Prove tecniche di default:
Berlusconi a Sarkozy: il nucleare si farà
PREZZI. Stime Istat: inflazione vola a 2,6%. Consumatori in allarme
Petrolio, firmato il "Memorandum"
Lavoro: Istat, a marzo disoccupazione 8.3%, -0.2% su anno
Eurostat: “Aumenta il debito”. In Italia cala ma resta record e crescere ancora il deficit
Unioncamere, continua saldo anagrafico negativo delle imprese. Confesercenti: “Reagire con interventi mirati”
Disoccupazione in salita: 8,3% a marzo. Giovani senza lavoro al 28,6%
Bankitalia: stretta sui prestiti a famiglie e imprese nel primo trimestre 2011
Appendici significanti:
Padova, oltre 2 mila tonnellate di rifiuti del Sud conferiti all'inceneritore San Lazzaro
La carta per terra che spiega il Sud
Molise, Puglia e Abruzzo in piazza contro il petrolio
Ferrovie, quei 35 km di binario unico che isolano la Puglia
Nuovi sbarchi a Lampedusa Oltre 800 in poche ore
Veneto. Sanità, il buco si trasforma in utile
Napoli. San Gennaro tra i rifiuti, è scontro: Iervolino a Sepe: «Vergogna a chi?»
Berlusconi a Sarkozy: il nucleare si farà
Ennesima correzione di rotta sull'atomo dopo la cautela dei giorni scorsi. Il premier rassicura la Francia sull'accordo Enel-Edf al termine del vertice bilaterale tra i due Paesi
27 Aprile 2011
Lo stop italiano al nucleare serve solo a far calmare le acque? Pare proprio di sì. Silvio Berlusconi, al termine del vertice bilaterale con la Francia (diversi gli argomenti all'ordine del giorno, dall'immigrazione ai rapporti commerciali, fino all'energia), ha dichiarato al presidente francese, Nicolas Sarkozy, che “siamo assolutamente convinti che l'energia nucleare sia il futuro per tutto il mondo. La moratoria è servita per avere il tempo che la situazione giapponese si chiarisca e nel giro di uno o due anni l'opinione pubblica sia abbastanza consapevole da tornare al nucleare”. Sarebbe quindi una “posizione di buonsenso” quella di fermare (temporaneamente) il programma varato nel 2009 con l'accordo Enel-Edf. “L'accadimento giapponese - ha poi aggiunto Berlusconi - ha spaventato ulteriormente i cittadini italiani. Se fossimo andati oggi al referendum, il nucleare non sarebbe stato possibile per molti anni”.
Salvare l'accordo Enel-Edf
La politica energetica italiana diventa, così, sempre più intricata e difficile da interpretare. Dopo la cautela dimostrata nelle ultime settimane dai ministri Romani e Prestigiacomo e i continui appelli a una strategia comune sulla sicurezza dei reattori, da definire in sede europea, Berlusconi ha sparigliato ancora di più le carte. Il premier ha voluto rassicurare la Francia sullo sviluppo degli accordi industriali Enel-Edf, soprattutto per quei punti (come la formazione) che possono procedere anche con una moratoria sulle future centrali. Ma la risposta ai timori transalpini s'è trasformata in un boomerang sulle precedenti dichiarazioni del Governo. Anche Enel, che nella partita nucleare avrebbe dovuto guidare l'industria nazionale, aveva illustrato un programma alternativo. Più rinnovabili, gas e carbone; il piano 2011-2015 stimava di spendere circa 300 milioni di euro per preparare il terreno a quelle centrali Epr di terza generazione, in costruzione tra difficoltà tecniche e di budget (a Flamanville in Normandia e Olkiluoto in Finlandia) e poi messe in dubbio sulla scia del disastro giapponese.
Il piano A e quello B
L'Italia avrebbe dovuto realizzare quattro centrali nei prossimi anni, per una potenza complessiva pari a circa 6.400 Mw, con il primo impianto funzionante entro il 2020. Enel, finora, ha impiegato pochi milioni di euro in questi progetti preliminari: Lo stop al nucleare “ha quindi un peso trascurabile sul piano industriale di Enel”, ha chiarito nei giorni scorsi una nota della società, proponendo un mix di fonti alternative e tradizionali, senza disdegnare quella più inquinante (il carbone), anche se l'intenzione è mitigarne l'impatto ambientale con la cattura geologica della CO2. “Un mix ben equilibrato di fonti, composto di rinnovabili, gas e carbone pulito”, si legge nel comunicato dell'Enel, “permetterà all'Italia, anche in assenza di nucleare, di migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento di materie prime energetiche, producendo energia a costi ragionevoli, nel pieno rispetto dell'ambiente”.
Carbone, gas, rinnovabili
Per quanto riguarda le fonti fossili, il principale obiettivo della società è convertire da olio a carbone la centrale di Porto Tolle in provincia di Rovigo (le autorizzazioni sono quasi complete), per poi passare a quella di Rossano Calabro presso Catanzaro. Enel calcola un investimento complessivo pari a due miliardi e mezzo di euro per la centrale di Porto Tolle, compresa la tecnologia Ccs (carbon capture and storage, per la cattura e lo stoccaggio sotterraneo della CO2) che dovrà equipaggiare uno dei tre gruppi dell'impianto. Enel sta sperimentando questa tecnologia nella centrale di Brindisi; a Porto Tolle sarà la sua prima applicazione su scala industriale in Italia. Sul fronte del gas, Enel ha in cantiere il rigassificatore di Porto Empedocle, presso Agrigento, in attesa che il Consiglio di Stato si pronunci sul ricorso del comune siciliano. L'impianto dovrebbe costare 700 milioni di euro, garantendo 800 milioni di metri cubi di gas ogni anno, pari al 10% circa dei consumi nazionali; il gas naturale liquefatto (Gnl) potrà arrivare da Paesi come Nigeria e Qatar, trasportato dalle navi metaniere per poi essere riportato allo stato gassoso a Porto Empedocle. Si cercherà così di variare gli approvvigionamenti energetici, aumentando il numero di Paesi fornitori, che ora sono principalmente la Russia, l'Algeria e la Libia. Enel Green Power, infine, prevede d'investire due miliardi di euro in Italia per le rinnovabili, da qui al 2015, in varie fonti come il solare, l'eolico, il geotermico e l'idroelettrico.
E l'Europa?
Allora in quali direzioni si muoverà l'Italia? Il Governo dovrà predisporre una nuova strategia nazionale, indicando traguardi più precisi per le varie fonti energetiche. Sulla scia, per esempio, della Germania, che dopo Fukushima ha deciso di uscire definitivamente dall'atomo, investendo molto di più nell'economia verde con l'obiettivo del 40% circa di energia pulita nel 2030. Pure la Francia sta pensando di ridurre il peso preponderante del nucleare; la legge Grenelle indica che Parigi dovrà coprire il 23% dei consumi finali di energia nel 2020 con le rinnovabili (ora è al 12,5%). Un contributo essenziale dovrà fornirlo l'eolico, sulla terraferma e offshore, arrivando a 25 Gw di potenza complessivamente installata. E mentre tutti i Paesi sono impegnati a ridefinire le rispettive politiche energetiche, si è appena celebrato il venticinquesimo anniversario del disastro a Chernobyl tra le manifestazioni degli anti nuclearisti (soprattutto in Germania e Francia), mentre Fukushima è sempre nel pieno dell'emergenza. Si sta perfino valutando se costruire un muro di contenimento sotterraneo, per limitare la contaminazione dei terreni e delle falde acquifere.
PREZZI. Stime Istat: inflazione vola a 2,6%. Consumatori in allarme
29/04/2011 - 13:37
Inflazione ancora in salita: secondo le stime preliminari dell'Istat, ad aprile i prezzi al consumo per l'intera collettività aumenta dello 0,5% rispetto al mese di marzo e del 2,6% rispetto allo stesso mese del 2010 - a marzo era già salito a più 2,5%. Si tratta di un'accelerazione che, spiega l'Istituto, risente in primo luogo delle tensioni sui prezzi dei Servizi relativi ai Trasporti. Inoltre, un importante effetto sulla dinamica in crescita deriva dall'andamento dei Beni energetici regolamentati. La reazione delle associazioni dei consumatori sono tutte decisamente negative, centrate sulle inevitabili ripercussioni che tale andamento avrà sulle tasche dei cittadini.
A livello tendenziale, il confronto con il 2010 rileva che i maggiori tassi di crescita interessano Trasporti (+6,1%), Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+5,0%), Altri beni e servizi (+3,0%). Quelli più contenuti riguardano Servizi sanitari e spese per la salute (+0,6%), Abbigliamento e calzature e Mobili, articoli e servizi per la casa (per entrambi +1,5%). In flessione risultano i prezzi delle Comunicazioni (-1,3%) e di Ricreazione, spettacoli e cultura (-0,3%).
Focus sui prezzi degli alimentari: ad aprile, aumentano rispetto a marzo dello 0,1%, evidenziando una lieve accelerazione del tasso tendenziale, che sale al 2,3% dal 2,2% del mese precedente. In particolare, i prezzi dei prodotti lavorati crescono dello 0,3% su base congiunturale e dell'1,8% rispetto ad aprile 2010 (in accelerazione dall'1,5% di marzo); i prezzi dei prodotti non lavorati diminuiscono dello 0,5% sul piano congiunturale e aumentano del 2,9% su quello tendenziale (era +3,6% a marzo).
Si segnala l'aumento rispetto a marzo dei prezzi del Latte fresco (+0,7%) e dei Formaggi e latticini (+0,5%), che registrano una crescita sull'anno del 4,4%. Un rialzo sostenuto si rileva, inoltre, per il prezzo del Caffè (+2,0%), cresciuto su base annua dell'8,0%. La diminuzione congiunturale dei prezzi degli Alimentari non lavorati è principalmente dovuta al calo dei prezzi dei Vegetali freschi (-5,1%) e della Frutta fresca (-1,0%), che registrano tassi di crescita tendenziali rispettivamente pari al 3,7% e al 4,5%. Si riscontra un aumento congiunturale significativo del prezzo della Carne ovina e caprina (+2,5%), cresciuto su aprile 2010 del 2,4%, e un rialzo più contenuto del prezzo del Pesce fresco (+0,2%), in aumento su base tendenziale del 3,9%.
I prezzi dei beni energetici, infine, aumentano dell'1,9% rispetto a marzo. Il tasso tendenziale dei rincari è pari dunque al 10,7%, in aumento rispetto al 10,3% del mese precedente.
Allarmate le associazioni dei consumatori. "Prevediamo nei prossimi mesi una costante ascesa dell'inflazione nel nostro paese, e la causa non risiede solo nelle tensioni nel settore energetico. Ciò che ci preoccupa di più - spiega il presidente Codacons, Carlo Rienzi - è l'abnorme incremento dei costi delle materie prime in numerosi settori produttivi, pari al +33%, con picchi del +39,3% nel settore alimentare. Le ripercussioni sulle famiglie saranno pesantissime, e determineranno nel 2012 un aggravio di spesa pari a 2000 euro a famiglia su base annua".
Per l'Adoc, ci sarà fra le altre conseguenze anche un crollo del turismo. Spiega il presidente Carlo Pileri: "Quest'estate l'80% degli italiani non andrà in vacanza a causa dei rincari, in media di oltre 200 euro, per i trasporti, alloggio e servizi. Il costo di un traghetto quest'anno è aumentato del 70%, pari a circa 230 euro di aggravio rispetto allo scorso anno. Per un biglietto aereo di andata e ritorno si spendono in media 112 euro in più, un rialzo del 25%, un biglietto del treno costa il 7% in più. Senza dimenticare il caro benzina, che provocherà un aggravio di spesa medio di 30 euro per le vacanze".
Federconsumatori e Adusbef ricordano che la tendenza negativa ormai si protrae da tempo e comprende la contrazione dei consumi e il crollo del credito al consumo. E spiegano: "A incidere fortemente sulla determinazione del tasso d'inflazione è soprattutto la notevole crescita dei costi dei carburanti (10,9% su base annua), che denunciamo costantemente e per la quale rivendichiamo da tempo l'adozione di urgenti misure, ormai necessarie per alleggerire il peso che grava sui consumatori. Purtroppo, tale crescita dell'inflazione risulta ancora sottostimata rispetto alle previsioni dell'Osservatorio Nazionale Federconsumatori, che anche alla luce della crisi petrolifera e delle ricadute su prodotti energetici e prodotti di largo consumo, i cittadini rischiano una stangata 2011 di ben 1.897 euro".
2011 - redattore: BS
Petrolio, firmato il "Memorandum"
La Basilicata svolge un ruolo nevralgico per il fabisogno energetico del Mezzogiorno e dell'Italia. Questo il presupposto di partenza per la sottoscrizione del "Memorandum" tra Stato e Regione avvenuta oggi in viale Verrastro
29/04/2011 «Lo Stato riconosce che la Basilicata rappresenta il nodo centrale del sistema dell¨energia per il Mezzogiorno, svolgendo un ruolo rilevante per l'intero Paese»: è questo il presupposto con cui si apre il “Memorandum di intesa» sulle estrazioni petrolifere tra la Regione e lo Stato, firmato oggi a Potenza. Nel documento si evidenzia che «le risorse energetiche lucane e il loro corretto, razionale e sostenibile utilizzo rappresentano un fattore della ricchezza e della competitività del territorio regionale»: Stato e Regione hanno quindi “deciso di affrontare in maniera sinergica la questione, attraverso la definizione di un programma, avente finanza addizionale, che tenga conto dei programmi di investimento delle compagnie petrolifere». Sono quattro gli «assi strategici» indicati dal Memorandum: prevenzione, tutela dell'ambiente e del territorio; incremento dell'accessibilità regionale attraverso la connessione con i nodi delle reti nazionali della mobilità; creazione di nuova occupazione attraverso la ricerca, la formazione e la promozione di nuove iniziative in campo ambientale, turistico e industriale; costituzione di un «cluster dell'energia» con «valenza nazionale e internazionale». Sono poi previste «specifiche linee d'azione», tra cui la realizzazione di un distretto energetico, di infrastrutture industriali ed energetiche «ad alto contenuto innovativo», un centro di Studi europeo «sull'energia e sulla sicurezza energetica a carattere sovranazionale», e «una Scuola superiore di formazione sull'energia».
Lavoro: Istat, a marzo disoccupazione 8.3%, -0.2% su anno
29 aprile 2011
ROMA (ITALPRESS) – A marzo gli occupati sono 22.977.000, in aumento dello 0,5% (+111 mila) rispetto a febbraio. Nel confronto con l’anno precedente l’occupazione e’ in crescita dello 0,6%(+141 mila). L’aumento registrato nel mese e’ dovuto sia alla
componente maschile, sia, e soprattutto, a quella femminile. Lo rende noto l’Istat.
Il tasso di occupazione e’ pari al 57,1%, in aumento di 0,3 punti percentuali sia rispetto a febbraio sia a marzo 2010. Anche il numero dei disoccupati (pari a 2.071.000) registra una crescita del 2% rispetto a febbraio (+40 mila). L’aumento riguarda sia la componente maschile sia quella femminile. Su base annua il numero
di disoccupati diminuisce del 2,5% (-53 mila). Dopo la lieve flessione di febbraio il tasso di disoccupazione risale di un decimo di punto e si attesta all’8,3%. Su base annua si registra invece una diminuzione di 0,2 punti percentuali. Dopo la riduzione registrata a febbraio, il tasso di disoccupazione giovanile sale di 0,3 punti percentuali, posizionandosi al 28,6%. A marzo gli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuiscono dello 0,8% (-114 mila unita’) rispetto al mese precedente, portando il tasso di inattivita’ al 37,7%.
Sale ancora a marzo la disoccupazione giovanile. Nel mese scorso il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni si e’ attestato al 28,6%, in aumento dello 0,3% rispetto a febbraio e dell’1,3% rispetto al marzo del 2010.
(ITALPRESS).
Eurostat: “Aumenta il debito”. In Italia cala ma resta record e crescere ancora il deficit
Aumenta il debito in Eurolandia dal 79,3% del 2009 all’85,1% del 2010. Queste sono le notizie non buone di Eurostat, sottolinea Confesercenti, ma la colpa non è sua. Le responsabilità sono soprattutto quelle di una crisi internazionale che perdura nel tempo e da cui dipendono le scelte di governo dell’economia e non solo. Sono, specialmente, i singoli stati a fare il bello ed il cattivo tempo, spendendo e sperperando risorse pubbliche e tenendo poco conto delle possibilità effettive.
L’Italia, ovviamente, non è da meno e se il deficit 2010 cala un po’ dal record dell’anno prima, rimane comunque inchiodato ad un preoccupante 4,6%. Che fare? Certamente non possiamo pensare di continuare a mettere le mani in tasca agli italiani. La via da percorrere rimane quella saggia del taglio della montagna di sprechi della spesa pubblica.
Un suggerimento? Proviamo con le province, cancelliamole.
Notizia del 26/04/2011
Unioncamere, continua saldo anagrafico negativo delle imprese. Confesercenti: “Reagire con interventi mirati”
Nel primo trimestre dell'anno c’è un lieve recupero del tessuto imprenditoriale nazionale che però registra un bilancio anagrafico ancora inferiore al pareggio (-0,16%): le aperture segnano un +1,8%, mentre si conta un -3,1% per le chiusure.
E’ quanto segnala la rilevazione trimestrale sulla nati-mortalità delle aziende italiane condotta per Unioncamere da InfoCamere. Da un lato, la progressiva ripresa delle iscrizioni (125.271 le nuove imprese, 2.177 in pIù' del 2010), dall'altro il prolungato rallentamento delle cancellazioni (134.909 nei tre mesi, 4.366 in meno rispetto all'anno scorso), hanno fatto fermare il bilancio del trimestre a -9.638 unità, contro le oltre 16mila in meno del 2010: le aperture segnano nel trimestre un +1,8%, mentre si conta un -3,1% per le chiusure.
Anche se negativamente influenzato dalle cancellazioni che si concentrano a fine di dicembre, si legge nell'indagine, si tratta del recupero migliore degli ultimi 5 anni.
Crescono turismo e servizi, in rosso invece agricoltura, industria e commercioA livello territoriale va bene il Centro, mentre è fermo al palo il Mezzogiorno.
“E’ evidente, secondo Confesercenti, che se mancano adeguati sostegni a favore delle Pmi, se permane un sistema fiscale insostenibile, se pesano condizioni ambientali negative come criminalità, infrastrutture, credito, fisco, diventa difficile aspettarsi una rapida inversione di tendenza. Coraggio e rapidità sono fattori determinanti che però vanno coniugati con una reale e significativa collaborazione tra istituzioni e rappresentanza delle imprese per mettere in campo interventi utili e mirati”.
Notizia del 27/04/2011
Disoccupazione in salita: 8,3% a marzo. Giovani senza lavoro al 28,6%
Dopo la lieve flessione di febbraio il tasso di disoccupazione torna a salire: rispetto al mese precedente aumenta di un decimo di punto e si attesta all'8,3%. Lo rileva l'Istat, secondo cui «su base annua» si registra invece una diminuzione di 0,2 punti percentuali.
Cresce anche il tasso di disoccupazione dei giovani che si attesta al 28,6%. Lo rilevano i dati provvisori dell'Istituto nazionale di statistica. Rispetto a febbraio scorso il tasso di disoccupazione giovanile sale di 0,3 punti percentuali e su base annua cresce di 1,3 punti percentuali.
I dati della Spagna
Continua a salire la disoccupazione nel Paese iberico. Nel primo trimestre dell'anno la percentuale dei senza lavoro balza al 21,3% dal 20,3% degli ultimi tre mesi del 2010, (il livello più alto mai raggiunto dal 1997) secondo i dati diffusi dall'Ufficio nazionale di statistica. La Spagna si conferma dunque il Paese con il più alto tasso di disoccupazione nell'Unione Europea. Ma anche l'inflazione ha ripreso a salire nel mese di aprile, portandosi al 3,5% annuo, dopo aver raggiunto il 3,3% in marzo. Il livello attuale é il più alto dall'ottobre 2008.
29 aprile 2011
Bankitalia: stretta sui prestiti a famiglie e imprese nel primo trimestre 2011
di Claudio Tucci
Le banche italiane hanno irrigidito lievemente i criteri per i prestiti a famiglie e imprese nel primo trimestre del 2011: lo evidenzia l'indagine trimestrale, gennaio-marzo, di Bankitalia sul credito bancario condotta nell'ambito di quella dell'Eurosistema. In chiaroscuro le prospettive per i prossime tre mesi: l'attesa degli intermediari è di una stabilità per i finanziamenti alle aziende e una lieve stretta per quelli alle famiglie.
Cresce il margine applicato dalle banche
Nel dettaglio, l'indagine segnala come sia cresciuto il margine applicato dalle banche sui prestiti alle aziende specie quelli più rischiosi e, in misura minore, su quelli alle famiglie per i mutui immobiliari e il credito al consumo.
Più domande per prestiti nei prossimi tre mesi
La domanda per prestiti da parte delle azienda è attesa in accelerazione nei prossimi tre mesi rispetto all'inizio del 2011, mentre per le famiglie (mutui e credito al consumo) l'andamento dovrebbe rimanere stabile. La domanda da parte delle imprese tuttavia, rispetto all'andamento europeo, è trainata dalla ristrutturazione del debito e da esigenze di fondi per scorte e capitale circolante.
Senza variazione invece gli investimenti fissi e in lieve calo la domanda per fusioni e acquisizioni. L'indagine evidenzia infine come dopo un lieve aumento segnalato negli ultimi tre mesi, l'attesa per i prestiti destinati dalle famiglie all'acquisto di abitazioni è stabile.
27 aprile 2011
Padova, oltre 2 mila tonnellate di rifiuti del Sud conferiti all'inceneritore San Lazzaro
Su mandato dell'assessore provinciale Fecchio l'Arpav ha accertato l'arrivo dalla Campania di "rifiuti speciali non pericolosi" dal 23 marzo al 15 aprile. L'assessore Conte: "La Regione non sa nulla". Il sindaco di Salerno riconosce il trasporto e precisa "con costi assurdi".
di Enrico Ferro
zoom
Immondizia in una strada di Napoli
PADOVA. Alla fine sono arrivati. Oltre 2 mila tonnellate di rifiuti dalla Campania sono stati conferiti all'inceneritore di San Lazzaro. Ora è ufficiale. Lo dice un verbale dell'Arpav, dopo un sopralluogo richiesto dall'ente Provincia sulla base delle segnalazioni giunte dai cittadini e dai comitati ambientalisti. Dunque, nonostante il presidente della giunta regionale, Luca Zaia, avesse più volte respinto l'ipotesi, i rifiuti campani in Veneto sono arrivati eccome.
Tutto è cominciato con le lamentele dei militanti di Comitato per Roncajette, Ambiente Padova Est e Lasciateci Respirare, che avevano notato un flusso giornaliero di camion con targa campana scaricare rifiuti nell'inceneritore di San Lazzaro. La Provincia ha preso in carico le segnalazioni e il 15 aprile scorso ha eseguito un sopralluogo, certificando che dal 23 marzo al 15 aprile sono arrivati all'inceneritore di Padova 2.106 tonnellate di rifiuti provenienti dalla ditta Ecoambiente di Salerno. Tanto per dare un'idea, l'impianto padovano ha una capacità potenziale nominale complessiva di 600 tonnellate al giorno di rifiuti.
«Quelli conferiti, secondo la documentazione pervenuta, sono rifiuti speciali non pericolosi con codice CER 19.12.12 provenienti dalla selezione e tritovagliatura di rifiuti solidi urbani - spiega l'assessore provinciale all'Ambiente, Mauro Fecchio - Alla Provincia, proprio per la classificazione del rifiuto, non era stata data alcuna comunicazione. Esiste, tuttavia, una circolare del ministero dell'Ambiente che potrebbe considerare come urbani anche questo tipo di rifiuti in quanto provenienti da selezione. In base a questa circolare, verranno chiesti alla Regione chiarimenti riguardanti la loro corretta classificazione».
Tecnicamente i rifiuti classificati come "urbani" devono circolare solo all'interno della regione di provenienza. La deroga è concepita solo in presenza di un accordo tra Regioni. Ma non sembra questo il caso.
Maurizio Conte, assessore regionale all'Ambiente, cade dalle nuvole: «Noi non abbiamo dato alcuna autorizzazione - si affretta a sottolineare - io non avevo indicazioni in merito. Ora faremo una verifica. Non vorrei che avessero usato un escamotage per trattare nell'impianto rifiuti urbani, mascherandoli da rifiuti speciali. Certo è che non ne sapevo nulla».
«La Regione ha concesso l'Aia (autorizzazione integrata ambientale) - spiega Conte - autorizzando così l'impianto a smaltire rifiuti speciali non pericolosi. Quindi la stessa Regione si deve assumere la responsabilità di quanto deciso. Per quanto riguarda AcegasAps, mi sarei aspettato di essere informato del fatto, visto che sono assessore all'Ambiente e visto che i rapporti da tempo si basano sulla correttezza reciproca».
A questo punto è prevedibile che le tonnellate di rifiuti giunte a Padova lascino una scia di polemiche. Soprattutto perché ieri, il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, ha ammesso candidamente di «conferire i rifiuti a Padova con costi assurdi».
La carta per terra che spiega il Sud
di LINO PATRUNO
Torna un amico dalle vacanze di Pasqua al Nord, dice la solita cosa. Ma perché lì tutto funziona, le città sono uno specchio, è un piacere viverci? Si scuote la testa, tutti condividono, tutti recitano il rosario delle lamentele, si cercano risposte. Con l’inevitabile ammissione finale prima di rituffarsi nella fatica quotidiana del Sud: dipende soprattutto da noi. E ritornello annesso: solo i meridionali potranno risolvere il problema del Sud. Ché poi è in buona parte così. Anzi, finché si cercano scuse e alibi, si perde solo tempo. Qualcuno accenna alle condizioni economiche del Sud, ce le devono spiegare loro (lo Stato) non noi.
E però, che colpa ne hanno gli altri se le nostre città sono sporche mentre quelle del Nord no? Eche colpa ne hanno gli altri se nelle nostre città si sfasciano le panchine mentre al Nord no? E i bus che al Nord non fanno ritardo, i muri non imbrattati, le auto non in doppia fila? E pensate che a Napoli un tassista è passato col rosso e al cliente che glielo ha fatto osservare ha risposto: sì, ma è un rosso fresco (cioè scattato da poco).
Allora o dobbiamo arrenderci al pittoresco, i meridionali sono così perché sono più vivaci, diciamo buoni selvaggi. O dobbiamo passare all’individualismo che li rende indisciplinati. O mettere sotto accusa il clima che li rende indolenti. O virare pericolosamente sulla razza inferiore, troppo vicini all’Africa. Con lo scarso senso civico in testa ai capi d’imputazione, non rispettano le cose di tutti, se ne infischiano dei diritti degli altri, fanno sempre come se fossero a casa loro. Hanno ragione quelli che ci schifano, ammettono. Anzi appena posso me ne vado. E capisco chi va a vivere su e vota Lega Nord.
Lasciamo stare per ora l’economia, vediamo la vita di ogni giorno. E magari la strada, dove c’è più verità che su tutti i libri di filosofia. Col senso civico non si nasce, non è come gli occhi blu o il naso all’insù. Il senso civico è figlio dell’ambiente nel quale vivi. E tu impari a rispettare quando più ti danno l’esempio di rispettarti. Tu butti la carta per terra non perché nel tuo sangue c’è il cromosoma della carta per terra. Ma la butti perché ne vedi altre che altri hanno buttato senza che nessuno li abbia multati e senza che nessuno abbia pulito. La strada rappresenta lo Stato, cioè qualcosa di estraneo come se lo Stato non fossimo tutti noi. E la strada sporca è un meccanismo automatico di inciviltà in cui è difficile capire chi ha fatto il primo passo sbagliato e chi debba fare il primo passo giusto. Lo Stato (o chi per lui) ti maltratta non pulendo, tu gli rispondi sporcando e lamentandoti dello sporco che tu stesso hai contribuito a creare. Del tipo: se lo Stato mi frega, io lo frego per primo. E questo avviene soprattutto dove la vita della comunità è stata messa nelle mani dello Stato invece che in quelle responsabili dei cittadini che pensano a se stessi.
Che il Sud sia stato condannato a vivere soprattutto di Stato, neppure i sapientoni dell’autocritica meridionale lo possono negare. Il parziale sviluppo del Sud non dipende né dal clima né dall’inferiorità genetica dei meridionali altrimenti dovremmo di nuovo metterla sul razziale, magari con qualche pulizia etnica. L’industrializzazione concentrata soprattutto al Nord fu una scelta dell’Italia unita che in 150 anni è arrivata fino a noi. Altrimenti non si capirebbero le Casse per il Sud delle quali i meridionali avrebbero fatto volentieri a meno.
Ma lo Stato è inefficienza, spesso spreco, sempre inadempienza soprattutto verso un Sud che ha visto salire il suo divario col Nord invece che scendere. Lo Stato è servizi pubblici inefficienti, il più grave problema del Sud insieme al lavoro che non c’è. Un solo esempio: lo Stato (o chi per lui) è mille chilometri in meno di ferrovie al Sud rispetto al 1938, è alta velocità tutta al Nord, è 70 per cento di rete senza doppio binario. Lo Stato (o chi per lui) è al Sud il triplo delle interruzioni dell’acqua, il triplo delle interruzioni nell’energia elettrica, il triplo del tempo per avviare un’attività. Lo Stato (o chi per lui) è al Sud ospedali, scuole, sicurezza insufficienti. Contro questo Stato (o chi per lui) il Sud butta la carta per terra. Anzi bisognerebbe ringraziare che sia solo questo.
Al Nord non si butta la carta per terra perché i cittadini proteggono ciò che hanno ricevuto dallo Stato e ciò che con la loro economia hanno potuto creare. Al Sud si butta la carta per terra perché i cittadini protestano contro ciò che non hanno ricevuto dallo Stato e contro ciò che con la loro economia non hanno potuto creare. E i meridionali che al Nord la carta per terra non la buttano, dimostrano che non sono incivili nati ma, al massimo, per reazione. Una carta per terra coi suoi contrastanti “perché ” ci fa capire il problema del Sud più di mille conve gni. (PS. Ma allora cosa fare? Dare uno schiaffo allo Stato non buttando la carta per terra: è magnanimo, il Sud).
29 Aprile 2011
Molise, Puglia e Abruzzo in piazza contro il petrolio
Mobilitazione. Si terrà il prossimo 7 maggio al porto per fermare il progetto di trivellazioni alle Tremiti
Antonella Salvatore. Molise, Puglia ed Abruzzo insieme a Termoli contro le trivellazioni petrolifere in mare della Petrolceltic Italia previste a 40 chilometri della costa molisana, nelle acque delle Isole Tremiti. Una delle più grandi mobilitazioni ambientali contro tali installazioni è in fase di organizzazione in città per tutelare il bel litorale termolese e le paradisiache Isole Tremiti così come il mare Adriatico dalle «grinfie» della multinazionale. Costa molisana: tutti insieme appassionatamente per salvare il mare ed il suo habitat. Ed a capeggiare la battaglia che andrà in scena nell'area portuale termolese il 7 maggio prossimo a partire dalle 10, sarà l'Assessore comunale all'Ambiente Luigi Leone. L'esponente della Giunta Di Brino dopo aver partecipato al recente incontro a Peschici con gli amministratori pugliesi ed Abruzzesi, ha organizzato per il prossimo 3 maggio a Termoli un «summit» allargato ai sindaci dei centri del Gargano ed a quelli del Basso Abruzzo tra cui Vasto. «La mobilitazione generale – ha dichiarato Leone – è per il 7 maggio prossimo mentre il 3 saremo tutti in Comune a Termoli per discutere del problema e stabilire iniziative volte a bloccare le trivellazioni. Questa volta non ci fermeremo ma andremo avanti fino in fondo. Dopo ci sarà la conferenza di servizi a Roma dal Ministro Prestigiacomo». All'appuntamento di inizio maggio in città dopo l'appello dei politi di tre regioni, hanno già aderito numerosi comuni della provincia di Foggia, tra cui Vico del Gargano, Rodi Garganico, Mattinata, Peschici, San Severo, Foggia, Lucera, Carpino, Manfredonia, Vieste, Cerignola, San Giovanni, Serracapriola. E ancora. Associazioni ambientaliste, gruppi garganici organizzati, comitati di tutela del mare, associazioni di tutela dei consumatori, consorzi turistici. Insomma un movimento di persone tutte decise ad impedire la ricerca di idrocarburi al largo di Termoli. La decisione è maturata dal primo incontro di Peschici organizzato dal sindaco Domenico Vecera. In quella riunione sono stati stabiliti i criteri politici ed amministrativi cui fare riferimento per un'azione efficace. L'impegno di tutti i partecipanti è stato quello di sensibilizzare massimamente le istituzioni al fine di portare a Roma un protocollo finalizzato ad evitare le istallazioni di piattaforme in mare. «Queste costituirebbero un grave danno, non solo al patrimonio ambientale, ma soprattutto all'economia della costa che si regge sul turismo e sulla pesca – ha detto Leone – che evidenza, in questa situazione, l'importanza strategica di Termoli quale cerniera tra le Regioni di Abruzzo e Puglia e porta di accesso sia per le Isole Tremiti che per il Gargano.
Ferrovie, quei 35 km di binario unico che isolano la Puglia
BARI - Il destino della Puglia, ancora una volta, è legato al «binario che non c’è». Ieri a quei 150 km da Bari a Lecce; oggi a quei restanti 35 km, sempre di doppio binario mancante, tra Termoli (in Molise) e Lesina, sul territorio pugliese. di FRANCO GIULIANO
Cinquanta anni di battaglie (anche della Gazzetta) per realizzare il raddoppio ferroviario Bari-Lecce (150 km) che sarebbe servito - si è detto in questi anni - per velocizzare e migliorare il trasporto su ferro (passeggeri e merci) sulla intera direttrice ferroviaria Adriatica: da Lecce a Bologna 800 km) e, dunque, da e verso l’Europa. E invece no: dopo 50 anni, lungo la tratta Adriatica i treni che vanno su e giù ancora oggi devono fermarsi all'altezza di Termoli (se provengono da Nord) o alla stazione di Chieuti (quelli che arrivano da Sud) perchè in quel tratto la ferrovia realizzata nel lontano 1870 ha ancora un «binario unico», come nei vecchi film del Far West.
Mentre l'Italia viaggia oramai su comodi treni super-veloci, lungo i binari dell'Alta velocità (costo medio 5 milioni di euro a km), sulla linea ferroviaria che collega il Nord con il Sud (quello stesso Sud per il quale tutti governi dall’Unità d’Italia in poi hanno promesso interventi e sviluppo), i treni sono costretti a fermarsi per dare la precedenza ai convogli che arrivano in senso contrario.
Una storia fantozziana - è l’aspetto più incredibile - se non fosse per le ragioni che ostacolerebbero il progetto di raddoppio di quella restante bretella: i cespugli di macchia mediterranea. Per salvaguardare questo habitat naturale, Rfi, la società di progettazione delle Ferrovie dello Stato, da 8 anni non riesce a realizzare il previsto raddoppio di quei 35 km, da Termoli a Lesina, per i quali è previsto un investimento di «appena» 350 milioni di euro. A fronte, invece, di 1,5 miliardi di euro che bisognerebbe trovare se - come vorrebbe il ministero dell’Ambiente - si dovesse trasferire l’attuale tracciato (perchè troppo vicine alla macchia mediterranea) e affiancare il nuovo binario.
L’ipotesi prevista da Rfi prevederebbe, invece, l’affiancamento sul lato monte di un nuovo secondo binario che occuperebbe un ulteriore spazio di altri 6 metri, a fronte di un nuovo tracciato largo 60 metri (con le distanze di sicurezza previste) adiacente l’autostrada.
«Il paradosso - spiega l’assessore regionale ai Trasporti, Guglielmo Minervini - di questa storia è che la proposta avanzata dal ministero dell’Ambiente è un tracciato completamente diverso con un impatto di gran lunga più pesante e con oneri superiori a quelli previsti dalla soluzione proposta da Rfi. Una follia».
«Noi - aggiunge l’assessore - abbiamo espresso tutte le nostre pressioni possibili al ministero delle Infrastrutture affinchè svolga la sua funzione di arbitrato inducendo il ministero dell’Ambiente, in particolare il funzionario che si occupa di questo progetto, a rivedere la propria posizione. A questo si aggiunge la condizione di rischio dettato dalla prossimità della diga del Fortore che a causa delle periodiche inondazioni (l’ultima il 23 e 24 gennaio del 2011) e la devastazione della massicciata ferroviaria. Anche per questa ragione l’innalzamento dei binari e la realizzazione di canali di deflusso sottostanti metterebbe in sicurezza la ferrovia».
«Per la Puglia - conclude Minervini - si tratta di un’opera strategica sia perchè è allucinante che nel 2011 si viaggi ancora su binario unico, sulla dorsale considerata nevralgica dell’intera rete ferroviaria italiana e sia perchè in prospettiva la dorsale Adriatica con l’innalzamento della ferrovia all’altezza di Cattolica consentirà la sperimentazione e dell’”autostrada viaggiante” per il trasporto delle merci. Vuol dire che sui treni presto potranno viaggiare sia i cassoni dei tir, sia l’intera motrice del mezzo. Consentendo così alle merci che transitano dai nostri porti di giungere al centro dei mercati Europei in meno di 40 ore». Ecco perchè quel «binario» è indispensabile per lo sviluppo della regione. Dopo 50 anni ancora una volta la Puglia è bloccata da un binario. Non dall’Alta velocità che pure sarebbe ora di iniziare a pensare, ma da 35 chilometri di binario.
28 Aprile 2011
Nuovi sbarchi a Lampedusa Oltre 800 in poche ore
di Redazione
30 aprile 2011 -
Nuovi sbarchi a Lampedusa, e l’isola torna a tremare per la nuova emergenza che si profila. Ieri sono arrivati oltre mille profughi provenienti dalla Libia. Ma complessivamente gli ultimi arrivi dovrebbero superare le 800 unità.
Una barca con 360 migranti è approdata in nottata nella riserva naturale dell’Isola dei Conigli, mentre un secondo barcone, con circa 500 extracomunitari, si trova a circa dieci miglia dalla costa.
Nella zona si stanno dirigendo per prestare i primi soccorsi tre motovedette della Guardia Costiera e un elicottero della Guardia di Finanza, oltre a un pattugliatore della Marina Militare.
Le condizioni meteo nel Canale di Sicilia sono in netto peggioramento, il mare è forza 5-6.
Veneto. Sanità, il buco si trasforma in utile
«Evitati commissariamento e Irpef»
Attivo di 12,5 milioni, ma almeno tre dg rischiano. Zaia: «Merito del lavoro di squadra». E ora si punta a chiudere i piccoli ospedali. Il Pd: «Spese rinviate»
VENEZIA — La sanità veneta non sarà commissariata e, almeno per quest’anno, non tornerà l’addizionale Irpef. Dopo mesi di passione, a causa di un disavanzo nel terzo trimestre 2010 schizzato a 861 milioni per poi scendere a 518 nel quarto, il colpo di scena finale: i conti si chiudono con un utile di 12.521.448 euro. «Succede per la prima volta—gongola il governatore Luca Zaia, che risponderà con questi numeri alla lettera di richiamo del premier Silvio Berlusconi — è merito di un grande lavoro di squadra e del piglio manageriale con cui i direttori generali hanno lavorato per raggiungere gli obiettivi di contenimento della spesa. Sono stati tagliati i costimanon i servizi, non sono aumentati i ticket ed è rimasta la copertura di 103 milioni per le prestazioni extra livelli essenziali di assistenza. Ora il Veneto è al top nel rapporto qualità-spesa». Cinque le realtà in utile: alle Usl di Thiene, Pieve di Soligo e Treviso, già virtuose nel 2009, si aggiungono l’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, la sorpresa di Asolo, capace di recuperare oltre 21 milioni, e il record di Bussolengo, che ha azzerato un deficit di 42,5 milioni.
«Abbiamo saputo governare una situazione difficile— spiega Luca Coletto, assessore alla Sanità —grazie alla sinergia tra giunta, tecnici e dg. Stiamo ristrutturando un settore delicato, la sfida è di riorganizzarlo con l’approvazione del nuovo piano sociosanitario, che mira a coniugare l’eccellenza con il contenimento dei costi». Le 24 aziende hanno risparmiato un totale di 100 milioni, tirando su bollette, gare, farmaceutica, ma anche rispettando il blocco di assunzioni e investimenti imposto dal segretario della Sanità, Domenico Mantoan, deus ex machina della rincorsa. Ora però per mantenere il risultato e non ricominciare la solita via crucis, bisogna recuperare altre risorse (oltre ai 66 milioni tolti ai privati), chiudendo qualche ospedale. «Salve» le province di Padova, Treviso e Vicenza, con Venezia in bilico, la Regione punta amettere mano tra il Veronese, il Polesine e Belluno. Anche perchè dal 2011 il Veneto deve cominciare a pagare il miliardo e 155 milioni di ammortamenti, dilazionati in rate fino al 2038 dal ministero dell’Economia. La prima è di 60 milioni, le successive di 44. «Ma non le verseremo a Roma — chiarisce Mantoan—bensì alle Usl, per ricapitalizzarle e consentire loro di ricominciare ad investire. Sono soldi da trovare nel bilancio regionale e da aggiungere a quelli ricevuti dal fondo sanitario nazionale. Stiamo poi rivedendo l’organico delle aziende: ad alcune sarà confermato, ad altre aumentato e a un ulteriore gruppo diminuito, ma nessun lavoratore perderà il posto, ci saranno dei trasferimenti ».
Peggio potrebbe andare ai dg che non hanno rispettato gli obiettivi: la giunta, con la delibera sul ripiano approvata ieri, ha dato mandato al presidente di adottare provvedimenti nei confronti degli inadempienti. Ora iniziano le verifiche, ma i nomi a rischio sono sempre quelli di Antonio Padoan, Adriano Marcolongo e Maria Giuseppina Bonavina, rispettivamente a capo delle Usl di Venezia, Rovigo e Verona. Pare invece rientrato l’allarme per Antonio Alessandri (Vicenza), che ha tagliato 10 milioni. La commissione Sanità chiede inoltre che vengano vietate ai direttori generali «esternazioni su ipotesi programmatorie che rischiano di alimentare un dibattito fuorviante ». Tornando agli investimenti, Zaia vi inserisce il nuovo ospedale di Padova: «Si farà, lasciamo il tempo alla commissione tecnica di operare una scelta consapevole, in termini scientifici, assistenziali e finanziari ». Un quadro generale che non convince il Pd. «Il risultato in attivo è un artificio contabile, frutto di spostamenti di spesa ad anni successivi», attacca il consigliere Claudio Sinigaglia. «Nessuno spostamento e nessuna furbata», replica Zaia. «Sinigaglia non vincerà mai il Nobel per l’Economia—aggiunge Coletto—nel tentativo di gettare fango sullo straordinario risultato ottenuto, dice una serie di gravi inesattezze».
Michela Nicolussi Moro
Napoli. San Gennaro tra i rifiuti, è scontro: Iervolino a Sepe: «Vergogna a chi?»
Il cardinale aveva espresso parole dure presentando la processione, la sindaca: «Atto incivile criticarci così»
NAPOLI — La reazione della sindaca non si è fatta attendere. Le parole del cardinale Crescenzio Sepe bruciano. Il duro atto d’accusa, non il primo, dell’arcivescovo di Napoli nel corso della presentazione della processione San Gennaro ha fatto sobbalzare il primo cittadino. Il dito puntato del presule contro il degrado della città non le è proprio piaciuto. E ieri ha replicato. «È un atto incivile e non aiuta niente e nessuno dire "vergogna, vergogna, vergogna", è chiaro a chi mi riferisco» . Così Rosa Russo Iervolino ha risposto a distanza al cardinale, ma anche ai tanti che in questi giorni hanno polemizzato contro le istituzioni.
«È come se per i rifiuti ci fosse qualcosa da fare che non è stato fatto da noi — afferma Iervolino —. I rifiuti mi preoccupano sempre e mi preoccupano per la processione di San Gennaro, per la partita Napoli-Genova, per la beatificazione a Pianura di Russolillo» . Il cardinale non replica. Ma prepara l’evento di oggi che non solo è legato al miracolo di primavera del Patrono della città, ma che coincide anche con l’apertura di Porta Capuana nell’ambito del Giubileo per la Legalità. Insomma cambia il percorso della processione del Santo e delle ampolle con il sangue. Non si imboccano i Decumani, ma si gira per Forcella, poi per via Pietro Colletta fino a Porta Capuana, dove è stato allestito un altare e dove saranno rivolte le preghiere al Patrono perché compia il prodigio. Ieri Forcella è stata ripulita dai rifiuti, anche se una situazione critica permane nei pressi della chiesa di Sant’Agrippino. Ma dopo qualche ora i cassonetti erano già pieni per metà.
Di qui l’appello dell’assessore del parlamentino, Gianfranco Wurtzburger, ai cittadini di Forcella: perché concorrano a tenere pulita una zona che ha un rapporto speciale, e rinnovato, con il cardinale e un legame fortissimo con San Gennaro. La processione di maggio che cade sempre il sabato che precede la prima domenica del mese, ricorda la traslazione delle reliquie del Santo dal cimitero dall’Agro Marciano alle catacombe di Capodimonte, partirà dalla Cattedrale intorno alle 17 e arriverà poco prima delle 19 a Porta Capuana — si spera attraverso un itinerario non costellato da rifiuti— dove sarà celebrato il Giubileo per la Legalità. Prevista la lettura dei vespri e le preghiere di rito che precedono l’evento prodigioso. Ma un’altra novità di quest’evento è costituita dalla sinergia tra la Curia partenopea ed i rappresentanti delle istituzioni che si occupano di legalità. «Uno degli scopi del nostro Giubileo è di richiamare tutte le forze— ha detto il cardinale — non solo ad una collaborazione ma ad una partecipazione attiva a quello che vorrebbe essere un risveglio della nostra città, della nostra provincia, della nostra regione. Insieme vogliamo dare uno scossone, un segno che non ci si vuole arrendere» . Ci sarà uno scambio di carte durante la funzione. Alle istituzioni e rappresentanti degli ordini sarà consegnata la «Magna carta del cristianesimo» , mentre all’arcivescovo sarà consegnata la Carta costituzionale. «Abbiamo accolto di buon grado quest’iniziativa del cardinale, perché, a quanto pare, nella città di Napoli l’unica voce che si sente e che sta facendo qualcosa almeno per far conoscerne i problemi, è quella di Sepe— ha evidenziato il procuratore Giovandomenico Lepore — poi, tutti gli altri, si parlano un poco addosso ma non si fa niente di concreto».
Anna Paola Merone, Elena Scarici
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