Accordi bilaterali:
Libia, la Gran Bretagna: « La risoluzione Onu permette di armare gli insorti»
Aerei e navi americane sospendono i bombardamenti in Libia.
Pressapochisti:
Tremonti a Cernobbio: «Ci vorrebbero la vecchia Iri e la grande Mediobanca»
Belluno. «Quell’autonomia è una follia pura, se passa sono pronto a restituire deleghe»
Roma. «"Forza Veneto" è mio e non va lanciato ora»
Parigi, i nostri respingimenti sono regolari. Parigi
Treviso. Appello di Khezraji ai comuni "Aiutate i profughi"
Aosta. "Il Campus dell'UniVda sarà un contenitore vuoto"
Libia, la Gran Bretagna: « La risoluzione Onu permette di armare gli insorti»
Primo caso di fuoco amico a Marsa el Brega: sotto le bombe Nato morti 15 ribelli, colpita autoambulanza
MILANO - La situazione politico-militare in Libia, nonostante il fatto che sul campo sia segnata da un continuo avanzamento e ritirata degli insorti, si sta evolvendo. Ma per, ora i cambiamenti sono tutti sotto-traccia, evidenziati solo dalle indiscrezioni e, in qualche caso, dalle dichiarazioni dei protagonisti.
ARMARE GLI INSORTI - Un primo chiaro segnale a come la situazione potrebbe cambiare è stata lanciata dalla Gran Bretagna. La risoluzione Onu permette di armare i rivoltosi ha detto il ministro della Difesa britannico Liam Fox durante un'intervista ad Al-Arabyia. Quindi sia francesi (che si erano già detti disponibili nei giorni scorsi) che i britannici potrebbero armare gli insorti, nonostante all'interno della Nato e più in generale della coalizione anti-Gheddafi.
FUOCO AMICO - La guerra infatti va sbloccata sul campo, non bastando l'intervento dai cieli delle forze aeree Nato. Che stanno creando anche le prime polemiche a causa delle vittime civili denunciate dal regime e da quelle tra insorti provocate dai bombardamenti. Secondo quanto hanno riferito all'Ansa fonti degli insorti libici, infatti un attacco della Nato nel tardo pomeriggio di venerdì a Marsa el Brega ha colpito quattro veicoli dei ribelli, tra cui un'ambulanza, provocando la morte di 15 persone, tra cui tre infermieri e l'autista del mezzo.
Tra l'altro Gheddafi ha ordinato alle sue milizie di non usare carri armati, facilmente intercettabili dai caccia della coalizione, e ricorrere bensì a pick-up attrezzati con mortai per attaccare i ribelli. Cosa che rende più difficile per le forze Nato distinguere i contendenti.
LO SCONTRO SUL CAMPO - Secondo la tv satellitare Al Jazeera, le forze di Muammar Gheddafi per tutta la notte avrebbero attaccato la città di Misurata, con razzi e raid di terra. Altri testimoni sostengono che i rivoltosi avrebbero invece riconquistato Brega, importante terminal petrolifero sul versante est del Golfo della Sirte.
DEFEZIONI - Mentre si continua a combattere indiscrezioni parlano di evoluzioni anche sul fronte politico. Fonti britanniche hanno dichiarato al quotidiano britannico «Daily Mail» di aver avuto nelle ultime settimane «diversi» colloqui con stretti collaboratori di uno dei figli di Gheddafi, Saif e hanno fatto sapere di essere pronte a offrire una via di uscita alla famiglia Gheddafi. Una fonte dei servizi di intelligence britannici ha dichiarato al Mail: «Ci sono stati diversi contatti nelle ultime settimane. Saif conosce molte persone nel Regno Unito e sa come entrare in contatto con i servizi di sicurezza. Ultimamente lo ha fatto avvalendosi di intermediari. Ci sono stati ripetuti tentativi di tastare l'ambiente. Sta anche trattando con gli italiani».
Aerei e navi americane sospendono i bombardamenti in Libia. Forze dimezzate per la Nato. di Gianandrea Gaiani. Washington si appresta a ritirare le sue forze dalle operazioni contro la Libia e l'operazione Unified Protector della Nato rischia di ritrovarsi azzoppata nel bel mezzo della controffensiva di Gheddafi. Il Pentagono ha annunciato che aerei e navi statunitensi hanno sospeso da oggi i bombardamenti contro obiettivi in Libia nel quadro dell'operazione a comando Nato.
Lo ha reso noto ieri il capo degli stati maggiori riuniti Usa, l'ammiraglio Mike Mullen, in una audizione al Congresso, di fronte alle Commissioni difesa di Camera e Senato, precisando che gli aerei rimarranno in 'standby', pronti a rientrare in azione se la Nato lo richiederà. «Ci sono numerosi paesi che hanno le capacità, gli armamenti e le abilità per poter essere in grado di svolgere questi compiti» ha detto Mullen mentre il segretario alla Difesa, Robert Gates ha confermato che gli Stati Uniti «diminuiranno in modo significativo l'impegno»' in Libia, eccezion fatta per i velivoli da guerra elettronica, sorveglianza, rifornimento, gli aerei radar Awacs e da operazioni psicologiche EC-130 "Commando Solo" che diffondono sui canali radio televisivi libici appelli alla resa del regime e delle forze lealiste. Tra lunedì e mercoledì gli aerei americani e alleati impegnati nel bombardamento delle forze di terra libiche hanno effettuato un numero ridotto di missioni di rilievo a causa del maltempo. I piloti ''non riescono a seguire i loro obiettivi, non riescono a vederli'', ha spiegato Mullen.
Da oggi quindi , i raid contro forze di terra libiche saranno condotti da Francia, Gran Bretagna, Canada e altri Paesi della Nato ma senza i 90 velivoli statunitensi il numero di jet disponibili per le operazioni sulla Libia scende a 115, ma non tutti in grado di svolgere operazioni di attacco al suolo per le quali l'Italia (16 jet) e la Spagna (6) non rendono disponibili i loro velivoli.
I Paesi pronti a presidiare la no-fly-zone e contemporaneamente a colpire obiettivi al suolo schierano complessivamente 86 velivoli, che scendono a 75 contando solo i jet da combattimento. Di questi almeno la metà sono assegnati al pattugliamento aereo, attività a basso rischio bellico ma che viene effettuata 24 ore al giorno impegnando aerei e piloti in turni di missione di 3 o 4 ore. I compiti di attacco ricadono quindi su una quarantina di jet francesi Rafale, Mirage 2000 e Super Etendard, Tornado britannici, F-18 canadesi ed F-16 belgi, olandesi, danesi e norvegesi.
Con numeri così ridotti non sarò possibile effettuare molte missioni di attacco al giorno e soprattutto sarà difficile mantenere una presenza costante sulle aree di combattimento tra ribelli e lealisti (Agedabia, Brega e Misurata) poiché molti aerei sono ancora necessari per bombardare le infrastrutture militari in Tripolitania come dimostrano gli ultimi raids sulle città di Khoms e Arrujban denunciate dalla tv libica. Khoms è a 100 km ad est di Tripoli, mentre Arrujban si trova 190 km a sudovest dalla capitale.
Il ruolo rivestito finora dalla componente statunitense della Coalizione è del resto ben evidenziato dai dati complessivi delle operazioni "Odissey Dawn" e "Unified Protector". Dei 214 missili da crociera Tomahawk lanciati solo 7 erano britannici e gli altri statunitensi, su 1.772 missioni aeree ben 1.103 sono state eseguite dai jet a stelle e strisce e 669 da quelli alleati: nel complesso delle prime 600 bombe sganciate sulla Libia 455 erano americane. Tra giovedì ne venerdì, primi due giorni di gestione delle operazioni affidata al comando Nato, sono state effettuate 178 operazioni aeree in Libia e 74 attacchi al suolo, un numero che dovrà essere rivisto al ribasso nei prossimi giorni. I tre quarti del peso bellico delle operazioni è infatti ricaduto finora sulle forze di Washington che hanno messo in campo anche i velivoli più adatti a fornire copertura ravvicinata (cacciacarri A-10 e cannoniere volanti AC-130 Spectre) alle milizie degli insorti che solo nelle ultime ore sembrano poter disporre di reparti decentemente addestrati impiegati per la prima volta sul fronte di Agedabia e Brega.
A complicare i raids aerei giungono poi le notizie delle prime vittime civili provocate dai bombardamenti a Tripoli e ad Agedabia. In quest'ultima località l'attacco contro un convoglio di truppe ha ucciso anche sette ragazzi tra i 12 e i 20 anni. Lo hanno confermato fonti mediche alla Bbc. A Brega invece vi sarebbe stato il primo caso di "fuoco amico" con una decina di insorti colpiti per errore da una bomba alleata. Dopo le batoste subite sulla strada per Bengasi le truppe di Gheddafi hanno adottato tattiche di mascheramento che sembrano risultare efficaci. I camion dotati di lanciarazzi Grad da 122 millimetri sono stati dipinti con colori non militari, i mezzi corazzati vengono mantenuti il più possibile dentro i centri urbani e le truppe si muovono su veicoli civili. In tal modo è impossibile distinguere dall'alto le colonne militari dal traffico civile e spesso è facilissimo confondere un mezzo dei lealisti con uno degli insorti. L'indebolimento dello strumento aereo offensivo alleato determinato dal ritiro statunitense rischia di prolungare il conflitto lasciando alle truppe di Gheddafi ampie possibilità di resistere se non addirittura di vincere la battaglia per Agedabia. Secondo il Pentagono infatti l'intera difesa aerea e aviazione libiche sono state spazzate via nei primi giorni dell'operazione "Odissey Dawn" ma le forze terrestri avrebbero perduto solo il 25 per cento dei mezzi a disposizione.
2 aprile 2011
Tremonti a Cernobbio: «Ci vorrebbero la vecchia Iri e la grande Mediobanca»
«Competizione fra giganti e noi facciamo spezzatini»
CERNOBBIO (Como) - «Per come è cambiato il mondo sarebbe meglio avere la vecchia Iri e la grande Mediobanca, ossia strutture capaci di organizzare un sistema». Parola di Giulio Tremonti. «Nella competizione tra giganti - ha detto il ministro del Tesoro parlando al Forum Ambrosetti, a Cernobbio, della vicenda Parmalat e dello shopping straniero di imprese italiane - continuiamo a fare spezzatini, mandiamo le municipalizzate contro i monopoli pubblici». Al Consiglio europeo, il governo invierà una legge antiscalate identica ai francesi anzi, ha ironizzato, «la presenteremo direttamente in francese. E se non va bene... simul stabunt, simul cadent» (insieme stanno e insieme cadranno, ndr).
«IL FEDERALISMO È UN DIESEL» - La Cassa depositi e prestiti, il braccio finanziario pubblico partecipato al 30% dalle fondazioni bancarie, potrà creare un fondo come quello strategico francese, che è nel capitale di Danone. «Non si vede cosa ci sarebbe di strano, dunque, se la Cdp partecipasse a Parmalat» ha sottolineato Tremonti alludendo alla vicenda Parmalat. Il ministro ha poi assicurato che il governo farà una riforma fiscale in linea con la filosofia politica portata avanti dal '94 dai governi Berlusconi: «Abbiamo dei tavoli di lavoro che produrranno un disegno importante. L'obiettivo è quello di disegnare un sistema più semplice con aliquote più basse delle attuali». Il sistema - ha osservato Tremonti - dovrà essere progressivo. «Oggi, abbiamo l'impressione che la progressività sia al contrario; deve essere competitivo e deve essere semplice, adesso abbiamo 240 forme di deduzione ed esenzione». Una riduzione immediata delle tasse non sembra pronta («Stiamo studiando tutte le ipotesi e le chance possibili»), mentre dal federalismo fiscale sono attesi risultati significativi («è come un diesel, non si può immaginare che parta di colpo, ma produrrà benefici anche in termini di democrazia»).
Paola Pica
Belluno. «Quell’autonomia è una follia pura, se passa sono pronto a restituire deleghe»
Belluno nello Statuto, Bottacin contro la bozza del testo: «Se Bond vuole piantare una bandierina, faccia pure»
BELLUNO — «Un passo indietro». Di più: «E’ follia pura». Il presidente della Provincia, Gianpaolo Bottacin, stronca l’autonomia per Belluno su cui sta lavorando (ed ormai si è ad un passo dalla quadratura del cerchio) la commissione Statuto della Regione. Il vertice tra i capigruppo in Laguna, mercoledì scorso, ha sancito un accordo di massima tra maggioranza e opposizione: la Lega porterà a casa la fiducia, seppur su alcune materie limitate, il Pd la creazione del Cnel, i partiti più piccoli dell’opposizione la loro sopravvivenza grazie al mantenimento dei 60 consiglieri ed il Pdl l’autonomia per la Provincia di Belluno.
La soluzione Proprio quest’ultima, sfilata al Carroccio dal capogruppo pidiellino Dario Bond, sta facendo infuriare Bottacin, che carica a testa bassa la sua stessa maggioranza di stanza a palazzo Ferro Fini. «L’ipotesi di cui si discute in commissione è follia pura, se passerà sono pronto a restituire alla Regione le deleghe che sono state date alla mia Provincia nell’ultimo anno e mezzo», attacca il presidente, convinto che l’attuale statuto, datato 1971, sia ben più autonomista di quello allo studio. «All’articolo 47 si legge infatti a chiare lettere: le funzioni amministrative sono in capo ai Comuni e alle Province. Il che significa che, potenzialmente, qualunque materia potrebbe essere devoluta semplicemente approvando una legge ordinaria». La nuova carta, invece, prevedrebbe un’elencazione specifica e categorica di competenze (dall’energia al turismo, dai rapporti transfrontalieri all’agricoltura e le attività produttive), garantendo sì alla Provincia pieni poteri relativamente a queste ma escludendo qualunque aspirazione di conquistarne altre nel tempo. Almeno secondo Bottacin. Poco gli importa che in trent’anni, nonostante le ampie opportunità date dallo statuto, nessuno abbia mosso un dito per l’autonomia di Belluno: «Il vento è cambiato e soltanto in quest’ultimo anno e mezzo abbiamo ricevuto tre nuove deleghe: demanio idrico, protezione civile e urbanistica - prosegue Bottacin - in Regione si concentrassero piuttosto sul regolamento d’aula, dando la possibilità al consiglio di legiferare più in fretta e darci così più deleghe. In fin dei conti anche le previsioni specifiche pensate da Bond dovrebbero poi essere attuate con leggi ordinarie: dichiarazioni d’intenti per dichiarazione d’intenti, almeno teniamoci quelle più ampie».
Le bandierine Si respira, nelle parole del presidente della Provincia, pure un certo fastidio nei confronti degli alleati, visto che l’autonomia e la specificità di Belluno stava pure nella bozza leghista ma sempre più sta passando per una vittoria del Pdl: «Se Bond vuole piantare una bandierina, e per farlo costringe tutta la maggioranza ad inseguirlo, faccia pure. Ma è un errore. Così come è bene sfatare un mito che sta illudendo i bellunesi: non saremo mai come Trento e Bolzano, almeno non grazie al nuovo statuto della Regione. E non avremo un euro in più, che invece è proprio quello di cui avremmo bisogno».
Marco Bonet
Roma. «"Forza Veneto" è mio e non va lanciato ora»
METTI UNA SERA COL MINISTRO. Incontro conviviale coi veneti del Pdl
Galan scatenato: ottiene il ritorno di Carandini e ribadisce le sue idee sui Bronzi e sulla Venere. ROMA
Si è precipitato ad accogliere il presidente Napolitano - con un grandi scambi di sorrisi - alla mostra delle Regioni per i 150 anni d'Italia. Nelle stesse ore ha convinto il prof. Andrea Carandini a ritirare le dimissioni da presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali e ha fissato proprio con lui la sua prima uscita: a Pompei, "luogo del delitto" della cultura da cui deve partire una rinascita. È uscito sorridente (non è poco) pure da un lungo incontro con Vittorio Sgarbi.
Insomma, è in grande forma Giancarlo Galan, ministro della Cultura: tutti lo cercano. Ma è prima di tutto un politico, e anche se la sera è tarda compare all'improvviso alla cena della delegazione del Consiglio regionale veneto a Roma - con tanto di giornalisti al seguito - godendosi l'accoglienza entusiasta per l'autorevole visita di Clodovaldo Ruffato e Carlo Alberto Tesserin. «Non faccio dichiarazioni per 10 giorni». Ma un dialogo bonario, pure con la stampa, ci sta.
I Bronzi di Riace, prima di tutto: «Hanno avuto 50-60mila visitatori in un anno, di cui 20-30 mila su invito». Troppo poco per il pubblico che meriterebbero. Trasferirli? «Gli esperti archeologi - dice perplesso - mi dicono che sono delicatissimi...». È c'è un altro fronte: la Venere di Morgantina, appena tornata all'Italia dal Getty Museum: «Ma voi lo sapete dove andrà a finire? - torna ad Aidone (Enna) - in uno sperduto paesino dove quasi non si arriva neanche in auto», commenta sconsolato. E fa capire di voler far chiaro su Cinecittà, dove però c'è lo sponsor politico di potenti ex-An (già, un altro argomento caldo: al tavolo gli sottolineano gli ex An stanno acquisendo troppo spazio nel Pdl rispetto agli ex forzisti).
Infine sulla politica arriva anche una risposta chiarissima su "Forza Veneto", il marchio politico che lui voleva lanciare per arginare la Lega e che ora pare balenare per il voto a Treviso. «"Forza Veneto" - dice Galan - l'ho creato io: è marchio mio, depositato. E sarà messo in gioco quando lo riterrò io, non certo in una competizione provinciale come quella di Treviso». Come dire: il Pdl e i "sacconiani" dovranno trovarsi un altro slogan frena-Lega: «"Forza Treviso" o giù di lì». Ma "Forza Veneto" no, resta chiuso in cantiere perché sarà messo in gioco in ben altra tenzone politica («magari - butta là a Franco Miracco al suo fianco - con Verso Nord e altri»). E se Galan non ritiene adatto un voto provinciale, vien da osservare, per "Forza Veneto" ci vorrà allora almeno un voto per le regionali. P.E.
Parigi, i nostri respingimenti sono regolari. Parigi, 02-04-2011
Il respingimento degli immigrati clandestini provenienti dall'Italia da parte delle autorita' francesi e' "perfettamente" conforme alle norme europee: lo dice il ministro dell'Interno francese, Claude Gueant, in una lettera inviata oggi al commissario Ue all'Immigrazione, Cecilia Malmstrom, che ieri ha duramente criticato la Francia per i respingimenti degli immigrati clandestini provenienti dall'Italia. Nella missiva, inviata oggi a Bruxelles, Gueant si dice anche "stupito" per le parole della Malmstrom.
Ieri, nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles, la Malstrom ha detto che "le autorita' francesi non possono respingere (i migranti tunisini,ndr.) in Italia", in virtu' delle regole sulla libera circolazione di Schengen. Nella risposta inviata oggi alla commissaria, riferiscono al ministero dell'Interno di Parigi, Gueant esprime "stupore" per i commenti della responsabile Ue. Il rinvio degli immigrati irregolari verso l'Italia, avverte la Francia, "sono naturalmente e perfettamente conformi al diritto comunitario, in particolare, all'acquis di Schengen.
La direttiva (Ue, ndr.) del 16 dicembre 2008, detta 'rimpatri', prevede (...) la pratica delle riammissioni di (cittadini, ndr) di Paesi terzi in situazione irregolare tra Stati membri, sulla base di accordi bilaterali esistenti". In questo contesto, sottolinea ancora Gueant nella missiva inviata a Bruxelles, "il trattato franco-italiano del 3 ottobre 1997 fissa l'attuale quadro giuridico in vigore, che rispettiamo scrupolosamente". Il ministro lancia quindi un forte appello alla Malstrom affinche' Bruxelles mostri maggiore impegno nel campo dell'immigrazione: "Il governo (francese, ndr.) attende, come molti altri in Europa, delle proposte e un'azione vigorosa da parte della Commissione per superare le difficolta' alle quali ci espone l'attuale situazione migratoria nel Mediterraneo". Gueant assicura infine che "i controlli operati nella zona frontaliera (di Ventimiglia, ndr.) nella striscia di 20 chilometri lungo la frontiera interna sono anch'essi conformi al diritto europeo".
Treviso. Appello di Khezraji ai comuni "Aiutate i profughi"
Appello del leader della comunità islamica di Treviso ai comuni della Marca: "Aoitate i profughi di Lampedusa". Il vicepresidente della consulta regionale veneta per l'immigrazione, Abdallah Khezraji, ha rivolto oggi da Treviso un appello a tutti i Comuni affinchè si attivino per fornire ospitalità agli immigrati provenienti dal Nordafrica ed evitare, attraverso una loro distribuzione omogenea, che si creino situazioni di conflitto sociale. "In questo modo - ha spiegato Khezraji - eviteremo in modo indolore il formarsi di situazioni come quella di Lampedusa. Oltre ai Comuni - ha aggiunto - il mio invito alla disponibilità ad ospitare momentaneamente qualche unità di migranti va alle parrocchie, alle cooperative sociali, alle associazioni di volontariato". L'esponente dell'organismo regionale, infine, giudica positivamente l'ipotesi avanzata di fornire ad ogni arrivato un permesso di soggiorno temporaneo, così come avviene in Francia.
Aosta. "Il Campus dell'UniVda sarà un contenitore vuoto": la denuncia dei Giovani del Pd. "Mancano i corsi specialistici e le materie scientifiche. Chi occuperà i 2.500 posti a sedere?" 02/04/2011
AOSTA. «L'Università della Valle d'Aosta deve essere un'opportunità prima che una comodità. Le sinergie con il territorio sono fondamentali, e in tal senso le facoltà umanistiche, da sole, non bastano». Nella tavola rotonda di ieri sera, i Giovani democratici si sono interrogati sul futuro dell'Ateneo valdostano, alla luce della futura trasformazione della caserma Testafochi in campus universitario.
È prima di tutto l'assenza di facoltà scientifiche a preoccupare i giovani democratici: «La nostra regione è un laboratorio naturale, non sarebbe difficile attivare corsi strettamente connessi al territorio, penso alla geologia e all'agronomia ma anche alle sinergie che si potrebbero creare con il vicino Cern di Ginevra nel campo della fisica avanzata. Allo stato attuale invece, il futuro campus rischia di essere un contenitore vuoto, con 2.500 posti a sedere ma poche idee su come occuparli» ha sottolineato Sara Timpano, coordinatrice del movimento giovanile del Pd.
«Le nostre proposte e i nostri interrogativi nascono dalla necessità di capire cosa voglia fare la Regione - ha affermato Andrea Lombardi, vice coordinatore del movimento - e dato che propone un progetto a lungo termine, anche noi giovani democratici abbiamo deciso di illustrare le nostre idee per il futuro di un ateneo che definiamo di sussistenza, nato con l'obbiettivo principale di far crescere lo scarso numero di laureati in Valle d'Aosta».
«Come si può pensare di attirare iscritti da fuori Valle se l'offerta continua a essere quasi esclusivamente di lauree triennali?», ha sottolineato Sara Timpano, che poi ha aggiunto: «È necessario ampliare l'offerta formativa sia qualitativamente che quantitativamente. Per alcune facoltà i bienni specialistici sono quasi fondamentali, penso a Psicologia, che invece ha visto chiudere il proprio corso di specializzazione».
Presentato a metà febbraio in Consiglio comunale ad Aosta, il progetto di trasformazione della Testafochi in campus universitario prevede al momento un tempo di realizzazione di circa 6 anni un costo attorno ai 130 milioni di euro (per metà finanziato dallo Stato, la parte restante da fondi europei e regionali). L'obbiettivo è di ottenere una struttura moderna e tecnologicamente avanzata, anche dal punto di vista ambientale, che trasformerà completamente piazza della Repubblica e le zone adiacenti.
Thierry Pronesti
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