Imprese: Istat, calano nel 2010 (-0,3%) ma sale
valore aggiunto (+12,3%)
Rifiuti: Ue, in 2020 ancora in discarica il 28%
Bozen, oltrepadania. Monti: la potenza tutrice
non serve più
La top 10 delle imposte più odiate dagli
italiani nel 2012
1. IVA
2. IMU
3. Aggio esattoriale
4. Accise su
benzina, energia elettrica e metano
5. Canone Rai
6. TIA/TARSU
7. Bollo auto
8. Contributi
consorzi di bonifica
9. Ticket sanitari
10. Imposte sui
redditi/Irap
ROMA - Questa è
nuova la top ten delle imposte più odiate dagli Italiani. Lo studio, effettuato
dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche "Antonella Di Benedetto" di
Krls Network of Business Ethics per conto Contribuenti.it Magazine
dell'Associazione Contribuenti Italiani è stato condotto su un campione casuale
di cittadini maggiorenni residenti in Italia, intervistati telefonicamente
nella prima settimana di ottobre.
Come si evidenzia
nella classifica, la tassa più invisa agli Italiani è l'IVA che, con l'aumento
delle aliquote dal 21% al 22% e! dal 10% all'11%, scala la classifica della top
ten di ben 7 posizioni rispetto al 2011.
Al secondo posto si
colloca l'IMU che ha inciso considerevolmente nel 2012 nel bilancio familiare.
Al terzo posto si
colloca l'aggio esattoriale percepito dagli Agenti della riscossione che,
unitamente agli interessi della riscossione, viene considerato anche l'imposta
più ingiusta.
Il quarto posto
viene occupato dalle accise su benzina, energia elettrica e metano che
quest'anno hanno fatto lievitare sensibilmente il costo del carburante fino a
farlo diventare il più caro in Europa.
Al quinto posto si
piazza il Canone Rai che è risultato anche l'imposta più evasa dagli italiani.
Dal sondaggio è emerso
che due cittadini su tre pensano che il Canone Rai sia un "abbonamento
annuale" e non una tassa.
In generale le
imposte più odiate sono quelle sono indirette, che si pagano senza tener conto
del reddito pro capite.
Se, infatti, sembra
logico da parte del cittadino parteci! pare al prelievo fiscale collettivo in
maniera progressiva rispetto al reddito percepito durante l'anno, non sembra
altrettanto accettabile vedersi tassare ripetutamente in base ai consumi. Tale
imposizione colpisce il cittadino senza tener contro della propria capacità
contributiva in dispregio al dettato costituzionale.
Infatti,
paradossalmente, le imposte indirette incidono maggiormente sulle famiglie più
povere anziché su quelle più benestanti.
In alcuni casi, poi,
addirittura si assiste ad una doppia imposizione indiretta come nel caso
dell'applicazione dell'IVA sulle accise presente sull'acquisto di carburante o
nel consumo di energia elettrica.
Solo 1 cittadino su
5 capisce perché paga le tasse. 4 cittadini su 5 si considerano sudditi di una
amministrazione finanziaria troppo burocratizzata che viola i diritti dei
contribuenti.
Ciò che incentiva
maggiormente l'evasione fiscale in Italia, che nel 2012 si conferma al primo
posto in Europa con il 21% del prod! otto interno lordo evaso pari a 340 MLD di
euro ed è cresciuta del 15,3% raggiungendo - considerando anche l'evasione
derivante dall'economia criminale - la cifra astronomica di 180,9 miliardi di
euro all'anno, sono gli sprechi di denaro della pubblica amministrazione, la sua
inefficienza, la scarsa qualità dei servizi offerti che unitamente alle
violazioni allo statuto dei diritti del contribuente, i mancati rimborsi
fiscali, il fisco lunare e l'inefficacia delle esattorie rendono superfluo la
gran parte del lavoro fatto nella lotta all'evasione fiscale dalla Guardia di
Finanza e dalle Agenzie fiscali. Le esattorie, ogni anno, riscuotono per gli
enti impositori, meno del 10% di quanto accertato.
Dallo studio emerge
anche che in Italia l'economia sommersa è circa il doppio di quella della
Francia e della Germania. Nella speciale classifica delle economie sommerse,
l'Italia è seguita dalla Grecia con il 20,8%, Romania con il 19,1%, Bulgaria
con il 18,7%, Slovacchia con il ! 17,2% e Cipro con il 17,1%.
I principali evasori
in Italia sono gli industriali (32,7%) seguiti da bancari e assicurativi
(32,2%), commercianti (10,8%), artigiani (9,4%), professionisti (7,5%) e
lavoratori dipendenti (7,4%).
A livello
territoriale l'evasione è diffusa soprattutto nel Nord Ovest (31,4% del totale
nazionale), seguito dal Nord Est (27,1%). dal Centro (22,2%) e Sud (19,3%).
Perché si evade?
Dall'indagine condotta per Contribuenti.it Magazine è emerso che il 42% dei
contribuenti evade per l'insoddisfazione verso i servizi pubblici erogati dallo
stato a fronte dell'alto prelievo fiscale, per il 39% per la complessità delle
norme (fisco lunare) ed il mancato rispetto dei diritti dei contribuenti e solo
il 19% per la scarsità dei controlli o per mancanza della cultura della
legalità.
Inoltre, l'84,7% degli
intervistati ritiene che il nostro sistema fiscale favorisce l'evasione. Un
cancro che per il 66,7% degli italiani è da estirpare, risposta che raggiung! e
punte del 70,3% nel Sud e del 69,6% nel Centro.
"Per combattere
l'evasione fiscale bisogna privilegiare i controlli sostanziali sui grandi
contribuenti anziché quelli formali fatti sui lavoratori dipendenti/ autonomi -
afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione
Contribuenti Italiani - E' necessario riformare il fisco italiano e la
riscossione dei tributi, istituendo Lo Sportello del Contribuente presso tutti
gli organi diretti ed indiretti della pubblica amministrazione, seguendo ciò
che avviene nei principali paesi europei. I grandi contribuenti sono diventati
maestri nell'evasione fiscale e la stanno esportando anche negli altri paesi
europei. Serve una rivoluzione etica che coinvolga l'intero Paese. Solo chi
paga regolarmente le tasse deve poter partecipare ai bandi pubblici o ai
finanziamenti agevolati".
Contribuenti.it -
Associazione Contribuenti Italiani
L'ufficio stampa
Infopress 3314630647 – 0642828753
Imprese: Istat, calano nel 2010 (-0,3%) ma sale
valore aggiunto (+12,3%)
29 Ottobre 2012 -
10:12
(ASCA) - Roma, 29 ott - Nel 2010 le imprese
attive dell'industria e dei servizi di mercato sono 4.372.143 e occupano circa
16,7 milioni di addetti, di cui 11,2 milioni sono dipendenti. La dimensione
media delle imprese si conferma particolarmente contenuta (3,8 addetti per
impresa).
Lo rende noto
l'Istat. specificando che, complessivamente, le imprese italiane realizzano un
valore aggiunto di circa 708 miliardi di euro. Il valore aggiunto per addetto
e' pari a 42,4 mila euro; il costo del lavoro per dipendente risulta di 34,0
mila euro; la retribuzione lorda per dipendente ammonta a 24,4 mila euro e
l'incidenza dei profitti lordi sul valore aggiunto e' del 26,6%. Rispetto al
2009, anno di profonda crisi produttiva, aggiunge l'Istat, si registra una
flessione del numero delle imprese (-0,3%) e degli addetti (-1,6%), ma un sensibile
aumento del valore aggiunto (+12,3%).
Le microimprese (con meno di 10 addetti),
rappresentano il 94,9% delle imprese attive, il 47,8% degli addetti e il 31,1%
del valore aggiunto realizzato. Nelle grandi imprese (con almeno 250 addetti),
che ammontano a 3.495 unita', si concentrano il 19,0% degli addetti e il 31,9%
del valore aggiunto. Nelle microimprese il 63,5% dell'occupazione e' costituita
da lavoro indipendente.
Il settore dei servizi di mercato - con il
76,0% di imprese, il 63,3% di addetti e il 56,9% di contributo alla creazione
di valore aggiunto - si conferma, in termini quantitativi, il piu' importante
settore dell'economia nazionale. L'industria in senso stretto rappresenta il
10,1% delle imprese, il 25,8% degli addetti e il 34,6% del valore aggiunto,
mentre nel settore delle costruzioni si concentrano il 13,9% delle imprese, il
10,9% degli addetti e l'8,5% del valore aggiunto.
Sempre nel 2010, ciascun dipendente ha
lavorato in media 1.629 ore (8 ore in piu' rispetto al 2009), con livelli superiori
alla media nelle costruzioni (1.669) e nell'industria in senso stretto (1.651)
e inferiori nel settore dei servizi (1.610). Infine, le imprese italiane hanno
sostenuto una spesa per investimenti fissi lordi pari a circa 138 all'anno
precedente.
com-sen/
Rifiuti: Ue, in 2020 ancora in discarica il 28%
Numeri non in linea
con gli obiettivi della Commissione Ue
29 ottobre, 10:55
BRUXELLES - Senza
nessun cambio di rotta nelle politiche, l'Unione europea nel 2020 avra' ancora
una media del 28% di rifiuti urbani che finira' nelle discariche. E' questo lo
scenario previsto dall'ultimo rapporto dell'agenzia europea dell'ambiente (Aea)
su risorse materiali e rifiuti, che prevede che la media del riciclo dei
rifiuti urbani arrivi al 49% nel 2020.
Numeri non in linea
con la strategia della Commissione europea, che punta ad eliminare l'immondizia
in discarica e a limitare la produzione di energia solo ai rifiuti non
riciclabili. In Italia viene ancora interrato il 40% dei rifiuti, mentre in sei
Stati virtuosi (Belgio, Danimarca, Germania, Austria, Svezia e Olanda) la
stessa percentuale si ferma al 3%.
Applicando la
direttiva sulle discariche in tutta l'Ue e migliorando la gestione dei rifiuti
urbani, secondo l'agenzia europea per l'ambiente a guadagnarci sarebbe anche la
lotta contro i cambiamenti climatici, visto che verrebbero tagliate 44 milioni
di tonnellate di CO2 equivalente nel 2020 rispetto al 2008, inclusi i benefici
provenienti da un maggior riciclo e riuso.
Evitare di buttare
tutto il biodegradabile in discarica porterebbe questa cifra a 77 milioni di
tonnellate di CO2, la stessa quantita' di riduzione prevista dalla direttiva Ue
sulla performance energetica degli edifici per il 2020. ''Il trend generale -
afferma Almut Reichel dell'Aea - nella produzione dei rifiuti, inclusi quelli
pericolosi, e' in salita, sebbene le cifre piu' recenti indichino un declino
legato probabilmente alla crisi economica in Europa. Dall'altro lato, la
gestione dei rifiuti e' migliorata''.
Se nel 1995 veniva
riciclato o inviato al compostaggio solo il 17% dell'immondizia urbana prodotta
da Ue piu' Norvegia e Svizzera, nel 2010 la cifra e' salita al 38%. Allo stesso
tempo ''l'economia europea - aggiunge Reichel - dipende ancora pesantemente
dall'import di materie prime: nel 2011 ha toccato quota 1.6 miliardi di
tonnellate (circa 3,2 tonnellate a persona), con carburanti e lubrificanti in
testa''. La strategia Europa 2020 adottata dal Consiglio a giugno del 2010
invece vuole migliorare l'efficienza delle risorse per arrivare ad una crescita
sostenibile.
Bozen, oltrepadania. Monti: la potenza tutrice
non serve più
Il premier: «Il
contenzioso con l’Austria è risolto, l’autonomia collabori al risanamento». La
Svp: non rinunciamo a Vienna
BOLZANO. La potenza
tutrice? Non ha più senso. Il premier Monti smonta uno dei tabù dell’autonomia
altoatesina. Lo fa in un’intervista al giornale viennese Kurier. Il
ragionamento è semplice: la tutela della minoranza di lingua tedesca è
garantita dalla Costituzione, l’autonomia è salda e non si tocca. Ergo: la
tutela internazionale dell’Austria non serve più. L’Alto Adige è una questione
interna allo Stato italiano. Apriti cielo. Dalla Svp agli Schützen, tutti contro
il presidente del consiglio.
«Non intendiamo
tagliare l’autonomia dell’Alto Adige - ha detto Monti al Kurier-. La tutela
delle minoranze etniche e linguistiche è ancorata nella nostra Costituzione,
assieme dobbiamo però sanare i conti pubblici». Intervistato in inglese, il
premier italiano ha aggiunto: «L’autonomia altoatesina è un modello ben
collaudato». Monti ha sottolineato che di recente a Merano il presidente
Giorgio Napolitano ed il suo omologo austriaco Heinz Fischer hanno ricordato il
ventennale della chiusura della vertenza internazionale.
Alla domanda se sia
ancora necessaria la tutela dell’Austria nei confronti della popolazione
suditirolese, Monti risponde: «Credo che poichè il contenzioso è stato
ricomposto davanti alle Nazioni Unite non vi sia più necessità che l’Austria
eserciti questo ruolo. Parliamo qui di problemi interni all’Italia e non vi è
necessità quindi di competenze per Vienna. La Provincia autonoma di Bolzano
dispone nell’ambito del diritto italiano e della Costituzione di tutti gli
strumenti giuridici per far valere le proprie posizioni».
Immediata la
reazione della Svp, che ha sparato ad alzo zero sul premier. «Quando c’è di
mezzo l’autonomia altoatesina, non si tratta mai solo di un affare interno
italiano - attacca l’Obmann Richard Theiner - chiediamo al presidente del
consiglio di rispettare l’ancoraggio internazionale dell’autonomia ed insieme
il ruolo speciale dell’Austria per l’Alto Adige. Il governo italiano, nei mesi
passati, più volte è intervenuto nelle competenze esclusive e concorrenti della
Provincia di Bolzano. Se Mario Monti sostiene di non voler limitare
l’autonomia, allora deve rispettare le competenze dell’Alto Adige». Theiner
ricorda che la Provincia di Bolzano, ripetutamente, ha espresso la propria
disponibilità a partecipare al risanamento del bilancio statale. «Per noi però
è inaccettabile che il governo cali dall’alto provvedimenti violando le
prerogative autonomistiche», afferma Theiner che conclude annunciando che «la
Svp si opporrà anche in futuro alla politica nemica dell’autonomia del
governo».
Duro anche Durnwalder:
«Se l’Italia mantiene gli impegni sottoscritti a suo tempo riguardo
all’autonomia, l’esercizio della funzione di tutela da parte austriaca non sarà
necessario, ma tale ruolo non è in discussione - sottolinea -, non è fuori
luogo quando assistiamo a ripetute violazioni del sistema pattizio
dell’autonomia speciale da parte del governo nazionale, che scavalca le
competenze provinciali. Il contributo dell’Alto Adige al risanamento della
finanza pubblica non è in discussione: abbiamo sempre confermato che siamo
pronti a fare la nostra parte, ma questo deve avvenire in un confronto aperto
tra Bolzano e Roma nel rispetto dei principi dell’autonomia». Alla forma di
tutela dell’Austria, considerato l’ancoraggio internazionale dell’autonomia
altoatesina, «non rinunceremo mai. Ma non sarà necessario intervenire se il
governo italiano rispetterà gli impegni presi e le competenze assegnate
all’autonomia». Un “altolà”a Monti arriva anche da Vienna. «La funzione di
tutela dell’Austria non è in discussione e non è cambiata con la ricomposizione
del contenzioso davanti alle Nazioni Unite- dice in una nota ufficiale il
ministero degli Esteri -. Questo non toglie - aggiunge - che la stragrande
maggioranza dei problemi, come per esempio quello della toponomastica, vengano risolti
a livello nazionale tra Bolzano e Roma».
http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/10/27/news/monti-la-potenza-tutrice-non-serve-piu-1.5932528
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