I tribali si intendono:
Rischio Rwanda in Costa d'Avorio. I francesi evacuano gli stranieri
Yemen, esercito spara su manifestanti: quindici morti
Libia: Frattini, Italia riconosce i ribelli e apre alle armi.
Immigrati, Berlusconi a Tunisi: Paese amico, risolveremo i problemi presto vertice con Sarkozy.
E' tornato, Forza Luis!:
Bozen. Adunata alpini a Bolzano, Durnwalder: "Se ne occupi il Comune".
Bozen. Tommasini: centri giovanili misti.
Aostee'. Legalità: "in Valle d'Aosta la situazione è positiva"
Belluno. Autonomia dal Veneto, Bottacin isolato «La bozza di Statuto? Buona»
Belluno. Via libera alla specificità della Provincia di Belluno.
Venezia. Il presidente Zaia bacchetta i dirigenti «Nessuno può parlare per mio conto»
Padova. La Lega: eserciti regionali anche per l'ordine pubblico.
Immigrazione:
Immigrazione, Cnel: adolescenti integrati e vicini a nostro stile vita
Bozen. Emergenza migranti, Durnwalder: "Faremo nostra parte ma no a Cie in Alto Adige".
Aostee'. Emergenza profughi, domani i Comuni incontrano il presidente Rollandin
Aostee': Emergenza profughi: la Caritas valdostana offre la propria disponibilità
Treviso. Gobbo sbatte la porta ai profughi tunisini.
Livorno. Migranti, una nave salpa verso Livorno.
Rischio Rwanda in Costa d'Avorio. I francesi evacuano gli stranieri
di Riccardo Barlaam
Da venerdì scorso ad Abidjan si stanno svolgendo i combattimenti più violenti che la Costa d'Avorio abbia mia conosciuto. I ribelli venuti da Nord, oggi uniti alle Forze repubblicane fedeli a Alassane Ouattara, vincitore delle ultime elezioni, stanno occupando poco a poco i punti nevralgici della capitale. Il presidente uscente Laurent Gbagbo, che rifiuta di lasciare il potere dalla sconfitta elettorale di fine novembre, è chiuso asserragliato nel suo palazzo presidenziale. Attorniato da quello che resta dell'esercito regolare e difeso, dice la tv di stato Rti, da uno scudo umano formato da circa 700 civili.
Nel quartiere chic di Coccody, a Nord della città, non lontano dalla residenza presidenziale, si stanno svolgendo i combattimenti più intensi. Gli Stati Uniti hanno chiesto alla missione militare francese Licorn e a quella dell'Onu (Onuci) di «agire per proteggere i civili e impedire altri massacri». Oggi il generale Philippe Mangou, a capo dell'esercito regolare, che qualche giorno fa si era rifugiato nell'ambasciata sudafricana con la sua famiglia, è tornato sui suoi passi ed è di nuovo nel pasalazzo presidenziale dove ha incontrato Gbagbo.
Le forze di Outtara stanno preparando l'offensiva finale ad Abidjan contro le truppe del presidente uscente Laurent Gbagbo. Le Nazioni Unite hanno intanto sollecitato un'indagine sul massacro avvenuto a Duekoue, nell'ovest del paese africano.
La situazione è «ormai matura» perché l'offensiva ad Abidjan delle forze del Presidente Alassane Ouattara «sia rapida», ha dichiarato all'emittente Tci il premier Guillaume Soro, precisando che «la strategia era circondare la città di Abidjan ed è quello che abbiamo fatto perfettamente».
«Centinaia di persone sono state massacrate» alla fine di marzo a Duekouè, nell'ovest della Costa d'Avorio, e «le violenze continuano», ha dichiarato ieri all'Afp a Parigi in una telefonata da Duekouè il direttore generale della Ong Action contre la Faim (Acf), Francois Danel. «Confermo che ci sono stati massacri di centinaia di persone a Duekouè» fra il 27 e il 29 marzo, ha precisato Danel, che si è recato ieri nella città. «Le violenze continuano», ha aggiunto, precisando tuttavia di non esserne testimone. Il direttore di Acf è uno dei primi responsabili di una Organizzazione non governativa occidentale a trovarsi a Duekouè. «Ho incontrato diverse persone - ha proseguito - le quali mi hanno detto che non sono decine, bensì centinaia, le persone massacrate». Il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) aveva parlato di «almeno 800 morti» nella sola giornata del 29 marzo, mentre la Caritas aveva menzionato «un migliaio di morti o dispersi» a Duekouè fra il 27 e il 29 marzo. Secondo l'Onu, le stragi sono coincise con la presa di controllo della città da parte delle truppe di Alassane Ouattara, il presidente eletto riconosciuto dalla comunità internazionale.
La Francia oggi ha inviato altri 150 soldati ad Abidjan, la capitale economica della Costa d'Avorio, portando così a 1.650 il numero totale di suoi militari presenti nel Paese africano. Lo ha detto a Parigi lo Stato maggiore dell'esercito francese. I militari hanno preso il controllo dell'aeroporto di Abidjan per permettere - ha spiegato un portavoce - agli stranieri che vogliono lasciare il Paese di andarsene con voli speciali, organizzati per sostituire quelli di linea da giorni soppressi. Sono circa 170 le persone che sarebbero già partite. Virulenta la reazione di Gbagbo. I francesi, ha accusato, «agiscono come una forza di occupazione al di fuori di qualsiasi mandato delle Nazioni Unite».
Nessun esito hanno avuto, finora, le dure prese di posizione degli Stati Uniti che, attraverso il segretario di stato Hillary Clinton, hanno ingiunto a Gbagbo di ritirarsi «immediatamente» visto che il suo irrigidimento senza dialogo sta facendo precipitare il Paese «nell'anarchia». E neppure gli appelli del segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, sono andati a buon fine, tant'è che i responsabili della missione Onu (Onuci) proprio oggi hanno deciso di trasferire il personale non essenziale da Abidjan, capitale economica del Paese, a Bouakè, seconda città per importanza e roccaforte di Ouattara, il vincitore delle elezioni dello scorso novembre, presidente riconosciuto dalla comunità internazionale. Uno spostamento «temporaneo» - è stato sottolineato - per evitare altri attacchi dopo quelli ripetuti degli ultimi giorni contro i caschi blu e gli uffici di Abidjan.
4 aprile 2011
Yemen, esercito spara su manifestanti: quindici morti
Roma, 4 apr (Il Velino) - Sarebbero quindici le persone uccise a Taez, nel sud dello Yemen, dove l’esercito e la polizia hanno aperto il fuoco contro i manifestanti. A riferirlo fonti mediche. Secondo Al Jazeera i feriti sarebbero invece una trentina. In migliaia stavano marciando verso la sede del governo, quando i militari hanno iniziato a sparare e a lanciare lacrimogeni per disperdere il corteo. La folla era riunita da domenica in un sit-in nella piazza al-Hurria della città per chiedere le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh. Testimoni hanno raccontato che poliziotti in abiti civili si sarebbero confusi tra i manifestanti usando prima i manganelli e poi aprendo il fuoco. Intanto il New York Times scrive che gli Stati Uniti, a lungo sostenitori del presidente yemenita, davanti alle sempre più imponenti proteste popolari, sarebbero pronti a ritirare il loro sostegno a Saleh, convinti che non attuerà le riforme necessarie al Paese e che quindi debba dimettersi. Nei giorni scorsi l'amministrazione Obama era stata criticata per essere intervenuta contro il regime in Libia e non essersi invece mossa per paesi considerati alleati strategici come lo Yemen e il Bahrein. La posizione della Casa Bianca è poi cambiata nell'ultima settimana, da quando Saleh ha cominciato a trattare la sua uscita di scena.
(red/rog) 4 apr 2011 11:54
Libia: Frattini, Italia riconosce i ribelli e apre alle armi. 11:50 04 APR 2011 (AGI) - Roma, 4 apr. - L'Italia riconosce il governo dei ribelli libici e apre alla possibilita' di armare gli insorti.
"L'Italia ha deciso di riconoscere il Consiglio Nazionale di Transizione di Bengasi come solo legittimo interlocutore che rappresenta la Libia". Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Franco Frattini al termine di un colloquio alla Farnesina con il rappresentante della politica estera dei ribelli Ali Al Isawi. Armare i rivoltosi libici "non puo' essere escluso come extrema ratio" ha aggiunto. (AGI) .
Immigrati, Berlusconi a Tunisi: Paese amico, risolveremo i problemi presto vertice con Sarkozy. Italia pronta a sostenere Tunisia con contropartita economica. Nuova tragedia del mare a largo di Tripoli: 68 morti
Roma, 4 apr (Il Velino) - "Siamo in una paese amico e cercheremo di risolvere i nostri problemi con uno spirito di collaborazione e di amicizia". Sono le parole che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha pronunciato entrando nel palazzo del governo provvisorio tunisino per incontrare il premier Beji Kaidessebsi. Si tratta del primo vertice ufficiale dopo la rivoluzione dei gelsomini e la deposizione di Ben Ali. Il presidente del Consiglio è giunto a Tunisi in compagnia del ministro dell'Interno Roberto Maroni con l'obiettivo di raggiungere un accordo con le autorità locali sulle massicce partenze di clandestini tunisini verso l'isola italiana di Lampedusa.
Quanto ai rapporti tra Roma e Parigi, il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy nel corso di una telefonata incentrata sull’emergenza immigrazione hanno deciso di organizzare a breve un vertice allargato ai ministri degli Interni, degli Esteri e del’Economia. Una nota di Palazzo Chigi, che definisce il colloquio fra i due “lungo e cordiale”, spiega che Berlusconi e Sarkozy “hanno concordato di continuare a tenersi in stretto contatto”. Palazzo Chigi ricorda ancora che “venerdì scorso il presidente del Consiglio aveva affrontato il tema dell’immigrazione clandestina in una telefonata con il presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, e in un’altra telefonata con il primo ministro del Regno Unito, David Cameron, aveva analizzato la situazione in Libia”.
Scopo della missione odierna in Tunisia è chiudere la trattativa, con l’Italia che chiede a Tunisi un maggiore pattugliamento delle proprie acque e le autorità del Paese nordafricano che, a loro volta, domandano all’Italia aiuti finanziari per fermare le ondate di immigrati. Il nostro Paese sarebbe pronto a una contropartita economica rilevante. Alla Tunisia l’Italia vorrebbe strappare anche una quota “di riammissione” giornaliera, ossia un numero di immigrati giunti sulle coste italiane da rimpatriare ogni giorno verso Tunisi. E, ancora, il governo guidato da Beji Essebsi chiede a Roma materiale di supporto tecnico al pattugliamento (dalle motovedette ai radar) che Maroni sembra disposto a concedere solo a fronte di un impegno scritto che faccia superare le polemiche dei giorni scorsi. In una intervista al Corriere della Sera Essebsi afferma: “Troviamo un compromesso: l’Italia ci mandi gli aiuti per vigilare le coste e ci dia una mano per rilanciare la nostra economia in modo da trattenere i giovani in Tunisia. Se siamo d’accordo che la situazione è eccezionale, i due governi devono dare entrambi una risposta eccezionale”. La centralità è l’urgenza della questione immigrazione sono confermate dall’ennesima tragedia del mare avvenuta, questa volta, a largo delle acque libiche. I cadaveri di 68 migranti partiti dalla Libia il 25 marzo e annegati probabilmente dopo il rovesciamento del loro barcone sarebbero stati restituiti dal mare sulle coste libiche.
(red) 4 apr 2011 13:24
Bozen. Adunata alpini a Bolzano, Durnwalder: "Se ne occupi il Comune". BOLZANO. ''I 400 mila alpini attesi per l'adunata nazionale del 2012 sono i benvenuti ma del coordinamento della manifestazione se ne deve occupare il Comune di Bolzano''. Lo ha detto il governatore Luis Durnwalder.
Durnwalder ha detto che della questione si è parlato in giunta provinciale e che l'orientamento è che degli aspetti organizzativi dovrà essere investito il comune capoluogo assieme all'associazione nazionale degli alpini.
La Provincia autonoma metterà a disposizione i mezzi della protezione civile che dovessero rendersi necessari. Per quanto riguarda i finanziamenti di spettanza della Provincia Durnwalder ha detto che si dovrà attingere dal capitolo dell'assessorato alla cultura di lingua italiana.
Bozen. Tommasini: centri giovanili misti. L'assessore: occasioni per imparare la seconda lingua non solo a scuola. di Francesca Gonzato. BOLZANO. La strada verso il bilinguismo passa anche attraverso il tempo libero: centri giovanili, società sportive, attività culturali.
«Dobbiamo puntare sull'extrascuola», ha ribadito l'assessore alla scuola tedesca Sabina Kasslatter Mur (Svp) nell'intervista di ieri al nostro giornale. E' la soluzione più semplice, non costringe a fare i conti con il rispetto più o meno rigido dell'articolo 19 dello Statuto. Nella scuola tedesca l'insegnamento veicolare è all'anno zero.
«Forse è arrivato il tempo di avere centri giovanili misti», conferma l'assessore alla cultura e scuola italiana Christian Tommasini (Pd).
I centri giovanili dedicati a ragazzi di entrambi i gruppi (più gli stranieri, frequentatori assidui di questi servizi) è una delle proposte uscite al primo incontro del gruppo di lavoro Svp-Pd sull'apprendimento linguistico.
A volte ritornano. I centri per ragazzi italiani e tedeschi sono stati uno dei cavalli di battaglia del movimento studentesco negli anni settanta-ottanta. All'epoca sembravano tabù.
La politica riscopre quel filone, da affiancare alle esperienze di insegnamento veicolare, in crescita nelle scuole italiane, e agli scambi tra studenti, che iniziano ad essere benvenuti anche nelle scuole tedesche. Ancora Tommasini: «Sì, centri giovanili dedicati ai ragazzi di entrambi i gruppi sono uno degli obiettivi».
Alcune esperienze miste si possono già citare. A Bolzano il Pippo Stage e il Vintola 18, a Laives il No Logo, a Egna il Point, a Brunico l'Ufo. Il Pippo Stage è una sorta di esperimento di laboratorio. E' il primo centro nato per essere gestito da due associazioni, Arci e Papperlapapp, l'una italiana e l'altra prevalentemente tedesca. Dalla mensa per gli studenti, alle attività culturali (soprattutto musica), secondo Tommasini «sta funzionando
bene e non era scontato».
Interessante anche la storia del Vintola 18, da poco ristrutturato. «Tradizionalmente era un centro giovanile con frequentazione italiana», racconta l'animatore Diego Baruffaldi, che si dedica in particolare all'attività musicale. Sta diventando un centro sempre più plurilingue. Misto in tutti i sensi, sottolinea Baruffaldi, «visto che ci sono anche moltissimi ragazzi stranieri». La trasformazione è stata graduale, spontanea anche. Ancora Baruffaldi: «I ragazzi delle medie di lingua tedesca giocano a calcetto nel campo vicino a noi, poi spesso vengono qui a giocare a ping pong». La vera svolta è arrivata con la musica. Molti dei centri giovanili di Bolzano sono dotati di sale prove, ma il Vintola è uno dei pochissimi che può offire un palco per i concerti. «Lo abbiamo messo a disposizione di tutti i centri per organizzare i loro concerti e le cose sono successe praticamente da sole. Spesso sono i ragazzi a organizzare i concerti. Invitano gruppi di Bolzano, ma anche del resto della provincia. Spesso le band hanno musicisti italiani o tedeschi, in ogni caso sempre di più i concerti sviluppano un ambiente mescolato. Non ci sono mai stati problemi». Alle attività estive organizzate dal Vintola per bambini da 8 a 13 anni, racconta la coordinatrice Maria Lo Russo, si assiste a un fenomeno ancora diverso: «Le iscrizioni di famiglie tedesche sono sempre più numerose e molti genitori ci spiegano che lo fanno perché i figli imparino meglio l'italiano».
Tommasini aggiunge un altro filone, il volontariato linguistico, che potrebbe approdare nei centri giovanili. L'iniziativa rivolta prevalentemente agli adulti ha raggiunto le 170 coppie: incontri settimanali tra una persona di lingua tedesca e una di lingua italiana. «Vorremmo fare partire entro la fine di quest'anno il volontariato linguistico per i ragazzi. Stiamo pensando sia ai centri giovanili che alle scuole, visto che ci sono arrivate richieste anche dal mondo scolastico», anticipa. Si lavora con i ragazzi, pensando anche agli adulti: «Le famiglie vengono coinvolte, anche se non sono protagoniste. In fondo anche questo è un modo per scalfire certe resistenze». Ma la scuola resta la protagonista indispensabile e da Sabina Kasslatter Mur è arrivato un segnale inedito di apertura: «Ho chiesto ai presidi relazioni sulle esperienze in atto. I tecnici devono dirmi che cosa serve». (fr.g.)
Aostee'. Legalità: "in Valle d'Aosta la situazione è positiva"
Il presidente della Regione alla Conferenza sulla sicurezza: "il livello di attenzione deve rimanere alto". 04/04/2011 AOSTA. Micro criminalità e criminalità organizzata: su questi due fronti si concentreranno l'attenzione della Conferenza regionale sulla legalità e la sicurezza e gli sforzi delle Forze dell'ordine.
Oggi a Palazzo regionale la Conferenza si è riunita per la seconda volta dalla seduta di insediamento, lo scorso luglio. Oltre al presidente della Regione e prefetto Augusto Rollandin, che la presiede, erano presenti esponenti della Giunta regionale e del Consiglio Valle, il vice questore Niccolò Dragotto, il comandante regionale dei Carabinieri Guido Di Vita ed il comandante della Guardia di Finanza Angelo Mazza.
«La situazione della legalità in Valle d'Aosta si conferma sostanzialmente positiva, grazie all'impegno comune ed all'importante contributo delle Forze dell'Ordine» ha dichiarato il presidente Augusto Rollandin, trovando d'accordo i rappresentanti di queste ultime. «Tuttavia - ha proseguito - è necessario mantenere un livello di attenzione alto per rispondere all'esigenza manifestata dalla popolazione di una maggiore sicurezza e di una efficace azione di contrasto agli episodi di micro-criminalità e disordine urbano».
Rollandin ha evidenziato il «costante monitoraggio attuato per contrastare il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata» in Valle d'Aosta. «Lo testimonia, tra le altre cose, la recente approvazione da parte del Governo regionale dello schema di protocollo d'intesa con la Direzione Investigativa Antimafia - Centro Operativo di Torino -, per le modalità di fruizione di dati informativi concernenti il ciclo di esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture».
Al tavolo della Conferenza si è discusso anche dei criteri per l'erogazione dei contributi previsti dalla legge regionale di promozione della legalità e della sicurezza. La proposta avanzata dal presidente Rollandin, che dovrà essere approvata dalla Giunta regionale, è quella di valorizzare il settore del volontariato, ipotizzando quindi la possibilità di offrire contributi più importanti alle associazioni del terzo settore.
Belluno. Autonomia dal Veneto, Bottacin isolato «La bozza di Statuto? Buona»
Pd e Pdl contro il presidente della Provincia. Dubbi nella Lega. Reolon: «Minaccia di rimettere le deleghe? Può farlo solo il Consiglio»
BELLUNO — A sentire il consigliere regionale del Pd Sergio Reolon (nonché ex inquilino di Palazzo Piloni), Gianpaolo Bottacin è più «isolato» della particella di sodio nell’acqua minerale. E per certi versi lo è, soprattutto dopo le dichiarazioni di venerdì sulla specificità del Bellunese («pura follia»), in discussione martedì nella commissione consiliare Statuto in Regione. «Una posizione priva di senso - afferma Reolon - quella del presidente leghista della Provincia. L’ho già detto e lo ripeto ancora: con l’articolo in discussione si trasferiscono tutte le materie che non richiedono l’esercizio della competenza unitaria regionale. Segue una lista, necessaria, ma non esaustiva: se non la facciamo, Belluno rischia di rimanere a mani vuote. La sua idea, quella dell’elenco definito di materie regionali e tutto il resto alla Provincia, era quella della Lega Nord di qualche anno fa, ma forse non si è accorto che anche il Carroccio ha cambiato posizione. È rimasto spiazzato dal corso degli eventi».
E sulle accuse di Bottacin al consigliere regionale del Pdl Dario Bond, e cioè di voler «piantare una bandierina» sulla specificità, «costringendo tutta la maggioranza ad inseguirlo», l’interessato fa spallucce. «Meglio vederle sulla carta, quelle funzioni - afferma Bond - così è tutto più facile, per Belluno e per Venezia. Quanto al resto, il presidente dica quello che vuole. E poi mi fa piacere che abbia ammesso che in questa vicenda mi sono dato da fare». Bottacin «minaccia» di restituire competenze già ottenute (come Demanio idrico e Protezione civile), ma non presenti in «inventario». «Faccia un po’ come gli pare - continua Reolon - non è che possiamo dipendere dai suoi capricci. Ma il presidente dovrebbe sapere che solo il consiglio provinciale può restituire le deleghe, mica lui. L’unica facoltà che possiede veramente è quella di dimettersi: speriamo che la eserciti il prima possibile. Come presidente ha fallito e lo sa».
La posizione di Bottacin non pare esaltare il popolo dei fazzoletti verdi. «Che le competenze si ottengano per "esclusione" o "addizione" - afferma il vicepresidente del consiglio regionale Matteo Toscani (Lega Nord) - mi lascia piuttosto indifferente. Piuttosto, mi pare che la questione della specificità stia ingenerando troppe illusioni. Parliamoci chiaro: una cosa è lo Statuto, l’altra è la sua applicazione pratica. Ci sono parti della Costituzione italiana rimaste lettera morta per decenni o per sempre. Anche nel caso dello Statuto veneto, più dei principi contano regolamenti e leggi di attuazione: è lì che si vede la volontà di passare dalle parole ai fatti. E poi: ciò che si decide lunedì in commissione potrebbe non coincidere con il testo licenziato dall’aula. Stiamo a vedere». Serve, soprattutto, che le nuove competenze siano finanziate.
«Lo sono - termina Reolon - è previsto il trasferimento di risorse necessarie all’integrale copertura del costo delle funzioni. Inoltre, per zone svantaggiate, c’è il riconoscimento del maggior costo dei servizi». Il vertice in Laguna di mercoledì scorso tra capigruppo avrebbe sancito un accordo di massima tra maggioranza e opposizione che prevederebbe, tra l’altro, la fiducia alla Lega (su alcune materie), la sopravvivenza (grazie al mantenimento dei 60 consiglieri) per i piccoli partiti e l’autonomia per il Bellunese al Pdl. Ma Reolon smentisce: «Accordi sulla fiducia? Per carità. Quanto all’autonomia, si vota su un nostro articolo».
Marco de’ Francesco
Belluno. Via libera alla specificità della Provincia di Belluno. La commissione Statuto del Consiglio regionale riunita a palazzo Ferro-Fini ha espresso, in vista del voto definitivo, il proprio "assenso" ad un articolo che riconosce la specificità dei territorio montani e della Provincia di Belluno. Ferma restando la salvaguardia del carattere unitario della Regione questo articolo, che la commissione formalizzerà al momento di votare l'intero testo dello Statuto per trasmetterlo all'aula, conferisce, con legge, alla Provincia di Belluno, in ragione della specificità del suo territorio transfrontaliero e interamente montano, nonchè abitato da significative minoranze linguistiche, autonomia, amministrativa, regolamentare e finanziaria. Questa autonomia si esplicherà in materia di politiche transfrontaliere, minoranze linguistiche, governo del territorio, risorse idriche ed energetiche, viabilità e trasporti, sostegno e promozione delle attività economiche, agricoltura e turismo. Sempre secondo questo articolo assentito in commissione Statuto, la Provincia di Belluno, a sua volta, in nome del principio di sussidiarietà, provvede a conferire ai Comuni e alle loro forme associative le funzioni amministrative che non richiedono l'esercizio unitario a livello provinciale.
Venezia. Il presidente Zaia bacchetta i dirigenti «Nessuno può parlare per mio conto»
Il governatore del Veneto: «Accade che mi venga riferito di interventi compiuti da persone che, dicendosi miei emissari, condizionano l'attività amministrativa»
VENEZIA - Nessuno può parlare per conto del presidente del Veneto Luca Zaia: a dirlo è lo stesso governatore che ha scritto una lettera ai vertici della Regione, delle Uls e delle varie realtà e società partecipate o controllate per metterli in guardia rispetto a chi si sarebbe presentato o si potrebbe presentare come suo emissario allo scopo «di condizionare il corretto esercizio dell’attività amministrativa».
«Accade, purtroppo - inizia la missiva del presidente della Regione resa pubblica dallo stesso Zaia - che a me personalmente o ai miei più stretti collaboratori venga riferito di interventi compiuti da persone della più varia estrazione che, dicendosi miei emissari avvicinerebbero personale interno o esterno alla Regione allo scopo di condizionare il corretto esercizio dell’attività amministrativa. Di questi fatti vengo a conoscenza a distanza di tempo e, di regola, senza che mi siano riferiti anche quegli elementi che mi darebbero modo di dar corso alle iniziative del caso. Sono soltanto voci, si dirà, ma sono venticelli che dipingono un quadro che rappresenta esattamente l’opposto di ciò che ogni giorno mi impegno a realizzare e, soprattutto, di quanto ho promesso ai veneti». «Mio malgrado quindi - scrive Zaia - sono costretto a prendere carta e penna allo scopo di esprimere un disagio profondo e per non avallare un comportamento che potrebbe sfociare in veri e propri illeciti. Non è mio costume comportarmi così, nè mai, in questi lunghi anni vissuti come amministratore pubblico, mi è accaduto di farlo».
«Nessuno - aggiunge Zaia nella sua lettera - può affermare di poter parlare per mio conto, nè mai è accaduto. L’obiettivo di questo vero e proprio millantato credito può consistere in ciò che ognuno di noi rubrica, nel migliore dei casi, nella categoria delle miserie umane, ma, nel peggiore, si configura come un vero e proprio reato». Rivolgendosi ai destinatari della missiva, Zaia conclude: «Auspico, dunque, che vorrete immediatamente segnalarmi l’avverarsi di interventi quali quelli che ho descritto, affinchè io possa tutelarmi, sia allo scopo di non vedere reiterato un comportamento che tutti devono sentire grave ed offensivo, sia per evitare ciò che oggettivamente sarebbe da considerarsi come una vera e propria correità. Vi invito cortesemente - chiude il presidente del Veneto - a dar conoscenza della presente a tutti i collaboratori» (Ansa)
Padova. La Lega: eserciti regionali anche per l'ordine pubblico. Bitonci tra i firmatari della legge. Il modello è la Guardia nazionale statunitense. Venti battaglioni per un totale di 20 mila uomini - ex militari che non abbiano più di 40 anni - alle dipendenze del consiglio dei ministri e dei governatori. Un mese di servizio all'anno e poi richiamati quando serve. Competenze? Calamità naturali, gravi attentati, incidenti alle infrastrutture e ordine pubblico. ROMA. Costituire degli eserciti regionali, sul modello della Guardia nazionale statunitense, che qualora il consiglio dei ministri o i presidenti delle giunte regionali lo deliberino siano pronti a intervenire in caso di calamità naturali, di gravi attentati, di incidenti alle infrastrutture o ai siti produttivi, ma anche per mantenere l'ordine pubblico. E' questo l'obiettivo che si propone di raggiungere la Lega Nord con la proposta di legge presentata il 15 marzo e annunciata oggi alla Camera.
Fallito con gli incentivi per il reclutamento degli alpini del Nord, dunque, ecco la Lega tornare sul tema dell'esercito regionale. Il provvedimento porta la firma di moltissimi componenti del gruppo del Carroccio, compreso il padovano Massimo Bitonci. Non ha firmato, però, il capogruppo Marco Reguzzoni.
La proposta prevede che le ''milizie'' siano composte, tra l'altro, da cittadini italiani volontari che hanno lasciato il servizio senza demerito e che abbiano età inferiore ai quarant'anni. "Nella Repubblica - si legge nella relazione del provvedimento - manca uno strumento agile e flessibile che possa essere impiegato a richiesta degli esecutivi regionali per far fronte alle situazioni che esigono l'attivazione del sistema di protezione civile". "L'importazione nel nostro ordinamento dell'Istituto della Guardia nazionale - aggiungono i deputati della Lega - permetterebbe di assicurare il soddisfacimento di queste esigenze liberando i reparti operativi delle Forze armate da compiti di presidio del territorio dei quali sono talvolta impropriamente gravati e predisponendo uno strumento utilizzabile all'occorrenza quando il moltiplicarsi degli interventi all'estero riduca, ad esempio, le risorse organiche disponibili in patria".
Secondo il progetto di legge messo a punto dal Carroccio, dovranno entrare a far parte del Corpo dei volontari militari, previo superamento di esami psico-attitudinali, i militari che non sono più in servizio (senza demerito) e che non abbiano superato i 40 anni di età. Il limite di età varrà anche per gli ufficiali e i sottoufficiali. Il reclutamento dovrebbe avvenire su base regionale. E quelli che il Carroccio già definisce "battaglioni regionali" dovranno avere prevalentemente il carattere di "strutture-quadro", che potrebbero poi aumentare di numero in caso di mobilitazione.
I soldati regionali avranno l'obbligo di prestare servizio un mese all'anno, anche per garantire la formazione permanente del personale. La loro retribuzione sarà identica alla paga giornaliera che si riceve nell'Esercito e ci sarà l'aspettativa non retribuita nel caso in cui i nuovi soldati lavorino nel settore pubblico o privato.
Toccherà all'Esercito e ai carabinieri addestrare il nuovo Corpo regionale che non dovrebbe disporre di più di 20 mila uomini raggruppati in 20 battaglioni regionali (con il nome della regione di riferimento) sotto il comando di altrettanti tenenti colonnelli distaccati dall'Esercito e dall'Arma. Ogni battaglione quindi sarà composto da mille uomini e donne reclutati su base regionale.
Le uniformi sarebbero identiche a quelle dell'Esercito, ma con un distintivo in più, creato appositamente per ogni regione. Girerebbero armati (armamento leggero) come i carabinieri.
Per quanto riguarda la carriera, il governo dovrà assicurare una corrispondenza con i gradi dell'Esercito, anche se con alcuni distinguo. Si preclude però il passaggio di questi "miliziani" regionali all'Esercito o ai carabinieri. Il generale comandante del Corpo dipenderà dal capo di Stato maggiore della Difesa per quanto riguarda i compiti deliberati direttamente dal consiglio dei ministri, mentre i tenenti colonnelli, che guidano i singoli battaglioni regionali, risponderanno direttamente ai presidenti delle Regioni in cui saranno stanziati per fronteggiare le emergenze locali. Il Corpo dei volontari militari non potrà essere impiegato fuori dall'Italia.
Il primo firmatario della proposta di legge è il deputato Franco Gidoni, di Feltre. Gli altri veneti, oltre al sindaco di Cittadella, Massimo Bitonci, sono: Matteo Bragantini (Verona), Luciano Dussin (Castelfranco), Manuela Lanzarin (Rosà), Alessandro Montagnoli (Verona), Emanuela Munerato (Rovigo), Giovanna Negro (Verona).
Immigrazione, Cnel: adolescenti integrati e vicini a nostro stile vita
I giovani stranieri si riconoscono nella nostra società molto più dei loro coetanei italiani e credono che la famiglia sia una risorsa per l’integrazione
Roma, 4 apr (Il Velino) - Hanno molti amici, possiedono il cellulare, amano la musica e vestire alla moda, navigano su Internet. Non vanno in discoteca, non fumano, non bevono, non si fanno le canne, non marinano la scuola e raramente fanno tardi la sera. Si ritengono integrati, si riconoscono nella nostra società molto più dei loro coetanei italiani e credono che la famiglia sia una risorsa per l’integrazione. Il profilo degli adolescenti immigrati di Seconda Generazione è chiaramente descritto in una ricerca del CNEL (Organismo Nazionale di Coordinamento per le Politiche di Integrazione Sociale degli Stranieri), curata dalla Fondazione Silvano Andolfi, presentata stamani nel Parlamentino di Villa Lubin. Lo studio è stato realizzato su un campione di 751 adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni, di cui 414 di origine straniera e 337 di origine italiana (gruppo di controllo), reclutati all’interno delle scuole medie superiori. Dallo studio emerge che la quasi totalità del campione (90%) è arrivato in Italia nella primissima infanzia dall’Europa dell’Est (29,3%), dal Nord Africa (27,8%) e dall’Asia (24,7%) ed è in prevalenza di religione mussulmana (44,2%). Gli adolescenti immigrati appartengono a famiglie più numerose rispetto a quelle dei coetanei italiani, in cui la madre è nella maggior parte dei casi casalinga (38,9%) o lavora come collaboratrice domestica/badante (29,2%), mentre il padre è operaio (40,1%).
Per la maggior parte dei ragazzi intervistati (64,5%) la propria famiglia è una risorsa per l’integrazione e nel 70% dei casi tutti i componenti parlano italiano anche in casa. La seconda generazione afferma nella stragrande maggioranza dei casi di sentirsi vicina allo stile di vita italiano (79%) e i tre quarti del campione ritiene che la propria famiglia sia bene integrata in Italia, dove la società non è poi così diversa dalla sua. Gli italiani, invece, ritengono più degli stranieri che le proprie famiglie disprezzino la nostra società e sentono di non somigliarle. I giovani immigrati non hanno grandi difficoltà scolastiche, né problemi di integrazione con compagni e insegnanti, ma nemmeno molta voglia di studiare. Sognano di aiutare economicamente la famiglia (64,5%) e trovare un lavoro stabile e sicuro (63,4%), di andare a vivere all’estero (44,6%) e di frequentare l’università (40,1%). Riguardo la partecipazione sociale, il 54,8% è motivato ad aiutare gli altri e a migliorare la società in cui vive riferendosi, nel 18% dei casi, ai fenomeni di razzismo e discriminazione. Tuttavia, i giovani immigrati non sono molto ottimisti: ben il 76,7% degli adolescenti pensa di non avere alcuna possibilità di cambiare il mondo.
(red/fch) 4 apr 2011 13:06
Bozen. Emergenza migranti, Durnwalder: "Faremo nostra parte ma no a Cie in Alto Adige". BOLZANO. Sulla questione dei migranti ''l'Alto Adige è pronto a fare la sua parte per i profughi ma esprime scetticismo sull'eventualità di istituire nuovi centri di identificazione ed espulsione''.
Lo ha detto il governatore Luis Durnwalder. Durnwalder ha spiegato che l'Alto Adige è disposto ad accogliere la propria parte di profughi sulla base del numero della popolazione residente, ma si è invece detto contrario all'istituzione di Cie decentrati sul territorio della Provincia autonoma.
Durnwalder ha ribadito la solidarietà nei confronti di eventuali profughi sottolineando pero' che ''di centri di identificazione in Italia ve ne sono a sufficienza''.
Aostee'. Emergenza profughi, domani i Comuni incontrano il presidente Rollandin
04/04/2011. AOSTA. E' attesa per domani pomeriggio, alle 14.30, l'incontro tra l'assemblea del Consiglio permanente degli enti locali (Cpel) ed il presidente della Regione per avviare la macchina organizzativa per l'accoglienza dei profughi nordafricani che potrebbero essere ospitati in Valle d'Aosta.
L'accordo con il governo nazionale, che per mitigare l'emergenza sbarchi ha coinvolto tutte le regioni italiane, è che sul territorio valdostano potranno essere accolti fino a cento profughi e nemmeno un clandestino.
«Per poter individuare strutture idonee mancano alcuni elementi» ha dichiarato all'Ansa Elso Gerandin, presidente del Cpel, in particolare informazioni «sulle caratteristiche di chi arriva, i numeri ed i tempi». «Credo che domani - ha ancora dichiarato Gerandin -, sulla base delle informazioni che ci verranno date dal presidente Rollandin, si potrà già fare un primo punto sulle disponibilità».
Marco Camilli
Aostee': Emergenza profughi: la Caritas valdostana offre la propria disponibilità
Aosta - “Ad oggi abbiamo solo quattro posti disponibili perché le nostre strutture sono tutte pressoché occupate dai senza dimora – spiega don Armellin – ma stiamo cercando, se ci verrà richiesto uno sforzo maggiore, di individuare nuove strutture". Mentre la Regione nelle prossime ore deciderà dove e come accogliere, temporaneamente, gli eventuali profughi del Maghreb che potrebbero arrivare da Lampedusa, la Caritas valdostana scende in campo. Nei giorni scorsi don Aldo Armellin, direttore della Caritas valdostana è stato contattato dall’ufficio nazionale nell’ambito di un censimento per conoscere dalle caritas diocesane le strutture potenzialmente disponibili.
“Ad oggi abbiamo solo quattro posti disponibili perché le nostre strutture sono tutte pressoché occupate dai senza dimora – spiega don Armellin – ma stiamo cercando, se ci verrà richiesto uno sforzo maggiore, di individuare attraverso le diocesi, le parrocchie e gli istituti religiosi delle altre strutture”.
Sull’emergenza profughi è prevista intanto per domani mattina a Roma la seconda riunione della cabina di regia Governo-Regioni e autonomie locali che segue l'incontro avuto oggi da Berlusconi con il governo tunisino. Nel pomeriggio il Presidente della Regione, Augusto Rollandin, incontrerà i sindaci valdostani per verificare l’esistenza di strutture fisse per accogliere i migranti.
“Per ora non abbiamo avuto contatti con la Regione – sottolinea don Armellin – ma siamo pronti a collaborare anche se abbiamo bisogno di capire per quanto tempo e che tipo di ospitalità sarà necessario offrire a questi migranti”.
di Silvia Savoye 04/04/2011
Treviso. Gobbo sbatte la porta ai profughi tunisini. Il sindaco di Treviso e segretario della Lega veneta chiude ad ogni ipotesi di accoglienza: "In Veneto non c'è posto per nessuno". ''In Veneto non c'e' posto per nessuno''. Lo afferma il sindaco di Treviso, Gianpaolo Gobbo (Lega), alla vigilia della cosiddetta cabina di regia sull' emergenza immigrazione.
''In Tunisia non c'è nessuna guerra - avverte Gobbo - e quindi i tunisini vanno aiutati a casa loro. Per quanto riguarda la posizione della Lega - aggiunge - siamo in linea con le posizioni espresse da Francia e Spagna, non c'è spazio per accogliere immigrati e bisognerebbe seguire la loro azione''.
''Questo perchè - rileva - in Veneto, come in altre regioni del nord, c'e' un alto numero di immigrati, con una buona parte di loro clandestini, che con gli effetti della crisi sono i primi a bussare alle porte dei sindaci in cerca d'aiuto e di lavoro''.
Sul ruolo del ministro dell'interno Roberto Maroni, che è del Carroccio, Gobbo non vede frizioni con la Lega. ''Maroni è un ministro - sottolinea - e quindi deve agire per il Paese, ma la Lega, pur essendo il suo partito, ha una posizione diversa: non c'è posto per nessuno''.
Livorno. Migranti, una nave salpa verso Livorno. È previsto in serata, l’arrivo in Toscana dei primi migranti trasferiti da Lampedusa. Arriveranno a Livorno
Arrivano, non arrivano. Ieri, oggi, domani. Il «balletto» dei migranti in arrivo in Toscana sembra avere dei contorni che cominciano a definirsi soltanto adesso, dopo due giorni di annunci e preparativi. È previsto in serata l’arrivo in Toscana dei primi migranti trasferiti da Lampedusa. Gli immigrati attraccheranno a Livorno con la nave Superba della compagnia Grimaldi. La situazione a bordo è tranquilla e con i 300 migranti ci sono agenti di polizia che controlleranno le operazioni di sbarco. Una volta a Livorno, gli immigrati, con pullman saranno destinati alle varie strutture di accoglienza predisposte in Regione. Questo, dopo che stamani era sembrato che dei 471 migranti arrivati a Napoli, 275 fossero caricati sui pullman e portati via terra, verso Livorno. Adesso, l'ultima notizia parla di altri 700 migranti che a Lampedusa si stanno imbarcando sul traghetto Catania, in rada a Cala Pisana con direzione Livorno, ma probabilmente la nave effettuerà altri approdi prima di arrivare in Toscana. Le operazioni di imbarco degli extracomunitari dovrebbero concludersi nel pomeriggio.
«In tarda serata arriverà un primo gruppo di 300 persone». Lo ha detto Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana. Rossi, che ha parlato a margine di un convegno su «Democrazia e cittadinanza mediterranea», ha annunciato che firmerà il protocollo d’intesa con Prefettura di Firenze e Ministero dell’Interno. «È stata fatta anche stamani una riunione con il volontariato - ha aggiunto - c’è un lavoro delle Prefetture toscane che voglio ringraziare, poi ci saranno i pullman, poi forse nei prossimi giorni, dopodomani, gli altri 200 che fanno parte dei 500 concordati con il Governo. Domani abbiamo un incontro alla presidenza del Consiglio alle 12.30, sentiremo le notizie che porta Berlusconi dalla Tunisia. Mi pare che l’obiettivo minimo debba essere che la Tunisia prenda l’impegno affinchè non ci siano nuovi sbarchi». Inoltre, secondo Rossi, «bisogna che queste persone che arrivano sul nostro territorio, qualificate dalla Procura di Agrigento come migranti irregolari, abbiano il permesso temporaneo di soggiorno per ragioni umanitarie: comincia ad essere chiaro a tutti che questo permesso temporaneo per ragioni umanitarie può consentire il flusso verso la Francia». «La Repubblica Italiana deve andare dalla Sicilia alle Alpi», e la questione dei migranti di Lampedusa «deve riguardare anche il Nord del Paese. Noi abbiamo concertato 500 persone - ha spiegato - ragazzi che è giusto accogliere decentemente: una parte di loro, se il governo vorrà applicare l’articolo 20 del Testo unico sull’immigrazione - ha proseguito il governatore della Toscana riferendosi al permesso temporaneo di soggiorno - potrà procedere verso l’Europa, la Germania, la Francia. Però voglio dire con fermezza: dopo questi, voglio vedere quelli che accolgono il Veneto, la Lombardia e il Piemonte. Su questo dobbiamo essere molto fermi, molto duri, anche nei confronti del governo».
Un gruppo di migranti ospitati a Livorno saranno sistemati a Villa Morazzana, una struttura in stile liberty di proprietà del Comune e in concessione a privati, anche se con vincoli di destinazioni a fini sociali. Si tratta di un albergo-ostello che si trova nella zona residenziale di Monterotondo, a breve distanza da Montenero. Costruita alla fine del Settecento sui resti di una casa colonica appartenuta più tardi anche a Gemma Berlincioni e Roberto Stagno (cantanti lirici di Verdi e Mascagni), la villa ha un’ala adibita ad ostello dove si trovano due camerate con 18 posti letto e altre 8 stanze da 2 a 6 posti. Oltre all’accoglienza dei turisti Villa Morazzana in genere è utilizzata per convegni e congressi. Asl e protezione civile allestiranno fuori dalla struttura un posto medico avanzato dov’è prevista anche la distribuzione di pasti.
A Empoli è attesa una quindicina di migranti. Per accoglierli, la Misericordia ha preparato sei appartamenti dislocati in città, tutti di circa 60 metri quadrati, dotati di bagno e spazio cucina. «Abbiamo predisposto tutto il necessario - spiega Giovanni Pagliai, governatore della Misericordia di Empoli - e siamo pronti ad accogliere queste persone per il tempo che sarà ritenuto necessario». L’associazione ha acquistato in questo giorni venti nuovi letti. Il governatore non vuol far sapere i luoghi in cui saranno sistemati i tunisini, anche per evitare problemi. Comunque niente tendopoli. «Per il pranzo - spiega - li porteremo al centro Emmaus di via XI Febbraio a pochi passi dalla stazione, mentre la cena sarà servita nelle stanze che li ospiteranno. Nel caso qualcuno di loro volesse comunque restare a pranzo nel proprio appartamento sarà libero di farlo e ci organizzeremo per una seconda consegna a domicilio».
Due ostelli nel Grossetano, uno a Massa Marittima e l’altro a Gerfalco, per un totale di 150 posti letto. Entrambi sono gestiti dalla Fondazione Sant’Anna. Sono le strutture individuate in Maremma per accogliere gli immigrati provenienti da Lampedusa. A Massa Marittima possono essere ospitate 92 persone, mentre a Gerfalco circa 50, in camere doppie, triple o multiple. Gli ostelli possiedono ampi spazi ricreativi e aree comuni. L’ostello di Massa Marittima ha anche due campi da calcio, una palestra e uno spazio chiuso per il tiro con l’arco. Il Sant’Anna nacque nel 1945 a Massa Marittima per accogliere gli orfani di guerra nell’allora casa del parroco di San Piero agli Orti, don Luigi Rossi. Da allora le due sedi (quella di Gerfalco serviva, fino alla fine degli anni ’70, come colonia estiva per i ragazzi) hanno accolto centinaia di giovani.
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