Il campo profughi? A trecento metri dall'arena dove combatteva Spartacus
Aversa, a messa con l'ombrello
Rifiuti Napoli, scontro istituzionale in attesa di nuovi siti
Finanziamenti FAR a progetti Eurostars/Eureka
Lecce. Immigrati, la Regione può fare di più.
Cinema, “Noi credevamo” è Nastro dell’anno 2011
Migranti trasferiti a Caltanissetta
“Investire sui migranti conviene alla Sicilia”
Rifiuti, emergenza igienico sanitaria in 12 comuni
Il primo libro stampato in Italia? È a Napoli e presto nessuno potrà vederlo
La Corte Conti smentisce la Procura: assolti Lombardo e Cuffaro
Sardegna. I sindaci aprono ai profughi ma dicono no alle tendopoli.
Il campo profughi? A trecento metri dall'arena dove combatteva Spartacus
Ottocento migranti attesi all'ex caserma Andolfato,
sull'area sorgono 100 tende e 6 container per i wc
SANTA MARIA CAPUA VETERE - Qui, dove tutto evoca la rivolta degli schiavi di Spartaco (a cominciare dall’anfiteatro campano, a soli 300 metri, ritenuto per dimensioni il più grande dopo il Colosseo, e dal quale si sprigionò la scintilla della più insidiosa guerra servile subìta dai Romani) si teme che, invece, gli 800 migranti che arriveranno da Lampedusa forse già domani (se la furia del maestrale si arresterà) si fermeranno a lungo nella Capua antica, come fece Annibale con il suo esercito, abbandonandosi agli ozi. «Altro che Manduria — commenta un operaio mentre passa una mano di vernice sulla recinzione della tendopoli — da qui i nordafricani non se ne andranno più: troveranno vitto, alloggio e aria buona» .
Nessuna traccia di intolleranza. Niente discriminazioni. Ma il timore dei cittadini è proprio questo: che gli 800 migranti possano trovare nel campo di accoglienza di Santa Maria Capua Vetere una sistemazione permanente. Un centinaio di vigili del fuoco sono al lavoro da giovedì scorso nella ex caserma Andolfato per allestire il campo che ospiterà i profughi, proprio accanto al carcere militare dove sono stati detenuti, tra gli altri, l’ex funzionario del Sisde, Bruno Contrada, e di recente, l’ex caporale delle SS, il cosiddetto « boia di Bolzano», Misha Seifert, la cui salma, dopo essere rimasta per quattro mesi in attesa di una richiesta di rimpatrio da parte dei familiari, è stata sepolta nel cimitero cittadino soltanto una settimana fa. Gli operai delle ditte edili sono impegnati ininterrottamente notte e giorno in questa sorta di sfida contro il tempo all’interno della vecchia caserma militare recintata da pareti alte dieci metri.
Cento tende blu nuove di zecca, già preparate, ognuna con otto brande ancora avvolte nel cellophane, riempiono un piazzale di alcune migliaia di metri quadrati. Strutture militari mobili più ampie sono state adibite a refettorio con panche e tavoli da campeggio. E un lungo corridoio, appena tinteggiato, all’interno dell’edificio militare, è stato diviso in due sezioni: nella prima parte, dove campeggiano grossi avvisi in arabo e francese, una ventina di medici visiteranno e presteranno i primi soccorsi ai migranti; nella seconda la polizia scientifica, con le sue strumentazioni, si occuperà di identificare e registrare tutti gli ospiti. Nulla è lasciato al caso; niente viene trascurato. Il prefetto di Caserta, Ezio Monaco, esegue continui sopralluoghi. Gli escavatori hanno appena ricoperto un solco dove è stata adagiata una condotta fognaria. I servizi igienici sono stati allestiti in sei container, ognuno con due docce, sei water e sei lavandini, e allocati in una zona periferica. Mentre altri addetti hanno sistemato con svizzera precisione ventidue contenitori per la raccolta differenziata. Insomma, è evidente che il Governo qui fa sul serio.
E nell’ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere sembra non badare a spese, a dispetto della intollerabile riluttanza di altri Paesi europei. Fuori da qui, la città è disorientata. Gerardo, della vicina Caffetteria Cristal, allarga le braccia: «Hanno realizzato un altro grande campo profughi, come quello che per anni è stato attivo a Capua. Non siamo razzisti, ma è possibile che decisioni di questo genere debbano caderci addosso senza che nessuno se ne faccia un problema? Forse ne hanno approfittato perché l’amministrazione comunale è stata mandata a casa. Ora c’è un commissario prefettizio. Ma neanche i candidati a sindaco che si affronteranno nella competizione di maggio si sono fatti vedere in giro» . Federico Simoncelli, ex assessore regionale e oggi in campo con il centrodestra per contendersi con altri sfidanti la poltrona di primo cittadino, auspica che «la città, in cambio, deve pretendere alcune garanzie; innanzitutto sotto il profilo dell’ordine pubblico. Non possiamo permetterci che alla delinquenza già esistente vadano ad aggiungersi altri soggetti a rischio. Quindi, potenziamento delle forze dell’ordine, presidio costante della zona e stretta vigilanza all’interno del campo» . Una richiesta lanciata più per contenere la paura dei sammaritani che per essere effettivamente accolta. Infatti, se non sarà possibile attivare immediatamente le operazioni di rimpatrio, i profughi non potranno di certo essere trattati da detenuti e obbligati a rimanere all’interno della caserma. Ed è così che si finisce per interrogarsi a vuoto, oscillando su una giostra di domande, senza ricevere alcuna risposta rassicurante. E’ quanto fa anche un altro candidato, Dario Mattucci, a capo di alcune liste civiche, sul rischio che «possa crearsi uno stato di allarme sanitario generato dall’inadeguatezza del centro di permanenza» di Santa Maria Capua Vetere. L’altro giorno un sit-in di una decina di aderenti ai comitati civici è stato inscenato davanti all’ingresso del Comune di Santa Maria Capua Vetere. Ma più della protesta popolare organizzata è l’inquietudine dei singoli cittadini a strisciare insidiosa. «La rivolta di Spartaco?— si chiede Alfonso, titolare di un negozio di vernici poco distante dalla tendopoli e dall’anfiteatro campano— Quelli erano altri tempi. Qui persino l’opposizione politica ha paura di esprimersi. Ci vorrebbero i gladiatori di una volta. Quelli che resero l’antica Capua una città orgogliosa e invincibile, pronta a difendere il suo onore contro i soprusi di Roma».
Angelo Agrippa
Aversa. Aversa, a messa con l'ombrello
Fedeli pregano perché non piova
Nella storica chiesa dell'Annunziata la cupola
che sovrasta l'altare presenta notevoli infiltrazioni
AVERSA — A Messa con l'ombrello. Avviene nella storica chiesa dell'Annunziata di Aversa dove la cupola che sovrasta l'altare presenta delle infiltrazioni che quando piove poco fanno solo vedere l'umidità, ma quando piove forte la pioggia cade sui fedeli che sono nelle prime fila e sul sacerdote che officia il rito.
Qualche fedele si lamenta e chiede come mai una chiesa che parte della storia della città non abbia le cure che dovrebbe. L'anno di costruzione non è stato definito con precisione, di certo c'è che in un documento del 1320 c'è una citazione del complesso aversano, al quale nel 1423 la regina Giovanna fece una donazione. La chiesa che era annessa al vecchio ospedale aversano ha una storia di proprietà travagliata. È passata infatti dall’Asl al Comune, che qualche anno fa ha previsto dei lavori di restauro dai quali però è stato escluso il lucenario della cupole e la sacrestia. Il Comune avrebbe chiesto al Ministero dell’Interno un contributo per poter effettuare il recupero totale del complesso.
Ma di finanziamenti e di interventi neanche l’ombra. I fedeli che frequentano la chiesa della Real Casa dell'Annunziata hanno cercato di provvedere facendo una colletta. La cifra raccolta non è sufficiente a effettuare i lavori per la impermeabilizzazione della cupola e non sono neanche lontanamente sufficienti per poter provvedere al reintegro nel complesso della sagrestia. Nonostante della cosa si siano interessati più di un amministratore nel luogo di culto continua a venir giù l’acqua e quindi si cominciano ad avere anche delle preoccupazioni per la conservazione di questo pezzo di storia di Aversa, ricca di tanti preziosi reperti e che all’esterno, sull’arco, conserva dei bassorilievi che sono datati al XIV secolo. Anche se le finanze comunali sono al lumicino per questo tipo di intervento la tutela esiste, introdotta dalla legge del 20 maggio del 1985 con il Fondo Edifici di Culto» che secondo quanto si legge ha la missione di «assicurare la tutela e la valorizzazione, la conservazione e il restauro dei beni di proprietà, costituiti per la maggior parte da edifici sacri» . Dunque il Comune potrebbe chiedere al Governo di farsi carico di questo complesso che fa parte della storia della città, ma anche del nostro Paese. Forse basterebbe investire qualche euro detratto dallo spot del ministero del turismo che chiede di scoprire l’Italia e le sue bellezze. Ma mentre si rimpallano responsabilità e interventi, in questa chiesa continua a piovere e per evitare che succeda qualcosa di più grave non c’è che da sperare nella clemenza del tempo.
Vito Faenza
Napoli. Rifiuti Napoli, scontro istituzionale in attesa di nuovi siti
Napoli, 4 apr (Il Velino/Il Velino Campania) - Nuova emergenza rifiuti a Napoli, continua lo scontro istituzionale a distanza su competenze e rimedi mentre cumuli di sacchetti invadono la città, pulita solo a sprazzi. Intanto le temperature sono in aumento e il caldo peggiora la situzione. Secondo il Comune di Napoli, a terra vi sarebbero 1.600 tonnellate riferendosi a sabato e domenica. Per l'assessore regionale all'Ambiente, Giovanni Romano, l'assegnazione dei quantitativi di spazzatura da smaltire spetta alla Regione e quindi l'invito a Palazzo San Giacomo a "dedicarsi di più alla raccolta differenziata e meno a dichiarazioni da campagna elettorale che hanno come unico fine quello di strumentalizzare i rifiuti a fini politici, ossia di lavorare di più per il bene dei cittadini e non per profetizzare inutilmente catastrofi che non ci sono e generare inutili allarmi". L'obiettivo principale è trovare immediati siti di trasferenza, considerato che per il governatore Caldoro quello di Scampìa, scelto dal Comune, è inadeguato.
(rep/lr) 4 apr 2011 11:28
Finanziamenti FAR a progetti Eurostars/Eureka
Facendo seguito all’impegno del 2007 del MIUR di finanziare il programma Eurostars (EUREKA) per 5 Meuro/anno nel periodo 2007-2013, sono stati finanziati dal FAR (disponibilità 2007/200872009) un progetto di ricerca Eurostars per complessivi 2.134.322,50 euro presentati da:
DEEP BLUE, Roma; ENEA, Roma;
MOLECULAR STAMPING, Trento;
MYBATEC, Novara;
(non disponibile su G.U.);
Istituto Italiano Sicurezza dei Giocattoli, Calbiate (CO);
PRIMM, Milano;
SILICON BIOSYSTEMS, Bologna; Università Bologna;
STMicroelectronics, Agrate Brianza (MI); CRFiat, Orbassano (TO); CNR-IMEM, Roma:
STMicroelectronics, Agrate Brianza (MI); Università di Bologna; Politecnico di Torino; Politecnico di Milano; Elvox Costruzioni Elettroniche, Padova
(D. 26.11.2010 – D.G. per coordinamento e sviluppo della ricerca)
Lecce. Immigrati, la Regione può fare di più. di Luigi Quaranta. Le manifestazioni «contro la guerra» organizzate ieri da quel che resta del movimento pacifista italiano sono state un flop. La simpatia per le rivoluzioni democratiche nel mondo arabo è largamente estesa anche agli insorti libici, il ripudio dei tiranni arabi coinvolge a pieno titolo Gheddafi e quindi gli slogan «contro i bombardamenti della Nato» fanno fatica a raccogliere consenso. Comunque sia, tra il profilarsi della malaparata romana e una situazione migranti in Puglia che oscilla da due giorni tra la catastrofe umanitaria e il ridicolo internazionale, Nichi Vendola ha messo la sordina alla precoce adesione sua e del suo partito all’appello lanciato da Gino Strada ed ha scelto invece di parlare a Manduria a due-trecento persone lì dirottate dall’originario appuntamento di Gioia senza però che fino all’ultimo nessuno cambiasse nome alla manifestazione. Che si è quindi incongruamente tenuta «contro la guerra» nonostante la guerra non sia in alcun modo la ragione dell’arrivo a Lampedusa prima e a Manduria poi delle migliaia di tunisini del campo di contrada Paione. A questa piccola folla il presidente della Regione Puglia ha parlato, ribadendo tutte le sue critiche alla gestione che il governo sta facendo della emergenza migranti, attribuendo segnatamente ai calcoli elettorali della Lega Nord le scelte più odiose, dal ritardo con cui si è provveduto a «svuotare» Lampedusa, alla scelta di portare a migliaia i tunisini solo nel Sud Italia e in particolare in Puglia, dalla scelta delle megatendopoli al rifiuto di concedere la protezione umanitaria prevista dall’art. 20 della legge Bossi-Fini che consentirebbe ai migranti la libera circolazione in Europa.
Tutto giusto e condivisibile, e questo giornale ha avanzato sin dalle prime ore di questa nuova emergenza pugliese obiezioni simili. Ma dalla Regione Puglia, dalla Puglia che ha visto l’alba di queste migrazioni mediterranee con gli albanesi del 1991, dalla Puglia che ha gestito con sapienza e umanità a cavallo del 2000 il passaggio di qualche decina di migliaia di curdi, dalla Regione guidata da un esponente di quella sinistra che sull’accoglienza ai migranti non ha mai fatto sconti neanche ai propri compagni di schieramento, era lecito in questi giorni attendersi qualcosa di più delle proteste. Poteva il «modello Puglia» evocato ieri su queste colonne da Alessandro Leogrande tradursi in un concreto contropiano di accoglienza? Da lungomare Nazario Sauro fanno filtrare che già un mese fa si erano convocati i Comuni e si era definito un progetto, ma che il raggiro messo in atto dal governo su Manduria ha impedito di avanzarlo anche solo come alternativa propagandistica. Sarà.
Quel che è certo è che sulle cartine d’Italia con la distribuzione dei profughi nelle varie regioni, sulla Toscana appare una bella scritta: «Dieci siti indicati dalla Regione». Per ottenere questo risultato, mentre a Roma il governatore Rossi presentava al ministro Maroni la sua idea di accoglienza, amministratori e cittadini di Pisa sono arrivati ad incatenarsi davanti alle ruspe che dovevano entare in azione nella ex base militare di Coltano. E alla fine hanno vinto loro e il loro Governatore. Qui da noi i lavori per la tendopoli di Manduria hanno fatto da sfondo alle passeggiate di qualche assessore. Come sinistra di lotta e di governo da quella pugliese ci si saremmo aspettati di più.
Cinema, “Noi credevamo” è Nastro dell’anno 2011
Alla regia di Mario Martone, alla produzione e al cast il premio con il quale i giornalisti cinematografici celebrano anche l’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia
Roma, 4 apr (Il Velino) - “Noi credevamo” di Mario Martone è il film vincitore del Nastro d’argento dell’anno 2011. Lo annuncia, anticipando le nomination che saranno rese note subito dopo il Festival di Cannes, il Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici che lo premia “non solo come film caso in controtendenza nell’anno della commedia, ma per il valore e l’impegno che esprime, oltre il cinema, in un passaggio storico centrale nella vita della Repubblica Italiana, a 150 anni dall’Unità del Paese”. Come ricorda il presidente del Sngci, Laura Delli Colli, questo stesso riconoscimento era andato negli ultimi due anni ad opere significative come “Gomorra” di Matteo Garrone e “Baarìa” di Giuseppe Tornatore. Con Mario Martone, regista tra i più interessanti, i giornalisti cinematografici segnalano la qualità, l’appassionata ricerca, il coraggio di aver saputo rileggere la Storia attraverso le vicende di protagonisti di grandi battaglie, a lungo dimenticati perfino dai testi scolastici, con un film capace di conquistare anche il pubblico dei più giovani ai quali propone, senza retorica, la rilettura del Risorgimento come il racconto avvincente di una lunga battaglia vissuta, tra l’altro, dalla generazione dei ragazzi di 150 anni fa. Per questo i giornalisti cinematografici segnalano con un Nastro d’Argento “collettivo” non solo la regia di Mario Martone e l’importante operazione produttiva (Palomar, in collaborazione con Rai Cinema e Rai Fiction) che ha portato “Noi credevamo” nelle sale dopo il debutto alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ma anche l’impegno di un cast tecnico e di protagonisti che esprimono il meglio del cinema d’autore, non soltanto dell’ultima stagione. L’annuncio ufficiale delle “cinquine” dei candidati ai Nastri è in agenda a Roma venerdì 27 maggio, mentre la consegna dei premi è confermata a Taormina per sabato 25 giugno.
(com/onp) 4 apr 2011 16:33
Migranti trasferiti a Caltanissetta
Il sindaco: «Già ne abbiamo troppi»
Per il primo cittadino numerosi i disagi conseguenza
degli arrivi crescenti:«Si rischia disordine pubblico»
CALTANISSETTA- «La mia città è povera di per sé, non è in grado di accogliere altri immigrati». Il sindaco di Caltanissetta, Michele Campisi, è decisamente preoccupato per l’arrivo di oltre 500 migranti nel Centro di Permanenza Temporanea ed Assistenza di contrada Piano del Lago. In effetti questa cittadina immersa nel bel mezzo dell’entroterra siculo rischia di diventare una vera e propria isola nella terraferma. «Serve anche qui, come a Mineo, un patto per la sicurezza che possa in qualche modo aiutare Caltanissetta e ricompensarla per questo disagio. Ringrazio il Prefetto ed il Questore che stamane mi hanno confermato l’invio di 138 uomini delle forze dell’ ordine, ma questa situazione non ci fa certo stare sereni. Già da cinque anni il Cpt di Caltanissetta riceve continuamente nuovi migranti, con parecchi problemi di ordine pubblico».
IMMIGRATI PARCHEGGIATORI - Pare infatti che i moltissimi immigrati che circolano liberamente per la città si siano organizzati per racimolare qualche soldo come parcheggiatori abusivi, soprattutto nella zona dell’ospedale S. Elia. «Più volte», dichiara il sindaco, «sono intervenuti i carabinieri e la polizia municipale. La Villa comunale è diventata ormai un punto di ritrovo per gli stranieri che si ubriacano e fanno schiamazzi rendendo invivibile l’ area verde. Sono poco rispettosi anche dei nostri monumenti, la notte assistiamo a partite di calcio proprio nella piazza centrale, ad un passo dal teatro comunale e dal municipio».
DA CPTA A CIE - La struttura di Piano del Lago è insieme un CPTA (Centro di Permanenza Temporanea ed Assistenza), un CDA (Centro d’Accoglienza) ed un CDI (Centro di Identificazione). Adesso, per evitare un sovraffollamento prolungato, si appresta a diventare anche un centro di espulsione.«Vorrei sapere di più anche sui tempi di permanenza nel nostro centro, che per quanto ho appreso svolgerà la funzione di CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione) e dovrebbe svuotarsi entro breve. Anche perché non voglio immaginare quali conseguenze potrebbero esserci con l’ arrivo dell’ estate: sotto quelle tende gli immigrati rischierebbero di soffocare». La tendopoli è composta da 150 unità alloggio, tirate su a tempo di record per ospitare i nuovi arrivati da Lampedusa. Varcano i cancelli intorno alle 11 a bordo di 15 autobus, ad attenderli ci sono Croce Rossa, Esercito e Polizia di Stato. Chi ha bisogno di assistenza viene portato in infermeria, gli altri vengono rifocillati con acqua e un primo pasto.
«VOGLIAMO ANDAR VIA DA QUI» - «Basta maccheroni, ci danno sempre le stesse cose da mangiare!». Sam, 33anni afgano, preferisce andare in città per il pranzo. È arrivato un mese fa ma spera di poter presto lasciare Caltanissetta e cercare fortuna altrove. «Mi sono imbarcato in Tunisia per venire a Lampedusa. Vorrei fare qualcosa, ma Caltanissetta è troppo piccola, non c’è lavoro. Voglio andare via dalla Sicilia: Milano, Roma, oppure in Francia! Ho parenti a Lione, mi potrebbero aiutare. Però sono bloccato qui».
Andrea Di Grazia
“Investire sui migranti conviene alla Sicilia”
di Redazione 4 aprile 2011 -
Da: Siciliainformazioni.it
C’è un patrimonio culturale comune che va valorizzato, ci sono risorse che possono essere messe in campo per stabilire un ponte con il Nord Africa, cogliendo quei bisogni di libertà, democrazia, creatività, conoscenza che i giovani arabi hanno manifestato. Trattando i migranti nordafricani con dignità e con interesse potremmo stabilire rapporti di scambio economico, sociale e culturale con i loro paesi, averne dei benefici e segnalare al mondo che da noi certi valori hanno ancora un senso. È una sfida, un’utopia, una velleità o un concreto progetto capace di aggregare la politica meridionale attorno a qualcosa di assolutamente inedito?
La risposta è contenuta nel manifesto per il nuovo partito che il Mpa di Raffaele Lombardo ha preparato nei giorni scorsi. Queste intenzioni e queste “vocazioni” superano la divaricazione fra gli appelli alla generosità, tolleranza e spirito di accoglienza e i respingimenti forzosi come soluzione finale ed indicano una strada nuova e diversa.
Il manifesto si occupa di tante cose, ma sull’immigrazione e sul ruolo che la Sicilia può avere nel Mediterraneo si sofferma, esprimendo concetti e proposte nuovi. È una inversione di tendenza affrontare l’argomento con l’ottica di un investimento utile.
“La crisi tragica che si abbatte sulle popolazioni africane è purtroppo segno di una seria diaspora sociale che rischia di frantumare in mille particolarismi gli interessi delle popolazioni coinvolte”, sostengono gli estensori del manifesto, ma è anche una rara occasione per consentire un’iniziativa originale da parte di una Sicilia capace di mediare tra il disorientamento dell’Unione e degli Stati europei e le nuove domande di sostegno e collaborazione che possono nascere dalle nuove realtà politiche che vanno formandosi”.
Una Sicilia che si candida a questo ruolo non subalterno e non secondario, e che può rilanciare la propria presenza nello scenario mondiale, deve essere una Sicilia capace di sviluppare un nuovo senso della propria autonomia e della propria identità. Non più un’identità e un’autonomia da contraente debole dei poteri centrali, nazionali ed europei, ma quella basata sulla forza di autorganizzarsi, recuperando la propria storia e le proprie tradizioni per rovesciare così l’immagine di una Sicilia assistita e parassitaria come l’intero Sud d’Italia.
“L’autonomia deve essere la riscoperta della propria specificità storico-culturale e politico-economica, e insieme la consapevolezza che la Sicilia non è un luogo di poveri in attesa di carità ma un patrimonio di risorse umane, di ricchezze naturali e di eredità monumentali che ne fanno un potenziale protagonista del nuovo riassetto dei rapporti fra Nord e Sud, fra Europa e Mediterraneo”.
“Va sottratta alla strumentale polemica politica”, si legge ancora nel manifesto, “la grande questione dell’accoglienza degli stranieri e di come le migliaia di migranti, che giungono nelle nostre terre, possono essere trasformate in una risorsa economica e culturale anche per ripopolare le grandi aree desertificate delle nostre campagne abbandonate”.
“Costruire villaggi e comunità per insediamenti di extracomunitari”, prosegue il manifesto, “può farci uscire dalla logica dell’emergenza e può diventare un volano per un diverso tipo di sviluppo che rilanci l’agricoltura meridionale e la bellezza dei nostri territori”.
“Ciò che unisce le popolazioni africane alle nostre realtà meridionali”, si osserva, “è un enorme deposito di memorie storiche che hanno attraversato i secoli sin dall’origine della civiltà. Questo patrimonio fatto di monumenti, di siti archeologici, di realtà popolari e di tradizioni culturali possono essere il tessuto connettivo di una riscoperta della centralità del Mediterraneo come grande protagonista della storia europea e mondiale”.
“La collaborazione culturale, capace di fare emergere sempre più le specificità locali e il loro potenziale universale, richiede una visione della cultura come risorsa fondamentale di una nuova forma di civilizzazione che sottragga gli esseri umani al dominio mortifero della tecnica e dell’economia fini a se stesse”.
“La Sicilia deve saper cogliere il senso complessivo della sfida mediterranea, candidandosi a svolgere un ruolo particolare nella creazione di nuovi rapporti e nella promozione di nuove intese regionali. Il ruolo centrale che la Sicilia può assolvere richiede la costruzione di un nuovo movimento politico capace di liberarsi delle passate eredità e di porsi senza alcuna subalternità come guida e interlocutore privilegiato del rapporto con le popolazioni africane”.
Rifiuti, emergenza igienico sanitaria in 12 comuni
di Francesco Previti 4 aprile 2011 - È emergenza igienico sanitaria nei dodici comuni della società d’ambito territoriale Palermo 1, da Balestrate a Isola delle Femmine, in cui da mercoledì scorso non viene effettuata la raccolta dei rifiuti solidi urbani.
I cancelli della discarica di Campobello di Mazara restano chiusi per la Servizi Comunali Integrati fino a quando la società non sarà in grado di pagare anticipatamente i costi di conferimento, mentre i lavoratori interinali, da questa mattina, si astengono dal servizio perché chiedono gli stipendi arretrati.
Un vero e proprio rompicapo per il Commissario Liquidatore Antonio Geraci, il quale stamani, in attesa che i sindaci assolvano gli impegni assunti la scorsa settimana , e cioè quelli di versare all’Ato buona parte delle somme dovute, ha potuto disporre solo il pagamento di una mensilità ai dipendenti.
“Siamo in costante contatto con la Regione e la Protezione Civile – dice Geraci – a cui ci appelliamo per porre fine alla grave problematica. I sindaci – dice – si sono impegnati ad onorare con la società i debiti pregressi, ma allo stato attuale, pare che solo i comuni di Partinico e Carini abbiano effettuato un primo versamento, insufficiente peraltro, a tamponare le gravi esigenze. Una goccia nell’oceano insomma. Siamo in attesa – conclude Antonio Geraci – di essere convocati dal Commissario Regionale per l’Emergenza Rifiuti che, su mia richiesta, dovrà ricevere anche tutti i sindaci soci perché è arrivato il momento di assumerci tutti le nostre responsabilità”.
Intanto, i cassonetti dei rifiuti, in tutti i comuni, traboccano di immondizia di ogni genere. Diverse postazioni, soprattutto a Partinico, questa notte sono state date alle fiamme da ignoti; probabilmente, ad agire, sono stati cittadini che presi dal panico per il volume esorbitante di pattume maleodorante, hanno deciso di appiccare il fuoco per evitare possibili infezioni. Episodi analoghi anche a Montelepre, nei pressi del cimitero. Per gli amministratori del territorio la situazione è diventata insostenibile.
I sindaci di Carini e Montelepre, Giuseppe Agrusa e Giacomo Tinervia hanno richiesto l’intervento dell’Asl per verificare se allo stato attuale sussistono eventuali rischi per la salute pubblica e procedere di conseguenza alla chiusura delle scuole.
Tags: Antonio Geraci, ato, Campobello di Mazara, Commissario Liquidatore, comuni, discarica, emergenza igienico sanitaria, protezione civile, raccolta, regione, rifiuti.
Napoli. Il primo libro stampato in Italia? È a Napoli e presto nessuno potrà vederlo
Il «De civitate Dei» di Sant'Agostino realizzato nel 1465 è secondo solo alla Bibbia di Gutenberg. Si trova
nella Biblioteca di Storia Patria che rischia di chiudere
NAPOLI - Il primo libro stampato in Italia? È conservato a Napoli ed è il «De civitate Dei» di Sant'Agostino, realizzato nel 1465, a Subiaco, da due chierici tedeschi, i famosi prototipografi Sweynheym e Pannartz.
Allora perché (tranne pochi addetti ai lavori) nessuno lo ha mai visto? Perché non è esposto in una teca illuminata h24 per accedere alla visione della quale si deve pagare anche un bel biglietto (così da fare cassa per quelle sempre vuote dei beni culturali)? E, soprattutto, perché tra un po' neanche gli studiosi potranno prenderne visione?
LA SOCIETA' CHE RISCHIA ANCORA - Perché il prezioso incunabolo è conservato nella Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, in una delle torri di Castel Nuovo, che, in tempi ordinari non ha la sorveglianza necessaria per predisporre mostre né personale sufficiente per portare a termine l'indispensabile catalogazione. Ma questi non sono tempi ordinari per la gloriosa deputazione napoletana che, nonostante il secondo posto nel sondaggio «Abbracciamo la cultura» (quasi ventimila voti nell'iniziativa di Legambiente e Corriere) e una capillare campagna di sensibilizzazione, ha appena incassato due secchi «no» alla richiesta di fondi fondamentali per la sua sopravvivenza. «Il nostro debito non è clamoroso - dice la presidente della Società, la storica Renata De Lorenzo - si tratta di circa centocinquantamila euro. Abbiamo chiesto sostegno all’Unione industriali e all’Ufficio cultura del Banco di Napoli (nel cui caveau è collocata la collezione numismatica) ma le risposte sono state entrambe negative. Non riesco a fare alcun commento».
IL FRATELLO MINORE DELLA BIBBIA DI GUTENBERG - Così rimane a rischio anche il prezioso incunabolo del «De civitate Dei» di Sant'Agostino, secondo solo alla famosa Bibbia latina detta « delle 42 linee» (in latino), realizzata da Gutenberg a Magonza nel 1456 circa. Da lì la tecnica del torchio e dei caratteri mobili si diffuse rapidamente anche in Italia dove la prima bottega tipografica italiana nacque a Subiaco nel 1465, dove Sweynheym e Pannartz, stamparono, insieme al «DE civitate dei» altri due incunaboli in latino, il «De oratore di Cicerone» e le «Opere» di Lattanzio.
UN CONVEGNO PER RIPARTIRE - Ma la Società non si lascia irretire e coglie l'occasione del centocinquantenario dell'Unità d'Italia cui è strutturalmente legata - cos'altro è la Storia Patria se non quella che si celebra quest'anno - per rilanciare con un convegno (lunedì e martedì a Castel Nuovo) dal titolo «Materiali per costruire il paese: Documenti, monumenti, istituzioni nella Napoli postunitaria». Organizzato insieme con il dipartimento di Discipline Storiche dell’Università degli Studi di Napoli «Federico II» e dalla Facoltà di Lettere e Filosofia della Seconda Università degli Studi di Napoli «il convegno è ispirato dalla convinzione del ruolo costruttivo dell’erudizione per coniugare insieme memoria locale e nazionale». Ma la memoria prima di essere salvata deve essere costruita.
E se a Napoli abbiamo «totem» della cultura mondiale come questo «De civitate Dei», mettiamoli in mostra, fotografiamoli, sfogliamoli, coccoliamoli come fossero feticci capaci anche di generare patrimoni. E lo sono. Ma se un candidato al Comune di Napoli adottasse un libro e, invece di farsi fotografare con questo e quello, si lasciasse immortalare con questi che immortali lo sono davvero?
Natascia Festa
La Corte Conti smentisce la Procura: assolti Lombardo e Cuffaro
di Redazione 4 aprile 2011 -
Si è conclusa con un nulla di fatto l’inchiesta della procura della Corte dei Conti sulle nomine all’ufficio stampa della presidenza della Regione Siciliana. I giudici della sezione giurisdizionale della Corte hanno ‘assolto’ il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, l’ex Governatore dell’isola Salvatore Cuffaro e l’ex dirigente dell’ufficio legislativo e legale della Regione, Francesco Castaldi per quali la Procura contabile aveva chiesto una condanna a risarcire l’Erario per 7 milioni e 300 mila euro.
La procedura era scattata dopo la nomina di 20 giornalisti ai quali è stato applicato il contratto giornalistico con la qualifica di capo redattore. Secondo la procura, smentita adesso dalla Corte dei Conti le nomine, effettuate tra il 2005 ed il 2006, erano state irregolari. (gc)
Sardegna. I sindaci aprono ai profughi ma dicono no alle tendopoli. L'Anci e i Comuni sardi sono disposti a collaborare col Governo nazionale per far fronte alla emergenza umanitaria legata all'arrivo di migliaia di migranti provenienti dai Paesi del Nord Africa, ma chiedono chiarezza e corrette informazioni e dicono no alle tendopoli e alla indicazione di siti non adatti.
Questo in sintesi l'Ordine del giorno approvato a conclusione dell'Assemblea dei sindaci sardi dell'Anci riunita a Oristano. L'Ordine del giorno è stato approvato per alzata di mano dai presenti, circa 50, con un solo voto contrario, ed è articolato su sei punti. Innanzitutto i sindaci chiedono chiarezza e univocità di scelte da parte della cabina di regia nazionale sul numero dei profughi destinati alla Sardegna e una preliminare verifica sulle possibilità di rimpatrio e di soluzioni alternative alle tendopoli.
Ogni scelta del Governo dovrà, inoltre, essere concordata con la Regione e con le autonomie locali, in particolare per quanto riguarda la individuazione dei siti e le problematiche per la sicurezza delle comunità locali con l'auspicio che si parli comunque di sistemazioni temporanee in attesa di rimpatrii o di altre soluzioni.
I siti, individuati di concerto con i Comuni interessati, dovranno garantire tutti gli standard di sicurezza, nella garanzia del rispetto delle leggi e delle norme vigenti, dei diritti individuali, in materia di igiene e sanità. I sindaci chiedono, infine, un coordinamento per la gestione di problemi particolari come quelli legati all'accoglienza delle donne e dei minori non accompagnati e la garanzia che nessun costo gravi sui bilanci comunali.
Dalla versione finale dell'ordine del giorno, per evitare forzature giornalistiche, è stata cancellata (prima del voto) l'affermazione che in assenza delle risposte auspicate l'Anci e i Comuni avrebbero "respinto con forza ogni ipotesi di accoglienza generalizzata".
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