di Wolfgang Uchatius – 24 settembre 2011
[Articolo originale "Italiener erfanden die Staatsschulden" di Wolfgang Uchatius]
Pubblicato in: Germania
Traduzione di ItaliaDallEstero.info
Il prestito degli stati ha reso l’indebitamento facile come non mai. Ha cambiato il mondo e con sé una storia militare di secoli. Nei ruoli-chiave: un papa, un banchiere e un artigiano.
Il 24 Giugno 1340 le onde del Mare del Nord si tingono di rosso sangue. La battaglia di Sluis, nell’odierna Olanda, è la prima battaglia importante nella guerra dei Cent’Anni tra Inghilterra e Francia. Ce lo raccontano romanzi e film.
Sette anni dopo, nell’autunno del 1347, due navi passano nella città portuale di Messina, in Sicilia. A bordo ci sono uomini con macchie scure sulla pelle. Le prime vittime della peste, che in Europa farà 25 milioni di morti. Monumenti e dipinti ricordano la Morte Nera.
Nel 1349 il poeta italiano Giovanni Boccaccio inizia a lavorare alla raccolta di novelle Il Decamerone, una delle opere più importanti della letteratura mondiale. Il nome del Boccaccio si trova in tutti i libri di storia che riguardano il XIV secolo.
Ma delle strane cambiali che da quel periodo in poi si diffondono in Italia e poi in tutta Europa, nelle cronache si parla di rado. La loro invenzione appare insignificante se paragonata a tutte le guerre e malattie, opere d’arte e disastri del tardo Medioevo.
Ma questi titoli al portatore – per come sono poi andate le cose – hanno molta più importanza rispetto a molti altri accadimenti di allora. Secoli più tardi, nell’anno 1789, diventeranno uno dei motivi che portarono in Francia allo scoppio della rivoluzione. Consentiranno poi il trionfo della democrazia in tutto il mondo e innescheranno, nel 2010, la crisi dell’euro.
Nell’Italia medievale questi documenti cartacei presero il nome di cambiali o prestiti. Oggi sono chiamati buoni del Tesoro. Sono gli strumenti con cui si continuano a finanziare quasi tutti i paesi del mondo, sempre più indebitati. I soli stati della Zona Euro hanno accumulato un debito di sette miliardi di euro; e nessuno è in grado di dire chi potrà mai saldarlo.
Tutto cominciò allora, nel XIV secolo. Se si vuole comprendere l’origine dell’attuale forma del debito pubblico, dobbiamo raccontare di tre uomini. Di un papa, un banchiere e di un giovane artigiano di nome Hawkwood, che voleva cambiare mestiere.
Hawkwood nasce tra il 1320 e il 1323 nella contea inglese dell’Essex, uno dei sette figli di un conciatore. Va a prendere lezioni da un sarto. Hawkwood si sarebbe, probabilmente, guadagnato da vivere per tutta la vita con ago e filo, se il re Edoardo III non avesse iniziato quella guerra contro la Francia che durò cent’anni.
Edoardo ha bisogno di combattenti e si presenta il giovane Hawkwood. Il sarto diventa soldato. Dopo la fine della campagna, questi rimane in Francia spostandosi poi verso l’Italia. Lì, raccontano le cronache del tempo, Hawkwood incontra anni dopo due monaci. “Monsignore, che Dio vi dia pace!” , gli dissero. Hawkwood rispose: “Voi non sapete che la pace mi ha distrutto?” John Hawkwood ora si guadagna da vivere col sangue. Il soldato è diventato un mercenario. “Io vivo di guerra, come voi vivete di elemosina.” Così rispose ai monaci.
L’Italia di quel tempo è un luogo ideale per l’arte di uccidere. Nel sud c’è il re di Napoli, al centro c’è il papa, mentre al nord il potere se lo spartiscono le grandi città. Firenze, Venezia e Genova sono i centri economici del mondo occidentale. Qui governano i commercianti, non i re. Se fanno le guerre, non le combattono mai in prima persona, ma comprano gente come Hawkwood.
Così accade che Firenze combatte contro Genova e Venezia contro Pisa, ma solo pochi fiorentini o veneziani brandiscono la spada. Mercenari uccidono e muoiono “schiere selvaggie di esuli, banditi e avventurieri in bancarotta, tedeschi, burgundi, italiani, catalani, fiamminghi, francesi e svizzeri”, come scrive la storica americana Barbara Tuchman nel suo libro “Uno specchio lontano. Un secolo di avventure e calamità. Il Trecento” (edito da Rizzoli, 1999. Ndt.)
Il Papa considera peccato gli interessi, ma i banchieri superano la Chiesa in astuzia
I comandanti di queste truppe saranno salvatori o demoni, lodati o maledetti da cronisti e poeti del tempo. Ma un nome ricorre nei libri più spesso di altri: John Hawkwood. Divenuto capo di un piccolo esercito, la Compagnia Bianca, alcuni contemporanei lo descrivono come insolitamente ambiguo, altri come incredibilmente saggio. Quel che è certo è che Hawkwood è il condottiero pagato più profumatamente di tutti, come dicevano i comandanti dei mercenari in Italia.
Ha quasi 60 anni, quando i governanti di Firenze decidono di assoldarlo. I mercanti fiorentini che combattono le guerre, ma che non vogliono battersi in prima persona, hanno bisogno di soldi, un sacco di soldi per pagare il comandante dell’esercito. Più denaro di quel che possiedono.
Dove possono prenderlo?
I primi interessi prendono il nome di provvigioni. Così le banche fregano la Chiesa.
I governanti potrebbero aumentare le tasse. Ci sono persone benestanti a sufficienza a Firenze. Ma i commercianti delle città-stato italiane vedono le imposte patrimoniali come un affronto alla loro libertà. Le tasse come le conosciamo oggi, sono un’invenzione dell’età moderna. A quel tempo a Firenze si pagavano solo le tasse sul commercio del sale e del vino. Alla città resta perciò una sola cosa da fare: farsi prestare i soldi. E’ questo il momento in cui la storia dei mercenari diventa una storia di debiti.
Oggigiorno indebitarsi non è difficile. Ad ogni angolo si trovano pubblicità di istituti di credito con le loro offerte. Nel medioevo però è una faccenda complicata, perché chi presta denaro vuole incassare gli interessi. Ma questo ai cristiani è proibito. «Non devi prendere interessi da tuo fratello, né interessi per denaro né per le granaglie, né interessi per nient’altro, da cui si prendono interessi ». Così è scritto nella Bibbia, libro 5° capitolo 23.
In realtà c’è anche scritto: “Non uccidere!” Ma mentre la Chiesa interpreta in modo flessibile il quinto comandamento e i papi conducono tranquillamente guerre, ovviamente con l’aiuto di mercenari, continua ad avere difficoltà a prestar denaro.
Per secoli questo sembra aver dato poco fastidio agli uomini. La maggior parte della gente nell’Europa feudale vive da contadino, artigiano o nobile. Sono ricchi di nascita o poveri allo stremo. Il fenotipo dell’imprenditore, che migliora il suo status sociale prestando soldi per fare altro denaro, si diffonde solo nel tardo medioevo. Da Genova partono navi che raggiungono il Mar Nero, commercianti da Venezia viaggiano sino alla foce del Volga e nell’Europa Settentrionale fiorisce la Lega Anseatica. Il mondo cresce, il commercio anche. Più tardi gli storici definiranno “capitalismo commerciale” questa forma primigenia di moderna economia di mercato, la cui principale materia prima è il denaro. Alla Chiesa è proibito l’impiego della dottrina sugli interessi. Ma per quanto ancora?
Il 16 ottobre 1311 nella città di Vienne, nella Francia sudorientale, si riuniscono circa 200 vescovi e dignitari. Discutono per mesi della legittimità delle crociate e di altre questioni teologiche del tempo. Enclavi di questo tipo non hanno più avuto luogo da quasi quarant’anni e il prossimo ci sarà soltanto nel 1414.
Il concilio di Vienne viene guidato da Papa Clemente V, al secolo Bertrand de Got, allora più o meno cinquantenne, un uomo consapevole del proprio potere, che si sentiva a casa ovunque si trovasse.. Clemente mantiene una maitresse amante del lusso, nomina parenti cardinali e vescovi e fa torturare a morte appartenenti all’ordine dei Templari. Tutte cose normali per un papa del tempo. Considerato senza regole, verrà poi soprannominato dal poeta italiano Dante Alighieri “pastor senza legge” e inserito nell’Inferno.
Solo per quel che riguarda il denaro Clemente V resta fedele al precetto biblico: “Se qualcuno dovesse di fatto cadere nell’errore, di osare affermare con ostinazione, che prendere interessi non sia peccato, allora noi concordiamo, che questi sia da condannare come eretico” Così ordina il papa, così decide il Concilio di Vienne.
E poiché a quel tempo la parola della Chiesa era legge, ora i governanti della città hanno un problema. Dove possono procurarsi il denaro di cui hanno così urgentemente bisogno per pagare Hawkwood e per portare avanti le loro guerre?
Solo pochi anni prima sarebbe stato più facile per loro procurarselo. Nel cuore di Firenze a quel tempo c’erano alcuni dei più grandi cessori di credito d’Europa. Scaltri uomini d’affari, che avevano trovato la loro attività prestando denaro senza comunque perdere la benedizione di Dio. Questi primi banchieri del mondo non esigevano interessi e, comunque, non li chiamavano così. Parlavano di imposte, sovrapprezzo o provvigione. I clienti erano contenti, i cardinali anche. Il capitalismo l’aveva fatta in barba alla Chiesa.
Una delle due più grandi banche di Firenze era la Peruzzi. L’azienda aveva filiali in quasi tutte le principali città italiane, ma anche a Londra, Brügge, Parigi e Tunisi, a Maiorca, Rodi e Cipro. Una fonte di denaro ideale per la città di Firenze.
Nel marzo 1338 l’imprenditore Bonifacio di Tommaso si recò in Inghilterra. Il banchiere, un uomo spavaldo, pensò di fare dell’attività la sua vita. Il re Edoardo aveva bisogno di denaro per la guerra contro la Francia. Bonifacio glielo prestò e la vittoria fu grandiosa.
Ma l’apparenza ingannava. Le battaglie erano care e rendevano un magro bottino. “Il re Edoardo sarebbe finito in bancarotta se avesse dovuto accollarsi i costi; invece li trasferì su altri “, scrive la storica Tuchman.
Gli altri sono i banchieri italiani.
Dato che il re non pagava i suoi debiti, i Peruzzi fallirono. E con loro i Bardi, l’altra grande banca fiorentina, che aveva investito – come i Peruzzi – in Inghilterra. Firenze sperimentò il primo crack finanziario della storia. «E a differenza di oggi non c’era nessuno a salvare le banche», dice lo storico di Bamberga Heinrich Lang.
Da allora a Frenze non c’è più nessuno che presti denaro disponendo di riserve degne di questo nome. I governanti della città hanno così due possibilità per liberarsi dall’indigenza economica: risparmiare duramente, rinunciando alle guerre, oppure seguire un’altra via, scavalcando il divieto di usura della Chiesa per ottenere nuovo capitale.
Niente più soldi per la corona spagnola, ma per la repubblica olandese.
Alla fine i fiorentini ci riescono. Analogamente anche Venezia e Genova attuano un sistema di imposte da restituire. I cittadini pagano, ricevendo quindi indietro il loro denaro con guadagno. Dato che si tratta di un’imposta obbligatoria, la Chiesa non ha nulla da eccepire a che i cittadini incassino un indennizzo. Un interesse legale.
Le guerre si fanno con i titoli di stato
Ora i soldi affluiscono nuovamente nelle casse statali. Pagando i mercenari si combattono le battaglie. I fiorentini si prestano il capitale da soli. “Un’idea rivoluzionaria che avrebbe cambiato il mondo per sempre”, come dice lo storico britannico Niall Ferguson, autore di “The Ascent of Money”.
Come ricevuta del pagamento, ogni cittadino riceve una cambiale: un titolo di Stato. Chi lo possiede, riceve indietro la somma pagata più gli interessi. Questi documenti valgono quindi denaro, e non passa molto tempo che le persone cominciano a vendersi i titoli gli uni con gli altri. Il valore dei titoli dipende da quanto i cittadini si fidano che la città paghi i propri debiti. Se il debito è basso e le entrate alte, aumentano le possibilità di rimborso e quindi cresce il valore dei titoli, in caso contrario precipita. Un meccanismo che si applica ai titoli di stato greci e americani di oggi. “Gli italiani hanno inventato il commercio dei titoli”, scrive lo storico americano James MacDonald, autore di un libro sulla storia del debito nazionale.
Dall’Italia il prestito statale si diffonde in Europa. Sono gli olandesi i primi ad adottare il sistema. Inizialmente la cosa non colpisce, ma poi, nel 1568, essi insorgono contro i dominatori spagnoli. Un popolo di quasi mezzo milione di persone va in guerra contro una potenza mondiale, che conta più di venti milioni di persone, e ne esce vincitore.
La vittoria ha molte ragioni. Ma una delle principali è che i piccoli Paesi Bassi concedono prestiti con assiduità e per questo possono competere finanziariamente con la grande Spagna. E questo nonostante anche i re spagnoli non si lascino intimorire dai debiti. Anzi. Prendono denaro a prestito da mezza Europa come un tempo Edoardo d’Inghilterra. E proprio come Edoardo si prendono la libertà di non restituire il denaro. Un re non mette nessuno in carcere per debiti. Ma la conseguenza di una siffatta gestione finanziaria è che la corona spagnola fatica ad ottenere altro credito. Nessuno vuole più prestare i propri soldi ai potenti governanti dai colletti bianchi. Il re spagnolo Filippo II dichiarerà nel 1580: “Non sono mai riuscito a capire questa faccenda di prestiti e interessi.”
Gli olandesi, invece, hanno capito da molto tempo. I mercanti di Amsterdam e Rotterdam hanno capitale in abbondanza. Così il governo prende il capitale per la guerra in prestito dai propri cittadini. Non più costringendoli, come un tempo a Firenze, ma liberamente, come oggi. Il divieto di interesse non ha più grande importanza. I cittadini pagano volentieri. Sono quelli che nella giovane repubblica hanno la parola. In definitiva, prestano i soldi per quelle stesse armi che portano il loro paese alla vittoria.
Così il prestito statale diventa l’arma monetaria del governo del popolo e la Francia assolutista la sua vittima più celebre. Nel 1788, il Re di Francia Luigi XVI dovette dichiarare la bancarotta, l’anno successivo il popolo insorse e prese la Bastiglia. La cosa strana è che l’Inghilterra in quel periodo, in termini di performance economica, ha tre volte il debito della Francia. Ma il paese è solvente. Il Regno borghese attinge denaro dalla sua gente attraverso i titoli di Stato .Ma a Parigi un alto funzionario scrive frustrato alcuni anni prima in una lettera: “Se la gente continua a considerare il re un tiranno, diventa impossibile ottenere prestiti.”
Oggi, più di duecento anni dopo, i governi del mondo non hanno più molti tiranni da mostrare. Tanto meno quando si tratta di debiti. Americani, inglesi, tedeschi non si prestano più da un pezzo il denaro da soli. Il patrimonio di una singola nazione non è più sufficiente a finanziare uno Stato. Oggi sono le banche, le assicurazioni e i fondi di investimento in giro nel mondo, i principali acquirenti di titoli di Stato.
Ma si tratta sempre di ricchi investitori che prestano i loro soldi ai paesi del mondo perché ritengono di poterlo riavere indietro con profitto. E questi paesi temono ancora, soprattutto, una cosa: che gli investitori cambino idea.
Il consigliere politico americano James Carville, ex manager della campagna elettorale del presidente Bill Clinton, usò queste parole: “Prima pensavo che, se c’è una seconda vita, voglio tornare sulla terra come presidente o papa o stella del baseball. Però ora vorrei rinascere mercato dei titoli di Stato. Così da poter allontanare ogni paura “.
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