martedì 27 settembre 2011

Federali.mattino_27.9.11. L’Ue fara’ Große Koalition: cioe’ le cose che gli industriali tedeschi chiedono alla Merkel.----Lucio Caracciolo: É lecito dubitare che Putin possa però scrivere la pagina successiva, spesso evocata da Medvedev, meno dal suo capo: la trasformazione della Russia in uno Stato di diritto relativamente democratico. E insieme, in una grande potenza a tutto tondo, non solo militar-nucleare ed energetica, ma tecnologica e industriale. Forse la Russia è troppo vasta, i russi troppo pochi per attingere tali traguardi. E i cittadini che rieleggeranno il nuovo/vecchio zar non sono troppo interessati alla democrazia, alle cui promesse molti preferiscono la sicurezza di una mano forte.

Napoli. Fincantieri: progetto per piattaforme galleggianti per smaltire rifiuti. E trasformarli in energia.
Bozen, oltrepadania. L'ombra del Terzo Reich nell'inchiesta sulla Fondazione Laurin
Nuovi aiuti alla Grecia, l'Europa rinvia ancora. La Germania raffredda le aspettative sul fondo salva-stati
Il balletto dello zar


Napoli. Fincantieri: progetto per piattaforme galleggianti per smaltire rifiuti. E trasformarli in energia.
'Plasmare' presentato a Napoli Roma, 26 set - E' stato presentato oggi da Fincantieri a Napoli, il progetto 'Plasmare', per la realizzazione di impianti 'navalizzati' per il trattamento dei rifiuti solidi urbani, messo a punto dal suo centro di ricerca applicata Cetena. Nel corso dell'incontro, a cui tra gli altri hanno preso parte il sottosegretario all'Economia, Bruno Cesario, il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro e l'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, ha annunciato di voler creare una nuova linea di prodotto e ha illustrato le soluzioni tecnologiche che, attraverso il Cetena, ha attualmente allo studio: piattaforme galleggianti con impianti per la produzione di combustibile da rifiuti (cdr) e successivo recupero energetico, navi per il trasporto dei rifiuti solidi urbani raccolti da isole o altri territori con scarsa viabilita' terrestre, e navi dotate di impianti per lo smistamento dei rifiuti e produzione di cdr da trasferire da porto a porto. Il progetto 'Plasmare' - spiega una nota del gruppo - in fase avanzata di sviluppo, prevede la costruzione di due piattaforme galleggianti non autopropulse da posizionarsi in acque 'protette': la prima dedicata alla ricezione dei rifiuti solidi urbani con produzione di cdr (smaltimento di circa 400 tonnellate al giorno di rifiuti solidi urbani), e la seconda per la gassificazione dello stesso prodotto tramite l'utilizzo di tecnologia al plasma in grado di recuperare energia dal gas di sintesi prodotto. Alla luce del diverso livello di maturita' delle tecnologie impiantistiche utilizzate, per il progetto si e' ipotizzato un approccio modulare che prevede di partire a breve con la realizzazione della piattaforma dedicata alla produzione di cdr alla quale, in una seconda fase, si affianchera' la piattaforma con impianto al plasma, che necessita di un piu' lungo periodo di messa a punto. Secondo Fincantieri, il progetto, contribuendo in maniera eco-compatibile alla soluzione del problema dei rifiuti, offrirebbe evidenti vantaggi: emissioni inquinanti solide e gassose prossime allo zero, tempi di realizzazione brevi, costi di realizzazione ed operativi contenuti e certi, limitato impatto sul territorio grazie alla possibilita' di localizzare gli impianti in opportune aree portuali dismesse o abbandonate. Infine, conclude la nota, la costruzione delle piattaforme, in un momento, come l'attuale, di drammatica crisi del comparto navalmeccanico, darebbe impulso all'industria cantieristica, generando importanti ricadute occupazionali che deriverebbero dalla costruzione degli impianti e, una volta operativi, dalla loro gestione. Com-Zam 26-09-11 16:24:36 (0241) 5

Bozen, oltrepadania. L'ombra del Terzo Reich nell'inchiesta sulla Fondazione Laurin
I fondi gestiti all'estero dalla Fondazione Laurin e utilizzati anche per finanziare gruppi estremisti pantirolesi in Alto Adige potrebbero avere origine al periodo nazista. E' quanto sembra emergere dai primi accertamenti disposti dalla Procura della Repubblica di Bolzano sul capitale di 40 milioni di euro a disposizione della Fondazione. I soldi potrebbero provenire dalla «arianizzazione» (come era definita all'epoca) di un'azienda originariamente di proprietà di ebrei austriaci espropriati dai nazisti e poi trasferita al padre di una donna, Helga Christian, che ora siede nel «Curatorium» della Fondazione. L'associazione risulta guidata da un gruppo di estremisti pangermanisti del fanno parte anche Peter Kienesberger ed Ehard Hartung, entrambi ispiratori dei circoli della destra neonazi tedesca e condannati all'ergastolo in Italia per attività legate al terrorismo separatista degli anni'60. Dopo le prime indicazioni storiche emerse, la Procura di Bolzano ha chiesto la collaborazione all'archivio storico nazionale austriaco. 26 settembre 2011

Nuovi aiuti alla Grecia, l'Europa rinvia ancora. La Germania raffredda le aspettative sul fondo salva-stati
a cura di Stefano Natoli.
La decisione sulla stesta tranche di aiuti alla Grecia (8 miliardi di euro), attesa per l'Ecofin del 3-4 ottobre, slitta ancora: lo ha detto oggi Amadeu Altafaj Tardio - portavoce del commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn - specificando che «la troika sta ancora verificando l'attuazione di tutti gli impegni da parte del governo greco» e che ciò «difficilmente potrà avvenire entro le riunioni di Lussemburgo».
«Sicuramente - ha precisato il portavoce - il 3 ottobre a Lussemburgo i ministri delle Finanze della zona euro discuteranno dell'argomento, ma non è mai stata fissata quella scadenza per decidere della prossima tranche di aiuti alla Grecia». Prima è, infatti, necessario che la missione della troika (Bce/Ue/Fmi) torni ad Atene e questo avverrà «presto ma non è ancora stata fissata una data». I problemi non sono di ordine politico ma tecnico, e il lavoro «sta procedendo anche in queste ore ad Atene». Una volta conclusa la missione, un «compliance report» dovrà essere distribuito dalla troika a tutti gli Stati dell'Eurozona.

Dovrà essere «un rapporto solido, completo, senza zone grigie» e per questo è necessario «che ci sia chiarezza su tutte le misure del governo greco», da quelle di risanamento dei conti 2011/2012 alle riforme strutturali al piano di privatizzazioni. «Gli obiettivi non sono cambiati, ma bisogna che la Grecia li raggiunga completamente. È l'ultima possibilità prima del collasso dell'economia: i criteri devono essere pienamente rispettati perché mettiamo a disposizione i fondi per far fronte alle scadenze del debito».

Schäuble: non rimpingueremo il fondo salva-stati
Il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha dichiarato che gli europei «non hanno l'intenzione di rimpinguare» il fondo salva-stati (Efsf). La dichiarazione giunge mentre sta prendendo quota la discussione circa un rafforzamento del fondo. «Diamo (al fondo) gli strumenti affinché possa agire in caso di bisogno, poi l'utilizzeremo efficacemente, ma non abbiamo intenzione di rimpinguarlo», ha detto il ministro nel corso di un'intervista televisiva.

Incontro Merkel-Papandreou
Domani sera, intanto, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il primo ministro greco George Papandreou discuteranno in un incontro a Berlino delle riforme che Atene deve attuare per ottenere gli aiuti. Sarà «uno scambio importante sulla situazione economica - ha detto il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert - con un Paese di cui si sta occupando tutta L'Europa».

La cancelliera tedesca: «Necessario prendere tempo»
Ieri, nel corso di un'intervista al canale televisivo Ard, il cancelliere tedesco ha ribadito che «l'Europa vale ogni sforzo» e che è necessario «prendere tempo per la Grecia e altri Paesi, affinchè l'euro resti stabile. Dobbiamo andare a piccoli passi e poi controllare. Io ascolto i consigli di tutti, ma poi devo decidere e rispondere delle decisioni prese. Ciò che non possiamo fare, è distruggere la fiducia degli investitori, che non metterebbero più il loro denaro in Europa». La stessa Merkel, in un'altra intervista rilasciata venerdì all'emittente televisiva Cnbc, aveva detto che un default della Grecia «non é un'opzione» che può essere presa in considerazione, perché «determinerebbe un effetto domino incontrollato».

In settimana Atene potrebbe annunciare privatizzazioni
Dal canto suo, il governo greco potrebbe annunciare la privatizzazione di alcuni asset già questa settimana. l sottosegretario al ministro delle Finanze, con delega alle privatizzazioni, George Christodoulakis, ha parlato alla radio di stato Net un accordo «per tre contratti». Tali contratti potrebbero riguardare l'estensione della concessione sull'aeroporto internazionale di Atene, una concessione per i giochi gestiti dai monopoli di stato e la vendita di licenze per le videolotterie. Il governo greco ha in programma di privatizzare asset per un equivalente di 50 miliardi di euro, tra compagnie statali e immobili, entro il 2015

Reh, stiamo studiando il rafforzamento dell'Efsf
Relativamente al Fondo salva-stati (Efsf), Olli Rehn ha dichiarato oggi che i leader europei ne stanno studiando il rafforzamento attraverso la dotazione di strumenti supplementari rispetto a quelli stabiliti a luglio. «Stiamo ragionando sulla possibilità di dotare l'Efsf di un effetto leva più importante per dargli più forza», ha spiegato il Commissario Ue in un'intervista al quotidiano tedesco Die Welt. Le decisioni sul fondo, stabilite dai dirigenti Ue il 21 luglio, sono in corso di approvazione da parte dei paesi della zona euro.
Giovedì 29 un apputamento particolarmente importante: il parlamento tedesco sarà infatti chiamato alla ratifica del rafforzamento dei meccanismi anti crisi europei.

Il balletto dello zar
di Lucio Caracciolo
RUBRICA IL PUNTO. L'annuncio della ricandidatura di Putin alle presidenziali di marzo chiarisce chi sia da undici anni il capo della Federazione Russa. I cittadini russi alla democrazia preferiscono la sicurezza di una mano forte. I leader occidentali sono d'accordo. (articolo pubblicato su la Repubblica il 25/9/2011)
I sistemi politici si dividono in due macrocategorie: quelli in cui contano le sedie e quelli in cui contano i sederi. Nel primo caso ci si batte con mezzi leciti o illeciti per occupare la poltrona suprema. E, a spiovere, scanni e panche laterali. Nel secondo, il capo è il capo sia che sieda sul trono sia che si aggrappi a uno strapuntino o si accomodi in tenda sdegnosamente respingendo ogni alloro.
La Russia attuale è il paradigma del genere secondo. Da undici anni il capo della Federazione Russa è Vladimir Putin. Per otto anni (2000-2008) da presidente, poi da primo ministro (2008-2012). Oggi sappiamo che dovrebbe restarlo per almeno altri sei anni, a partire dal marzo prossimo, scambiandosi di posto con l’attuale presidente Dmitrij Medvedev, il numero due provvisoriamente insediato da Putin sulla poltrona numero uno. Ma nel caso di Medvedev - in contrasto con la tradizione dell’impero russo, di cui la Federazione è versione ridotta ma autentica - non è il Cremlino a segnare il carisma dello zar, perchè il vero imperatore, in questi quattro anni, è stato il primo ministro, pur espulso dalle sacre mura.
Putin fu costretto al "sacrificio" per rispetto della Costituzione, che gli impediva il terzo mandato consecutivo. Un emendamento alla legge fondamentale ha nel frattempo esteso il limite del mandato presidenziale da quattro a sei anni. Se Putin vincerà le elezioni del marzo prossimo - e non si vede come possa perderle - potrebbe quindi aspirare a restare al Cremlino fino al 2024, quando avrà solo 72 anni, meno del suo attuale omologo e amico italiano.
In teoria, nulla vieta a Putin e a Medvedev di esibirsi in ulteriori minuetti sessennali, alternandosi nelle due cariche finchè Dio vorrà concedere loro salute ed energia. Lo scambio di posto annunciato dal tandem pietroburghese davanti al festoso congresso del partito dominante - Russia Unita - pone fine alle chiromanzie degli analisti intorno a chi comanderà a Mosca nel futuro prossimo. E, forse, molto meno prossimo.
Putin ha rivelato che tutto era stato deciso "da tanto tempo, alcuni anni fa". Probabile. Non c’è però dubbio che il suo junior partner abbia giocato per qualche tempo con l’idea di restare al Cremlino anche dopo il 2012. E non da prestanome o scaldasedie, ma da vero leader. Forse perchè da modernizzatore, quale si picca essere, avrebbe così riportato la Russia nella prima macrocategoria politologica, meno incompatibile con i canoni della democrazia.
In questi anni, Medvedev ha inutilmente cercato di costruirsi una sua semiautonoma base di potere. Rischiando serie frizioni con il capo/primo ministro. Il quale, a un certo punto, ha preteso che le conversazioni fra i due, prima alquanto informali, venissero protocollate, in modo che eventuali scarti del presidente dalle decisioni prese (o dettate dal capo del suo governo) restassero agli atti.
Ma per l’opinione pubblica russa, e per i potenti del mondo, l’interlocutore numero uno è restato sempre Putin. Il quale ha certamente perso in popolarità, non fosse che per gli effetti della crisi finanziaria e per la confermata incapacità del sistema da lui guidato di strutturare il paese come una efficiente e moderna economia, non solo un superfornitore di materie prime. Oggi poco più del 50% dei russi continua ad avere fiducia in lui. Basterà, salvo impensabili sorprese, a vincere le elezioni presidenziali in marzo.
Putin si è già ritagliato un posto di rilievo nella storia del più grande Stato al mondo. Ha impedito che la Federazione Russa si disintegrasse come l’Unione Sovietica, dopo la patetica parentesi elziniana. Ha rimesso in riga alcuni oligarchi che pensavano di fare il comodo loro con le ricchezze del paese o nutrivano ambizioni politiche (in tal caso, vedi Khodorkovskij, sono stati confinati in prigione o, vedi Berezovskij, consigliati all’esilio). Ha ristabilito insomma la "verticale del potere", alfa e omega dell’impero russo.
É lecito dubitare che Putin possa però scrivere la pagina successiva, spesso evocata da Medvedev, meno dal suo capo: la trasformazione della Russia in uno Stato di diritto relativamente democratico. E insieme, in una grande potenza a tutto tondo, non solo militar-nucleare ed energetica, ma tecnologica e industriale.
Forse la Russia è troppo vasta, i russi troppo pochi per attingere tali traguardi. E i cittadini che rieleggeranno il nuovo/vecchio zar non sono troppo interessati alla democrazia, alle cui promesse molti preferiscono la sicurezza di una mano forte. Sentimento condiviso da buona parte dei leader occidentali, i quali pure non mancheranno di criticare in pubblico il gioco russo delle due carte. In cuor loro concludendo però che, in questo mondo fuori controllo, una Russia nelle mani di un manovratore autoritario, ma autorevole e sperimentato, è più rassicurante di un colosso in preda a una lotta di potere senza esclusione di colpi. A meno che proprio l’ eccesso di conservazione e di concentrazione del potere non riproduca, prima o poi, quel caos russo che a suo modo Putin seppe stroncare. Difficile immaginare, in tal caso, che un altro Putin possa salvare la Russia. E noi.

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