martedì 8 marzo 2011

Federali del Mattino Europeo. 8 marzo 2011. Ci sono sicuramente due razze di madri: quelle lavoratrici e quelle che rendono la vita difficile alle mamme che lavorano. L'Italia dovrebbe ritrovare quella cultura della coesione che c'è qui in Trentino, dove trovo sempre una concezione sana di comunità. Ogni volta che torno qui, provo sempre una grande ammirazione. Dovetti cambiare libro di storia e continuare a studiare, cercando di formarmi dopo, per smettere di credere a questa lezione che avevo dovuto imparare.

Sgarbi per Luis:
Germania. In Germania madri lavoratrici contro madri mammone, è scontro.
Bozen. 8 marzo, fiocchi rosa sui ponti di Bolzano: «Messaggio per la convivenza tra culture».
Bozen. Sgarbi: «A Bolzano italiani come gli ebrei»
Valle d'Aosta. Per la prima volta un valdostano al timone della sede regionale Rai Valle d'Aosta.
Trento. Montezemolo a Trento «Ammiro il Trentino»

Padane al 38,2%:
Cuneo. Serata di scuola politica con la Lega Nord al Castello degli Acaja di Fossano. Cuneo. Cara collega, prima di esternare le sue convinzioni ci pensi: formerà studenti più liberi.
Parma. Donne e lavoro: l'Emilia-Romagna è prima a livello nazionale.
Bologna. Il centro deturpato, sporco e intasato. «L'Unesco non tutelerà mai Bologna».
Germania. In Germania madri lavoratrici contro madri mammone, è scontro. In un libro giornalista attacca: «Dato che sono fondamentalmente insoddisfatte della loro vita rendono la vita difficile alle madri lavoratrici». BERLINO - Ci sono sicuramente due razze di madri: quelle lavoratrici e quelle che rendono la vita difficile alle mamme che lavorano. Queste ultime, in Germania troppo facilmente etichettate come «Rabenmuetter», «madri corvo», cioè madri «snaturate», cominciano a ribellarsi. A cappeggiare la rivolta è la scrittrice e giornalista economica Anette Dowideit, che nel suo libro «Il mio lavoro, mio figlio, il mio capo, mio marito e me - training di sopravvivenza per madri lavoratrici» (Mein Job, mein Baby, mein Chef, mein Mann und ich - Ueberlebenstraining fuer berufstaetige Muetter), ha denunciato la «Mafia delle madri» e dispensato consigli su come cavarsela al meglio.
Chi sono queste madri «fondamentaliste»? «Tutte quelle donne che in Germania rinunciano al loro lavoro, che sono solo a disposizione del figlio, perchè viene loro il panico a perdere qualcosa nell'educazione dei figli - ha attaccato Dowideit, intervistata da Bild - invece di andare a lavorare o di seguire altri interessi, cucinano per ore dei menu completi o frequentano i corsi di inglese per i più piccoli. Dato che sono fondamentalmente insoddisfatte della loro vita - ha proseguito la giornalista - rendono la vita difficile alle madri lavoratrici».
Dowideit sa quello che dice, perchè l'ha vissuto sulla sua pelle. Quella volta che si è azzardata a portare il figlio con sè in un viaggio di lavoro, ha dovuto dare spiegazioni a un'amica, una dottoressa che aveva lasciato il lavoro per seguire i suoi tre figli: «Ma non è che gli procuri un danno irreparabile», le aveva detto.
La «casta delle madri» è ovunque. Al parco queste donne guardano male chi estrae un vasetto di omogeneizzati e sono pronte a sgridare la collega che non prepara cibi freschi. Non perdonano e sono in grado di acciuffare la madre lavoratrice anche in ufficio, suo ultimo rifugio. Per esempio nelle vesti della madre di tre figli, ex sostenitrice dell'allattamento a richiesta, la cui prole nel frattempo va a scuola. Perchè?: «Forse per noia o invidia, perchè vorrebbero andare volentieri a lavorare? Voglia di valorizzarsi che si esprime in saccenteria? Frustrazione che non sanno come sfogare?», ha replicato la scrittrice. Di fronte a queste «accuse» bisogna mantenere la calma, è il suo consiglio: «Tenete sempre a mente un paio di statistiche. Per esempio: un bimbo che va al nido ha il 50% di probabilità di farcela più tardi al liceo. I bambini che restano a casa con 'mami' solo il 30».TM News Lunedì 7 marzo 2011

Bozen. 8 marzo, fiocchi rosa sui ponti di Bolzano: «Messaggio per la convivenza tra culture». Manifestazione organizzata dal comitato "Se non ora quando". «L'obiettivo - spiega la coordinatrice cittadina Nadia Mazzardi Lucich - è di unire virtualmente con un fiocco rosa tutto il territorio». BOLZANO. Torna per l'8 marzo il comitato «Se non ora quando» che ha portato in piazza a Bolzano oltre mille donne il 13 febbraio.
«L'obiettivo - spiega la coordinatrice cittadina Nadia Mazzardi Lucich - è di unire virtualmente con un fiocco rosa tutto il territorio, e di incontrarsi in piccoli gruppi, ognuno nella propria realtà, a parlare e discutere di donne e con le donne, di lavoro, di maternità e di paternità. E' stato proposto di infiocchettare di rosa i monumenti, gli alberi, le strade o di appendere alla borsetta o alla macchina un fiocchetto».
A Bolzano vista la particolare tensione intorno ai monumenti, «abbiamo pensato di infiocchettare i ponti, come segno di condivisione tra le due culture. Domani, 8 marzo, chi avesse voglia può infiocchettare il proprio circondario, alberi sotto casa, cancelli, portoni, ingressi degli uffici. Vorremmo vedere le nostre città tinte di fiocchi rosa, simbolo della nascita delle bambine, e della rinascita delle donne».

Bozen. Sgarbi: «A Bolzano italiani come gli ebrei» 07/03/2011 17:32 BOLZANO - "Durnwalder dice no alle celebrazioni del 150/o dell'Italia e, intanto, gli italiani dell'Alto Adige sono come gli ebrei ai tempi di Hitler". Lo ha detto Vittorio Sgarbi, presentando a Bolzano il Comitato per l'Unità d'Italia, voluto dalla deputata del Pdl Michela Biancofiore. "Con il suo rifiuto - ha affermato il critico d'arte - Durnwalder sostanzialmente nega sè stesso, perchè non è possibile che vi sia una parte d'Italia che è contraria all'Italia".
"Se a Bolzano - ha detto il sindaco di Salemi - c'è chi si sente tedesco o austriaco, allora aderisca alla Germania o all'Austria, ma poi i soldi li chieda a queste nazioni". Riferendosi alla polemica sui monumenti del Ventennio e, in particolare, sul Duce a cavallo che sorge davanti a Palazzo di giustizia a Bolzano, Sgarbi ha concluso: "Non vorrei che Durnwalder intenda cancellare Mussolini per diventare come Hitler".(ANSA).

Valle d'Aosta. Per la prima volta un valdostano al timone della sede regionale Rai Valle d'Aosta. 07/03/2011. AOSTA. Da oggi la sede Rai Valle d'Aosta ha un nuovo direttore. E' l'ingener Severino Zampaglione che ha già stabilito un record: essere il primo valdostano alla guida della corazzata Rai e ha tutti i numeri per stabilire il record di essere il più longevo direttore di sede dopo lo storico Renzo Canciani che è stato direttore per circa 10 anni con il merito di avere dato alla Rai valdostana la nuova sede.
Già Responsabile dell'Area Nord Ovest Piemonte-Valle d'Aosta della consociata Rai Way, Severino Zampaglione, ingegnere valdostano di 53 anni, ha preso il posto lasciato vacante nello scorso mese di settembre dal precedente Direttore, Giovanni Girolimetto, e se Dio vorrà avrà almeno 13 anni, prima del pensionamento per mettere ordine e rilanciare l'azienda.
"Assumo da oggi l'incarico di Direttore della Sede e credo che la mia nomina sia un riconoscimento del lavoro svolto congiuntamente con tutti i soggetti tecnici ed istituzionali in occasione dello switch-off e del varo del digitale terrestre in Valle d' Aosta. E' soprattutto un grande riconoscimento, essendo io il primo Direttore valdostano, delle capacità professionali maturate nella Sede" ha scritto in una nota il neo direttore". Aostaoggi prende atto con la speranza che non siano le solite parole scritte per l'occasione quando Zampaglio dice: "Intendo in tale modo cogliere lo sfida della modernizzazione ed essere in prima fila anche aprendo un confronto per una piena collaborazione con lo Regione Autonoma Valle d'Aosta e con tutte le realtà presenti sul territorio ed interessate allo sviluppo di una avanzata comunicazione radiotelevisiva". piero.minuzzo@gmail.com

Trento. Montezemolo a Trento «Ammiro il Trentino» 07/03/2011 13:52. TRENTO - L'Italia che vorrebbe, assomiglia molto al Trentino. Luca Cordero di Montezemolo, l'ha ribadito questa mattina in Piazza Dante, dove ha incontrato Lorenzo Dellai in occasione della presentazione della convention scientifica di Telethon che si svolgerà a Riva del Garda da questo pomeriggio a mercoledì. «L'Italia dovrebbe ritrovare quella cultura della coesione che c'è qui in Trentino, dove trovo sempre una concezione sana di comunità. Ogni volta che torno qui, provo sempre una grande ammirazione».
Ha parlato di ricerca, il presidente di Telethon e della Ferrari, ma anche di Cavallino e di politica.
«Sogno un'Italia che investa di più e spenda meno, ovvero che pensi al suo futuro senza sprechi. Oggi invece si taglia indiscriminatamente in settori strategici e si continua a sprecare. Qui in Trentino invece c'è una sensibilità particolare agli ambiti che garantiscono un futuro a un Paese».
Un manifesto: «Se penso a farmi avanti? Non lo so - dice frenando, ma strizzando l'occhio - comunque ho molta stima di Lorenzo Dellai».
E molata meno stima di qualcun altro, dato che a sorpresa, parlando dell'8 marzo, ti spiega di aver avuto «Molta stima e simpatia nei confronti delle tante donne scese in piazza recentemente. Una manifestazione spontanea, che ha unito senza bandiere, non contro qualcuno ma soprattutto per il rispetto di valori». Credo che sia il loro lo spirito con cui si debba festeggiare, quesat'anno in particolare anche noi uomini, l'8 marzo».
Un Montezemolo che non ti aspetti, che parla anche di Ferrari tornando sulla ferita della scorsa stagione con il Mondiale perso ad Abu Dhabi, dove «abbiamo sbagliato un rigore. Senza portiere", e sulle rotte che seguirà Maranello in futuro: «Una Ferrari elettrica? Non credo, attenzione che l'elettrico non sia una moda. Elettrico vuol dire batterie da smaltire, non vuol dire per forza tutela dell'ambiente. Meglio l'ibrido. E una Ferrari ibrida presto arriverà».
Cuneo. Serata di scuola politica con la Lega Nord al Castello degli Acaja di Fossano. Venrì 11 marzo all 20.45, presente tutto lo stato maggiore regionale del Carroccio. A Fossano venerdì 11 marzo alle ore 20.45, serata di scuola politica presso il Castello degli Acaja a cura della Lega Nord. Introduzione di Giorgio Maria Bergesio, Presidente Consiglio Provinciale di Cuneo. Seguiranno i saluti di Gianna Gancia, Presidente della Provincia di Cuneo, Stefano Isaia, Segretario Provinciale Lega Nord. Relatori: "I nuovi Media per la comunicazione politica”, Alessandro Sciretti, Responsabile Media Lega Nord Piemonte; Roberto Mitrotta, Responsabile Comunicazione Lega Nord Piemonte; Davide Sordella, Regista Cinematografico; Leonardo Boriani, Direttore de "La Padania". Moderatore il professor Maurizio De Lio. Interverranno: Senatore Michelino Davico, Sottosegretario Ministero degli Interni; Claudio Sacchetto, assessore Regionale all' Agricoltura; Federico Gregorio, Consigliere Regionale; Anna Mantini, Assessore Provincia di Cuneo e Consigliere Comunale di Fossano. Per informazioni: Lega Nord - Sezione di Fossano, Viale Regina Elena, 122/A - tel. 0172 646215 (aperta tutti i lunedì sera). In collaborazione con i Gruppi Provinciale e Regionale Lega Nord Piemonte.
Cuneo. Cara collega, prima di esternare le sue convinzioni ci pensi: formerà studenti più liberi. Ci scrive il professor Francesco Aimale che interviene in merito alla lettera dell'insegnante Monica Fontanelli. Gentile Direttore,
da ex allievo di un tempo non troppo lontano e professore di ruolo di oggi desidero esprimere il distacco sentito, da parte mia e di tanti altri docenti, dalle posizioni della collega Fontanelli. Capisco che la collega sia arrabbiata e che sia stata convinta che qualcuno voglia smantellare lo stato sociale, ma secondo me non è così. Penso che ci sia un tentativo di strumentalizzare studenti e professori nell’interesse politico spiccio dell’opposizione. Noi professori dobbiamo guardare al raccolto della nostra semina e questo non deve essere un raccolto elettorale, ma un raccolto ben superiore, frutto della didattica libera. 
Il motivo per cui intervengo è per ricordare alla collega che comportandosi così Monica Fontanelli sbaglia sia come impiegata della pubblica amministrazione (cosa che mi interessa poco) ma sbaglia soprattutto come professoressa, come collega. E' nostro dovere astenerci dalla politica, specie a Scuola; così come un vigile non può multare a seconda del colore politico, il medico deve curare tutti e il giudice essere imparziale; per Legge, per quella tanto calpestata Costituzione in cui tutti ci riconosciamo. Altrimenti senza volerlo proprio la collega darà ragione a Berlusconi, che, come milioni di italiani e come me, non vuole che i giovani siano indottrinati alla fede politica dei professori, che magari la pensano diversamente dai genitori (come nel nostro caso, collega).
Ricordo che quando ero un allievo di Ragioneria a Bra i miei professori, più o meno consciamente, forse anche senza volerlo troppo, mi indottrinarono al credo comunista. I miei coetanei al liceo ricevettero un trattamento analogo, chi più chi meno. Mi diplomai come ragioniere convinto che Mussolini odiasse il suo Paese, mentre Stalin, che stava dalla parte giusta (anche secondo il libro) invece amava tanto il suo popolo. Uscii con certezze politiche (rabbrividisco a pensarci) tanto che litigai anche con i miei nonni, io ero certo che i partigiani fossero tutti eroi, loro, che avevano vissuto la guerra, non tanto.
Dovetti cambiare libro di storia e continuare a studiare, cercando di formarmi dopo, per smettere di credere a questa lezione che avevo dovuto imparare. Ma non tutti continuano a studiare come noi, non tutti riescono ad andare avanti. C'è chi ha altri interessi e si ferma prima, chi è meno dotato o meno fortunato. E' anche per questo che esiste la Scuola Pubblica, per tutti, ricordiamocelo a vicenda. Ed è per questo che noi professori dovremmo essere imparziali e tenere duro per astenerci da questi comportamenti, anche per riprenderci quel prestigio sociale che meritiamo.  
Ci pensi, prima di esternare così le sue convinzioni, formerà degli studenti ancora più liberi. Io provo a farlo, non sempre ci riesco (e infatti le rispondo), ma non scendo in piazza. E cerco di formare dei piccoli pensatori liberi sul serio di pensarla come pare loro, non dei militanti di partito, mi auguro tanto che alla fine sia lo stesso per la collega. Osserviamo con attenzione anche quello che succede negli altri Stati vicino a noi: anche se è bello pensare di essere i migliori, risultiamo ancora, nel complesso, più scarsi dei nostri vicini di casa europei.  
Non sempre cambiare fa male. Il nostro “dovere” è lavorare bene, non ribellarci in questo modo aderendo alla propaganda di sinistra.  Professor Francesco Aimale

Parma. Donne e lavoro: l'Emilia-Romagna è prima a livello nazionale. Ma restano i problemi. Un tasso di occupazione femminile fra i più alti d’Italia (61,5%), ben oltre la media italiana (46,4%), in linea con molti Paesi europei, è il fiore all’occhiello della Regione Emilia-Romagna alla vigilia dell’8 marzo. Lo rileva un’analisi statistica della Regione che fa emergere però un quadro con molte ombre: rimangono infatti anche in Emilia-Romagna punti critici, come la minore retribuzione delle donne a parità di mansione, uno scarso accesso alle posizioni di potere e un aumento degli episodi di molestie e violenza sessuale.
«Il dato sull'occupazione - ha detto l’assessore regionale alle Pari opportunità Donatella Bortolazzi - è sicuramente incoraggiante, ma bisogna comunque fare di più: i tagli del governo sulle politiche sociali purtroppo non hanno favorito questo processo. C'è poi la questione della consapevolezza sulla quale bisogna sempre lavorare: non vorrei che, in questo campo stessimo arretrando, perchè gli stereotipi, anche nelle giovani generazioni, sono molto radicati.

DONNE E LAVORO - Il dato sull'occupazione femminile in Emilia-Romagna è quello più positivo: con il 61,5% (la media nazionale è il 46,4%) nessuna regione, stando ai dati del 2009, fa meglio. Già raggiunto l’obiettivo del 60% fissato dai dati di Lisbona e comunque superiore alle media Ue, benché lontanissimo da paesi come Danimarca, Svezia e Regno Unito. La crisi ha, paradossalmente, aumentato questa percentuale: nel 2010, benché non ci siano dati definitivi, la perdita di occupazione ha colpito, in percentuale, più gli uomini che le donne. La differenza è segnata però alla voce stipendio: le donne hanno un salario medio mensile inferiore di 302 euro rispetto ai colleghi uomini.

DONNE E POTERE - L'Emilia-Romagna non si discosta molto dal dato nazionale: se sono donne il 18,3% dei senatori e il 21,1% dei deputati, in assemblea legislativa la componente femminile è del 20%, che sale un po' se si considera anche la giunta. Tre donne sono alla guida delle nove province e i sindaci al femminile sono il 22,2%. Ma tutti maschi sono quelli che guidano i Comuni superiori ai 50mila abitanti, con l’eccezione di Bologna che è amministrata da un commissario donna. La presidenza degli ordini professionali, salvo poche eccezioni (6 donne) è affidata a uomini (78), mentre nelle Università il tasso di femminilizzazione crolla all’aumentare della qualifica: il 46,9% delle ricercatrici a fronte del 18,6% fra i professori ordinari.

DONNE E IMMIGRAZIONE - Come accade per la popolazione "autoctona" (in Emilia-Romagna le donne sono il 51,41% della popolazione) nel 2010, per la prima volta, ci sono più femmine che maschi anche fra gli immigrati: sono diventate il 50,7%, dato dovuto a ricongiungimenti e matrimoni, nonchè alla crescente richiesta di lavoro nell’assistenza. Sintomo di un fenomeno migratorio diventato sempre più stabile.

DONNE E VIOLENZA - In Emilia-Romagna il 38,2% delle donne hanno subito violenze di genere (molestie fisiche o sessuali). Il dato è in crescita ed è il più alto fra le regioni italiane. Se questo può dipendere anche dal fatto che ci sia una maggiore consapevolezza delle donne ed una maggiore tendenza a denunciare, è comunque un dato molto preoccupante. Da combattere, secondo l’assessore Bortolazzi, innanzitutto con un’operazione culturale da fare soprattutto nelle scuole.

Bologna. Il centro deturpato, sporco e intasato. «L'Unesco non tutelerà mai Bologna». Di Francesco: i portici meritano la candidatura ma vanno restaurati. La premessa non è delle più rasserenanti, ma a volte può anche essere utile vedere il bicchiere mezzo vuoto prima di partire, per poi trovare la spinta a fare meglio. «Lo stato dei portici è davvero critico, non so in che modo riusciremo a far passare la candidatura come patrimonio dell’Unesco». Questo il dato di realtà. Ma la notizia positiva è che c’è qualcuno che adesso parla concretamente di candidatura Unesco e sta iniziando a lavorarci. L’appuntamento con la direttrice regionale dei Beni culturali, Carla Di Francesco, è in Strada Maggiore. Partiamo da lì per il nostro tour nel centro storico insieme a lei che tutti i giorni si occupa di monumenti, conservazione, tutela, recupero: vogliamo guardare la città con i suoi occhi e capire come si possano aggiustare le cose che non vanno. Soprattutto nei portici. «Abbiamo una riunione a breve per studiare la candidatura effettiva della Bologna dei portici alla lista del Patrimonio dell’Umanità: la candidatura la meriterebbe senza ombra di dubbio, ma serve un piano di gestione e un’unità di intenti forte tra tutti gli enti». Tradotto: serve una bella (ma bella) ripulita, perché così l’esame degli ispettori dell’Unesco non lo passerebbe proprio.
Strada Maggiore e il portico dei Servi — È sufficiente non assuefarsi alla sporcizia e guardare con attenzione tutti gli elementi dell’arredo urbano per rendersi subito conto che certe cose proprio non sono più tollerabili. «Ecco, basta alzare la testa — dice Di Francesco indicando una colonna del portico con i "resti" di una locandina — per capire che queste cose sono impresentabili: i graffiti, i manifesti, l’eccesso di insegne sono segni di incuria e di casualità». C’è troppo, a sentire la direttrice dei Beni culturali. Troppe cose, troppi cartelli, troppi cassonetti, ma soprattutto troppa sporcizia. Che in alcuni punti non si può tollerare. Come a ridosso del portico dei Servi, dove l’altro giorno accanto ai cassonetti c’erano cumuli di scatoloni accatastati. «A Bologna il problema non sono solo i graffiti, c’è molto altro: i cartelli stradali sono sbagliati, i fili elettrici sono a penzoloni, le insegne hanno colori spesso improbabili. E sia chiaro, per sistemare queste cose non servono risorse, ma solo una buona educazione». Via Guerrazzi e via Santo Stefano — Quando arriviamo in via Guerrazzi, la direttrice dei Beni culturali, guardandosi attorno esclama: «Ma questa è l’apoteosi dell’incuria!». In ordine troviamo: portoni di palazzi storici completamente coperti di scritte, sporcizia nelle grate della pavimentazione, la cassetta della posta nascosta dai volantini appiccicati, e, quasi all’incrocio con via Santo Stefano, un accumulo di immondizia vicino ai cassonetti, a loro volta sporchi e indecorosi, mozziconi di sigarette ovunque. E anche via Santo Stefano, sotto il portico, oltre ai graffiti seriali sulle colonne, non brilla certo per pulizia a terra. «Bisogna scrostare lo sporco accumulato — dice Di Francesco — e guardare ai portici con la forma mentis della massaia: i privati in questo devono collaborare». Su piazza Santo Stefano, invece, Di Francesco alza le mani e dice: «A parte qualche cosa che potrebbe essere migliorata, devo dire che la piazza è ben tenuta». E tra le cose che andrebbero migliorate, annovera alcune colonne del portico, dove l’arenaria si sta sgretolando. All’ombra delle Torri — «Come si può pensare di mettere tutta questa roba?», dice indignata la direttrice dei Beni culturali appena arriviamo sotto le Torri. Cassonetti e auto parcheggiate all’inizio di Strada Maggiore; motorini ovunque in piazza della Mercanzia; file di tavolini e un’edicola troppo ingombrante in via Rizzoli. «Tutta quest’area sotto le Torri — dice — andrebbe svuotata dal traffico privato, liberata il più possibile: non sono ammesse le insegne fuori dai bar o le edicole che diventano dei suk, così come sono troppi i mezzi posteggiati. Il mio appello è che tolgano tutta questa roba, non si può trasformate un centro medievale in una specie di città americana». Il Quadrilatero e piazza Maggiore — «Sa qual è uno dei punti in assoluto più belli del centro di Bologna? I mercatini del Quadrilatero, un posto suggestivo e consolante, perché c’è del virtuosismo nonostante si tratti di un mercato». Poi, certo, si potrebbe sempre far meglio nei dintorni: «Le insegne dei negozi nuove sono troppe invasive, bisognerebbe fossero tutte come quelle storiche che sono state ben recuperate di cui si vedono molti esempi in centro». Ma quando spuntiamo in piazza Maggiore, «truccata» per la festa della Ducati dell’altra sera, la Di Francesco sbarra gli occhi: «Un allestimento di questo tipo lo ritengo troppo invasivo: una piazza così dovrebbe essere data solo per pochi eventi istituzionali, non bisogna abusare degli eventi che servono a incassare». Ma secondo la direttrice non toccherebbe alle Soprintendenze decidere: «Come si usa una città e si occupano i suoi spazi più prestigiosi dovrebbe deciderlo chi la governa, servirebbe una riflessione più generale per evitare un’occupazione così invadente». Svuotare più che riempire, questa la regola: ci riuscirà Bologna la grassa? Daniela Corneo

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