mercoledì 16 marzo 2011

Mezzogiorno-Mattino. 16 marzo 2011.

Garibaldi utile idiota di Cavour.

17 marzo: Ma che fa, festeggiamo?

Camorra, Casalesi perdono 100 milioni di euro.

Fiat: Melfi, decisi stop a produzione. Per adeguarsi a richieste del mercato

Preti «ribelli» a Foggia

Da Zarzis: "Maledetta Lampedusa"

La nostalgia cocente di chi lascia Napoli. Solo l'amore può salvarla

Stato di calamità naturale per i comuni del messinese

Boom di nuove imprese ma nel Salento l’economia è in picchiata.

Campania, Salvatore: Aumento assessori non automatico e senza spese

Napoli, Comune regolarizza occupanti abusivi locali: non è sanatoria

Regione: si’ a Molise denuclearizzato e variante prg Termoli.


Garibaldi utile idiota di Cavour.
Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua
Ricordate l’utile idiota, personaggio di Fëdor Michajlovič Dostoevskij ne l’Idiota (scritto nel 1869)? In effetti era uno strumento e un burattino nelle mani degli altri.
Ci ricorda Giuseppe Garibaldi, il cosiddetto eroe dei due mondi. Egli aveva una certa abilità strategica nel condurre le battaglie, che amava molto. Ma da questo all’avergli fatto assumere un ruolo patriottico nella cosiddetta Unità d’Italia, ne corre molto. Anche perché, in effetti, si è trattato di una pura e semplice annessione forzata del Sud e dello Stato Pontificio alle brame di Camillo Benso conte di Cavour. Questi, spinto dalla massoneria britannica che voleva campo libero in Sicilia per le proprie attività imprenditor-armatoriali, pensò di arruolarlo per farne un utile strumento della propria strategia.
Le famiglie britanniche che imperversavano in Sicilia erano quelle dei Whitaker, Woodhouse, Hopps, Ingham e Pyne, che mostrarono concretamente la loro riconoscenza a Cavour.

Ovunque vi fosse da menar le mani, Garibaldi si precipitava. Si arruolò nella flottiglia del Bey di Tunisi, poi ottenne il comando in seconda di un brigantino diretto a Rio De Janeiro, accettò di far guerra a favore dello Stato di Rio Grande do Sul contro il governo brasiliano, combattè a favore di Fructuoso Rivera contro il dittatore argentino J.M. De Rosas. 
Chiamato a Montevideo, nel 1846, continuò a combattere, offrì la sua spada alla Repubblica Romana. Frattanto, nel 1849 morì la sua compagna Anita; qualcuno afferma che fu lui stesso ad ucciderla. Cominciò a navigare per l’America centrale e poi verso il Perù, la Cina e l’Australia. Non aveva pace, fino a quando, nel 1856, Cavour lo ingaggiò per conquistare il Sud.
Sulla spedizione dei Mille vi sono leggende metropolitane. Lo sbarco a Marsala dei due battelli Piemonte e Lombardo, che s’incagliò sugli scogli, fu una cosa esilarante. Le navi borboniche schierate nel porto rivolgevano la poppa ai due battelli ed altre navi più lontane sparavano sembra volutamente per non colpirle. Sulla eroica battaglia di Calatafimi la realtà storica ora ci dice come l’inarrivabile Cavour avesse comprato i generali borbonici perché i soldati non sparassero alle camicie rosse.

È incomprensibile, infatti, come una truppa ben armata e rifocillata, posta in cima al colle, non potesse annientare un migliaio di poveracci male in arnese, senza sussistenza e dotati di armi di scadente qualità prese a bordo nella tappa di Talamone, in Toscana. E poi, la traversata di tutta la Sicilia senza combattere, salvo scaramucce, con l’apripista delle organizzazioni malavitose che avevano interesse a sovvertire la situazione sociale della Sicilia. Il copione fu poi ripetuto quando vi fu lo sbarco delle Forze alleate nell’ultimo conflitto mondiale.
Fu del tutto evidente la natura di Garibaldi quando consegnò il Sud a quel mollaccione e ubriacone del Re in carica, Vittorio Emanuele II, sembra a Teano, ma più probabilmente in un paese dieci chilometri distante. Per chi amava le guerre, la pace diventava intollerabile. Garibaldi tradì le istanze dei siciliani che riponevano in lui fiducia affinché cessasse il feudalesimo asfissiante.

Ristudiare la storia in base ai documenti che sono a disposizione anche nelle biblioteche del Nord, tra cui quella di Torino, è importante per capire come il grave torto che ha subìto il Mezzogiorno non è stato ancora riparato e non lo sarà mai, fino a quando non vi sarà una forza politica equivalente a quella della Lega Nord, che metta sul piatto della bilancia i voti del Sud non per avere vantaggi e agevolazioni, bensì per partecipare con equità alla crescita di tutto il Paese, ricevendo anche parzialmente quanto gli è stato sottratto fin da quel disgraziato 17 marzo 1861.
Non è il caso di fare pietismo, né di mendicare. L’occasione delle celebrazioni di domani dev’essere utile per costruire una vera Unità nazionale, basata sull’equità e sulla giustizia, non sul furto e sui torti fatti a questi 20 milioni di italiani. I quali sono altamente colpevoli dello stato dei fatti. Perché non si spiega, se ci fosse stata una vera classe dirigente, come il divario tra Sud e Nord si sia fortemente amplificato, anziché ridursi.

17 marzo: Ma che fa, festeggiamo?
di Giuseppina Marrone
15 marzo 2011 -
Vi prego di scusare eventuali strafalcioni in questo mio scritto, ma l’emozione è troppo forte: mi è arrivata notizia che dai “palazzi di Governo romani” sono arrivati in Sicilia dispacci che hanno interessato tutte le istituzioni…
Come posso non essere emozionata?
Dagli edifici scolastici, da qualunque ufficio ‘pubblico” sventola un tricolore! Le scuole hanno ricevuto pure una lista di 5 canzoni da cantare nel corso dei festeggiamenti:
L’inno di Mameli
Il Piave
Va’ pensiero,
La marcia trionfale dell’Aida (e questa magari è bella)
W l’Italia
Si capisce da sé che sono tutte canzoni che ci riguardano molto da vicino…
Tutti gli istituti sono alla ricerca delle basi musicali, anche perché la Gelmini poi vuole sapere chi ha partecipato ai festeggiamenti e chi no! E questo è il motivo per cui mi sento tanto intimamente commossa, cioè non solamente vogliono che festeggiamo, ma vogliono accertarsi personalemte della riuscita e della partecipazione… più fratelli di così, mi pare difficile! anche se…
Anche se io, che sono un tipo che di domande me ne faccio sempre… anche se io mi chiedo: ma che bisogno c’è di “precettare ” i festeggiamenti? Non ricordo mai nessuno costringermi a festeggiare qualcosa!
Festeggiare è sempre qualcosa di gioioso, perché “precettare questi festeggiamenti? forse che sanno che magari qualcuno o più di qualcuno come dire… non si sente come dire …. nello spirito giusto?

Camorra, Casalesi perdono 100 milioni di euro. Maxi operazione Dia Napoli, 15 mar (Il Velino/Il Velino Campania) - Diciassette società, due ditte individuali, 31 fabbricati, 14 terreni, 16 autovetture, 118 rapporti finanziari: valore totale 100 milioni di euro. Maxi sequestro della Direzione investigativa antimafia di Napoli alle disponibilità economiche di una cellula del clan dei casalesi. L’operazione “ Verde Bottiglia” articolata tra Campania, Lazio e Abruzzo ha smantellato i motori economici delle attività del gruppo criminale. I destinatari del decreto di sequestro sono: Gennaro De Angelis, di 67 anni, Aladino Saidi, di 34 anni e Antonio Di Gabriele, di 66 anni. Tutti pregiudicati per i quali su proposta del direttore della Dia, Antonio Girone, sostenuto nel dibattimento di prevenzione dal pm presso la Procura di Frosinone, Tonino Di Bona, è stata disposta la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per tre anni. “Ci lavoravamo da oltre un anno e mezzo ed oggi siamo molto soddisfatti sopratutto perché la cultura delle misure di prevenzione è esportabile anche al di fuori dei territori tristemente noti come ‘zone di camorra’” dice il capo Centro Dia di Napoli Maurizio Vallone che ha coordinato l’operazione. “In questo modo teniamo il fiato sul collo alla malavita. Aggredire i patrimoni, potrà sembrare detto e ri detto, ma è un modo fondamentale per contrastare l’attività dei clan. Quello di oggi – dice il capo Centro Vallone – è il più grosso sequestro di prevenzione fatto alla camorra al di fuori della Campania: mi creda lo Stato oggi ha dato un problema in più al clan dei Casalesi. Un problema non da poco, un problema da 100 milioni di euro”.
(rep/bm) 15 mar 2011 11:09

Fiat: Melfi, decisi stop a produzione. Per adeguarsi a richieste del mercato
15 marzo, 13:22. (ANSA) - MELFI (POTENZA), 15 MAR - La produzione nello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat sara' sospesa l'11 e il 18 aprile e nel periodo dal 22 aprile all'1 maggio per adeguare la produzione alle richieste del mercato. L'azienda ha convocato la Rsu dello stabilimento di Melfi per le ore 15 di oggi per comunicare la decisione di sospensione della produzione. Per i giorni in cui la fabbrica sara' ferma la Fiat chiedera' la collocazione degli operai in cassa integrazione ordinaria.

Preti «ribelli» a Foggia «Le chiese fanno poco i politici pensino agli altri». di ANNA LANGONE
Novant’anni divisi tra l’America Centrale e Foggia (dove vive da 37 anni), schivando promozioni, riconoscimenti: «Per carità... Se sa che c’è qualcosa nell’aria, dica che la rifiuto...», avverte serio. Voce da attore, atteggiamento «maieutico», nessuna incertezza nell’eloquio, don Michele De Paolis, sacerdote salesiano, coscienza critica della comunità cittadina, commenta con un sorriso i suoi 90 anni appena compiuti. Un’età che aggiunge profondità ai suoi giudizi, mai accondiscendenza e indulgenza.
Il cofondatore della Comunità Emmaus, di quella straordinaria realtà che per prima, in un’epoca che sembra ora preistoria, accolse in campagna i tossicodipendenti riabilitandoli con il lavoro, ha festeggiato a Torre Guiducci, insieme ad amici e musica della sua città, Napoli, l’impor tante compleanno. In questa intervista parla del suo presente, del suo passato, di un territorio e di una città che vorrebbe diversi.
Don Michele, cosa pensa del difficile momento che Foggia sta attraversando? «Penso che il sindaco Gianni Mongelli, persona capace e che stimo, non meritava di vivere un periodo così critico. Sono momenti di sofferenza anche per noi che abbiamo una collaborazione con il Comune e non riceviamo da due anni alcun contributo per la Casa del Giovane. Al Villaggio San Giovanni Bosco va anche peggio: dovrebbe ospitare 60 ragazzi in difficoltà tra i 10 ed i 15 anni, ma ne ha soltanto 3, con intere famiglie che attendono di fare i volontari e invece sono costrette a non fare nulla. C’è insomma la struttura nuova di zecca, dotata di tutte le attrezzature e gli arredi, ma mancano i fondi per ospitare i ragazzi».
Se potesse fare due cose per cambiare in meglio il nostro territorio, cosa farebbe? «Creerei subito delle opportunità vere per i giovani. Non ci sono iniziative creative, mancano sul nostro territorio stimoli per costituire delle cooperative giovanili, ad esempio. Come seconda cosa, cambierei l’atteggiamento delle nostre parrocchie: debbono dare risposte più immediate ai giovani, ascoltare i loro problemi. Lo fanno, ma soltanto fino alla seconda media, l’età della cresima, poi l’accompa gnamento finisce e, con esso, la capacità di ascolto, proprio nella fascia di età che diventa più critica».
Questo lo verifica anche da quel grande osservatorio sociale che è la Comunità Emmaus? «Da noi arrivano ventenni- trentenni da tutt’Italia, con esperienze di droga e alcolismo, conosciute in età che sono sempre più giovani. Vede, nella mia esperienza religiosa è stato fondamentale il Concilio Vaticano II: ha seminato lungo la strada tanti boccioli di cui aspetto la fioritura, che tarda ad arrivare. Forse - mi dico spesso - nella nostra società lo Spirito santo sta operando in silenzio, ma io attendo sempre quei frutti, fiducioso...
Qual è la cosa più bella che ha fatto nella sua vita? «Dividere la mia esistenza con gli ultimi. Nella congregazione salesiana mi è capitato di ricoprire anche alti incarichi, quando ero in Uruguay ad esempio, come superiore generale, ma il bacillo del potere stava inquinando il mio spirito. A Foggia ho potuto continuare a stare accanto agli ultimi. E’ quello che volevo, è ciò che continuo a voler fare e faccio e non c’è davvero nulla di più bello per me».
Se potesse dare un consiglio ai nostri politici e amministratori, cosa direbbe loro? «Pensate meno ai vostri affari e di più al bene comune. I politici debbono rispondere alle attese della gente. Il bene comune sta al di sopra di tutto, è la verità, è la ragione della democrazia».

Da Zarzis: "Maledetta Lampedusa"
ZARZIS (TUNISIA) - "Portano i giovani tra le braccia della morte . Maledetti loro e maledetta Lampedusa".
A Zarzis  oggi , dopo la notizia del naufragio  avvenuto nella notte, non tira una buona aria per gli organizzatori dei viaggi verso l'Italia e lo sfogo dell'anziano signore seduto in uno dei bar del paese sulla costa est della Tunisia rompe il silenzio del locale ed anche, anche se per pochi attimi , il muro di omertà eretto a difesa degli affari dei Rais.
Un buon affare visto che con il tempo molti qui in paese si sono ritagliati dei ruoli e delle mansioni nell'organizzazione dei viaggi e che oggi cercano di prendere le distanze dalla quanto accaduto e dal loro coinvolgimento nella probabile morte di decine naufraghi.
"Non era una delle nostre barche. Non sono ragazzi di Zarzis": Questo è quello che concedono a chi chiede notizie. Gli stessi che da ore, con lo sguardo fisso sui telefonini, aspettano qualche segno di vita dagli amici e dai parenti partiti l'altra notte e che si rifugiano anche nella speranza che i propri cari siano incappati nella rete di controllo dei mezzi navali dell'esercito che ha riportato ieri nel porto di Zarzis due barconi con 419 persone tra cui un bambino di 10 anni.
Si cerca di capire quale delle barche è andata a fondo e, purtroppo, a differenza di quanto raccontato dai sopravvissuti, potrebbe essere una con più persone a bordo. Sessanta, forse settanta.
Nella partenze c'è una 'battuta di arresto' giustificata oggi anche dalle pessime condizioni del mare che ha costretto nel porto anche i pescherecci più grandi molti dei quali, comunque, non lasciano la banchina da mesi. "Non escono per mancanza di braccia  - spiega un pescatore che aggiunge - a Zarzis non ci sono più i giovani. Tutti partiti. Maledetta Lampedusa". 15/03/2011

La nostalgia cocente di chi lascia Napoli. Solo l'amore può salvarla
Quirante Rives alla scadenza del suo mandato all'istituto di lingua e cultura spagnola, fissa su carta le sue emozioni
di GIUSEPPINA DE RIENZO
«Nápoles, la ciudad de los transeúntes torrefactados de sol y café: Napoli, la città dei passanti torrefatti da sole e caffè», scrive José Vicente Quirante Rives guardando il mare dai vetri del Cervantes, l’istituto di lingua e cultura spagnola che ha diretto qui da noi dal 2005 al 2010. È l’estate del 2009, e il suo mandato sta per scadere. Non gli bastano più i libri che ha pubblicato su Napoli né le attività senza sosta dell’istituto. Prima di allontanarsi per tornare in Spagna, deve fissare sulla carta tutte le emozioni. E lo fa ricomponendo i pensieri secondo la melodia geometrica della greguerías, «giochi di parole» inventati in assoluto da Ramón Gómez de la Serna (1888-1963), suo illustre conterraneo, e predecessore nella passione per Napoli.
José Vicente le scrive di getto, almeno un centinaio (pubblicate ora in Spagna nella rivista Sibila), riempiendo i fogli con l’ansia di chi fa riserva d’acqua prima di attraversare il deserto. «El ocho: infinito vertical, o sea el averno celestial que es Nápoles: l’otto: infinito verticale, ossia l’averno celestiale che è Napoli» . Non è facile tradurre le greguerías: compromesso tra prosa, accensioni poetiche, grottesco, metafora, umorismo e nonsense. Ramón Gómez de la Serna, componendone più di un migliaio («Total de greguerías» , 1955), anticipò in Spagna il surrealismo. Ammalandosi del «gradevole morbillo» che Napoli dispensa ai suoi adoratori (così diagnosticò lo scrittore e ideologo Rafael Sánchez Mazas, 1894-1966), anche lui si fermò nella nostra città per lunghi periodi, abitando al 185 della Riviera di Chiaia, scrivendo (vasta la sua produzione letteraria) anche romanzi di ispirazione partenopea, come «La donna d’ambra» (1927), e collaborando al giornale della città Mezzogiorno.
«Napoli ha un mormorio» annotava Ramón, «un rum-rum, un tintinnare, un cianciare, una ilarità... grilli alle finestre, cicale sugli alberi, mandolini sciolti...» . Testimonianze d’amore vergate con l’inchiostro rosso, per non perdere il contatto col sangue di San Gennaro. «Spero di morire durante l’eruzione del Vesuvio» , si augurava, carbonizzato dalla lava» . Ramón e Vicente. Diversi nei tratti. «Ramón, con baffi napoletanissimi, da compositore di canzoni per Piedigrotta» , così lo descrive Orio Vergani che lo conobbe in vita. E Vicente: alto, magro, aria da hidalgo, quasi la boria da ultimo conquestator. E alla fine accomunati da un’uguale voglia di sottomissione: entrare, fino a fondersi in quel (sia pur controverso) ritaglio di acqua e cielo. Un contagio che li segna entrambi. Vicente la ama la sua Madrid, dove ora è direttore generale della Fondazione Arte e Diritto. Ma, attraversandola ogni giorno, tra palazzi maestosi, strade immacolate, bus e metro puntualissimi, non può non riandare con la mente alla farragine delle cose napoletane, ai vicoli che ha amato.
«De día la ropa tendida de Nápoles son las bambalinas de su comedia. De noche, el sudario de su drama: Di giorno, i panni stesi nelle strade di Napoli sono lo scenario della sua commedia. Di notte, il sudario del suo dramma». La nostalgia è cocente. «Siempre que me invitan a un ático imagino que me abrirá la puerta Pericles: Quando mi invitano in un attico penso che verrà Pericle ad aprirmi». Ancora prova lo sconcerto che lo ha colto davanti alla bruma addosso al Vesuvio, come al cinema, quando improvvisamente manca la luce» . Perfino la morte, pensa convinto, là sotto il cielo di Napoli, si riduce a banale spauracchio. «I defunti del cimitero non sono morti. E nemmeno dormono, come dicono i preti. Se ne stanno nelle nicchie a guardare in eterno i film di Totò» . Chi abita a Napoli «es un alpinista de soles»: il napoletano è un alpinista di soli» , scrive José Vicente Quirante Rives, sfruttando l’ambiguità delle greguerías, proiettando, credo, almeno due immagini: la struttura verticale della città, e la capacità partenopea di arrampicarsi arrangiarsi?) inseguendo il sole. In ogni caso lo sguardo pare ammirato. Pensieri che suonano come un messaggio. Certo una lezione, per noi sfiduciati avventori della città. Chissà, forse davvero solo l’amore salva.

Stato di calamità naturale per i comuni del messinese
di BlogSicilia 15 marzo 2011 -
La giunta regionale ha dichiarato lo stato di calamità naturale per i comuni della provincia di Messina colpiti dalla violenza del maltempo. Si tratta dei comuni di Castelmola, Fondachelli Fantina, Gallodoro, Graniti, Itala, Letojanni, Longi, Mazzarrà Sant’Andrea, Messina, Motta Camastra, Naso, Nizza di Sicilia, Pagliara, Roccafiorita, Roccalumera, San Teodoro, Savoca, Santa Domenica Vittoria, Santa Teresa Riva, Scaletta Zanclea, Spadafora, Taormina, Tortorici, Tripi e Valdina.

Boom di nuove imprese ma nel Salento l’economia è in picchiata.
di STEFANO LOPETRONE
«Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». Il verso di Eugenio Montale («Non chiederci la parola» da «Ossi di seppia», 1925) sembra scritto apposta per fotografare l’attuale sbandamento dell’economia salentina. È possibile registrare un cospicuo saldo positivo nel numero delle imprese e non sentirsi fuori dal tunnel della crisi? È possibile che lo scorso anno in provincia di Lecce siano state aperte più di mille imprese ed allo stesso tempo constatare che in nessun settore si registra una crescita? Sì, è tutto possibile. L’ufficio del Registro delle imprese dell’ente camerale salentino ha annotato al 31 dicembre 2010 un saldo positivo di 1.062 imprese. In altri tempi si sarebbe gridato al boom. Invece ora è meglio essere prudenti. Molto prudenti.

INCERTEZZA - Sull’intero stock di nuove aziende fanno la parte del leone le cosiddette imprese non classificate. Aziende che si sono costituite nel corso dell’anno, ma che sono arrivate al cenone di San Silvestro in crisi di identità: i titolari non sanno ancora in quale settore cimentarsi. Tant’è che sono solo 88 le «non classificate» che figurano come attive. Le nuove iscrizioni di queste «non imprese» sono 2mila e 80; le cessazioni 567: il saldo attivo delle particolari aziende è addirittura 1.673. Un dato che «droga» il bilancio 2010. Questo ministock che va ad ingrossare la categoria «non classificate» portandola all’importante cifra di 5mila 981 partite Iva accese in attesa di funzionare. Numero che non dà alcuna certezza sulla direzione intrapresa dal tessuto imprenditoriale salentino. Che è vittima, in tutti i settori economici, di un’autentica débacle.

SFILZA DI SEGNI MENO - «Positivo il bilancio della struttura imprenditoriale salentina », si legge sul sito internet della Camera di Commercio di Lecce. È davvero così? In realtà c’è poco da sorridere. Il 2010 si è chiuso effettivamente in positivo, come non era accaduto negli ultimi due anni. Ma quel che emerge, a parte l’incertezza, è l’estrema volatilità del sistema: 6mila e 2 iscrizioni nel Registro delle imprese a fronte di ben 4mila 940 cessazioni. Il saldo di 1.062 imprese arriva dopo il passivo di -222 unità del 2008 e di 1.159 nel 2009. Tra i settori reali è un’ecatombe: tutti in picchiata, a parte il piccolo rimbalzo (dopo il tonfo degli ultimi anni) di costruzioni (80 imprese in più), servizi alle imprese (+2 aziende), sanità ed assistenza sociale (+1 unità), attività di servizi più in generale (3 realtà imprenditoriali in più). Insomma è facile aprire u n’attività, ma è ancor più facile chiudere la baracca.

SETTORI PIÙ COLPITI - L’economia locale va ridisegnandosi. I tre settori tradizionali perdono tutti parte del proprio peso: nel 2005 il comparto agricolo rappresentava il 17,3% de’l'intero tessuto imprenditoriale salentino, oggi è sceso al 14,7%; la quota del manifatturiero cinque anni fa era del 12,7% oggi è al 10,3%; giù anche il commercio, dal 32% al 30%. Il settore che nel 2010 ha sofferto di più è stato il manifatturiero. Cancellate 523 industrie a fronte di appena 246 costituzioni: il saldo è tra i peggiori degli ultimi anni, -234 aziende (-3,04% il tasso di crescita). In termini assoluti se l’è vista peggio solo il commercio: la crisi ha cancellato 1.615 aziende; perdite compensate solo parzialmente da 1.315 nuove iscrizioni per un saldo di -299 unità (-0,99%). Prosegue la perdita di aziende nel campo agricolo (-104 unità per un tasso a -0,97%). Perde anche il turismo (45 aziende in meno nei campi dei servizi di alloggio e ristorazione. Complessivamente il tasso di crescita annuo è risultato più elevato, sia rispetto al dato medio nazionale (+1,19%) sia a quello pugliese (1,34%). Più in generale, sembrerebbe che lo slancio all’espansione della base imprenditoriale registrato nel 2010 sia una risposta da parte degli italiani alla crisi occupazionale. Anche se poi la maggior parte dei nuovi imprenditori, almeno di quelli salentini, non sa quel che è e probabilmente quel che vuole. Proprio come ammoniva il grande poeta genovese.

Campania, Salvatore: Aumento assessori non automatico e senza spese
Napoli, 15 mar (Il Velino/Velino Campania) - “La modifica dello Statuto regionale non comporta un aumento automatico degli assessori, né la nomina dei sottosegretari, ma offre un orientamento che il presidente della giunta può seguire o meno, in un’ottica di razionalizzazione e semplificazione della macchina amministrativa”. Così Gennaro Salvatore, capogruppo di “Caldoro Presidente” in Consiglio regionale sulla questione aumento degli assessori. “Il federalismo fiscale - aggiunge - impone un’organizzazione più efficiente del governo regionale, attraverso una migliore distribuzione delle deleghe ed una maggiore cooperazione con l’organo legislativo, come avviene già in Lombardia, che conta 16 assessori e 4 sottosegretari ed in Emilia Romagna, con 12 assessori ed un sottosegretario alla Presidenza. La riforma prevede la possibilità di nominare sia assessore che sottosegretario anche consiglieri regionali e di utilizzare per 14 assessori la stessa cifra oggi destinata a dodici indennità, ragion per cui non comporta necessariamente un aggravio di spesa. Appare evidente, dunque - conclude Salvatore - che segmenti dell’opposizione si divertono ad abbaiare alla luna, dispensando lezioni di moralità assolutamente fuori luogo da parte di chi è arrivato ad organizzare corsi per veline o ad esportare a Cuba il metodo di raccolta differenziata usato in Campania e la cui efficacia è sotto gli occhi di tutti”.
(rep/red) 15 mar 2011 19:27

Napoli, Comune regolarizza occupanti abusivi locali: non è sanatoria
Napoli, 15 mar (Il Velino/Velino Campania) - Il Comune di Napoli regolarizza chi occupa abusivamente i suoi locali. Secondo informazioni raccolte dal VELINO, lo scorso 7 febbraio la giunta Iervolino ha, infatti, approvato una delibera grazie alla quale anche chi fino a oggi non ha versato quanto dovuto nelle casse del Comune potrà continuare a occupare il locale: basterà firmare un documento con il quale ci si impegna a versare, secondo un piano di rateizzazione, le morosità maturate negli anni di occupazione abusiva. La regolarizzazione di tutti gli occupanti i locali commerciali di proprietà di Palazzo S.Giacomo riguarda in particolare coloro che risultino occupanti senza titolo al 31 dicembre 2009; svolgano attività commerciale e/o associativa in regola con il pagamento delle indennità di occupazione o che sottoscrivano piano di rateizzo delle stesse; non abbiano occupato locali che rientrano nel piano di dismissione dell'Amministrazione; non abbiano alterato lo stato dei luoghi; non abbiano sottratto la disponibilità dei locali ai legittimi assegnatari; non abbiano riportato condanne per reati contro la Pubblica amministrazione o reati di associazione; quanto alle attività commerciali, esse dovranno essere in possesso dei requisiti previsti dalle normative vigenti anche in materia contributiva; per quanto riguarda gli enti del terzo settore, questi dovranno dimostrare di essere iscritti nei relativi albi. L'assessore al Patrimonio, Marcello D'Aponte, ha precisato che tale delibera “non rappresenta una sanatoria, quanto una forma di emersione dal sommerso: serve in sostanza a rendere regolari i soggetti che sono comunque in condizione di essere regolarizzati, riguarda circa 350 occupanti che non hanno sottratto diritti a nessuno. Non vogliamo chiudere un occhio sui furbi, l'alternativa sarebbe stata cacciare fuori 700 occupanti, sfratteremo infatti la metà di questi”. Interpellato in merito, il capogruppo del Nuovo Psi in Consiglio comunale, Domenico Palmieri, ha sottolineato che “si tratta di un provvedimento a dir poco singolare nel quale gli abusivi vengono quasi giustificati e definiti elegantemente ‘sine titulo’: mi sembrano saldi di fine stagione. Il problema vero – ha aggiunto - è la responsabilità politica di un fallimento ventennale, un fiasco dalle conseguenze erariali e sociali consumato in danno di chi avrebbe il diritto e non lo può esercitare”.
(rep/cp) 15 mar 2011 16:27

Regione: si’ a Molise denuclearizzato e variante prg Termoli. Oltre un terzo di consiglio regionale assente, oggi pomeriggio 15 marzo, per la votazione sul “Molise denuclearizzato”, richiesta di procedura d’urgenza di due punti riguardanti lo stesso argomento che saranno inseriti al primo punto dell’ordine del giorno della prossima seduta, dopo il passaggio nella apposita commissione, e precisamente la proposta di legge n.161 di iniziativa di Di Sandro “Molise denuclearizzato” e del consigliere Romano n.197 “Disposizioni in materia di energia nucleare nel territorio della Regione Molise”. Su questa votazione è arrivata anche la posizione favorevole espressa dagli Ecologisti democratici del Molise. La proposta è passata a maggioranza con 11 voti favorevoli. All’unanimità è arrivato poi il sì alla variante parziale al vigente Piano regolatore generale in contrada Greppe di Pantano – zona direzionale F7 – del Comune di Termoli.
http://www.primonumero.it/attualita/news/1300217182_-regione-si-8217-a-molise-denuclearizzato-e-variante-prg-termoli.html

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