martedì 27 settembre 2011

Federali.sera_27.9.11. Non mi stupiscono le notizie che giungono oggi da Bruxelles: il piano presentato dalla Regione Campania, come abbiamo sottolineato ad agosto, prevede un eccesso di inceneritori, in contrasto con le direttive Ue. Così il vice sindaco di Napoli, Tommaso Sodano, commenta la probabile messa in mora dell'Italia da parte della Commissione Europea, che dovrebbe essere notificata giovedì prossimo. Anomalia, questa, - ha spiegato Sodano - da noi evidenziata e criticata con un dossier di diciotto pagine.----Nel quarto trimestre di quest'anno la Germania emetterà titoli di Stato per un ammontare di 52 miliardi di euro, circa 16 miliardi in meno rispetto a quanto precedentemente comunicato, grazie a un gettito fiscale che si è rivelato più sostenuto del previsto.

UE, pronta la messa in mora dell'Italia per l'emergenza rifiuti di Napoli
Potenza. Antiche botteghe «Una legge regionale per difenderle»
 ‘Lucera Medievale’, per spingere la fortezza nel Patrimonio dell’Umanità
Svimez: manovra squilibrante, pesa al Sud più che su Nord
Germania riduce ammontare emissioni titoli Stato in quarto trimestre
Come prevenire la Depressione


UE, pronta la messa in mora dell'Italia per l'emergenza rifiuti di Napoli
Il vicesindaco: non sono stupito, il piano della Regione prevede un eccesso di inceneritori. Torna l'emergenza roghi
BRUXELLES - È pronta la lettera di messa in mora all'Italia per la situazione dei rifiuti a Napoli. La Commissione Ue deciderà giovedì prossimo e, salvo cambiamenti dell'ultima ora, l'Italia avrà due mesi di tempo per reagire. Il passo successivo è la Corte di giustizia e le sanzioni.
Da mesi gli avvertimenti. È da mesi che il commissario Ue all'ambiente, Janez Potocnik, mette in guardia sull'emergenza rifiuti a Napoli, affermando che in assenza di miglioramenti non avrà altra scelta che proseguire con la procedura d'infrazione Ue e conseguenti sanzioni pecuniarie. Il 4 marzo 2010 infatti, l'Italia ha subito la prima condanna della Corte di giustizia Ue per «non aver adottato tutte le misure necessarie per smaltire i rifiuti». In caso di seconda condanna le sanzioni verrebbero applicate sulle carenze di gestione passate e future.
La replica del vicesindaco di Napoli. «Non mi stupiscono le notizie che giungono oggi da Bruxelles: il piano presentato dalla Regione Campania, come abbiamo sottolineato ad agosto, prevede un eccesso di inceneritori, in contrasto con le direttive Ue». Così il vice sindaco di Napoli, Tommaso Sodano, commenta la probabile messa in mora dell'Italia da parte della Commissione Europea, che dovrebbe essere notificata giovedì prossimo. «Anomalia, questa, - ha spiegato Sodano - da noi evidenziata e criticata con un dossier di diciotto pagine».

Sodano: fase transitoria poco chiara. Peraltro, dice ancora il vice sindaco di Napoli, «non c'era chiarezza rispetto alla gestione della fase di transizione per la gestione delle criticità che ancora vive la la nostra regione». «È proprio per queste ragioni che noi, - spiega Sodano - da mesi, stiamo chiedendo di essere stralciati da questo piano, per avere la possibilità di accedere direttamente ai fondi comunitari e realizzare autonomamente l'impiantistica necessaria al raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata e di realizzazione di impianti ad essa finalizzati. Parliamo, cioè, - ha specificato Sodano - di impianti di compostaggio, isole ecologiche e impianti di trattamento meccanico 'a freddò dei rifiuti». «Tenteremo di relazionarci - ha poi concluso il vice sindaco di Napoli - con le altre istituzioni locali per riaprire, con la Commissione Europea, uno spiraglio che porti allo sblocco dei fondi indispensabili per condurre la regione Campania fuori dall'emergenza rifiuti».

Potenza. Antiche botteghe «Una legge regionale per difenderle»
Negozi storici che chiudono sotto i colpi della grande distribuzione e di una crisi che colpisce soprattutto le attività artigianali. Potenza non fa eccezione. Come salvare questi presìdi di cultura e di commercio di qualità? Un proposta per «proteggere» le botteghe d’un tempo l’ha lanciata il consigliere comunale potentino Nicola Becce: «Occorre una legge regionale che tuteli gli esercizi storici. Viviamo in una città e in una regione in cui ci sono molti locali storici e tutelarli è compito delle amministrazioni. Officine della memoria, luoghi preziosi della storia, custodi della tradizione cittadina. Questo rappresentano le botteghe storiche: esempio di impegno costante e di una tradizione imprenditoriale e mercantile tipicamente potentina. Il problema sono i negozi delle grandi società e delle multinazionali, disposte a pagare cifre importanti al mese di affitto perché usano i locali antichi come forma di promozione del marchio. Somme impossibili per chi vive con i guadagni di un solo negozio».
Per tutelare le botteghe storiche, secondo Becce, occorre una legge regionale che ne disponga il censimento e che finanzi quelle in crisi. Una normativa è importante, ma da sola basta per sostenere gli esercizi storici e scongiurare la chiusura di quelli rimasti? Becce si appella al Comune di Potenza: «È fondamentale che anche l’amministrazione cittadina faccia la propria parte mettendo in campo una serie di iniziative. Aggiornare subito l’elenco degli esercizi storici, dunque, e contemplare un nuovo regolamento degli esercizi storici che preveda a chi è iscritto una serie di agevolazioni economiche da un lato, quindi finanziamenti, e dall’altro sgravi fiscali, come abbattimenti su Cosap e Tarsu. È importante poi - dice Becce - che il Comune individui forme di promozione degli esercizi storici. La tutela di questi negozi è importante anche per i beni culturali perché molte botteghe conservano nei loro archivi le ricette di lavorazione delle antiche tecniche artigiane, preziose anche per chi fa restauro. Dobbiamo tutelare non solo le botteghe storiche ma favorire e sostenere la presenza anche dei negozi di vicinato. La loro presenza garantisce la presenza dei residenti».
26 Settembre 2011

‘Lucera Medievale’, per spingere la fortezza nel Patrimonio dell’Umanità
Lucera – Venerdì 7 ottobre 2011, alle ore 19, presso il Palace (S.P. 5 Lucera – Pietramontecorvino, km 3), si svolgerà il secondo seminario di studi “Lucera Medievale”, incentrato sul tema: “Tra longobardi e bizantini”. L’iniziativa risponde ad una precisa volontà del Club Unesco ‘Federico II’ di Lucera, presieduto dal dott. Massimiliano Monaco, di promuovere attraverso una più diffusa conoscenza scientifica, la città sede della più vasta fortezza medievale d’Europa.
 Ad un anno dalla prima edizione, svoltasi il 18 ottobre 2010 con gli interventi dell’arch. Nunzio Tomaiuoli e della prof.ssa Maria Stella Calò Mariani, molte e contrastanti attenzioni continuano a suscitare i progetti che riguardano la monumentale struttura medievale di Lucera, simbolo, nel tempo, delle speranze e degli ideali di vita di popoli con lingue, tradizioni e culture diverse.
 L’iniziativa rientra a pieno titolo tra le finalità culturali dell’Unesco, che in tutto il mondo propone percorsi di educazione alla conoscenza e alla difesa del patrimonio artistico e monumentale dei popoli, nella consapevolezza che la valorizzazione educativa dei simboli del patrimonio culturale e naturale di valenza non comune, in quanto patrimonio universale di tutte le popolazioni, porta allo sviluppo umano, culturale ed economico di tutte le nazioni del mondo, riappacificando non solo i popoli tra di loro, ma legando anche i popoli ai loro monumenti.
 L’incontro 2011 è interamente dedicato alla storia di Lucera nell’Altomedioevo, ed in particolare al periodo della dominazione longobarda e bizantina della Capitanata (secoli VI – XI) e si avvale della preziosa collaborazione della Società di Storia Patria per la Puglia, sodalizio a cui appartengono i due qualificati relatori della serata: Cosimo D’Angela, Presidente della Società di Storia Patria per la Puglia e professore di archeologia medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bari, sede di Taranto, che parlerà della “LUCERA LONGOBARDA” e Pasquale Corsi, professore ordinario di storia medievale alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bari e VicePresidente dell’Accademia Pugliese delle Scienze, che tratterà il tema “LUCERA E I BIZANTINI”.
 Concluderà la serata la presentazione ufficiale, ai rappresentanti delle Istituzioni del territorio, del documento “Lucera e la sua fortezza medievale. Da Monumento Nazionale a Patrimonio dell’Umanità ?”, finalizzato ad incoraggiare l’inserimento della Fortezza di Lucera nella “tentative list” nazionale dei monumenti candidati a diventare Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Svimez: manovra squilibrante, pesa al Sud più che su Nord
Manovre dal "carattere squilibrante". Così il Rapporto Svimez 2011 fotografa gli interventi del Governo per il riequilibrio della finanza pubblica. "L'effetto cumulato delle manovre 2010 e 2011 dovrebbe pesare in termini di quota sul Pil 6,4 punti al Sud (di cui 1,1 punti nel 2011, 3,2 punti nel 2012, 2,1 punti nel 2013) e 4,8 punti nel Nord (1 nel 2011, 2,4 nel 2012, 1,4 nel 2013).
In particolare, sul fronte degli incrementi delle entrate, il 76% si realizzerebbe al centro-nord e il 24% al sud, ricalcando il peso delle diverse aree in termini di produzione della ricchezza. Sul fronte, invece, della riduzione delle spese, il contributo delle Regioni meridionali al risanamento finanziario arriverebbe al 35% del totale nazionale, una quota superiore di 12 punti percentuali al suo peso economico.

Germania riduce ammontare emissioni titoli Stato in quarto trimestre
Nel quarto trimestre di quest'anno la Germania emetterà titoli di Stato per un ammontare di 52 miliardi di euro, circa 16 miliardi in meno rispetto a quanto precedentemente comunicato, grazie a un gettito fiscale che si è rivelato più sostenuto del previsto. Lo ha reso noto oggi l'agenzia del debito tedesca, aggiungendo che non è in programma alcuna anticipazione delle emissioni per approfittare dei tassi attualmente a minimi record sul debito tedesco.
"Come risultato dell'andamento del budget federale ... taglieremo il volume delle emissioni nel quarto trimestre", ha detto, in un'intervista a Reuters, il responsabile dell'agenzia del debito Carl Heinze Daube. La Germania punta a raccogliere 39 miliardi di euro attraverso l'emissione di titoli a medio lungo e 13 miliardi attraverso titoli a breve. Originariamente il piano di raccolta prevedeva un ammontare di 41 miliardi attraverso titoli lunghi e 27 miliardi tramite i titoli brevi.
Il totale delle emissioni tedesche del 2011 viene così abbassato a 275 miliardi di euro rispetto alla cifra di 302 miliardi originalmente pianificata. L'agenzia del debito tedesco specifica che gli attuali bassi tassi di mercato stanno portando un beneficio di breve termine al debito del paese, ma che, per garantire un abbassamento sensibile del costo di finanziamento, dovrebbero rimanere agli attuali livelli per anni.

Come prevenire la Depressione
 di Nouriel Roubini - 09/27/2011
I dati economici più recenti suggeriscono che le economie più avanzate stanno ricadendo in recessione, con i mercati finanziari che stanno raggiungendo livelli di stress mai visti dal collasso di Lehman Brothers nel 2008. È alto il rischio di una crisi economica e finanziaria ancora peggiore della precedente, poiché questa volta coinvolgerebbe non soltanto il settore privato, ma anche gli stati prossimi all’insolvenza. Dunque cosa si può fare per ridurre al minimo le conseguenze di un’altra contrazione economica e per prevenire una depressione più profonda e un tracrollo finanziario?
Primo, si deve accettare che le misure di austerità, necessarie a evitare un disastroso deragliamento finanziario, comportano anche effetti recessivi. Allora, se i Paesi periferici dell’Eurozona sono costretti ad assumere misure di austerità fiscale, i Paesi in grado di fornire incentivi a breve termine dovrebbero farlo e rimandare i loro sforzi di rigore. Questi Paesi includono gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania, il ‘cuore’ dell’Eurozona, il Giappone. Dovrebbero essere altresì creati servizi bancari per finanziare le necessarie infrastrutture pubbliche.
Secondo, poiché la politica monetaria ha effetti limitati quando i problemi derivano dall’eccessivo indebitamento e dall’insolvenza piuttosto che dalla illiquidità, può essere utile una distensione delle condizioni di credito piuttosto che il solo allentamento quantitativo. La Banca centrale europea dovrebbe ritornare sulla propria decisone sbagliata di alzare i tassi di interesse.
Delle politiche monetarie e creditizie sarebbero necessarie anche da parte della Federal Reserve, della Banca del Giappone, della Banca di Inghilterra, e della Banca nazionale svizzera. L’inflazione sarà presto l’ultimo dei problemi che le banche centrali avranno da temere, poiché una rinnovata stagnazione sul mercato dei beni, su quello del lavoro, su quello immobiliare e delle materie prime alimenta pressioni deflazionistiche.
Terzo, per ripristinare la crescita del credito, si dovrebbero rinforzare le banche della zona euro e i sistemi bancari sotto-capitalizzati con finanziamenti pubblici mediante un piano ad ampio raggio dell’U-nione europea. Per evitare un’ulteriore crisi del credito dovuta ad una diminuzione della leva finanziaria delle banche, si dovrebbe avere con queste una certa tolleranza a breve termine sui requisiti riguardo a capitale e liquidità. Inoltre, dal momento che sembra poco verosimile che i sistemi finanziari degli Stati Uniti e dell’Unione europea forniscano credito alle piccole e medie imprese, è essenziale che vi sia una provvisione governativa di credito diretto verso le Pmi solventi ma senza liquidità.
Quarto, condizioni di liquidità su larga scala verso i governi solventi sono necessarie per evitare un picco negli spread ed una perdita di accesso al mercato che trasformerebbero la non- liquidità in mancanza di solvibilità. Anche con cambiamenti nelle loro politiche, ci vuole del tempo prima che i governi ristabiliscano la loro credibilità. Fino ad allora, i mercati faranno pressione sui debiti sovrani, facendo probabilmente in modo che la crisi si auto-alimenti.
Oggi, Spagna e Italia sono a rischio di perdere l’accesso al mercato. È necessario triplicare le risorse ufficiali mediante un più ampio Piano europeo di stabilità finanziaria (Efsf), Eurobonds, o una massiccia azione della Bce per evitare speculazioni disastrose ai danni di questi Paesi.
Quinto, gli oneri del debito che non possono essere alleggeriti dallo sviluppo, dal risparmio, o dall’inflazione devono essere resi sostenibili mediante la ristrutturazione metodica del debito, la sua riduzione, e la sua conversione in azioni. Ciò va fatto per i governi insolventi, gli azionisti, e similmente per le istituzioni finanziarie.
Sesto, anche se è stato dato un aiuto significativo sul debito alla Grecia e ad altri Paesi periferici dell’Eurozona, non vi sarà una crescita economica fintanto che non venga ripristinata la competitività. E senza una rapida ripresa dello sviluppo non si potranno evitare ulteriori default e tumulti sociali.
Ci sono tre opzioni per ristabilire competitività nell’Eurozona, tutte richiedono che vi sia una svalutazione reale, e nessuna è perseguibile:

1. Un attento indebolimento dell’euro verso la parità con il dollaro, cosa improbabile, in quanto gli Stai Uniti si sono anch’essi indeboliti.
2. Una rapida riduzione dei costi unitari del lavoro, mediante l’accelerazione di una riforma strutturale e della crescita della produttività rispetto all’aumento dei salari, è altrettanto improbabile, poiché con quel tipo di processo la Germania ha impiegato 15 anni per ristabilire la competitività.
3. Una deflazione cumulativa a cinque anni del 30% di prezzi e salari – in Grecia, per esempio – che vorrebbe dire cinque anni di depressione sempre più grave ed inaccettabile sul piano sociale: ammesso che sia realizzabile, tale livello di deflazione inasprirebbe l’insolvenza, dato un aumento del 30% del valore effettivo del debito.
In considerazione del fatto che tali opzioni non possono funzionare, l’unica alternativa possibile è l’uscita dalla zona euro della Grecia e di qualche altro Paese membro. Soltanto il ritorno alla moneta nazionale – ed una attenta svalutazione di quella valuta – può ristabilire competitività e sviluppo.
Lasciare la valuta normale naturalmente comporterebbe la minaccia di danni collaterali per il Paese in uscita e l’aumento del rischio di contagio per gli altri fragili membri dell’Eurozona. Gli effetti del bilanciamento sugli eurodebiti generati dalla svalutazione della nuova moneta nazionale dovrebbe essere dunque manovrata mediante una conversione regolata e negoziata delle passività in euro nelle nuove monete nazionali. Per contenere danni collaterali ed il contagio sarebbe necessario l’uso appropriato delle risorse a disposizione, compresa la ricapitalizzazione delle banche della zona euro.
Settimo, le ragioni per gli alti livelli di disoccupazione e la crescita anemica delle economie avanzate sono strutturali ed includono l’aumento della competitività dei mercati emergenti. La risposta adeguata a tali intensi cambiamenti non può essere il protezionismo. Al contrario, le economie avanzate hanno bisogno di un piano a medio termine per ripristinare competitività e occupazione mediante nuovi massicci investimenti in istruzione di alto livello, formazione lavorativa, miglioramenti del capitale umano, infrastrutture, ed energia alternativa/rinnovabile. Solamente un programma di tal genere può fornire ai lavoratori di economie avanzate gli strumenti necessari per competere a livello globale.
Ottavo, le economie emergenti hanno a disposizione un maggior numero di misure di politica economica di quanto non facciano le economie avanzate, e perciò dovrebbero allentare la politica monetaria e quella fiscale. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale possono fornire prestiti in ultima istanza ai mercati emergenti a rischio di perdere l’accesso al mercato, a condizione di mettere in atto adeguate riforme di policy. E Paesi come la Cina, che per la crescita si basa in modo eccessivo sulla esportazioni nette, dovrebbero accelerare le riforme, inclusa una più rapida rivalutazione della moneta, in modo da incrementare la domanda ed il consumo interno.
I rischi che abbiamo davanti non sono solo una blanda “doppia” recessione (“double dip”), ma una grave contrazione che potrebbe trasformarsi nella Grande Depressione II, in modo particolare se la crisi della zona euro diventa caotica e porta a un collasso finanziario globale. Nel corso della prima Grande Depressione, politiche ostinatamente sbagliate portarono a guerre commerciali e valutarie, turbolenti default del debito, deflazione, crescente ineguaglianza di redditi e patrimoni, povertà, disperazione, ed instabilità politica e sociale che alla fine condussero al sorgere di regimi autoritari e alla seconda guerra mondiale. Il miglior modo per evitare che si ripeta tale sequenza è di mettere in atto adesso una politica globale decisa ed aggressiva.
*Presidente della Roubini Global Economics, Professore di Economia presso la Stern School of Business, New York University, co-autore del libroCrisis Economics (La crisi non è finita).
Copyright: Project Syndicate, 2011 / www.project-syndicate.org / Tradotto dall’inglese da Roberta Ziparo

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