martedì 8 febbraio 2011

Notizie Federali del Mattino: I Capone e Luis a cavallo. 8 febbraio 2011.

Sezione Forza Luis, manca poco e sei un mito:
1. Bozen. Zeller: monumenti, decidere subito
2. Bozen. Bolzano: sulle sorti della statua del Duce a cavallo decideranno i cittadini.
3. Bozen. Festa per l'unita' d'Italia.
4. Bozen. 150 unità d'Italia, Durni: niente da festeggiare. 
5. Trento. Regione, una ricca scatola vuota.
6. Aosta. Rollandin: sull'immigrazione in Valle "nessun allarme sociale".
 
Sezione la padana assume parenti, paga tangenti e si “assenta” in ufficio:
7. Rovigo. Il Veneto si è fatto “sudista”.
8. Veneto. Se la povertà è una colpa.
 
Sezione Distretto culturale evoluto:
9. Ancona. Attività culturali: definito il piano regionale 2011-2013.
10. Policoro. Intervista al presidente di "Lucani nel mondo".

Sezione fratelli Capone:
11. Caserta. La mozzarella campana Dop in Russia.
12. Forza Napoli (ora e sempre). I Capone, fratelli d'Italia nella nebbia.
13. Napoli. Depuratori Campania, commissione Hydrogest: gravi responsabilità.

Sezione fammi capace, il riformismo in salsa meridionale:
14. Basilicata. L'alternativa di un socialismo riformista.
15. Basilicata. Povertà lucane.
16. Palermo. “Palermo muore e Cammarata spende”.

1. Bozen. Zeller: monumenti, decidere subito SONDAGGIO. Il deputato della Svp: superate le divisioni, inizierà una nuova fase. BOLZANO. Lavorare con saggezza sui monumenti fascisti, arrivando a una loro storicizzazione, significherà aprire una fase nuova per l'Alto Adige. Gruppi linguistici capaci di capirsi e di fare i conti con la reciproca storia. «Senza tabù», precisa Richard Theiner. Queste riflessioni l'Obmann della Svp ha condiviso con il vicepresidente provinciale Christian Tommasini (Pd) nel forum organizzato al giornale. Ma se fase nuova deve essere, allora riguarderà anche il centrodestra altoatesino, come ha sottolineato Theiner. Il deputato Karl Zeller è stato tra i primi a sottolinearlo dopo l'accordo sui monumenti fascisti siglato con il ministro Sandro Bondi. «L'ho detto subito al deputato del Pdl Giorgio Holzmann», racconta Zeller, «se saprete muovervi, ringrazierete Bondi».
Così Zeller sui monumenti, «l'operazione va chiusa al più presto», e su quella che definisce «la terza fase dell'Autonomia, che ancora nonsi vede».
Sui monumenti lei ha parlato di grande chance.
«Sì, possiamo fare tabula rasa di ideologie che hanno diviso. Da parte nostra non ci muoveremo come Attila».
Lei condivide dunque la pausa sul bassorilievo di Piffrader prospettata dal presidente Durnwalder?
«Noi deputati per primi ci siano dichiarati d'accordo di non togliere il Mussolini a cavallo di Piffrader, sia per il clima che si instaurerebbe sia per la difficoltà di individuare un luogo in cui collocarlo. Ma di pausa non voglio sentire parlare. Anzi, si deve fare tutto con velocità. Questo è il momento, non dobbiamo permettere che si richiuda. Non lo permetteremo, tra l'altro. Ma in quel caso tornerebbe in scena la Svp "cattiva", che fa tutto da sola. Decidiamo insieme, ma il cronometro è partito. Tra l'altro è tutto chiaro, non c'è bisogno di tempi dilatati, almeno per le decisioni principali. L'elenco è presto fatto».
Con cosa inizia?
«Il Piffrader. L'importante è la sua storicizzazione. Come? Stiamo assistendo a una pioggia di idee. Durnwalder ne riceve a decine, altrettanto i giornali. Ne arriverà una interessante? Di sicuro. L'edificio è di pregio, non va deteriorato. Coprire il Piffrader o no? Vedremo. Il testo per eventuali tabelle è semplicissimo: basta raccontare il significato di quelle immagini. Si può fare in un mese. Più complessa l'operazione sul Monumento alla vittoria, ma devono muoversi velocemente anche in questo caso.».
Come?
«Provincia e Comune nominino una commissione di esperti: bastano due architetti e due storici (due italiani e due tedeschi) per elaborare il concetto di un museo, da presentare al ministero, in cui raccontare la nostra storia dal 1914, così facciamo contento Holzmann, al 1945. Possono farcela in qualche mese, l'importante è che affidino subito l'incarico. Quanto agli ossari, il testo della Provincia è già pronto. In un paio di settimane si possono installare le tabelle. Si parla tanto dei blitz dei deputati Svp, non sarebbe male che qualche volta i blitz si facessero anche a Bolzano».
Perché insiste così tanto sui tempi?
«Perché dobbiamo iniziare una fase nuova di politica e convivenza in Alto Adige, libera dalle divisioni ideologiche del ventesimo secolo».
Anche con il centrodestra?
«Quando Holzmann era ancora sotto shock per Bondi, gli ho detto: "tra un paio di anni ringrazierete Bondi, perché vi toglie le castagne dal fuoco. Se sarete abili, riuscirete a presentarvi come partner con pari dignità rispetto al Pd. Insomma, mi sembra che la Svp, anche da parte dell'Obmann Theiner, abbia dato un segnale preciso di apertura al dialogo sulla storicizzazione. Aggiungo che è veramente arrivata l'ora. Non è possibile che le svolte vengano dettate da Roma. Sia sulla segnaletica di montagna che sui monumenti l'interlocutore decisivo la Svp lo ha trovato nei ministri, non a Bolzano. Non è una situazione degna di una autonomia matura. Quando parlo di terza fase dell'autonomia, mi riferisco anche a questo».
2. Bozen. Bolzano: sulle sorti della statua del Duce a cavallo decideranno i cittadini. BOLZANO – La sorte del contestato rilievo con il Duce a cavallo che sorge davanti a palazzo di giustizia a Bolzano sarà decisa dai cittadini. Lo ha detto il governatore Luis Durnwalder, annunciando che sarà indetto un concorso di idee per ”rendere invisibile” l’opera marmorea. ”Si tratta – ha detto Durnwalder – di un’opera che rappresenta una provocazione e le provocazioni vanno evitate”. Dopo avere escluso che la questione sia sottoposta ad un referendum, dato che la legge non lo consente, Durnwalder ha sottolineato che comunque l’altorilievo va in qualche modo reso invisibile.
Le proposte che giungeranno dai cittadini saranno esaminate da una commissione paritetica tra i gruppi linguistici e poi verrà presa una decisione, dopo avere sentito – ha sottolineato Durnwalder – anche in sindaco di Bolzano. La questione del Duce a cavallo è tornata alla ribalta di recente dopo che un accordo sulla sua rimozione era stato siglato tra Durnwalder ed il ministro Sandro Bondi alla vigilia del voto di sfiducia nei confronti del ministro per i beni culturali.
3. Bozen. Festa per l'unita' d'Italia. Il leader della Svp Durnwalder. "Non ci sarò, la giunta altoatesina non partecipa". Il presidente della Giunta della Provincia Autonoma di Bolzano Luis Durnwalder, attualmente il più autorevole esponente del Partito Popolare Sudtirolese, annuncia: "Non abbiamo un grande interesse. Ci sentiamo una minoranza austriaca e non abbiamo scelto noi di far parte dell'Italia. Per la mostra di Roma non ho ricevuto nessun invito e, molto probabilmente, come giunta non parteciperemo alle celebrazioni". BOLZANO. La Provincia di Bolzano non parteciperà alla mostra delle Regioni e delle eccellenze territoriali per i 150 anni dell'unità d'Italia. E alle celebrazioni ufficiali nella Capitale non prenderà parte nemmeno la giunta provinciale. Lo annuncia il presidente Durnwalder: «Non abbiamo un grande interesse. Ci sentiamo una minoranza austriaca e non abbiamo scelto noi di far parte dell'Italia. Per la mostra di Roma non ho ricevuto nessun invito e, molto probabilmente, come giunta non parteciperemo alle celebrazioni». Invitata all'importante manifestazione in occasione del 150º anniversario dell'unità d'Italia, cui prenderanno parte tutte le regioni italiane, la Provincia di Bolzano ha annunciato che non parteciperà.
L'assessorato provinciale alla cultura italiana ha declinato l'invito alla manifestazione organizzata da quattro ministeri e dalle presidenza del consiglio dei ministri. Niente stand al Vittoriano e a castel Sant'Angelo dal 26 marzo a fine luglio. Una manifestazione significativa, svoltasi finora soltanto due volte: per il cinquantenario nel 1911 e per il centenario nel 1961. Le motivazioni ufficiali sono il costo ritenuto eccessivo per la partecipazione (200 mila euro più Iva), la mancanza di personale, la intempestività dell'invito e la convinzione (malriposta) che molte regioni non avrebbero partecipato.
Il Trentino - che invece parteciperà - ha avanzato la proposta di cedere a Bolzano metà del proprio stand. L'assessore Tommasini sta valutando l'offerta e ha deciso di portare in giunta un promemoria al riguardo, che dia anche il quadro delle celebrazioni in programma in provincia, fra le quali la più importante sarà una serie di incontri alla biblioteca Claudia Augusta. L'Alto Adige è l'unico a non aver istituito un comitato locale per le celebrazioni dell'unità. E questo si sapeva. Ora, però, il presidente Durnwalder smorza ogni residuo di entusiasmo.
«Per la mostra di Roma non ho ricevuto nessun invito e in giunta non ne abbiamo mai parlato. Non è che abbiamo tanto interesse per questi festeggiamenti; non partecipare non mi pare un grandissimo problema. Al contrario delle altre regioni, noi non abbiamo fatto iniziative per favorire l'unità d'Italia. Siamo una minoranza austriaca e non abbiamo scelto di far parte dello Stato italiano. Non volevamo nel 1919; non volevamo nel 1945. Poi abbiamo accettato il compromesso dell'autonomia amministrativa e normativa all'interno di questo Stato. Festeggiare? Non mi sembra il caso. Potrebbe essere interpretato male da qualcuno. Non è una questione etnica e non vogliamo offendere nessuno. Ma non credo che come giunta prenderemo parte alle celebrazioni ufficiali. Però non faremo nemmeno nulla contro i festeggiamenti. Quindi, se gli italiani vorranno prendervi parte, lo facciano pure. Di certo non ci opporremo».
4. Bozen. 150 unità d'Italia, Durni: niente da festeggiare. 07/02/2011 20:02. BOLZANO - I 150 anni dell'unità d'Italia? Per i sudtirolesi è un deciso "nein, danke" quello pronunciato dal governatore Luis Dunrwalder. "Per quanto riguarda la popolazione di lingua tedesca non c'è nessun motivo per festeggiare", ha spiegato. Ha, però, precisato che, tra gli italiani, chi lo vorrà potrà farlo. Il governatore non ha risparmiato una considerazione piuttosto caustica nei confronti della Lega: "Non si capisce - ha detto - perchè il Carroccio abbia aderito alle celebrazioni, dato che non mi pare che sia particolarmente attaccato ai principi dell'unità del Paese".
Durnwalder in questi giorni si trova al centro di una fase politica piuttosto complessa, dovendo gestire i malumori suscitati dal recente accordo stipulato con il ministro Sandro Bondi, il quale ha dato il placet alla rimozione di un Duce a cavallo che sorge davanti al palazzo di giustizia di Bolzano, considerato un'offesa da gran parte della popolazione di lingua tedesca, ma visto da una parte delle forze politiche italiane come un simbolo irrinunciabile dell'italianità dell'Alto Adige.
 E così il leader di Fli Alessando Urzì ha avuto parole di fuoco nei suoi confronti, parlando di uno "schiaffo sonoro quanto inaspettato all'intera comunità di lingua italiana dell'Alto Adige".
"Durnwalder - ha detto Urzì - si dichiara semplicemente austriaco e come tale insofferente verso le celebrazioni. È dunque il presidente di tutti solo quando gli fa comodo, altrimenti dimentica di avere come compito istituzionale anche quello di rappresentare la minoranza italiana dell'Alto Adige".
5. Trento. Regione, una ricca scatola vuota. Bilancio da mezzo miliardo: 175 dipendenti e 33 milioni per «vivere». TRENTO. Per essere una scatola vuota, la Regione ha un bilancio di tutto rispetto che si basa esclusivamente sulle entrate tributarie. Le uscite sono più abbondanti delle entrate, ma si sopperisce al disavanzo con quanto messo da parte l'anno prima. E' curioso notare che metà delle spese è destinata a pagare le Province per gli incarichi affidati in delega. La Regione, infatti, pur mantenendo formalmente la competenza legislativa su alcuni settori, ha girato alla Provincia una sorta di "delega amministrativa" che di fatto svuota del tutto, a questo punto, l'istituzione. E' probabilmente un'evoluzione naturale e storica che porta il perno giustificante dell'autonomia ad essere ora solo un filo sottile di collegamento fra Trentino e Alto Adige. Tanto che il dibattito sulla sua utilità è sempre vivo e attuale. A maggior ragione ora che lo Statuto di autonomia è maturato a tal punto da essere diventato il garante dello status quo al posto della Regione. Ma su cosa interviene la Regione attraverso il suo bilancio? L'istituzione svolge un ruolo di previdenza a favore delle famiglie e del welfare: assegno familiare, pensioni regionali, pensione alle casalinghe, sostegno contributivo. Su questo fronte l'impegno è sostanzioso: 105.830.000 euro. Fra il 2004 e il 2006, la Regione si è spogliata di altri compiti a favore delle Province delegando alcuni aspetti del settore previdenziale, le camere di commercio, libro fondiario, cooperazione e altro ancora. Il provvedimento è stato dunque seguito da un impegno finanziario che di fatto è un "giroconto" a favore di Trento e Bolzano. Si parla del 42,48 per cento della spesa complessiva, cioè quasi della metà della "forza interventista". C'è poi il costo vivo della macchina, cioè i soldi che vengono spesi per autoalimentarsi. Qui la Regione è stata virtuosa ed ha limitato le spese rispetto all'anno precedente, prevedendo di sborsare nel 2011 33.665.000 euro. Solo per i 175 dipendenti si spenderanno 13.240.000 euro, mentre il resto è impegnato per la manutenzioni delle sedi di Trento e Bolzano, per la riqualificfazione energetica e per le spese degli uffici. Una cosa, forse l'unica che la Regione ha a pieno titolo, è quella dell'attività dei giudici di pace. Il coordinamento dell'attività dei 22 uffici dislocati sul territorio costa 16.645.000 euro e comprende non solo la retribuzione dei giudici onorari, ma anche il loro aggiornamento e la messa a disposizione degli strumenti per sostenere l'attività. L'altra uscita consistente (13.598.000 euro) è costituita dal cavallo di battaglia della Regione, e cioè a favore delle minoranze linguistiche e dell'integrazione europea. Poca cosa, infine, l'accantonamento a favore di una competenza della Regione, quella sugli enti locali. Per la verità si tratta soprattutto di una potestà ordinamentale e poco "pratica" tanto che a bilancio ci sono meno di 4 milioni di euro. Anche in questo caso si riduce tutto a un trasferimento di risorse ai Consorzi dei Comuni di Trento e di Bolzano (1,1 milioni di euro ciascuno) e a un accantonamento di potenziali contributi a favore di operazioni di fusione tra Comuni. Non è un caso che quest'ultima voce sia stata anche ridimensionata.
6. Aosta. Rollandin: sull'immigrazione in Valle "nessun allarme sociale". Aosta - L'immigrazione in Valle non farebbe rima con delinquenza: per la Questura nel 2010 sono 3 gli stranieri arrestati, 38 gli indagati e 177 gli extracomunitari espulsi. I dati sono emersi nel corso di un workshop dedicato all'integrazione degli stranieri.
"E' sorprendente che su un territorio relativamente piccolo come quello della Valle d'Aosta coesistano così tante nazionalità che esprimono culture, religioni, valori differenti". Così Augusto Rollandin, Presidente della Regione Valle d'Aosta, in apertura del workshop "L'integrazione degli immigrati: che cos'è e come si misura?" che si è tenuto oggi, venerdì 4 gennaio, a Palazzo regionale. I numeri del fenomeno sono, in effetti, significativi e in crescita continua: al 30 giugno 2010 gli stranieri residenti in Valle d'Aosta risultano 8.470 di cui 4.600 donne e 3.870 uomini, una cifra che corrisponde al 7% dell'intera popolazione. Oltre 100, per la precisione 105, le nazionalità rappresentate: primo paese di origine è il Marocco (con oltre 2 mila stranieri) seguito dalla Romania (1900 circa) e dall'Albania (quasi mille).
L'immigrazione in Valle d'Aosta non farebbe rima con delinquenza: per la Questura nel 2010 sono solo 3 gli stranieri arrestati, 38 gli indagati e 177 gli extracomunitari espulsi. "I dati sulla devianza non sono particolarmente preoccupanti e non destano allarme sociale" sottolinea ancora Rollandin. Il presidente nel suo intervento plaude anche all'attività dello Sportello Unico per l'immigrazione della Valle d'Aosta, impegnato sul fronte emersione del lavoro nero. "E' risultato il più virtuoso di Italia avendo concluso tutti i procedimenti entro il mese di marzo 2010 mediante il rilascio del contratto di lavoro nel 95% dei casi".
Per dare un contributo alla comprensione dell'immigrazione, fenomeno in una progressiva stabilizzazione, ma comunque in costante cambiamento, l'Osservatorio economico e sociale della Regione ha scelto di realizzare un sistema di monitoraggio per capire le dinamiche di integrazione degli immigrati in Valle d'Aosta.
Il sistema, inserito all'interno del progetto europeo "Demochange", è in fase di realizzazione. Una volta completata contribuità a "misurare" il benessere degli immigrati, il grado l'integrità della comunità che li accoglie, la capacità di accettazione delle diversità culturali degli stranieri ma anche della società autoctona in cui questi si sono inseriti. di Nathalie Grange. 04/02/2011
7. Rovigo. Il Veneto si è fatto “sudista”: assume parenti, paga tangenti e si “assenta” in ufficio. ROVIGO – Novantotto dipendenti indagati per assenteismo su centoquindici in forza alla sede di Rovigo della Regione Veneto. Campania, Sicilia? I  “fannulloni” abitano anche a casa  Brunetta. Un tasso di assenteismo superiore al 90% non lo potevano vantare nemmeno gli uffici borbonici del Regno delle Due Sicilie e tanto meno Roma ladrona, è un record tutto veneto, da sempre feudo leghista.
Dopo la parentopoli veneziana alla Actv, l’azienda di trasporti locali di autobus e vaporetti, e la tangentopoli degli appalti nordestina (cene, escort, mazzette e sette arresti tra imprenditori e funzionari), il ricco e asburgico veneto si scopre  “meridionale e ladrone” come la Roma delle assunzioni in famiglia nelle aziende comunali e degli immani sprechi della sanità regionale.
L’accusa per i dipendenti della Regione a Rovigo è molto pesante. Dopo aver timbrato il cartellino i dipendenti si sarebbero infatti allontanati più e più volte dal posto di lavoro, lasciando la scrivania anche per molte ore. In molti casi le telecamere nascoste avrebbero filmato decine di impiegati uscire e poi rientrare in ufficio con le sporte della spesa e i sacchetti dello shopping. Soprattutto al martedì, che a Rovigo è tradizionalmente giorno di mercato. Praticamente una riedizione in salsa leghista degli uffici di Fantozzi dove, dopo aver timbrato il fatidico cartellino, i dipendenti si dividevano tra partite di ping pong, sfide a battaglia navale, lettini solari e, come a Rovigo, puntate al mercato per comprare i pomodorini freschi lasciando al povero Fantozzi ragionier Ugo tutto il lavoro. E proprio dalle lamentele dei Fantozzi rodigini è partita l’indagine per truffa ai danni dello Stato aperta dalla procura del capoluogo polesano con il sostituto Sabrina Duò. Dell’inchiesta, partita appunto da alcune segnalazioni di dipendenti che si lamentavano degli eccessivi carichi di lavoro, ha parlato l’altro giorno il procuratore della Repubblica di Rovigo, Dario Curtarello, nella sua relazione di bilancio dell’anno giudiziario in Corte di appello a Venezia. Ma l’indagine è tuttora in corso e dovrebbe chiudersi nel giro di un mese. La Guardia di Finanza, che dispone di oltre 170 ore di riprese video, sta svolgendo accertamenti per capire e distinguere le posizioni dei quasi cento indagati.
Tra le prove di questo “assenteismo di massa” acquisite nel corso dei sopralluoghi effettuati dalla Finanza ci sarebbero “perquisizioni, documenti (tabulati meccanografici, badge – card, fogli di presenza, ordini di uscita, permessi) e l’esame tecnico del materiale informatico (hard disk del videoregistratore)”. “Se, al termine dell’indagine, emergeranno responsabilità, allora chi ha sbagliato dovrà assumersi le proprie responsabilità”, commenta il vicepresidente della Regione Veneto nonché assessore con delega alle Risorse umane, il pidiellino Marino Zorzato.
Da brava regione “meridionale”, culla, sponsor e prossima beneficiaria, finalmente, del tanto atteso federalismo il Veneto però non ha voluto lasciar nulla al caso. Una Regione non è veramente terrona e non si può definire sprecona se non ha il suo bel deficit sanitario, bene, il Veneto ha un buco di 200 milioni di euro che, se non ripianerà entro marzo, le porterà in dono un commissario da Roma. Ma questa è un’altra storia.
8. Veneto. Se la povertà è una colpa. Non è retorica da piagnisteo, non è apologia terzomondista, non è estetica del pauperismo, non è buonismo sciroppato nel tempo in cui quella dei solidali e degli altruisti è considerata una categoria spirituale più in via di espulsione che di estinzione. Certo, parlare di questa storia nel tempo in cui la declinazione del plurale (noi) è soverchiata non solo semanticamente dall’uso rassicurante e politicamente spendibile del singolare (io), è infrangere una sorta di tabù. Che volentieri infrangiamo con l'assunzione di responsabilità delle metafore forti. Perché questa è una storia che consegna una sola, terribile e fortemente anti-veneta morale: la povertà è una colpa. Come un marchio. Che va impresso perfino nell’innocenza dei pochi anni di una bambina come nel braccio degli ebrei che entravano nei campi di concentramento veniva stampato a fuoco il numero che cancellava il loro nome. E così, come ad Auschwitz e Buchenwald e Treblinka - dove la burocrazia dirigeva con orrorifica e disumana precisione la contabilità della morte per selezione naturale - era proibito sostituirsi al lavoro dei compagni impossibilitati a risollevarsi da terra, così in una scuola materna di Fossalta di Piave le maestre che hanno ceduto a turno il loro pasto ad una alunna straniera impossibilitata a versare 50 euro al mese rischiano il posto.
Per il sotteso e furfantesco reato - così dice la burocrazia - di «danno erariale» invocato dal sindaco leghista di quel Comune. Cioè, il pasto devoluto da maestre e bidelle a quella bambina, sarebbe stato contabilmente sottratto allo Stato poiché non goduto dai formali fruitori. Roba da delinquenti della peggior specie. Cos’è, questa minacciata punizione derivata dal sostituirsi al digiuno di una bambina, se non la quadratura (episodica?) del cerchio ideologico di chi alza i muri dell’esclusività, di chi toglie «legalmente» il cibo a un piccolo stomaco per cibare la grande pancia di un ipotetico e sciagurato pensiero unico a caccia di approvazione e consenso? Fino a che punto di disumanità può arrivare lo sciocco ricorso ad un burocratismo da legulei nel tempo della consapevole infrazione di tutte le regole (economiche, fiscali, morali, ambientali) che ammorba l’Italia? E fino a che punto è tollerabile che un sindaco presumibilmente pronto a brandire solide radici cristiane arrivi a dire che quella bambina «abita a trenta metri da scuola e puo’ benissimo pranzare a casa»? Qualcuno l’ha chiamata Speranza, quella bambina. Altri Gioia. Il suo nome non è questo e forse darà perfino fastidio alla neo-stirpe degli implacabili che il politicamente corretto di chi pratica un po’ d’amore ricorra a pseudonimi così vogliosi di buon futuro. Terza di cinque figli di una coppia africana (regolare) congiuntasi nella frontiera salvifica e produttiva del Nord Est, Gioia- Speranza ha un padre che dopo aver perso il lavoro qui è emigrato in Belgio. Lo stipendio è poco, quel poco lo manda a casa ma non basta a pagare il pasto quotidiano della bambina, che deve rimanere alla scuola materna perché la mamma è a casa con gli altri quattro figli.
Ecco perché scatta, naturale e sgorgata da una genetica «scontatezza» che sembra sempre più un atto eroico, la gara di sostegno alla piccola. Maestri, genitori, bidelli. Tutti. E' il Veneto. Il Veneto della profonda umanità delle sue origini, il Veneto il cui senso dell’altruismo affonda nella tradizione solidaristica non solo cattolica, il Veneto partorito dalla sofferenza che non dimentica la dignitosa miseria di questa terra nonostante le contraddizioni di una faticosa e repentina rincorsa al benessere. Viene da chiedersi, con quello stesso senso di orrore che ci ha pervasi nel solo prendere atto di tale discriminazione, se questa straordinaria genetica corra davvero il rischio di essere scalfita da lembi ideologici di disumanità. Se insomma l’estremismo ammantato di pretestuosa liceità che arriva a negare la possibilità di un piatto di minestra a un essere umano non abbia superato il limite di quella legge superiore che ci rende, se non ipocritamente tutti uguali, almeno simili. Siamo certi che gli uomini che governano e rappresentano le forze alle quali questo sindaco si ispira posseggano i valori, la moderazione e l’intelligenza per indicare da che parte stanno la decenza, il civismo e l’umanità che contraddistinguono questa nostra terra. Alessandro Russello
9. Ancona. Attività culturali: definito il piano regionale 2011-2013. Ancona | Marcolini: “Le Marche investono in un settore che altri tagliano e vogliono porsi come laboratorio per una sfida di sviluppo reale”. Qualificazione, diversificazione e trasversalità dell'offerta culturale; un'idea di cultura intesa come risorsa per lo sviluppo economico e sociale e veicolo per l'occupazione qualificata; la costruzione di reti istituzionali e di soggetti culturali; la consapevolezza e il rafforzamento dell'identità regionale in dialogo con l'orizzonte globale. Sono questi gli obiettivi generali contenuti nel Piano regionale per i beni e le attività culturali nel triennio 2011-2013, approvato dalla Giunta regionale e ora da sottoporre all'esame del Consiglio.
"Di fronte ad una crisi profonda aggravata dai tagli governativi - spiega l'assessore alla Cultura Marcolini - la Regione Marche ha fatto una scelta forte e in controtendenza, aumentando nel bilancio 2011 le risorse per la cultura, che complessivamente passano da 7 a 12 milioni di euro". Insomma: "Le Marche investono in un settore che altri tagliano e vogliono porsi come laboratorio per una sfida di sviluppo reale". Il Piano può contare su uno stanziamento complessivo di € 2.769.000 di risorse ordinarie, (finanziamento che rimane invariato nella previsione triennale), integrate da fondi per i progetti speciali. Tali risorse, annualmente precisate dalla legge di bilancio, saranno ripartite tra l'Amministrazione regionale per le funzioni e i progetti di rilievo regionale e le Amministrazioni provinciali per i progetti provinciali e i piani di riparto per il territorio. I progetti locali saranno sostenuti attraverso la programmazione intermedia delle Province. La cifra da destinare alle amministrazioni provinciali, non sarà inferiore a € 1.000.000,00 e sarà definita anno per anno con il programma operativo annuale.
"La spesa per la cultura - continua Marcolini - pur non venendo tagliata ma, anzi, aumentata, va comunque razionata, razionalizzata e riorientata, favorendo la creazione di fattori e condizioni in grado di garantire un reale sviluppo sociale, identitario ed economico. Investire nella cultura significa investire sulla qualità e sull'eccellenza, considerandola come strumento che apre allo sviluppo in connessione con altri settori quali il turismo, la valorizzazione del territorio, ma anche le politiche sociali e la produzione industriale. Il questo senso il governo della cultura vuole essere forte leva trasversale, con tutti i settori del governo regionale".
Per la definizione degli obiettivi la Regione terrà conto di una serie di punti di forza e anche di alcune criticità. Tra i primi: una grande disponibilità di contenitori culturali recuperati e ripristinati; un grande interesse da parte delle piccole e medie imprese del settore cultura che hanno aderito al Distretto culturale; la vivacità e capillarità nella produzione culturale; un elevato livello di consumi culturali dei cittadini marchigiani superiore alle medie nazionali; un alto numero di centri studi; una forte tradizione religiosa e un considerevole patrimonio di luoghi di spiritualità; l'avvio di un processo di rete sul territorio.
Tra i punti critici: la frammentazione dell'offerta culturale in piccole iniziative di livello locale; la difficoltà nella gestione delle aperture e delle attività ordinarie degli istituti e luoghi della cultura; la scarsa capacità del sistema di assorbire e impegnare forza lavoro a fronte della grande offerta di operatori di settore qualificati; l'eccessiva proliferazione dei centri di spesa regionali in materia di cultura; la sovrapposizione degli eventi culturali.
Tra gli interventi che verranno messi in campo, precise misure a sostegno del turismo culturale, nonché ai progetti culturali del territorio in quanto attrattori di flussi turistici. In particolare, di concerto con il Piano di promozione turistica, oltre alla valorizzazione di Urbino, città Unesco, nel 2011 viene posta attenzione all'itinerario su Lorenzo Lotto, in vista della grande mostra che le scuderie del Quirinale dedicheranno all'artista veneto durante l'anno. Forti implicazioni a carattere culturale ha anche il turismo religioso: nel 2011 verrà avviato il progetto interregionale relativo all'itinerario della via Lauretana mentre ad Ancona si terrà il grande evento del Congresso Eucaristico Nazionale. Per quel che riguarda gli eventi, mostre, rassegne, spettacoli, il piano del turismo prevede la realizzazione di un calendario unico degli eventi, promosso anche al fine di destagionalizzare l'offerta turistica. Non mancherà la promozione internazionale: in programma una fitta serie di fiere e di eventi promozionali esteri. In tutti questi, in continuità con quanto fatto negli anni precedenti che ha avuto il suo culmine nella mostra di Padre Matteo Ricci, la cultura sarà uno dei contenuti primari da veicolare, in quanto strumento di promozione complessiva della regione e delle sue risorse anche produttive.
Previsti, infine, progetti speciali per il triennio 2011-2013 quali lo sviluppo del Distretto culturale evoluto; l'apertura dei numerosi contenitori culturali grazie a borse lavoro e opportunità lavorative per i giovani e grazie all'impiego di volontari qualificati over 60; il recupero dei beni monumentali per la fruizione allo scopo di rivitalizzare i centri storici cittadini; iniziative a sostegno del patrimonio archeologico. 07/02/2011
10. Policoro. Intervista al presidente di "Lucani nel mondo", Antonio Di Sanza. Il presidente dell’assemblea della Commissione Lucani all’estero, Antonio Di Sanza, annuncia iniziative per unire tutti in rete. 07/02/2011 POLICORO - Si è appena conclusa la tre giorni dell'assemblea annuale della commissione regionale Lucani all'estero presieduta da Antonio Di Sanza (in foto), nella quale sono presenti i rappresentanti delle associazioni riconosciute dalla Regione Basilicata. E’ lo stesso Di Sanza che entra nel merito delle questioni.
Ma cos'è questa commissione?
«E' un organismo che serve a riconoscere i tanti corregionali sparsi nel mondo e nello stesso tempo creare uno spazio e un momento di confronto e di raccordo con la loro terra di origine. Essa è stata istituita con legge regionale 16 del 2002 con successive modifiche ed integrazioni. In pratica la commissione è un modo per tenere ancorati i corregionali alla Basilicata, terra dalla quale molti di loro sono partiti in varie epoche della storia per cercare fortuna altrove».
Ma per lei cosa deve svolgere nei particolari?
«La funzione è quella di consulente, per semplificare sia per l'emigrazione che per l'immigrazione nella nostra Basilicata. Un censimento vero e proprio non è stato fatto per verificare il numero dei lucani emigrati, ma orientativamente siamo nell'ottica di 600 mila, che arrivano ad un milione se consideriamo gli “indiretti” lucani”. Insomma un'altra Basilicata è presente oltre i confini geografici riconosciuti. Le associazioni regolari sono 170 presenti in 21 nazioni e in tutti e 5 i continenti ci sono lucani residenti».
Quali le iniziative previste?
«Tra le linee guida del piano annuale e triennale discusso e approvato nella tre giorni (dal 3 al 5 febbraio) presso l'Orohotel ci sono: la creazione di un sito web che ci metta tutti in contatto, l'intensificazione degli scambi culturali con una sorta di Erasmus in salsa lucana, che io chiamo Horatius, e poi studio delle loro esigenze che poi vengono portate all'interno dell'ente regione. Cerchiamo in questo modo di non lasciare solo nessuno almeno tra quelli che entrano a far parte di un' associazione. Anche se il sogno è quello di poter vedere votare questi nostri corregionali per il rinnovo del consiglio regionale».
I lucani nel mondo come sono sparsi?
«Il Paese con più lucani nel mondo è l'Argentina con 40 associazioni. In Europa è la Svizzera in Europa con 17. Mentre in Italia la Regione dove ci sono più lucani è il Piemonte in Italia con 14 associazioni. Grazie a questi numeri si può pensare anche a un turismo di ritorno e sociale che guardi ai giovani». Gabriele Elia
11. Caserta. La mozzarella campana Dop in Russia nella 18esima edizione del Prodexpo. Il direttore del Consorzio Lucisano: «L’obiettivo della nostra missione è esplorare il mercato russo». Il Consorzio Tutela Mozzarella di Bufala Campana, primo marchio Dop del centro-sud Italia, sarà presente da oggi fino all'11 febbraio al Prodexo di Mosca, la più importante rassegna della produzione agroalimentare dell’Europa Orientale, giunta alla 18esima edizione. Su una superficie espositiva di circa 85.000 metri quadrati, sono stati allestiti oltre 2000 espositori provenienti da 60 paesi, con una media di 60.000 visitatori. Per la prima volta il Consorzio, insieme con un gruppo di produttori, è presente in forma organizzata e con un proprio spazio espositivo all’interno di una collettiva di aziende italiane del settore agroalimentare. Previsto, nei padiglioni della manifestazione, l’arrivo del ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan. In occasione dell’evento, il Consorzio di Tutela ha realizzato video e brochure promozionali in lingua russa, in cui sono descritte la storia, le caratteristiche e le ricette che vedono protagonista la mozzarella di bufala campana Dop.
ESPLORARE IL MERCATO RUSSO - «Abbiamo un’agenda di incontri con alcuni dei principali operatori commerciali e con gli organi d’informazione russa», ha spiegato Antonio Lucisano, direttore del Consorzio. «Il mercato russo - prosegue Lucisano - cresce a grandi ritmi e offre un potenziale commerciale di oltre 250 milioni di consumatori. L’obiettivo della nostra missione è esplorare quel mercato, dal momento che fa registrare un’attenzione crescente per il made in Italy, di cui la Mozzarella di Bufala Campana Dop è un esempio di eccellenza».
12. Forza Napoli (ora e sempre). Caponi, i fratelli d'Italia nella nebbia. La «questione meridionale» secondo il cinema italiano è tutta nel film «Totò, Peppino e la... malafemmina». NAPOLI - Per andare a Milano «ci vogliono perlomeno quattro giorni di mare» («se bastano» ), calcolano i fratelli Caponi intenti a pianificare la loro spedizione nella tentacolare metropoli. Bisogna andare a salvare il nipote Gianni, preso per incantamento dalle malìe di Marisa, la presunta «malafemmina» del titolo, procace soubrette in tournée con la rivista «La caravella delle donne perdute» : e, come sentenziava Peppino, ho detto tutto. Della trama invece dirò solo lo stretto necessario, dal momento che si tratta del più grande successo commerciale della coppia Totò Peppino, uscito nell’anno di grazia 1956 (lo stesso della Banda degli onesti), quarto negli incassi di quella stagione (oltre quattro milioni e mezzo di spettatori) e da sempre ai primissimi posti nella classifica dei film più amati dai fan di Totò. Testo sacro attraverso cui analizzare la «questione meridionale» secondo il cinema italiano del passato, Totò, Peppino e la... malafemmina non parla però di napoletani a Milano, bensì di «cafoni» a Milano: zio Antonio e zio Peppino vivono infatti a Colizzi, immaginario paesello agricolo dell’entroterra campano (una battuta di Totò, che cita l’accelerato di Battipaglia, ce lo fa collocare nel Salernitano); e vista da lì persino Napoli sembra un luogo irraggiungibile. Figuriamoci Milano: per saperne qualcosa di più viene interpellato addirittura il loro nemico per la pelle, l’odiato Mezzacapa (è il confinante al quale i due abitualmente fracassano i vetri a pietrate, perché «i confinanti sono sempre antipatici» ), il quale avendo fatto lassù il militare (nel ’ 31) vanta il soprannome di Milanese, e dei milanesi sa ovviamente tutto: «Parlano, parlano, camminano...» .
Veramente Mezzacapa (interpretato dal magnifico Mario Castellani, spalla storica di Totò) diceva anche altre cose. Diceva: «Sì, a Milano le donne sono facilissime... ti si buttano fra le braccia appena arrivi, specie a noi meridionali» , ma la battuta fu tagliata (insieme ad altre) dall’implacabile Scicluna, occhiuto capo divisione della censura preventiva (come ci ricorda Alberto Anile nel suo prezioso Totò proibito, edito da Lindau). Si salvò per fortuna dalle forbici surreale dialogo sulla nebbia che «quando c’è non si vede» , consentendo così il trionfale arrivo dei due alla Stazione centrale di Milano: colbacco, pelliccia, fiaschetta al collo, sottobraccio il ritratto della buonanima, Peppino che si lamenta del fatto che non faccia freddo, e il saggio Totò che l’informa: trattasi evidentemente di «un caldo freddo» . Nell’albergo dove trovano alloggio con la sorella Lucia (Vittoria Crispo) disfano i bagagli: dentro, chili e chili di pasta («Basteranno?» ), vino, olio, caciotte a volontà, un prosciutto appeso al soffitto, e persino un paio di galline da far razzolare liberamente nella stanza. Il climax dell'anacoluto mentale e della confusione grammaticale meridionale si tocca subito dopo, con la celebre dettatura della lettera con intestazione autonoma» che dovrà accompagnare la «buonuscita» per la signorina («Veniamo noi con questa mia a dirvi, adirvi una parola, che scusate se sono poche ma 700mila lire...» ): sketch esilarante che viene da lontano (tra i progenitori una lettera di Groucho Marx ad uno studio legale) e arriverà lontanissimo, fino agli odierni spot pubblicitari (nonché al dichiarato omaggio di Troisi e Benigni nella lettera a Savonarola in Non ci resta che piangere).
Leggenda vuole che gli «stacchi» sulla sorella nella stanza accanto, di nessun rilievo narrativo, furono l’espediente cui ricorse il regista Camillo Mastrocinque per «coprire» i buchi nella ripresa causati dalle fragorose risate della troupe davanti alle travolgenti improvvisazioni dei due protagonisti. Punto, punto e virgola, anzi punto e a capo. Nella scena seguente i fratelli Caponi (che sono loro) passeggiano nel centro di Milano, timorosi al punto da tenersi mano nella mano, e di fronte al Duomo Totò sfoggia tutta la sua cultura: questa deve essere la Scala, e se la Scala non si vede è perché starà dentro. Subito dopo, con l’arrivo del ghisa scambiato per «generale austriaco» ), è l’apoteosi del Noio vulevon savuar l’indriss (e del successivo Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?) che sancisce la conclamata e definitiva incomunicabilità psicolinguistica tra il Nord lanciato verso l’Europa il Sud inchiodato all’eterna inadeguatezza («Siamo sudisti, stiamo sotto allo Stivale» , aveva avvertito Totò prima della partenza).
Inadeguati e alieni al punto da venire scambiati addirittura per impresari sudamericani dalla ragazze della compagnia teatrale, con cui andranno a fare bisboccia nel privé del lussuoso ristorante (Grand Milan, naturalmente), mentre in sala Gianni intona Malafemmina, la malafemmina scoppia in lacrime, ma tutto scorre verso l’obbligatorio lieto fine campagnuolo in cui la bionda in lamè (Dorian Gray, attrice bolzanina tra le presenze più originali dello spettacolo italiano) è diventata una moglie (e madre) modello, e i prozii in calesse insegnano al bisnipote le sane tradizioni di famiglia (meridionale): scassare, cioè, i vetri di Mezzacapa. «Farsa grossolana urlata in dialetto napoletano» , scriveva nel ’ 56 l’anonimo recensore dell’Avanti!, ma in realtà qui la napoletanità risulta impaginata con una certa grazia, tra dialoghi e situazioni che (quando non sono in campo Totò e Peppino, ovvio) stanno in equilibrio tra il fotoromanzo e la commedia brillante. E poi, Napoli stessa appare come una capitale straniera e infida: peggio di Milano. Lo sa bene Peppino, che in un’altra scena si raccomanda al nipote Gianni (Teddy Reno, improbabile cafonciello dall’accento triestino) in partenza per Partenope dove studierà medicina: «Stai accorto a non farti accalappiare dalle malefemmine di Napoli... folla sterminata e corrotta... anzi corrotta e corruttrice» . Al che il più comprensivo zio Antonio ribatte: «Tu vedi sempre il peggio... quello si ripassa l’anatomia su un bel corpo vivo e allettante... gli serve per gli esami» . Ma anche queste due battute non riuscirono a passare dal copione al set. Nordista o sudista, il cinema a Roma si faceva. E lì non comandavano i produttori o i registi, ma i sottosegretari. Antonio Fiore
13. Napoli. Depuratori Campania, commissione Hydrogest: gravi responsabilità. Napoli, 7 feb (Il Velino/Velino Campania) - “Il risanamento del sistema della depurazione e il rilancio delle bonifiche ambientali siano priorità per la giunta regionale, al pari dello smaltimento dei rifiuti e del lavoro”. Lo hanno affermato congiuntamente il presidente e la vicepresidente della Commissione regionale di inchiesta sulla gestione della depurazione da parte di Hydrogest s.p.a., Enrico Fabozzi (Pd) e Luciana Scalzi (Pdl), al termine dei lavori dell'organismo consiliare che, stamani, ha ascoltato il commissario liquidatore della società addetta alla gestione del sistema di depurazione in Campania, Oreste Cardillo. All'audizione hanno preso parte anche i capigruppo dei Popolari per il Sud, Ugo de Flaviis, e di Italia dei valori, Eduardo Giordano. “La Commissione sta proseguendo intensamente il proprio lavoro, con audizioni, approfondimenti e sopralluoghi presso gli impianti di depurazione in Campania, dal quale sta emergendo un quadro preoccupante e intricato di possibili responsabilità che stanno alla base del danno ambientale provocato al territorio campano e che sembra essere senza via di uscita - hanno proseguito i due vertici della commissione Hydrogest -. Alla luce di ciò, deve essere compiuto ogni sforzo politico ed istituzionale per il risanamento del sistema della depurazione e per dare avvio alle bonifiche". Fabozzi ha aggiunto che "la Commissione intende dare ogni possibile contributo per fare luce su quanto avvenuto fino ad oggi nella gestione della depurazione, settore colpito da problematiche ataviche di varia natura, e per trovare un percorso adeguato al fine di dare impulso al risanamento del settore e alle bonifiche di cui il territorio necessita". I due esponenti politici hanno poi espresso "profonda solidarietà" ai lavoratori del sistema della depurazione che non percepiscono stipendio e che sono in stato di agitazione, sottolineando che "è intollerabile che a pagare per le responsabilità altrui debbano essere gli addetti agli impianti di depurazione" e auspicando che la vertenza possa giungere presto a positivo compimento. Venerdì prossimo la commissione di inchiesta Hydrogest effettuerà un sopralluogo al depuratore di Cuma. (rp) 7 feb 2011 16:37
14. Basilicata. L'alternativa di un socialismo riformista. 07/02/2011. di FRANCESCO BOCHICCHIO. WIKILEAKS è una miniera di sorprese: ha rilevato che D'Alema ha sostenuto che i giudici in Italia sono un pericolo per la democrazia. Dov'è la differenza con Berlusconi? E perché Berlusconi continua ad accusare il povero D'Alema e il centrosinistra di guidare i giudici contro lo stesso Berlusconi? Wikileaks dimostra che in Italia si è perso il senso del ridicolo, con Berlusconi, grande “barzellettiere”, che a questo punto incarna l'essenza più autentica dell'italianità. E’ necessario però restare sul piano dell'analisi istituzionale. Il centrosinistra non è riuscito a varare una politica della giustizia autonoma rispetto a Berlusconi, non è stato in grado di riconoscere la legittimazione piena e incondizionata della magistratura a indagare sul potere. Ha cavalcato in qualche occasione la tigre, quando la misura era colma e quando poteva avere qualche convenienza, ma non solo non ha mostrato coerenza di fronte a indagini sulla stesso centrosinistra, soprattutto non ha avuto la forza e il coraggio di contrastare decisamente la battaglia di Berlusconi. Quella di D'Alema è l'ammissione di una resa, e fa bene Berlusconi (dal suo punto di vista) a non mollare la presa per debellare la magistratura, isolata di fronte all'opinione pubblica. La sinistra ha perso l'occasione per assicurare il regolare svolgimento della giustizia in modo indipendente dagli altri poteri e per impiantare una regolamentazione rigorosa, tale da correggerne abusi e inefficienza, ma in modo non punitivo e senza subordinare la magistratura al potere politico. La politica in Italia, con un maggioranza tesa a risolvere i problemi personali del premier e con un'opposizione immobile e passiva, è una politica basata sul vuoto, ma che mostra l'arroganza di voler invadere il campo della magistratura. E' il massimo della violazione degli equilibri costituzionali. L'opinione pubblica moderata vuole la rivoluzione liberale promessa da Berlusconi, e si interroga con grande dolore - i più costernati su “Il Corriere della Sera” sono, se si eccettua l'inconsolabile Ostellino, Panebianco e Galli della Loggia, mentre più composto è Sergio Romano - sul perché tale promessa non si sia realizzata. Ma nessuno osserva che tale promessa era una bufala, in quanto un liberalismo senza separazione di poteri è impossibile. In Italia domina un liberalismo privo di basi e illogico, contrario ai principi fondamentali del liberalismo stesso. E' questa l'Italia, un Paese liberale senza liberalismo: d'altro canto vi è una sinistra che ha frettolosamente ripudiato il socialismo ed è diventata liberale, ma ben si guarda del denunziare l'illiberalismo degli avversari. Non è un paese maturo, ma l'insieme di più “barzellette”, con il grande “barzellettiere” diventato il Premier. E D'Alema ha un fascino, in negativo, non minore di Berlusconi. Gli ha svenduto l'Italia, ha accettato il disarmo dello Stato di diritto e del costituzionalismo, ma perché lo ha fatto? Ci si può accontentare della spiegazione che, con il crollo del comunismo, si è trovato impreparato a impiantare una sinistra riformista? Non ha più senso riconoscere che in Italia è necessaria una rivoluzione socialista, in quanto una rivoluzione liberale era ed è contrastata da chi in teoria l'avrebbe dovuta sostenere? Un socialismo democratico e riformista, basato sull'alleanza tra la parte più illuminata del padronato ed i ceti deboli produttivi è inevitabile in Occidente, ma in Italia è assolutamente necessario, in quanto costituisce l'unica alternativa a quel mix paradossale tra tragedia e farsa che Berlusconi ha impiantato.
15. Basilicata. Povertà lucane. Stritolati da mutui e spese sanitarie. di MASSIMO BRANCATI. Il povero non è solo chi non ha un tetto. Il clochard o il barbone, tanto per intenderci. La Basilicata ha un indice di povertà relativa (25,1 per cento) da far spavento, ma deve fare i conti anche con un numero sempre più crescente di famiglie che vivono in condizioni di deprivazione. A livello nazionale il territorio lucano è al quinto posto in Italia. La denuncia arriva dalle Acli di Potenza che tornano a sollecitare un maggiore impegno sul fronte della prevenzione e del contrasto del disagio sociale. Il 22,2 per cento delle famiglie lucane (circa 47mila in numero assoluto), infatti, registra almeno tre dei nove indicatori messi a punto dall'Istat per misurare il grado di disagio economico familiare: non riuscire a sostenere spese impreviste; avere arretrati nei pagamenti (mutuo, affitto, bollette); non potersi permettere una settimana di ferie, un pasto adeguato (proteico) almeno ogni due giorni, il riscaldamento adeguato dell’abitazione, l’acquisto di una lavatrice, di una televisione a colori, di un telefono o di un’automobile. Rispetto al consueto indice di povertà relativa, che si basa sul livello di spesa medio del nucleo familiare, l'indicatore di privazione fotografa la realtà quotidiana delle famiglie e delle loro difficoltà materiali.
Nella classifica di coloro che sono più a rischio impoverimento ci sono in testa le famiglie composte da un solo anziano o da nuclei dove ne è presente almeno uno con più di 65 anni (insieme rappresentano il 49,6 per cento delle famiglie impoverite). Subito dopo si posizionano le coppie con 2 figli (15,6 per cento delle famiglie impoverite), seguite dalle coppie con un figlio (8,8 per cento) e da quelle con un solo genitore (7,4 per cento).
Fra le spese che hanno gravato con maggiore forza sulle famiglie con figli ci sono le cure odontoiatriche, per gli anziani i costi per l’assistenza. «L'evidenza dei dati – commenta il presidente delle Acli di Potenza, Gennaro Napodano – conferma un quadro sociale che si fa giorno dopo giorno sempre più preoccupante e sul quale pesano la crisi occupazionale e la conseguente mancanza di reddito. Finora – osserva Napodano – abbiamo affrontato il tema della povertà in maniera astratta, ma la povertà è una realtà di privazioni quotidiane che ben 47 mila famiglie lucane sperimentano sulla propria pelle, una condizione che spesso rimane sotto traccia e che diventa quindi difficile da individuare». Da qui la necessità, sempre secondo il presidente delle Acli provinciali, di «mettere in piedi una rete di protezione sociale che oltre al sostegno economico assicuri un servizio di ascolto e monitoraggio del disagio sul territorio».
Se il disagio sociale aumenta, complice la crisi economica, le politiche pubbliche arrancano, anche per effetto della stretta ai conti pubblici. In Basilicata, sempre secondo l'Istat, solo lo 0,30 per cento del prodotto interno lordo (dato riferito al 2008) viene destinato a interventi e servizi sociali da parte dei Comuni, una percentuale che classifica la Basilicata, a pari merito con la Campania, al quartultimo posto della graduatoria nazionale. «Per le politiche socio-assistenziali – spiega Napodano – si spende poco e si spende male e lo stesso programma di cittadinanza solidale messo in campo dalla Regione Basilicata sta tradendo le attese che pure aveva suscitato. C’è il rischio che il Copes diventi uno strumento per tenere le famiglie in uno stato di dipendenza sociale e di subordinazione politica».
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=402454
16. Palermo. “Palermo muore e Cammarata spende”
. di BlogSicilia. 7 febbraio 2011 - “Mentre Palermo muore il Sindaco Cammarata spende migliaia di euro per inutili spese di rappresentanza, che sarebbe lungo e imbarazzante elencare, e autorizza il lavoro straordinario solo per gli autisti degli assessori comunali.
Eppure basta andare nei piani alti di Palazzo delle Aquile ed entrare nell’anticamera e perfino nella stanza del Sindaco per osservare il penoso spettacolo di poltrone rotte, tapezzerie strappate, incuria e abbandono. Se proprio si vuole spendere per apparire si spenda almeno per restituire dignità al Palazzo di città e agli ambienti del Primo cittadino”.
Lo dichiara Pippo Russo, segretario provinciale IdV di Palermo.
“I senza casa si ritrovano nuovamente in mezzo alla strada senza che il Comune pianifichi una soluzione definitiva e dignitosa, l’AMAT rischia il tracollo, le strade del capoluogo siciliano sono stracolme di immondizia soprattutto n elle periferie, i luoghi della cultura non esistono più, le spese per i servizi essenziali alle fasce bisognose sono ridotte al lumicino, il bilancio è talmente vicino al dissesto finanziario da indurre l’Amministrazione a ricorrere, per pagare gli stipendi dei propri dipendenti, ai fondi CIPE previsti per investimenti e opere strutturali, eppure Cammarata pensa ad acqustare cellulari, penne costose ed elergire denaro per spese improduttive e assolutamente non necessarie. È l’ulteriore segnale – conclude Russo – del disinteresse di questa Amministrazione per le tante urgenze di Palermo e dei suoi stanchi cittadini”.

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