaria e 3,6 milioni in deroga. Tirando le somme, tra il 2007 e gennaio 2011 si sono bruciati in Veneto 241 milioni di ore di cassa integrazione, pari a 146.058 lavoratori equivalenti, ossia il 10% del totale del lavoro dipendente in regione. Poiché la durata dei periodi di cassa integrazione è varia, in base alla elaborazione del sindacato, un quarto dei lavoratori dipendenti del Veneto sono stati interessati da ammortizzatori sociali.
MOBILITÀ RADDOPPIATA. Il capitolo mobilità è altrettanto preoccupante. Dal 2007 ad oggi, la mobilità è pressoché raddoppiata. Se nel 2007 erano 6.687 i lavoratori interessati, nel 2010 sono cresciuti fino a raggiungere le 12.438 unità - e nel complesso sono 35.185 - ripartite tra disoccupazione ordinaria, oltre 120 mila e disoccupazione a requisiti ridotti a 41.481. Occorre poi considerare i lavoratori in mobilità che non beneficiano del relativo sostegno economico (oltre 46 mila tra il 2009 e il 2010) ma che in parte possono aver fruito di quello di disoccupazione.
TANTI STAGE, MA POCHI SBOCCHI FINALI. A fronte del calo dell'occupazione, aumentano gli stage e i tirocini formativi, che rappresentano soprattutto per i giovani un viatico alla possibilità di trovare una collocazione stabile. La crescita più consistente riguarda il commercio (+44,5%) ed i servizi alle famiglie (+62%), mentre si ridimensiona il manifatturiero anche se una compensazione può essere letta nell'aumento della quota relativa ai servizi alle imprese (+29%). Lo sbocco occupazionale che, secondo la filosofia ispiratrice degli stage, dovrebbe essere favorito da questa esperienza "formativa" è purtroppo sconsolante. Da un'analisi sulla rioccupazione degli stagisti entro i 12 mesi dal tirocinio, emerge che dei 13.362 stage conclusi nel 2009 nel Veneto, solo per 423 vi è stata un'occupazione a tempo indeterminato. Altri 5.263 dopo lo stage hanno avuto contratti a termine e precari, compresi 1.105 nuovi tirocini attivati successivamente al primo. La maggior parte degli stagisti (7.676) non ha però avuto nemmeno quelli ed è rimasta disoccupata.
BOOM DEL LAVORO A CHIAMATA. La vera sorpresa è il boom del lavoro a chiamata, pressoché inesistente fino a tre anni fa ma esploso in Veneto dove un quinto dei lavoratori intermittenti occupati in Italia si trovano proprio in questa regione. Il lavoro a chiamata è raddoppiato rispetto al 2009 evidenzia Cgil regionale, con quasi 70.000 unità nel 2010 e rappresentava a metà 2010 il 17,5% del totale delle assunzioni nel Veneto, con una crescita esponenziale rispetto all'analogo periodo del 2008 (quando era a quota 1,1%). Infine, con 1.312.026 voucher venduti da gennaio a settembre 2010, il Veneto è la regione d'Italia che utilizza maggiormente questo strumento (16% del totale).
9. Napoli. San Paolo, il centro medicina alternativa è prossimo alla chiusura: ma è in attivo. Agitati medici e pazienti. Il direttore si fa fare un salasso in segno di contestazione: «Qui utili per 200mila euro». NAPOLI - Una struttura sanitaria dell’Asl Napoli 1 Centro che non grava sul bilancio disastrato ma anzi è in attivo di 200.000 euro l’anno? Gravissima anomalia: meglio chiuderla subito. Ma utenti e operatori non ci stanno e protestano: un gruppo di pazienti del centro di medicina non convenzionale dell'ospedale San Paolo di Napoli, questa mattina, si è incatenato alla porta della struttura e il direttore Ottavio Iommelli si è fatto prelevare una sacca di sangue in segno di contestazione contro l'imminente chiusura dell'ambulatorio prevista per il primo marzo.
«FIORE ALL'OCCHIELLO» - «Questa struttura è un fiore all'occhiello per la nostra Asl», attacca Iommelli, uno dei massimi esperti internazionali di medicine alternative, con tanto di cattedra presso la più prestigiosa Università Cinese di Medicina Tradizionale, la Henan University of Tcm di Zhengzhou: «Da stamani alcuni dei nostri pazienti hanno deciso di presidiare la porta dell'ambulatorio legandosi ad essa. Io stesso ho fatto un prelievo di una sacca di sangue per protestare contro questa chiusura inutile e controproducente». Paradosso dei paradossi: una struttura sanitaria in attivo costretta a chiudere. Ma nella città degli sprechi tutto è possibile. Anche che la Struttura semplice dipartimentale del Coordinamento delle Medicine non Convenzionali (Agopuntura e Fitoterapia) dell’ Ospedale San Paolo stia per essere «soppressa», come spiegano gli operatori che hanno scritto una nota per rendere pubblico il loro sconcerto.
BILANCIO ATTIVO - Il direttore Iommelli spiega che la struttura «eroga dal 1994 circa 15.000 prestazioni annue con un notevole introito economico, circa 200.000 euro l’anno, a beneficio dell’Asl Napoli 1 Centro. Le prestazioni erogate, inoltre, non rientrano tra quelle che il servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire, le cosiddette prestazioni Lea, ma sono a totale carico del cittadino tramite il pagamento di un onorario specifico all’Asl. Non erogando prestazioni Lea, come spesso viene erroneamente interpretato, non deve in alcun modo, a rigor di logica, rientrare nei piani di chiusura indicati dal Ministero della Salute e dalla Regione Campania. Eppure, siamo vicini alla soppressione». Medicine non convenzionali, dunque, a rischio: eppure la struttura dell’Ospedale San Paolo è un fiore all’occhiello del settore, a livello internazionale. Ma non è tutto: «La paventata chiusura della struttura si tradurrebbe», aggiunge il direttore, «in un ricorso da parte dei pazienti alle cure tradizionali con ulteriore consumo di farmaci a carico del servizio sanitario regionale a differenza di quelli complementari a totale carico, anche se minimo, del cittadino e così per quanto riguarda il maggior ricorso ai ricoveri ospedalieri di ortopedia e reumatologia ed ai trattamenti riabilitativi, comportando il tutto un ulteriore aggravio del bilancio sanitario regionale». Carlo Tarallo
10. Palermo. “Triscele vanto per la Sicilia. Le nostre radici più antiche di quelle cristiane”. Posted By Walter Giannò On 22 febbraio 2011 @ 17:35 In Palermo. Studiare obbligatoriamente la storia della Sicilia a scuola. Questa la suggestiva proposta, comunque la pensiate, di Nicola D’Agostino, deputato regionale del Mpa.
Raggiunto telefonicamente, il politico acese ha spiegato i motivi della sua idea: “Se non siamo consapevoli della nostra storia, se non la conosciamo, non possiamo comprendere né gli errori del passato né i nostri talenti e le nostre verità. Solo attraverso la consapevolezza di ciò che fa parte del nostro passato, possiamo avere il diritto di pretendere un benessere per la nostra terra, rivendicarlo e lottare per ottenerlo nella trattativa con tutte le istituzioni”.
- E cosa pensa della proposta del vicepresidente del Consiglio comunale di Palermo, Sandro Oliveri, di togliere il simbolo della Trinacria dalla bandiera della Sicilia?
“È una grandissima stupidaggine. Tra l’altro, il fatto che la Triscele sia un simbolo pagano è un motivo di vanto per la Sicilia. Perché ciò significa che le nostre radici sono ancora più antiche di quelle cristiane“.
- Giovedì 17 marzo festeggerà l’Unità d’Italia?
“Certamente. Anche perché da convinto autonomista mi sento profondamente italiano. Quando ascolto l’inno di Mameli mi emozione e tifo per l’Italia, in quanto Nazione. Bisogna, comunque, festeggiare il 17 marzo con intelligenza e razionalità. Perché l’Unità italiana è politica e fisica, ma non è ancora un’unità reale. Il Sud, ricordiamo, è stato fortemente penalizzato, per colpa anche di noi meridionali”.
La telefonata con l’onorevole D’Agostino, infine, si è conclusa con una frecciata al ministro Giulio Tremonti e al suo recente viaggio nel Meridione in treno e in pullman.
“Ridicolo, di bassissimo livello, imbarazzante“: così ha apostrofato il politico di Sondrio, aggiungendo che “dopo aver appurato che l’Italia ha due velocità, avrebbe dovuto dimettersi, visto che da 15 anni svolge un ruolo fondamentale nell’esecutivo“.
11. Precari Altamurani: Appello al ministro Raffaele Fitto. BARI, 22 FEB. 2011 - UNICO RESPONSABILE DEL BLOCCO DEL TURN OVER IN PUGLIA. Sig. Ministro spero che Lei, il suo governo e i Consiglieri Regionali del PDL con a capo ROCCO PALESE, assieme a tutto il consiglio regionale (maggioranza e opposizione) possiate trovare una giusta soluzione per gli infermieri, tecnici, fisioterapiste, dietiste, che a breve (31 marzo), la Regione Puglia manda a casa a causa del blocco del turn over imposto da Lei e ricordato dal Consigliere Regionale. L'amore per la sua terra deve, a mio avviso, superare lo scontro politico che raccoglie come vittime innocenti, noi infermieri.
Le ricordiamo sig. Ministro che Lei ha derogato il blocco del turn over in tutte le Regioni tranne che in Puglia.
La volontà politica di sostituirci con la mobilità dopo 3-4 anni di lavoro interrotto e continuato con la stessa ASL e nello stesso posto vacante, a nostro avviso sembra un abuso di potere (politico).
Le ricordo che fra le tante sentenze della Corte COSTITUZIONALE, di questi ultimi anni, che hanno interessato la nostra Regione Puglia, nessuna ha messo in discussione il concetto affermato dal d.lgs. n. 368 del 2001, e dalla direttiva del Consiglio dell'unione europea n. 70 del 28 giugno 1999; entrambe le norme affermano che la concessione di più proroghe del contratto a termine attuate non per esigenze di imprevedibilità, determina la trasformazione del contratto da tempo determinato a indeterminato. La conversione dei rapporti attraverso lo stabile inserimento nelle ASL del personale non dirigenziale, infermieri e tecnici, ha la finalità di dare stabilità a rapporti di lavoro precario, a vantaggio dei lavoratori e dell'amministrazione alla quale essi sono applicati.
In tal modo non sarebbe disatteso l'insegnamento della Corte Costituzionale (sentenza n. 274 del 2003) secondo cui la stabilizzazione di personale in posizione precaria si presume funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione in ragione dell'esperienza acquisita.
Fiduciosi che Lei porrà a questa lettera, un’attenta analisi, degna della problematica sottesa, dato che solo a Lei è dato di decidere delle sorti di migliaia di medici ed infermieri, e indirettamente del buon andamento della nostra sanità, come del federalismo fiscale e di tanti altri impegni del suo Ministero.
Dunque sig. Ministro non ci mandi a casa (non disattenda ai dettati normativi nazionali ed europei) dopo anni che rendiamo vivi i nostri ospedali con lacrime e sudore, non premiate chi abbandona le nostre terre alla ricerca di un posto fisso, al contrario premiate chi ha più di 40 anni metà dei quali vissuti nei nostri ospedali con contratti a termine (precari).
Noi crediamo che il maturato-maturando diritto ad essere stabilizzati non confligge con il blocco del turn over imposto per il triennio 2011-2013 ( derogato in tutte le regioni tranne che in puglia) perché noi lavoriamo da molti anni prima del 2011, ricoprendo posti di colleghi andati in pensione.
MINISTRO NON E’ CORRETTO SOSTITUIRCI CON I SOLITI AMICI, DOPO ANNI DI LAVORO.
Domenico CIRASOLE
PRESIDENTE COMITATO S.p.A. (Sanitari precari Altamurani)
12. Uscire dall’Italia feudale con l’economia di relazione. 22 febbraio 2011 Manuel de Teffé
Spett.le direttore del Secolo XIX, mi chiamo Manuel de Teffé, sono un regista italiano di 38 anni che lavora prevalentemente all’estero e la ringrazio di leggere questa e-mail.
Mio padre, per darle un mio background familiare, fu l’Anthony Steffen (Antonio de Teffé) di numerosi western spaghetti; mio nonno, ambasciatore brasiliano a Roma per un lungo periodo. Al momento vivo in Germania, a Colonia, con moglie e una figlia di due anni. Le scrivo per mandarle un articolo che ho scritto ieri sera sul mio blog personale e che sarà pubblicato dalla testata “L’italo-americano”. Il link (senza www.) è manueldeteffe.wordpress.com
Spero possa essere pubblicato anche dal Secolo.
Il mio obiettivo è di testimoniare le condizioni esatte che portano gran parte dei nostri connazionali ad andare all’estero per poter lavorare. Non è un canto d’accusa, piuttosto un monito affettuoso verso il nostro paese in questo momento di gran confusione. La ringrazio nuovamente per la sua attenzione e la saluto cordialmente,
Manuel de Teffé
IN OCCASIONE DEI 150 ANNI D’UNITA’ D’ITALIA
Il 3 febbraio del 2001, forte di un budget di tre milioni e cinquecentomila lire, dopo aver portato i miei vestiti a lavare, messo in ordine la stanza e rattoppato un completo di lino bianco, compravo un biglietto aereo per New York City con la prospettiva di reiniziare “from scratch”. L’ipod ancora non esisteva, solo un quinto dei miei amici aveva un indirizzo e-mail e Roma mi stava lobotomizzando ogni spiraglio.
L’unico elemento che rimpiango di quel periodo era l’uso consistente del telefono fisso. Quel misterioso brivido che ti percorreva la schiena quando squillava il telefono e mamma bussava alla tua porta dicendoti: «E’ per te…».
Le ragioni del mio decollo furono due. La prima deflagrante: l’essere stato parcheggiato in panchina per 8 mesi in una grande produzione televisiva romana dopo aver diretto una serie di documentari in giro per il mondo trasmessi da RAIDUE: inserito in pianta stabile dall’anziano produttore, ero in seguito stato allontanato da un ragazzo dell’entourage. La seconda, fu l’atteggiamento con il quale vidi un mio concittadino romano bere il caffè. Fu l’evento interruttore, “The straw that breaks the camel’s back”, e ne rimasi così turbato da sentire il bisogno di fissare in un disegno (vedi scarabocchio sulla pagina del mio diario) ciò che avevo da sempre percepito ma mai coagulato in pensieri: il modo sconsolato col quale ricurvi su noi stessi, dopo aver compiuto un piccolo gesto in una piccola tazzina, portiamo alla bocca 20 piccole gocce di liquido nero dolciastro e le buttiamo giù senza speranza, pavidamente. E ciò accade di mattina, nel momento cioè, in cui ci si dovrebbe alzare dal letto come giganti. A Roma ero giunto a una conclusione: per poter lavorare con continuità o dovevo gestire un bar oppure conoscere qualcuno. Bar non ne avevo, e tutti i qualcuno a cui volevo presentarmi vivevano in feudi inaccessibili i cui ponti levatoi erano costantemente alzati. Di quando in quando trovavo qualche ponte levatoio abbassato per sbaglio e irrompevo all’interno della proprietà, ma il salvacondotto per rimanere dentro era di sancire i miei movimenti all’interno di un’aurea mediocritas, pena l’esser fulminato dall’invidia delle corti, impegnate con lungimirante protervia nel mantenimento dello status quo.
Tradotto: se mostravo di esser bravo o avere personalità ero fottuto. In Italia, era più facile imbattermi e fare amicizia a Piazza Navona con David Lynch, consegnare personalmente un soggetto a Oliver Stone (e avere da lui una lettera di risposta entro due settimane) o ottenere il permesso di soggiorno sul set di Star Wars a Caserta per studiare l’illuminotecnica di George Lucas. L’ambiente romano del settore era invece super elitario e impenetrabile.
Partii dunque per NY con budget risibile, restai per 2 mesi, interagii col mondo. Per un turbinio incredibile di avvenimenti mi inserii con slancio nella società newyorkese e nel giro di quattro settimane conoscevo più persone lì di quante ne fossi riuscito a conoscere in Italia durante una vita. La mattina uscivo su Seaman street ( Uptown Manhattan) brandendo un tazzone di caffè bollente zuccherato, bibitozzo ripugnante ma necessario per battere le folate d’aria ghiacciata secca che mi sferzavano il volto. Tenere in pugno un caffè non delizioso come quello italiano in un tazzone enorme mi dava una postura fisica più agguerrita che silenziosamente influiva giorno dopo giorno su quella mentale: quando incedi tenendo in mano qualcosa che parte pesante ma diventa leggero, il tuo stesso atteggiamento psicologico cambia…
La giornata non iniziava più con un sorsetto e poi speriamo che me la cavo ma con movimenti ampi e un “let’s make it happen!” A Manhattan la meccanica delle conoscenze era fluidissima, scoprii che per conoscere qualcuno non avevo bisogno di conoscere nessuno e mi muovevo senza inerzie all’interno di un tessuto sociale ignoto dove la gente era contenta di conoscermi perchè ero la novità; un ambiente dove il nuovo, l’absolute beginner o chi falliva e ricominciava da zero, erano visti come risorse da testare o senza esagerazioni: come manna dal cielo. Alzavo il telefono e riuscivo a parlare con chiunque, senza bisogno di essere presentato da, e lavoravo senza bisogno di ricambiare il favore per. Ero sbigottito, mi sentivo a metà strada tra il Neo di Matrix e l’Alice nel paese delle meraviglie , con la sola eccezione che il bianconiglio lo tenevo ben stretto al guinzaglio e di piegar cucchiai proprio non ne avevo intenzione.
L’esperienza finì. Tornato in Italia, sarei poi dovuto ripartire per NY e iniziare un lavoro all’ONU con la World Youth Alliance esattamente il giorno undici Settembre ma un avvenimento che racconterò solo a voce a chi sarà interessato mi tenne provvidenzialmente lontano dal vedere crollare le torri. La mela mi aveva cambiato per sempre, e mio fratello Luiz ne fu talmente scosso da pregarmi qualche anno dopo di farlo ospitare a NY per poter godere anche lui di un periodo sabbatico. Sistemai l’architetto nel Bronx, a farsi le ossa, a studiare l’inglese e a lavorare come grafico in una compagnia di mormoni…Una specie di scherzo, per temprare l’ex PR discotecaro ora rinomatissimo development manager milanese e uno dei migliori uomini che conosca.
Al contrario di quanto sarebbe logico pensare, questa impagabile esperienza oltre oceano non ha diminuito di un millimetro il mio amore per l’Italia ma semplicemente mi ha aperto gli occhi su una realtà strutturale che pativo senza comprendere come affrontare. Le cose nel Bel Paese (“Famolo pure brutto”, direbbe mio padre) dopo dieci anni non sono certo cambiate, e specchietto di tornasole ne è Sanremo, rito tribale italiano dove esiste ancora l’indecente spartiacque psicologico fra “i Big” e le “nuove proposte”. L’Italia è dunque una società feudale avanzata, bisogna averlo chiaro in mente ma non farsene una ragione: il ventenne che si affaccia sul mondo del lavoro viene visto come elemento destabilizzante, non è una ricchezza, è un virus che non deve entrare in circolo. Se invece vuole mettersi in proprio può aprire una S.r.l. ma subirà una tortura medioevale impietosa (meglio e più tutelante aprire una LTD a Londra). Bisogna, dicevo, averlo ben chiaro…Per ora siamo una società feudale avanzata. Comunichiamo con chi già conosciamo…E in modo stitico.
La ragione storica di una più semplice economia di relazione americana risiede nel fatto che nella terra di Colombo tutti arrivarono nello stesso momento e dovettero guardarsi in faccia per capire chi fossero e chi poteva fare cosa…Mi immagino un dialogo dell’epoca: “Tu chi sei?” ” Sono Charlie e vengo dall’irlanda e tu?” ” Sono Roberto, vengo da Napoli” ”Che sai fare Bob? ” “Io? Il caffè, so tutto sul caffè, e tu Charlie?” Io costruisco ponti. Ok, Bob…Bingo! ascolta, ho un’idea di business geniale …Apriamo un bar su un ponte, non l’ha mai fatto nessuno…” Anche nei film…La gente vuole e va a vedere film con attori totalmente sconosciuti perché…beh, perché sono nuovi, c’è l’eccitazione di andare a scoprire esseri umani che non conosci, che se sono stati scelti è perché beh, è perché devono essere bravissimi…
Ogni volta che rientro in Italia sento invece sempre lamenti , mi sembra di assistere a una permanente guerra civile: ancora si discute di sinistra, di destra, di terzi poli, di convergenze parallele e tutto ciò con un atteggiamento che evoca solo quell’odore di muffino che ristagna intorno ai cappotti delle vecchie vedove con figlia nubile al seguito.
Ecco dunque il concetto chiave per buttare giù questa società feudale avanzata: ECONOMIA DI RELAZIONE, ECONOMIA DI RELAZIONE, ECONOMIA DI RELAZIONE. Economia di relazione che nasce anche da un semplice atto come quello di non far finta che quell’ e-mail che hai ricevuto da cinque giorni non sia mai arrivata. C’è eccome, aprila e rispondi: rispondi sempre e sii generoso, vai a conoscere lo sconosciuto che bussa, potrebbe accadere qualcosa di straordinario.
Facciamo accadere qualcosa di straordinario e non solo su Faccialibro. Con amore e gratitudine per il paese dove sono nato, per i suoi 150 anni d’unità. mdeteffe@me.com
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