Sgarbi a Luis, inaccettabili:
Bozen. Museo al Monumento: progetto entro aprile.
Bozen. Ghedina: «Asili, no a piani etnici».
Padane dell'IoTuNoiVoi ecc. ecc.:
Aosta. È donna un'azienda agricola su tre in Valle d'Aosta.
Udin. Una donna su tre in Fvg ha subito atti di violenza.
Bologna. Figli rifiutati dai nidi e servizi costosi. Le madri-lavoratrici «fuori mercato»
Nemanja Emir Kusturica presenta:
Campodarsego. Padova. Venetista trattenuto dai carabinieri perché mostra la patente veneta.
Padani:
Belluno. Zaia ringrazia il soccorso alpino Toscani: «Fondi assicurati».
Tolmezzo. Fini il 19 a Rivolto e Tolmezzo: è subito polemica con la Lega.
Bologna. Verso il voto.
Bozen. Museo al Monumento: progetto entro aprile. Insediato il gruppo degli storici di Comune, Provincia e Soprintendenza. BOLZANO. Si è insediato il gruppo di lavoro degli storici che devono presentare a Comune, Provincia e Soprintendenza il progetto per il centro di documentazione sul fascismo all'interno del Monumento alla Vittoria. Tempi rapidi. Patrizia Trincanato: prime indicazioni in aprile. Si è mosso velocemente anche il concorso di idee per la storicizzazione e copertura del rilievo di Mussolini a cavallo in piazza Tribunale opera di Hans Piffrader. Scadono oggi i termini per la presentazione dei progetti, che verranno esaminati da cinque esperti che dovranno essere nominati da Provincia (tre nomi) e Comune (due nomi). Anche nell'ultima seduta di consiglio provinciale il presidente provinciale ha ribadito che l'obiettivo resta la copertura del Duce a cavallo. Per quanto riguarda il Monumento alla Vittoria Provincia e Comune intendono avere idee chiare entro questa primavera sul centro di documentazione da realizzare nella parte sotterranea dell'opera. Nei giorni scorsi c'è stata una riunione con l'assessore provinciale Sabina Kasslatter Mur, l'assessore comunale Patrizia Trincanato e i tecnici incaricati di elaborare il progetto per il centro di documentazione. Accanto al soprintendente Ugo Soragni, lavoreranno Christine Roilo (direttore dell'Archivio storico provinciale), lo storico Andrea Di Michele, Hannes Obermair (responsabile del servizio Archivio storico del Comune) e Silvia Spada (direttore dell'Ufficio servizi museali e storico-artistici del Comune). L'incontro è servito per riunire gli esperti (i referenti di Provincia e Comune dovranno ricevere un incarico ufficiale) e impostare il lavoro. Anticipa Patrizia Trincanato: «Contiamo di avere una bozza con l'indice degli argomenti per il centro di documentazione entro aprile». L'obiettivo di Provincia e Comune, ricorda Trincanato, è insediare all'interno del Monumento alla Vittoria un centro di documentazione sul fascismo: «Dovrebbe essere un percorso di conoscenza molto legato a quanto accaduto nella nostra città in quegli anni. Il monumento in sé sarà poi oggetto di un approfondimento a parte». Questo progetto è in contrasto con quanto indicato dal deputato del Pdl Giorgio Holzmann, che riferendo le perplessità del ministro della Difesa La Russa sull'accordo Durnwalder-Bondi sulla storicizzazione dei monumenti fascisti ha ribadito la propria posizione: un museo sul fascismo provocherebbe altre divisioni, «meglio sarebbe dedicare il centro di documentazione alla Prima guerra mondiale». La presenza del soprintendente Soragni garantisce un confronto in presa diretta con un rappresentante del ministero dei Beni culturali. Ogni passaggio sarà poi comunicato, anticipa Patrizia Trincanato, «al Commissario del governo». Intanto da Palazzo Ducale, ha ricordato il sindaco Luigi Spagnolli, è arrivato già un parere di massima favorevole su uno dei punti più attesi, la riapertura del monumento. Al termine dei lavori di restauro la cancellata dovrebbe ricomparire, ma con la previsione dell'apertura durante il giorno, per rendere il monumento di nuovo accessibile. Il ministro Bondi, in vista dell'accordo con Durnwalder si era espresso a favore, a proposito del Monumento, «di un progetto condiviso», un recupero che contribuisca «a superare le divisioni di un doloroso passato e ad alimentare una memoria in cui si riconosca l'intera comunità del Sud Tirolo».
http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2011/03/07/news/museo-al-monumento-progetto-entro-aprile-3625442
Bozen. Ghedina: «Asili, no a piani etnici». Il capogruppo Pd spiega lo stop al testo dell'assessore Amhof. BRESSANONE. «Più che il testo elaborato per il piano asili, è stato il riferimento in aula all'articolo 19 da parte dell'assessore Amhof a spingermi a chiedere una sospensione dei lavori: su questi temi non si possono fare pianificazioni di tipo etnico». Così Alberto Ghedina, capogruppo del Pd in consiglio comunale, spiega l'imbarazzante scivolone della maggioranza in occasione dell'ultimo consiglio comunale. In sintesi. L'assessore Magdalena Amhof, che da questa legislatura ha competenza sulla scuola di entrambi i gruppi linguistici (decisione che è stata oggetto di non poche critiche dell'opposizione italiana), ha portato al voto in aula il piano per le scuole per l'infanzia fino al 2015. In questo è prevista la creazione di quattro nuove sezioni di lingua tedesca, una in particolare (così c'era scritto) a servizio anche del quartiere di Santa Elisabetta, sul territorio di Varna. Le opposizioni italiane - appoggiate anche dal consigliere indipendente Dissinger - hanno reagito duramente, presentando un ordine del giorno con il quale si impegnava la giunta a collaborare con i comuni limitrofi a favore di tutti i gruppi linguistici. A quel punto Ghedina ha chiesto una sospensione dei lavori e al rientro in aula il punto è stato ritirato. Ma l'assessore Amhof era arrabbiata coi colleghi di maggioranza: «Il testo era pronto da un mese, potevano leggerlo primaa», ha tuonato sulle pagine dell'Alto Adige. «È vero, abbiamo chiesto di togliere dal documento qualsiasi riferimento al quartiere di Santa Elisabetta - ha spiegato Ghedina - ma il punto fondamentale è stato il riferimento in aula all'articolo 19 (la norma della Statuto che garantisce l'insegnamento nella lingua madre). Comprensibile, di fronte agli attacchi delle opposizioni, ma le pianificazioni sulle scuole materne, soprattutto per periodi così lunghi, non possono avere un principio etnico. Non possiamo sapere, ad esempio, quali saranno i trend di scelta dei figli dei mistilingue, senza contare che, nei rapporti di collaborazione con i comuni limitrofi, deve essere lasciata la porta aperta a tutte le soluzioni». Si riferisce ai bambini italiani di Varna, Vandoies, Naz e Rio che gravitano su Bressanone? «Oggi sono costretti ad andare a scuola a Millan, attraversando tutta la città e non si può escludere a priori, per loro, una soluzione a nord. Fosse stato tolto il riferimento al quartiere di Santa Elisabetta, per noi il testo poteva passare. L'assessore ha preferito non portare al voto il piano, scelta peraltro comprensibile se vista nell'ottica interna all'Svp». Ma il testo non era stato concordato prima che venisse portato in aula dall'assessore Amhof? «Ammettiamo che c'è stato un "neo" - spiega il capogruppo del Pd - ma è anche la prima volta che un assessore si occupa della scuola di entrambi i gruppi». Una scelta che non è stata priva di polemiche: qualche dubbio dopo quanto è successo? «Non siamo per nulla pentiti, ma è chiaro che, almeno in questa prima fase, l'assessore deve essere accompagnata nel nuovo compito, soprattutto per quanto riguarda le questioni che toccano la scuola di lingua italiana». Il piano per gli asili tornerà presto in aula? «Penso di sì - risponde Ghedina - non è certo nostra intenzione stravolgerlo, ma vanno garantite uguali possibilità per tutti».
Aosta. È donna un'azienda agricola su tre in Valle d'Aosta. L'agricoltura rosa non teme la crisi; oltre 650 le imprese agricole femminili. 08/03/2011. AOSTA. Il 33,9% delle imprese agricole valdostane è donna: un tasso che nel Nord Italia è secondo solo a quello della Liguria. Biologico, agriturismo, ortofrutta, vitivinicoltura, Dop e Igp. Sono questi i settori in cui la presenza femminile è più forte. «L'attività delle donne nell'agricoltura resiste alla crisi» sottolinea, in occasione della festa dell'8 marzo, l'associazione Donne in campo della Confederazione italiana agricoltori. In effetti, anche a livello nazionale, la presenza rosa nel primario (29,2%) conta 250mila aziende ed è inferiore solo a quella registrata nel commercio (30%), restando superiore sia all'attività dei servizi che a quella manifatturiera.
Sono circa 650 le imprese agricole femminili in Valle d'Aosta. Per toccare con mano una parte di questa realtà è sufficiente passeggiare tra le bancarelle del mercato biologico Lo Tsaven. Ormai dal 2002, generalmente ogni seconda domenica del mese, 25 produttori agricoli valdostani della Coldiretti - riuniti nell'associazione "Agrimercato Aosta" - propongono i frutti del proprio lavoro sotto i portici di piazza Chanoux. Tra la gran varietà di offerta - miele, formaggi, dolci, vini, ortaggi, frutta, pane, saponette a base di latte di capra, marmellate di cipolla e di sedano, gelatina di timo e ancora succo di mele, dado vegetale e cosmetici a base di piante valdostane solo per fare qualche esempio - non è difficile trovare imprese a totale o parziale gestione femminile.
Sul totale di circa 14mila, sono oltre 3.400 le imprese rosa valdostane. Nella nostra regione, oltre che nel commercio (33,5%) e nell'agricoltura, i settori con i più significativi tassi di femminilizzazione sono i servizi di alloggio e ristorazione (34%), la sanità e l'assistenza sociale (36,5%), il noleggio e le agenzie di viaggio (30,3%), i servizi di informazione e comunicazione (26,7%) e le attività immobiliari (26,2%). Thierry Pronesti
Udin. Una donna su tre in Fvg ha subito atti di violenza. In regione oltre 6.400 denunce dal 1995 a oggi. UDINE. Una donna su tre in Friuli Venezia Giulia ha subito, nel corso della vita, violenze fisiche o sessuali. Il dato emerge da una ricerca dell’Associazione Associazione IoTuNoiVoi, di Udine, attiva dal 1995. Il dato è emerso ieri nel corso di una tavola rotonda promossa a Udine dalla Cisl del Friuli Venezia Giulia.
Dal 1995 alla fine del 2009 si sono rivolte ai Centri antiviolenza presenti in regione oltre 6.400 donne, di cui il 70% italiane e l’80% che ha subito violenza dal partner attuale o dall’ex compagno. Ben l’89,7% delle donne non denuncia l’aggressione e la percentuale sale al 95,3% nel caso in cui la violenza non sia stata esercitata dal proprio partner.
Resta poi alta - hanno spiegato i rappresentanti della Questura di Udine - l’attenzione sullo stalking, con venti casi di ammonimento nella sola provincia di Udine.
Pari opportunità. Per la presidente della Commissione regionale delle pari opportunità, Santa Zannier, in occasione dell’8 marzo, ha detto che «siamo nel terzo millennio e in Italia esistono alcuni dati oggettivi: la popolazione femminile è più numerosa di quella maschile; le donne in Parlamento sono solo una piccola percentuale rispetto agli uomini; le donne importanti si possono contare su una mano; le nuove generazioni femminili, più forti e decisamente predominanti, hanno messo in crisi i coetanei maschi, che faticano a reggere il confronto».
Per la rappresentante della Crpo, bisogna insegnare alle donne ad aiutarsi tra loro, a fare cordata. E bisogna far capire quanto sia importante la loro presenza nella società, alla quale possono dare un grande contributo con il loro pensiero, che identifica una diversità di genere finora non rappresentata ma che costituisce sicuramente una realtà concreta che non si può più ignorare.
L’assessore. In occasione della festa della donna «è fondamentale stimolare la riflessione sul presente, su un oggi che propone un nuovo protagonismo femminile». Lo ha sottolineato l’assessore regionale Angela Brandi l’8 marzo non deve essere soltanto un momento celebrativo, ma «occasione per rilanciare il lavoro delle donne anche perchè, se la crisi ha avuto effetti pesanti per tutti, li ha avuti ancor di più su di loro».
Questa giornata, secondo l’assessore, «sarà l’occasione per ricordare un centenario importante, ma anche l’opportunità di sottolineare come in Italia la questione femminile sia ancora al centro del dibattito nazionale» anche perchè «i valori di cui le donne sono portatrici non sono ancora sufficientemente apprezzati e riconosciuti, anche dalle stesse donne. Sono valori di cui il mondo di oggi ha urgente bisogno».
Bologna. Figli rifiutati dai nidi e servizi costosi. Le madri-lavoratrici «fuori mercato»
Indagine della Consigliera di parità: dopo il parto molte lasciano l'impiego o cambiano azienda
Maternità e lavoro, due realtà spesso inconciliabili ancora. Soprattutto in un momento storico caratterizzato anche a Bologna dai tagli ai servizi di assistenza all’infanzia e dall’aumento delle tariffe di nidi e materne. Ed ecco che le donne con un lavoro dipendente che decidono di avere un figlio, in molti casi si trovano anche a dover decidere se continuare a lavorare oppure no.
Parlano chiaro i dati messi a disposizione da Rosa Maria Amorevole, Consigliera di Parità dell’Emilia-Romagna, una figura istituzionale nominata con decreto del ministero del Lavoro di concerto con il ministro delle Pari opportunità su designazione delle Regioni e delle Province, che svolge funzioni di promozione e controllo dell’attuazione dei principi di uguaglianza e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro. Pur essendo migliorato il trend a livello regionale tra il 2006 e il 2010, dai dati rielaborati dalla Consigliera di Parità emerge che le lavoratrici madri che si sono dimesse a Bologna nel 2010 sono state 340, in aumento rispetto all’anno prima, quando erano state 334.
Non sono disponibili i dati del 2008, ma nel 2007 le dimissioni erano state 430 e 302 nel 2006. «Le motivazioni alla base delle dimissioni — spiega Amorevole — sono in prevalenza collegate alla mancanza di servizi, alla mancata concessione del part-time e al cambio di azienda». Ma anche il cambio di azienda racconta di una difficoltà delle mamme lavoratrici: «Il cambio di azienda — continua la Consigliera di Parità — potrebbe essere letto anche come soluzione trovata in autonomia dalla lavoratrice, a fronte delle difficoltà organizzative all’origine del rifiuto di concessione di flessibilità oraria o part-time utili alla conciliazione individuale tra i tempi di lavoro e le nuove esigenze di cura». Il numero maggiore di dimissioni di lavoratrici madri a Bologna nel 2010 si è verificato nel settore del commercio (138 dimissioni) e in tutti quei lavori classificati come «altri» che non comprendono agricoltura, industria e credito e che hanno «collezionato» l’anno scorso 154 dimissioni. E l’abbandono più alto del proprio lavoro è avvenuto da parte di lavoratrici assunte in aziende piccole, quelle che contano fino a 15 dipendenti: lì, secondo la rielaborazione fatta dall’Ufficio della Consigliera di Parità su dati della Direzione regionale del lavoro, sono state in 202 a rassegnare le dimissioni, seguite dalle «colleghe» delle aziende fino a 50 dipendenti: in questo caso sono state in 57 a lasciare il proprio posto.
Nel 2010 hanno sacrificato la propria carriera prevalentemente le donne alla prima maternità: sono state 201 le lavoratrici con un figlio solo a dimettersi e sono state 113 quelle con due bambini. Essendosi spostata in avanti l’età della maternità, le mamme lavoratrici che decidono di abbandonare il proprio posto sono prevalentemente nella fascia d’età tra i 26 e i 35 anni (196 dimissioni) e in quella tra i 36 e i 45 anni (110 dimissioni). Le motivazioni delle dimissioni delle madri lavoratrici sono tutte nero su bianco nella dichiarazione obbligatoria che le donne devono compilare nel periodo di maternità, dalla data del concepimento fino al compimento del primo anno del bambino. Nel 2010 a Bologna in 67 hanno dichiarato di essersi dimesse per la mancanza di una rete di supporto adeguata per l’assistenza del figlio: in 14 per il mancato accoglimento al nido, in 40 per assenza di parenti di supporto, in 13 per l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato. «La presenza dei servizi di cura — conclude Amorevole — è essenziale per l’entrata e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro, perché di fronte alla mancata copertura dei nidi, per esempio, sarà chi in famiglia ha il salario più basso a lasciare il lavoro e generalmente questa condizione è soprattutto in capo alle donne». Daniela Corneo
Campodarsego. Padova. Venetista trattenuto dai carabinieri perché mostra la patente veneta. Gabriele De Pieri, di Loreggia, fermato in auto da una pattuglia a Campodarsego per un normale controllo dopo un sorpasso. Si dichiara "presidente dello Stato di Padova della Repubblica Veneta" e resta quattro ore in caserma. "Non sono italiano, e loro non hanno sovranità sul territorio veneto". In suo soccorso il "presidente dello Stato di Treviso". CAMPODARSEGO. Incidente "diplomatico" ieri pomeriggio a Campodarsego: i carabinieri si sono permessi di fermare Gabriele De Pieri, presidente dello "Stato di Padova della Repubblica Veneta", e persino di trattenerlo quattro ore in caserma prima di lasciarlo andare con una sfilza di verbali di multa.
E' lo stesso De Pieri a raccontare quello che gli è capitato. «Erano le 15.30 e stavo tornando a Loreggia - racconta irritato - lungo la regionale del Santo. Ero fermo al semaforo di Campodarsego. Dietro è arrivata un'auto dei carabinieri". Al verde è ripartito. Ma, trovandosi davanti un veicolo lento, dopo un paio di chilometro l'ha sorpassato.
"La linea di mezzeria era tratteggiata, quindi ho sorpassato in modo regolare", assicura l'autonominato "presidente dello Stato di Padova". Per i carabinieri, evidentemente, così non era. Tant'è che hanno lampeggiato e hanno tirato fuori la paletta intimandogli di accostare.
De Pieri si è fermato all'altezza della trattoria Quaglia, a San Giorgio delle Pertiche. Patente e libretto. "Ho mostrato il libretto e, in anteprima, la nuova patente veneta. Me l'hanno contestata: non è valida. Questo lo dice lei, ho replicato, a casa mia, nel Veneto, è validissima. Ho tentato di spiegare a quei signori che non sono italiano, che loro non hanno sovranità sul territorio veneto. Ma loro niente, non è valida, ci segua in caserma. Ero solo e non avevo testimoni. E visto ciò che è successo a Cucchi, ho detto: gente, non vi seguo, ho bisogno di tutela, sono presidente dello Stato di Padova. E ho chiamato il presidente dello Stato di Treviso, Daniele Quaglia, e anche la Finanza che mi mandasse una pattuglia".
Ma i finanzieri hanno risposto che non si occupano di questi episodi e di chiamare la polizia. "E il 113 mi ha detto di rivolgermi ai testimoni di Geova, che non si occupano delle cose dei carabinieri perché sono una forza di polizia militare. E' incredibile che certe persone, stipendiate da noi, agiscano così. Mi domando in quale paese che si definisce civile una forza militare interferisce con la popolazione civile".
De Pieri è stato fermato. "Mi hanno portato in caserma contro la mia volontà, io non avevo fatto niente di male - afferma - non ero ubriaco. Ho dichiarato di essere cittadino veneto, titolare di sovranità originaria e in virtù di questo fatto non riconosco l'amministrazione né l'autorità italiana sul territorio veneto. In caserma mi hanno spento e ritirato il cellulare, palese violazione dei diritti umani, e mi sono stati sequestrati patente e carta d'identità veneta. Ora sono senza documenti, sono mister X".
Il racconto di De Pieri continua, dettagliato: "Quando è arrivato Quaglia è stato costretto ad aspettare nella guardiola. Mi sono trovato da solo con tre carabinieri che mi facevano pressioni psicologiche. Devi firmare, senno ti si aprono le porte del carcere, continuavano a ripetermi. Io non ho firmato niente. Poi mi hanno lasciato andare con una sfilza di verbali in lingua italiana che non so leggere, mentre li avevo chiesti esplicitamente in lingua veneta. Ma ora mi rivolgo alla Corte europea dei diritti umani».
De Pieri non aveva con sé la patente, quella vera, che per lui è invece falsa: l'aveva lasciata a casa. Così sono scattate le sanzioni.
Belluno. Zaia ringrazia il soccorso alpino Toscani: «Fondi assicurati». BELLUNO. «Sono orgoglioso di essere riuscito a garantire al soccorso alpino i soldi necessari alla sua attività, anche in un bilancio caratterizzato da tagli drastici a molti capitoli di spesa». La dichiarazione di Matteo Toscani arriva al termine di una giornata che ha visto il Cnsas al lavoro per lunghe ore su una valanga. «Quando ho visto che il capitolo di spesa per il soccorso alpino - ricorda Toscani - era stato azzerato, mi sono subito attivato per evitare il peggio. Ho parlato con Zaia e ho condiviso la soluzione di spostare il finanziamento del Cnsas dalla protezione civile alla sanità. Proposta poi accettata dall'assessore Coletto. Grazie ad un gioco di squadra con Bond siamo riusciti a garantire le risorse economiche che i volontari del Soccorso alpino si aspettavano». Fabio Bristot, coordinatore del soccorso alpino bellunese, ha ringraziato in una nota Toscani «per la tenacia dimostrata a Venezia per garantire il livello dei finanziamenti. L'auspicio è ora che si possano trovare le risorse per la rete radio, obiettivo importante e qualificante per il soccorso alpino e il Suem, ma anche per gli stessi enti locali». Il plauso per il soccorso alpino è arrivato anche dal governatore Zaia: «Siete l'orgoglio del Veneto e a voi va l'ammirazione per l'abilità, il coraggio e la professionalità dimostrati e il mio personale ringraziamento per aver salvato delle vite in questa particolare fase della stagione invernale».
Tolmezzo. Fini il 19 a Rivolto e Tolmezzo: è subito polemica con la Lega. di Antonio Simeoli. L’invito per partecipare a una manifestazione di piazza sui 150 anni. Il sindaco: pronto ad accoglierlo, ma solo se la visita sarà di tipo istituzionale
TOLMEZZO. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sarà in Friuli sabato 19 marzo per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. La terza carica dello Stato, in particolare, visiterà la base di Rivolto per rendere omaggio alla Pattuglia acrobatica nazionale, considerata uno dei simboli dell’Unità d’Italia, e parteciperà a una manifestazione di piazza a Tolmezzo ideata da Renato Garibaldi, pronipote del ramo cadetto dell’eroe dei due mondi, e dalla fondazione intitolata al patriota.
L’approdo di Fini a Tolmezzo, tuttavia, porta con sé anche una serie di polemiche. Il segretario regionale della Lega Nord, nonchè presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, infatti, avverte che non parteciperà ad altre manifestazioni a Tolmezzo che quelle ufficiali organizzate dal Comune. E guarda caso due di queste sono programmate proprio il 19 marzo. «Non ho ancora ricevuto l’invito ufficiale - spiega l’ex parlamentare - ma prenderò in considerazione solo le iniziative del Comune». Che non prevedono la presenza di Gianfranco Fini.
«Non ho ricevuto alcuna comunicazione - spiega invece il sindaco di Tolmezzo, Dario Zearo - a conferma della presenza di Fini. É chiaro che se il presidente visiterà Tolmezzo in modo ufficiale e non per fare politica lo accoglierò con tutti gli onori in municipio. Del resto conosco Fini dal 1980: lui era presidente del Fronte della Gioventù, io rappresentante locale del Movimento Sociale. Guardi, in privato ci siamo persino sempre dati del tu».
Ma negli ultimi mesi le cose sono cambiate. Fini dopo la cacciata dal Pdl ha fondato un partito, “Futuro e Libertà”, mentre Zearo non ha cambiato casacca ed è restato nel Pdl. «Non c’entra la politica - conferma il sindaco -. Ripeto: se Fini verrà in città come presidente della Camera allora sarà ricevuto. Io però non posso andare dietro alle manifestazioni di piazza organizzate da Renato Garibaldi». Niente simbolo del Comune, dunque, figurarsi il patrocinio all’evento.
Tra Garibaldi e Zearo c’è ruggine da tempo. Diversi i motivi del contendere, non ultimo l’impegno dell’organizzatore della manifestazione del 19 nel movimento ambientalista “Carnia in Movimento”, capace ad esempio di portare sotto la finestra dell’ufficio di Zearo a gennaio duemila persone per dire no all’elettrodotto.
E se Zearo tiene a distanza Garibaldi, l’“ambientalista-patriota” attacca. Nella nota ufficiale in cui presenta l’iniziativa di piazza evidenzia come «a 150 anni dall’Unità pare emergano altri ostacoli quale quello ’del fatti gli affari tuoi’ che è altrettanto grave». Poi va giù pesante contro l’asse giunta Zearo- Regione. «Il sindaco mi ha accusato di aver chiamato Fini per fare propaganda al Fli confermandomi che quel giorno in piazza non ci sarà con tutto l’esecutivo. E pure il senatore Saro mi ha fatto sapere che il presidente Tondo, annunciando il suo forfait in piazza, è molto arrabbiato con me per aver chiamato nella sua città il leader di Fli».
Insomma, Fini non sarebbe gradito dai vertici della Regione a Tolmezzo. Detto che in effetti dal Carroccio, attraverso il segretario Fontanini, sono già arrivate conferme in questo senso, va segnalata l’opera di pompiere del neo-segretario regionale di Futuro e Libertà, Paolo Ciani, che si affretta a stemperare le polemiche. «Fini farà una visita ufficiale in Friuli - spiega il consigliere regionale del Gruppo Misto - prima andrà a Rivolto e poi sarà a Tolmezzo per una manifestazione organizzata dalla Fondazione Garibaldi. Niente di politico, solo l’omaggio della terza carica dello Stato a un simbolo della Nazione, la Pan, e alla Carnia, una delle culle dell’Unità d’Italia, non foss’altro per l’impegno di quella gente in prima linea nella Grande Guerra ultimo atto del Risorgimento».
Ma è toccato proprio a Ciani anche salire in Carnia da Garibaldi per togliere un po’ di folclore alla manifestazione di piazza e renderla più “istituzionale”. La visita a un indiscusso vanto della Nazione, le Frecce Tricolori, mito d’Italia e del Friuli farà fatto il resto. Basterà?
Bologna. Verso il voto. La Lega correrà insieme al Pdl anche a Bologna. Al via le consultazioni decisive dopo il consiglio federale del Carroccio che ha deciso la strategia per le grandi città del nord. Venerdì arriva Cicchitto. BOLOGNA, 8 MARZO 2011 - UN PUNTO fermo dal consiglio federale della Lega Nord di ieri: il Carroccio si vuole presentare alle elezioni amministrative del prossimo 15 maggio in alleanza con il Pdl nelle grandi città del Nord, Bologna compresa. Così, oltre a Milano e Torino (dove il candidato sindaco sarà espressione del Pdl), anche sotto le Due Torri andrà in scena, con ogni probabilità, una rivalità tutta politica tra centrosinistra e centrodestra. Motivo: se come sembra Pdl e Lega correranno insieme, sembra sempre più defilarsi l’ipotesi di un alternativa civica (ovvero Stefano Aldrovandi). La Lega Nord ha infatti già ripetuto più volte che non correrà con l’imprenditore, che ha invece l’appoggio di Fli e Udc. Proprio l’ex manager di Hera ieri ha presentato alcune proposte per Bologna: dalla bocciatura del porta a porta in centro e della costruzione di una grande moschea alla realizzazione di parcheggi interrati a ogni porta (idea già accarezzata da vari candidati negli ultimi anni), Aldrovandi punta «sulle isole ecologiche interrate, che possono sostituire in larga parte i cassonetti».
NEL CENTRODESTRA comunque regnano le correnti. E, anche ieri, era la Lega a movimentare le acque. Da via Bellerio, Milano, la notizia che i vertici della Lega pensano sempre di più a Bologna come terra di conquista e il peso specifico di un’eventuale candidatura di Manes Bernardini diventa ora dopo ora più importante. L’inaugurazione della sede elettorale di via Ugo Bassi si terrà il 18 e con ogni probabilità arriverà un esponente di governo, probabilmente il ministro Roberto Maroni. Fabrizio Cicchitto, venerdì, sarà invece l’ariete degli ex Forza Italia che, con l’onorevole Fabio Garagnani, fanno sapere di puntare dritto a un candidato griffato Pdl ma, in caso di diktat romano, di essere pronti ad appoggiare un nome leghista.
Oggi a Roma, con ogni probabilità, si terranno incontri sul tema e il Pdl vaglierà quanto espresso dalla Lega nel federale di ieri.
Il coordinatore regionale del Pdl, Filippo Berselli, vuole però stoppare l’avanzata leghista, giudicando prematura per Bologna l’opzione di un candidato sindaco del Carroccio. «Da parte loro la richiesta mi appare legittima, ma campata in aria — spiega senza mezzi —, a Bologna la Lega Nord ha la percentuale di voti più bassa dell’Emilia-Romagna. Dobbiamo cercare di percorrere strade che ci portino a vincere: se troviamo un civico capace di drenare voti a sinistra è possibile. Un candidato politico non avrebbe le stesse chances». In caso di candidato civico, aggiunge Berselli, «difficilmente arriverebbe in città per la campagna elettorale Silvio Berlusconi».
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