Trivellazioni petrolifere in Puglia. La Regione boccia le richieste
Fiumi di latte straniero per le mozzarelle padane
Svizzera. Giù le mani dalla nostra Croce!
Trivellazioni petrolifere in Puglia. La Regione boccia le richieste
di Massimiliano IAIA
BARI - L’annuncio era stato dato già qualche giorno fa, ora arriva anche l’atto ufficiale: la Regione formula il proprio “no” ai progetti in blocco relativi alle attività di ispezione petrolifera nelle acque pugliesi.
Dopo le comunicazioni al Ministero e le sentenze del Tar, ecco il documento che certifica la contrarietà della Giunta regionale sulla compatibilità ambientale in merito ai permessi chiesti da Northern Petroleum per la trivellazione dei fondali marini. Il parere, informa una nota della Regione, è stato espresso nell’ambito del procedimento ministeriale di Via.
L’assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, spiega: «Ancora una volta - sottolinea Nicastro - ci troviamo di fronte ad una frammentazione dello studio di impatto ambientale su molteplici interventi proposti in un’area vasta. Il comitato regionale di Via ha giustamente proceduto ad un esame unitario delle diverse istanze in considerazione della loro ubicazione e dei potenziali impatti sulle varie matrici ambientali e sulle attività economiche presenti nell’area».
La normativa vigente prevede l’obbligo di una valutazione complessiva dell’area, «e la proposta della Northern - spiega Nicastro - appare più finalizzata a sminuire i potenziali impatti che ad attenersi a valutazioni rigorose su quelli che potrebbero essere gli scenari potenziali di impatto». Nicastro non risparmia giudizi netti sui pericoli di quello che rischierebbe di diventare un business per molte società del settore: «Siamo ormai in presenza di una frenetica corsa all’oro - sentenzia l’assessore -, come del resto dimostrano le numerosissime richieste che si affollano in Regione. Ecco perché è necessario adoperarsi per valutazioni complessive e rigorose per concludere che lo sfruttamento del petrolio presente nel mare Adriatico potrebbe avere dei risvolti pesantemente negativi dal punto di vista ambientale, economico e sociale».
Alla luce delle molteplici richieste pervenute, era stato d’altra parte lo stesso Nicastro a scrivere qualche giorno fa al Ministero dell’Ambiente per chiedere delucidazioni sulle autorizzazioni effettivamente concesse da Roma. Non prima, però, di aver ricordato che in diversi casi il Tar aveva dato ragione agli enti locali che si erano opposti agli investimenti delle società. Il tribunale aveva infatti accolto le riserve delle amministrazioni che contestavano la scelta delle società di dividere i progetti in più tronconi, richiedendo le Via per ciascuno di essi.
Secondo l’assessore «dalle valutazioni tecniche effettuate si è rilevato, ancora una volta, che gli studi di impatto ambientale presentati dalla Northern Petroleum (società che ha presentato un progetto da Bari a Santa Maria di Leuca, ndr) non consentono la valutazione nè dei singoli interventi nè tantomeno del programma completo di ricerca. I singoli studi non chiariscono i dubbi, già manifestati in analoghe valutazioni, sui rischi e sugli impatti negativi che le indagini proposte potrebbero comportare sulle componenti ambientali e socioeconomiche. Non vengono affatto considerate le caratteristiche e le vocazioni dell’ambiente marino e della costa pugliese, nè si tiene conto delle politiche ambientali, produttive e di sviluppo (soprattutto turistico) che la Puglia, le istituzioni locali e la collettività intendono perseguire. Continueremo a sostenere la causa della tutela dei beni comuni, del nostro mare e delle nostre coste, del nostro paesaggio che sono beni universali e vera fonte di ricchezza per il nostro territorio».
Nicastro conclude con un appello al Ministero dell’Ambiente affinchè «tenga in debita considerazione la posizione espressa dalla Regione Puglia e da tutti i soggetti portatori di interesse. La Puglia dice di no alle trivelle nel proprio mare perché sono contrarie alla propria idea di sviluppo».
Sabato 24 Settembre 2011 - 00:02 Ultimo aggiornamento: 12:00
Fiumi di latte straniero per le mozzarelle padane
Un maxisequestro di mozzarelle e latte è stato operato ieri dal Corpo Forestale dello Stato nelle province di Forlì e Cesena, Lodi, Milano, Pavia Ravenna e Verona nel corso di una vasta operazione di repressione delle frodi alimentari. Diciotto i locali perquisiti (caseifici industriali, magazzini e uffici), quattordici le persone indagate (legali rappresentanti e dirigenti delle imprese coinvolte) e molta merce sequestrata: 33mila confezioni di mozzarella e 465 tonnellate di latte .
I cinquanta agenti e ufficiali impiegati nell'operazione sono stati coordinativi dal Naf (Nucleo Agroalimentare e Forestale) dell'Ispettorato generale di Roma e dal Comando Regionale del Corpo Forestale dello Stato per la regione Emilia-Romagna - Bologna. L'illecito è di quelli che Federalimentare vorrebbe che venissero tollerati, vale a dire la produzione di mozzarelle a marchio italiano realizzate con latte estero, nella fattispecie francese, lussemburghese e belga.
Durante l'operazione, coordinata dalla Procura della Repubblica di Forlì-Cesena, è stata sequestrata, inoltre, una significativa quantità di documentazione commerciale con materiale informatico e computer dei responsabili del settore commerciale, del settore produttivo e dei responsabili legali delle aziende interessate.
L'indagine ha avuto inizio da un'ordinaria attività di controllo per la prevenzione delle frodi agroalimentari di latticini a marchio italiano svolta nel Comune di Savignano sul Rubicone, durante la quale erano state rinvenute confezioni di mozzarelle che sull'etichetta riportavano numerosi "claim" che richiamavano un prodotto italiano: uno scudetto con i colori della bandiera italiana, i colori della bandiera italiana richiamati su pomodoro (rosso), mozzarella (bianca), basilico (verde), la scritta in etichetta "dall'Italia", la scritta "origine Italia" e inoltre il prodotto veniva denominato "italiamo" (con la "m") per richiamare l'origine nazionale.
Dalle verifiche effettuate nel corso dell'operazione, è emerso che il latte impiegato per il confezionamento proveniva per 266.300 Kg dall'estero, e per 199.500 Kg dall'Italia.
23 settembre 2011
Svizzera. Giù le mani dalla nostra Croce!
MATTIA PEDETTI, MENDRISIO
Secondo Ivica Petrusic dell’associazione “Secondos Plus”, la croce svizzera non è più conforme alla nazione multiculturale d’oggi. Nell’edizione del 19 settembre del quotidiano 20 Minuti , viene riportata una dichiarazione del vicepresidente di “Secondos” sul giornale Der Sonntag nella quale propone in nome dei migranti senza diritto di voto, di sostituire l’attuale vessillo con la vecchia bandiera tricolore elvetica del 1799, in quanto in Svizzera vivono 1,4 milioni di persone senza passaporto elvetico. Secondo l’Ufficio federale di statistica nel 2010 la Confederazione svizzera aveva una popolazione di 7’870’134 di abitanti, di cui 1’766’277 stranieri. A mio parere non è giustificabile che noi 6’103’857 di Svizzeri, dovremmo cambiare il simbolo che portiamo avanti dal lontano XV secolo, quando la bandiera era un drappo triangolare rosso con croce bianca che si estendeva fino ai bordi e veniva portata con fierezza da chi per la Svizzera ha combattuto davvero. Ritengo la richiesta ancor meno giustificabile se proviene da un’associazione che a questa bandiera dovrebbe essere grata per l’accoglienza e l’assistenza ricevuta. Come giovane Popolare Democratico, sono certo che la Svizzera abbia bisogno di frontalieri e di stranieri per il proprio sviluppo e i numeri lo confermano. Negli ultimi vent’anni una crescita della popolazione straniera di 639’168 unità è stata la chiave per una notevole crescita del prodotto interno lordo elvetico: da 330 miliardi del 1990 ai 550 del 2010. Vorrei far notare però che questo scambio tra manodopera e accoglienza non da diritto all’imposizione del cambiamento di un simbolo in cui crediamo. Suggerisco infine al signor Petrusic di imparare da rappresentanti competenti di altre associazioni straniere a investire il suo impegno e il suo tempo in tematiche ben più importanti per una serena convivenza tra svizzeri e stranieri. Che nessuno si disperi però, chi vuole cambiare bandiera ha tutta la libertà di farlo, cambiando nazione.
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