LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Tiscali: sede in vendita e 130 dipendenti in cassa integrazione
Basilicata. Petrolio; Tempa Rossa, Digilio (Fli):"Non ripetere errori"
Sgarbi presenta querela contro carabinieri di Salemi e questore Trapani
Napoli. Fa flop l'inchiesta che ispirò «Gomorra»
Napoli. De Magistris, lo skybox anche al San Paolo
Brescia, padania. Maxi evasione di 214 milioni. 89 persone denunciate
Grecia: pensioni a rischio, fuga da P.A.
LA NUOVA SARDEGNA - Economia: Tiscali: sede in vendita e 130 dipendenti in cassa integrazione
16.09.2011
GIUSEPPE CENTORE, CAGLIARI. Tiscali riduce «temporaneamente» il personale, collocando in cassa integrazione circa 130 dipendenti, mette in vendita la sede di Sa Illetta per fare cassa e spera che queste operazioni bastino a centrare gli obiettivi che il management si è posto per il 2012. Ieri lo stesso Renato Soru ha incontrando i sindacati delle telecomunicazioni per aggiornare il piano industriale. Soru ha presentato «un piano di razionalizzazione dei costi operativi tra i quali - si legge in una nota aziendale - anche una riduzione temporanea del costo del lavoro per circa 7 milioni di euro». Tutto ciò per «supportare il mantenimento della posizione competitiva, la crescita e l’innovazione. In tale ambito prevediamo di ridurre anche il costo del lavoro, una scelta che intendiamo portare avanti nella massima collaborazione con le rappresentanze sindacali». L’auspicio di Tiscali non trova però favorevoli i sindacati che non hanno alcuna intenzione di pagare quelli che giudicano errori aziendali. «Ci hanno annunciato - hanno detto i segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil, Genovesi, Serao e Mischi - una strategia di rilancio basata sulla crescita di ricavi connessi a nuovi servizi per rafforzare la penetrazione dell’adsl e il mercato degli applicativi on line. Secondo noi si tratta di una strategia ambiziosa che dovrà essere oggetto di verifica e confronto costante. Ma accanto a una politica di crescita dei ricavi, l’azienda intende inoltre procedere da un lato con ulteriori reinternalizzazioni (a nostra domanda, il direttore generale ha categoricamente smentito ogni eventuale cessione di Tiscali Contact o di altre attività) e dall’altro con ulteriori tagli e risparmi per 22 milioni (12 milioni di risparmi saranno legati a nuove efficienze sulla rete, 3 milioni su ip transit; 7 milioni sul costo del lavoro). Si conferma inoltre la volontà di vendita dell’attuale sede per un importo pari a circa 20 milioni di euro, al fine di ridurre l’attuale indebitamento». Secondo il sindacato Tiscali spalmerà sia sui dirigenti e quadri che sul resto del personale i tagli sul costo del lavoro; i quadri contribuiranno con un milione, gli altri con 6 milioni. L’azienda ha evidenziato che per il momento la riduzione del costo del lavoro ha carattere temporaneo - ripetono i sindacalisti - e per questo è orientata a tradurre tali risparmi nella collocazione in cassa integrazione straordinaria di parte del personale. «La priorità del management, ci permettiamo di ribadirlo - dicono i dirigenti sindacali - deve essere il rilancio dell’azienda e la crescita stabile e strutturale della base clienti e che decideremo con i lavoratori la strategie e le proposte concrete ed alternative da avanzare all’azienda». «Tiscali ci parla di cigs, noi vogliamo lavorare con i contratti di solidarietà, coinvolgendo anche i dirigenti: è giusto che chi più guadagna più faccia dei sacrifici - precisa Roberto Camarra, segretario territoriale della Slc-Cgil - e vanno salvaguardate le aree operative e che garantiscono la tenuta oggi e il rilancio, domani, dell’azienda». Da ultimo un appello alla Regione. «È necessario che tutti facciano la propria parte per sostenere il rilancio di Tiscali a salvaguardia dei livelli occupazionali sul territorio sardo, a partire dai soggetti pubblici che proprio in queste settimane stanno portando avanti il progetto per la banda larga sul territorio. Risorse pubbliche che dovrebbero essere spese per favorire lo sviluppo e l’occupazione locale, anche in collaborazione con i partner nazionali». Un appello a cui lo stesso presidente della Regione Ugo Cappellacci, sono convinti i sindacati, non potrà rimanere insensibile.
Basilicata. Petrolio; Tempa Rossa, Digilio (Fli):"Non ripetere errori"
Digilio: «sulla partita del petrolio, decisiva per il futuro della nostra regione, tanto più per i tagli statali, la politica di governo regionale deve dimostrare di esserci e di avere maggiore coraggio»
16/09/2011 «Dopo la presentazione ufficiale da parte dei dirigenti della Total del 'cronoprogramma' per Tempa Rossa nel Sauro siamo in tempo per non ripetere gli errori che la Regione ha commesso in passato con l’Eni in Val d’Agri accontentandoci, ancora una volta, solo di royalties e di una manciata di posti di lavoro».
A dirlo è il sen. Egidio Digilio, coordinatore regionale Fli verso il Terzo Polo, precisando che «l'esperienza acquisita con la presidenza della commissione speciale regionale d’indagine sul petrolio e quindi sull'attività dell’Eni mi sembra più che sufficiente per esprimere pareri e giudizi in merito».
«Il nodo da sciogliere – ha aggiunto – è cosa intendano fare Giunta, Consiglio Regionali e parlamentari lucani per evitare di attendere a braccia conserte la chiamata del Ministero per lo Sviluppo Economico con la convocazione della Cabina di Regia del Memorandum d’Intesa. È chiaro che se si vuole ripercorrere la stessa strada di rapporti diretti con l'Eni e si resta impantanati nell’iter del 'documento di buoni propositi', sottoscritto tra il Governatore e i Sottosegretari Saglia e Viceconte, le compagnie e le società petrolifere attueranno autonomamente i propri programmi di estrazione e ricerca di idrocarburi senza alcun disturbo». Secondo il parlamentare, «sulla partita del petrolio, decisiva per il futuro della nostra regione, tanto più per i tagli statali, la politica di governo regionale deve dimostrare di esserci e di avere maggiore coraggio. Tra i primi atti che attendiamo – ha concluso Digilio – c'è quello di non rassegnarci alla manciata di posti di lavoro, di cui una quota lucana, annunciata dalla Total per Tempa Rossa».
Sgarbi presenta querela contro carabinieri di Salemi e questore Trapani
Lo aveva già annunciato ad agosto per i risvolti dell'inchiesta sull'ex deputato dc Giammarinaro
TRAPANI – Lo scorso agosto Vittorio Sgarbi aveva annunciato querele nei confronti delle forze dell’ordine del comune di Salemi, di cui è sindaco, e del questore di Trapani, dopo i risvolti delle indagini a carico dell’ex deputato regionale della dc andreottiana in Sicilia, Giuseppe Giammarinaro che, secondo gli inquirenti, avrebbe condizionato l’attività politica del comune amministrato da Sgarbi, appoggiando anche la sua candidatura a sindaco tre anni fa. A distanza di poco più di un mese da quell’annuncio i legali di Sgarbi hanno depositato questa mattina, venerdì, un esposto presso la procura della Repubblica di Marsala in cui si accusano i due pubblici ufficiali, il comandante della stazione dei carabinieri di Salemi, Giovanni Teri, e il questore Carmine Esposito, di abuso di ufficio, calunnia, diffamazione e falso ideologico, per «aver mentito» nel definire l’attività amministrativa del Comune di Salemi soggetta a «condizionamenti mafiosi».
L’INDAGINE - L’indagine, che Sgarbi nell’esposto definisce «pleonastica» e «inutile», è partita dopo le minacce anonime subite dallo stesso primo cittadino di Salemi. La Dda di Palermo, nel contesto di accertamenti finalizzati ad individuare la provenienza di tali minacce ha delineato, in base alle risultanze investigative, che Giuseppe Giammarinaro, a cui nel maggio scorso la Polizia e la Guardia di Finanza ha sequestrato un ingente quantitativo di beni nell’ambito di un’operazione nel settore della sanità denominata «Salus iniqua», avrebbe inciso in modo significativo su alcune delibere del comune trapanese. Accuse che per Sgarbi sono «inaccettabili». «Avendo vinto le elezioni – si legge nell’esposto - ed essendo il gruppo politico di Giammarinaro maggioranza in Consiglio comunale con l’elezione di 12 consiglieri, è inaccettabile e in perfetta malafede interpretare e presentare come “regia occulta” la normale attività politica e la dialettica trasparente tra sindaco, assessori e consiglieri comunali di maggioranza».
LA TESTIMONIANZA DELL’EX ASSESSORE TOSCANI - Della presenza in Giunta di Giammarinaro, già condannato nel 1996 per peculato e concussione e assolto dall’accusa di associazione mafiosa, poi successivamente sottoposto a sorveglianza speciale, e che, secondo i magistrati avrebbe avuto legami politici e patrimoniali anche con Totò Cuffaro e il ministro Saverio Romano, ha parlato anche Oliviero Toscano, assessore dimissionario della Giunta guidata da Sgarbi. Dinanzi ai magistrati il noto fotografo ha dichiarato infatti che dal suo ingresso in giunta, pur non rivestendo alcuna carica nel Comune, l’ex deputato dc «partecipava alle attività di giunta e assumeva decisioni».
«MI CANDIDO ALLE PRIMARIE DEL PDL» - Vittorio Sgarbi intanto in una intervista a Affaritaliani.it ha dichiarato di voler correre alle primarie del Pdl per la scelta del candidato premier. «Il dopo-Silvio è già iniziato», ha detto. «E sono io», ha aggiunto.
Francesco Parrella
Napoli. Fa flop l'inchiesta che ispirò «Gomorra»
Non luogo a procedere per i 95 imputati
Ostacoli burocratici hanno rallentato l'iter giudiziario: errori di notifica, rinvii e astensioni dei penalisti
NAPOLI - Fu un'inchiesta clamorosa, quella alla quale si ispirò lo scrittore Roberto Saviano per il suo «Gomorra»: l'operazione «Cassiopea», che nel 2003 portò alla luce i traffici di rifiuti pericolosi tra le industrie di tutta Italia e le campagne del Casertano, dove i fusti venivano sotterrati, si è conclusa oggi con un nulla di fatto.
Il gip Giovanni Caparco, del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha dichiarato il non luogo a procedere per i 95 imputati, quasi tutti titolari di aziende che sversavano i rifiuti nelle campagne e autotrasportatori. Una decisione non inattesa, dal momento che quasi tutti i reati, otto anni dopo l'avvio delle indagini, sono prescritti; per le due accuse più gravi, disastro ambientale e avvelenamento delle acque, il gip, dopo aver disposto alcune perizie, ha ritenuto che non ci fossero le prove. Accolte dunque le richieste del collegio difensivo, di cui fa parte l'avvocato Fabio Fulgeri.
L'operazione «Cassiopea», coordinata dal pm Donato Ceglie, scattò nel 2003 e fu definita «la più grossa inchiesta mai fatta in Italia nel campo della gestione illecita dei rifiuti». Vennero accertati numerosi sversamenti illegali di rifiuti tossici nelle campagne del Casertano, per un totale di un milione di tonnellate, e scoperti i meccanismi del traffico: le industrie (soprattutto di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Toscana) si liberavano dei rifiuti tossici inviandoli illegalmente in Campania; in questo modo pagavano un prezzo assai inferiore a quello che avrebbe richiesto lo smaltimento in discariche autorizzate. Una serie di ostacoli burocratici hanno però rallentato l'iter giudiziario nel corso degli anni: errori di notifica, rinvii, astensioni dei penalisti. Più volte le associazioni ambientaliste avevano lanciato l'allarme per la possibile prescrizione: oggi i loro timori sono stati confermati.
Napoli. De Magistris, lo skybox anche al San Paolo
Comune e Calcio Napoli lavorano a quattro mani per lo stadio del futuro. Interamente Coperto ma Senza curve
NAPOLI — Il sindaco de Magistris che annuncia per fine anno «un grande progetto col presidente De Laurentiis per il San Paolo». Aurelio De Laurentiis, dal canto suo, che, folgorato dall’Old Trafford, parla di «Skybox anche a Fuorigrotta». Due indizi che fanno una prova. La prova che Comune e Calcio Napoli stanno lavorando a quattro mani per il San Paolo del futuro. Quello indispensabile per garantire l’immagine internazionale della squadra azzurra. Uno stadio che sarà con meno posti a sedere, senza curve e senza pista di atletica, interamente al coperto, con spazi commerciali, vissuto sette giorni su sette. E, appunto, con almeno 82 Skybox. Cioè le mini-tribunette che, all’Old Trafford, dove gioca il Manchester United, vengono vendute alla bellezza di 80 mila sterline all’anno, ma che a Cesena vengono piazzate a 5000 euro a famiglia. Per fare questo, ovviamente, il San Paolo andrebbe risvoltato come un calzino. Proprio come si sarebbe voluto fare, ma con l’intervento del governo, nel caso in cui l’Italia avesse avuto gli Europei di calcio del 2016. Due anni fa l’idea per il San Paolo, infatti, che resta poi il canovaccio dal quale ripartire, era di ridurre la capienza rispetto agli attuali 63.250 posti, portandola a 56.898.
Uno stadio che rispetterebbe l’ambiente, con l’illuminazione a Led alimentata dall’impianto fotovoltaico posizionato sull’intera copertura e il tabellone luminoso. La pista di atletica verrebbe quindi eliminata, col pubblico che poterebbe così assistere alla gara a 6 metri dal campo, se seduto in tribuna, e a 7,5 metri, se si accomoda in curva. Ma così non è stato. L’Italia gli Europei non li ha avuti. Ma il Napoli è diventato grande, più grande, ed ha centrato la Champion’s. «Sarò un sindaco sempre vicino alla squadra», ha detto de Magistris. Ed ecco perché ora, il progetto rimasto nei cassetti sia del Comune che del club, riprende vigore. Perché con un Napoli oramai posizionatosi nella fascia alta del calcio che conta lo stadio deve essere adeguato al blasone del club. Con gli Skybox — che tanto piacciono al patron azzurro —, ma con una struttura più piccola e confortevole, più agevoli da mantenere, con spazi da mettere a reddito e, magari, col campo di erba sintetica. Lavori non semplici da fare al San Paolo, certo, perché costosi, ma che con una forte partnership Comune-società azzurra e magari con uno sponsor che dia il nome allo stadio, si potrebbero fare. Ovviamente assegnando al club di De Laurentiis il catino di Fuorigrotta per almeno 30 anni, se 99. Le strade da seguire sono ovviamente diverse. Altre scuole di pensiero ipotizzano che invece, a conti fatti, sarebbe molto più facile e conveniente costruire uno stadio nuovo. Magari a Bagnoli o a Napoli Est, se non a Miano. Sul modello Juve, che ha costruito uno stadio dove prima c’era il Delle Alpi, abbattendolo e rifacendolo d’accapo. Cosa impensabile da fare col San Paolo. Significherebbe paralizzare Fuorigrotta per diversi anni.
Paolo Cuozzo
Brescia, padania. Maxi evasione di 214 milioni. 89 persone denunciate
Operazione «Money for nothing» partita da Brescia. Coinvolte province di Verona, Vicenza e Treviso
BRESCIA - Centinaia di milioni di euro di evasione accertata, l'individuazione di due associazioni a delinquere finalizzate a compiere reati tributari e 89 persone denunciate (di cui 58 bresciani): è il bilancio dell'operazione «Money for nothing» coordinata dal procuratore aggiunto Fabio Salamone e dal sostituto Antonio Chiappani, chiusa dopo tre anni di indagini della Guardia di finanza di Salò, in provincia di Brescia. Nel mirino degli inquirenti un vorticoso giro di denaro che, dopo una serie di passaggi, tornava nelle mani delle imprese da cui inizialmente era uscito e che, sostanzialmente, non pagavano nulla o quasi, fruendo però dei benefici fiscali che derivavano dalle apparenti spese sostenute. Un sistema ben architettato e finalizzato, secondo gli inquirenti, a coprire un giro di «nero» quasi incontrollabile.
Due le associazioni a delinquere che ricevevano pagamenti da varie imprese che operavano nel settore dei metalli, a fronte di apparenti acquisti effettuati, e successivamente ribaltavano il costo e l'Iva su altre aziende coinvolte nella frode, cioè vere e proprie cartiere intestate a prestanome nullatenenti che esistevano solo per emettere fatture fittizie (incassavano il denaro, lo prelevavano in contanti negli uffici postali, e lo restituivano alle holding da cui era partito il pagamento virtuale). Molte le province italiane coinvolte: Bergamo, Verona, Milano, Novara, Vicenza, Udine, Treviso, Piacenza, Forlì Cesena, Cremona, Mantova, Genova, Pisa, Trento, Parma, Modena, Massa Carrara, Roma e Caserta: 89 le persone segnalate, responsabili a vario titolo di associazione per delinquere, emissione di fatture inesistenti per un valore di 214 milioni di euro di imponibile e circa 16 milioni di euro di Iva, dichiarazione fraudolenta, occultamento di scritture contabili. (Ansa)
Grecia: pensioni a rischio, fuga da P.A.
Presentate in due giorni quasi 12.000 domande di dimissioni
16 settembre, 16:54
(ANSA) - ATENE, 16 SET - E' fuga in Grecia dal lavoro statale. La paura di perdere buona parte della pensione o di vedersi ancor piu' ridotto lo stipendio, il taglio della liquidazione (gia' ridotta del 10%) e infine lo spauracchio della ''temporanea sospensione'' dal lavoro del personale in eccesso nelle imprese a partecipazione statale gia' avviata dal governo: questi i motivi alla base del vero e proprio esodo di massa, senza precedenti nel Paese, degli impiegati statali che si sta registrando negli ultimi giorni.
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