lunedì 19 novembre 2012

(2) XIX.XI.MMXII/ Rosanna Lampugnani: Su 137 paesi che nel mondo hanno competenze marittime, l’Italia si colloca all’80esimo posto. Su 22 Paesi dell’Unione europea con le stesse caratteristiche è al 19° posto, davanti soltanto a Bulgaria Polonia e Romania. E nel Mediterraneo, nel cui centro la Penisola dovrebbe funzionare come una sorta di molo? È al 14° posto, meglio sono posizionati non solo Francia, Spagna e Malta — prime in classifica — ma anche (scendendo) Slovenia, Cipro, Tunisia, Israele, Libano, Marocco, Egitto, Turchia, Grecia, Croazia. Dopo l’Italia c’è la Siria. Classifiche definite da qualche nemico del Belpaese? Assolutamente no, la firma è della Banca mondiale.

Voogt: «Ecco perché Rotterdam non fa più rotta su Taranto»
L'UNIONE SARDA - Economia: In Sardegna apprendistato frenato dalle nuove norme
Tasse, confesercenti: 103 mld aumenti da 2001, +3,4% pressione fiscale
Grecia: Berlino, 'haircut' debito inimmaginabile. Domani no decisioni
Crisi: Bundesbank, economia tedesca puo' continuare a indebolirsi
Grecia: Bundesbank, Bce non puo' essere coinvolta in nuovi aiuti

Voogt: «Ecco perché Rotterdam non fa più rotta su Taranto»
Il manager del porto olandese: «In Italia le strutture non sono autonome, comanda la politica. C’è il caso Ilva»
Su 137 paesi che nel mondo hanno competenze marittime, l’Italia si colloca all’80esimo posto. Su 22 Paesi dell’Unione europea con le stesse caratteristiche è al 19° posto, davanti soltanto a Bulgaria Polonia e Romania. E nel Mediterraneo, nel cui centro la Penisola dovrebbe funzionare come una sorta di molo? È al 14 ° posto, meglio sono posizionati non solo Francia, Spagna e Malta — prime in classifica — ma anche (scendendo) Slovenia, Cipro, Tunisia, Israele, Libano, Marocco, Egitto, Turchia, Grecia, Croazia. Dopo l’Italia c’è la Siria. Classifiche definite da qualche nemico del Belpaese? Assolutamente no, la firma è della Banca mondiale. Ma perché la lunghissima Italia, la penisola dai quattro mari e dalle miriadi di porti è ritenuta non competitiva? Perché ha una legislazione obsoleta, perché non si investe a sufficienza, perché le autorità portuali sono scelte con il bilancino della politica e non in base a criteri meritocratici. Comunque alla Camera è iniziata la discussione sulla riforma della portualità e per avere suggerimenti la commissione Trasporti presieduta da Mario Valducci ha chiamato Ronald Voogt, senior manager del porto di Rotterdam, il primo scalo d’Europa, un traguardo raggiunto solo una manciata d’anni fa. Infatti fino al 2004 era una struttura, di proprietà comunale, votata alla progressiva marginalizzazione. Quindi la svolta, la trasformazione in società per azioni: la proprietà è rimasta pubblica (70% del Comune, 30% dello Stato), ma la gestione è diventata privata, esercitata attraverso un comitato esecutivo e un comitato di vigilanza. Dal 2004 il margine operativo lordo è cresciuto del 3% ogni anno e ora Rottardam fa concorrenza all’altro colosso del nord, il porto di Amburgo. Ed è con il porto olandese che quello di Taranto avrebbe potuto sottoscrivere una partenership, ma — come spiega Voogt — l’accordo è saltato. Rotterdam vuole «esserci», nel Sud dell’Europa, ma la trattativa è ormai in corso con il porto rumeno di Costanza.
Perché questa scelta?
«Per motivi giuridici, ma non solo. Quando ad aprile abbiamo sottoscritto il protocollo d’intesa con Taranto abbiamo specificato che avremmo valutato se procedere con il finanziamento dell’operazione. Ora stiamo valutando altre soluzioni».
E quali sono i motivi che vi fanno preferire accordi con altri porti?
«Va detto in premessa che non siamo una società molto grande e quindi dobbiamo essere attenti alle scelte che facciamo. È stata una scelta strategica, di qui a trent’anni, investire 2,9 miliardi per il nostro porto che si sviluppa su un’area di 2 mila ettari. Non a caso, a proposito del mancato accordo con Taranto, penso alla molto limitata autonomia del porto italiano, all’impossibilità per la portualità italiana di adoperare strumenti imprenditoriali e commerciali. E del resto non è un caso che siano i politici a scegliere i dirigenti portuali. Questi sono dati che, associati alla mancanza di un soggetto giuridico di riferimento, ci hanno sconsigliato di impegnarci con gli italiani».
Lei, in quanto manager anziano di Rotterdam, pone una grande attenzione alle sorti di Ilva, che per lo scalo jonico è, ovviamente, il cliente più importante. Quanto pesa nella vostra decisione l’incertezza sul futuro dell’acciaieria più grande d’Europa?
«Molto, per noi la situazione di Ilva non è molto chiara e se aggiungiamo questo elemento a quello relativo all’autonomia del porto diventano più cogenti le motivazioni delle nostre scelte. Infatti, se chiudesse Ilva, si determinerebbe lo scenario peggiore per un operatore, per un investitore: ma come si fa a gestire un porto senza avere certezze su una questione di tale importanza? Non ho mai visto una situazione del genere».
Con quali scali pensate invece di stringere legami di partnership?
«Stiamo valutando le opportunità con un porto brasiliano e un porto della Malesia».
E nel Mediterraneo avete individuato soluzioni alternative a Taranto?
«Sì, siamo in trattativa con il porto rumeno di Costanza».
Rosanna Lampugnani

L'UNIONE SARDA - Economia: In Sardegna apprendistato frenato dalle nuove norme
19.11.2012
Sono al di sotto delle aspettative le nuove regole contenute nel Testo unico per l'apprendistato. Marco Fenza, presidente del Consiglio dei consulenti del lavoro della provincia di Cagliari sgombra il campo dalle possibili ambiguità: «Siamo favorevoli allo strumento dell'apprendistato che nel tempo ha permesso a moltissimi giovani di formarsi e di entrare nel mondo del lavoro. Ma la complessità delle norme rischia di frenare soprattutto le piccole e medie imprese, vero tessuto produttivo dell'Isola». Da una ricerca, resa nota dal Consiglio nazionale, emerge che l'82% delle aziende non considera più semplici le nuove regole per l'apprendistato professionalizzante.
LA SARDEGNA Occorre ricordare che delle tre forme di apprendistato previste (più una pensata per i lavoratori in mobilità), l'apprendistato professionalizzante, o di mestiere per il conseguimento di una qualifica professionale, è l'unica operativa in Sardegna. Si dovrà attendere ancora per l'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale e per quello di alta formazione e ricerca. Fenza spiega che, per le piccole aziende, le difficoltà sono legate all'estrema attenzione riservata agli aspetti non solo sostanziali ma anche formali della formazione: «Il mancato rispetto della forma può portare alla perdita dei benefici contributivi». A complicare le cose il divieto di interrompere senza giusta causa il rapporto con l'apprendista durante il periodo della formazione, pena la perdita dei vantaggi ottenuti all'attivazione del contratto: «La norma dovrebbe tutelare i lavoratori, in realtà l'imprenditore rischia di essere sanzionato anche nel caso sia lo stesso apprendista a interrompere il rapporto».
I DUBBI Il datore di lavoro può scegliere invece di non confermare il rapporto di lavoro con l'apprendista alla fine della formazione. Ma, in questo caso, dovrà versare un contributo per finanziare l'Assicurazione sociale per l'impiego con una somma che parte da circa 1600 euro. Anche lo sgravio contributivo del 100% ai datori di lavoro che assumono apprendisti in aziende con meno di 10 unità, può trasformarsi in un boomerang: l'applicazione di questo beneficio prevede per le aziende l'obbligo di regolarità contributiva, non sempre possibile in tempi di crisi. Molte piccole imprese, infatti, hanno difficoltà a essere puntuali proprio nei pagamenti delle contribuzioni. Altre criticità riguardano la retribuzione degli apprendisti che oggi possono essere inquadrati con due livelli retributivi inferiori a quelli definiti per la qualifica professionale da conseguire: «Nelle piccole aziende la nuova norma si può tradurre in una differenza minima di trattamento e provocare malumori tra i lavoratori qualificati che magari si trovano a insegnare il mestiere a persone che prendono solo qualche decina di euro in meno rispetto a loro».
I VANTAGGI Tra i vantaggi introdotti con il Testo unico c'è invece la riduzione del monte ore di formazione esterna all'azienda. «Le imprese», conclude Fenza, «devono avere l'interesse a investire sui giovani, poiché dovranno dar loro le professionalità necessarie sia per la crescita personale sia per quella dell'azienda che deve essere sempre più competitiva. C'è ancora molto da fare per dare slancio a questa importante tipologia contrattuale e renderla vantaggiosa per i lavoratori e per le imprese, oggi scoraggiate dalla troppa burocrazia. L'auspicio è che nell'incertezza del lavoro e dell'economia reale ci sia almeno la certezza normativa e delle disposizioni che regolano il sistema».

Tasse, confesercenti: 103 mld aumenti da 2001, +3,4% pressione fiscale
L’allarme dell’associazione: l’onere maggiore su famiglie e imprese, sottratti 400 mld in 12 anni. Serve una “svolta urgente”: No a Imu e aumenti Iva; detassare tredicesime e rilanciare consume
Roma - Oltre 103 miliardi di aumenti netti d’imposta fra il 2001 e il 2012. In media, quasi nove miliardi in più per ciascuno dei dodici anni trascorsi dall’inizio del terzo millennio. È questo il più significativo risultato che emerge da un’analisi - diffusa oggi da Confesercenti - delle manovre di finanza pubblica succedutesi nel nostro paese dalla fine del 2000, basata su dati ufficiali. Un risultato che spiega altri due fenomeni. Il primo è un aumento di 204 miliardi del gettito complessivo registrato nello stesso periodo (dai 495 del 2000 ai 699 attesi per il 2012). Le maggiori entrate dovute alle manovre, dunque, rappresentano oltre la metà dell’aumento complessivo. Una crescita guidata dall’accentuata dinamica dei contributi sociali (+48 per cento), mentre le imposte dirette sono cresciute del +41 per cento e l’imposizione indiretta del 35 per cento. L’aumento di gettito risulta significativo anche in termini reali (oltre il dieci per cento), nonostante la caduta del Pil di quasi tre punti nello stesso arco temporale. Il secondo fattore è l’aumento della pressione fiscale di 3,4 punti (dal 41,3 per cento del 2000), che porta a quasi cinque punti il divario rispetto al resto d’Europa. Nel 2012 la pressione fiscale toccherà il 44,7 per cento, +2,2 punti (circa 35 miliardi) rispetto al 2011, con un aggravio di 1.450 euro per famiglia. Numeri che ci collocano al terzo posto (dopo Danimarca e Svezia) tra i 27 dell’Ue. Secondo Confesercenti, se il nostro livello di prelievo fosse uguale a quello medio europeo, ogni famiglia italiana disporrebbe di un reddito aggiuntivo di 3.400 euro. Sempre secondo le stime del governo, nel 2013 la pressione fiscale aumenterà ancora, portandosi al 45,3 per cento. Altri nove miliardi in più; ulteriori 380 euro a carico di ciascuna famiglia italiana. E altre sorprese possono venire dal versante delle imposte locali.
 Confesercenti rileva che “il prelievo aggiuntivo che si è determinato in ciascuno dei dodici anni di manovre registra un andamento decisamente crescente a partire dal 2004” e stima che tali manovre “abbiano consentito all’operatore pubblico di sottrarre oltre 400 miliardi di risorse a famiglie e imprese”. A tali maggiori entrate nette “è imputabile il 78,3 per cento della riduzione dell’indebitamento netto, a fronte del 21,7 per cento derivante dai tagli alla spesa pubblica”. In particolare, la manovra 2012 “da sola, spiega 1/3 delle maggiori entrate decise in dodici anni e quasi il 40 per cento della riduzione dell’indebitamento netto”. Secondo l’associazione “il peso più significativo (poco più di 45 miliardi nei dodici anni) si è riversato sui quasi 24 milioni di famiglie” e “subito dopo si collocano le Pmi (circa 2,6 milioni di unità)” con “poco più di 30 miliardi di aumenti netti d’imposta”. “L’accanimento fiscale ha prodotto un aumento gigantesco di gettito che ha impoverito pesantemente famiglie e imprese. Non è accettabile che nelle manovre il fisco abbia pesato per il 70 per cento, mentre i tagli alla spesa pubblica solo per il 30 per cento” osserva Confesercenti, che chiede di “sbarrare al più presto la strada che porta a nuove tasse, mentre va spalancata quella che conduce alla riduzione della spesa pubblica. La pressione fiscale è insostenibile ed è diventata il maggior ostacolo alla ripresa della crescita economica. Distrugge imprese e posti di lavoro, senza peraltro essere in grado di fermare l’avanzata del mostro rappresentato dal debito pubblico”. Confesercenti chiede “un’urgente svolta. Nell’immediato va corretto l’errore degli aumenti dell’Iva, sia pure ridimensionati, e va scongiurata una nuova mazzata come l’Imu, che si scaricherebbe su imprese e famiglie. È invece necessaria la detassazione delle tredicesime per evitare il preannunciato tracollo dei consumi, e in questa direzione andrebbero impegnate tutte le risorse disponibili”. Ai partiti Confesercenti chiede di impegnarsi su “scelte in grado di far calare la pressione fiscale già nel 2013”. E “anche l’attuale governo non può stare a guardare: convochi quanto prima le parti sociali per un confronto concreto sulla riforma fiscale che ridia fiato alle imprese e famiglie e con esse agli investimenti ed al lavoro, oggi in forte sofferenza”.   (ilVelino/AGV)
(red/ban) 19 Novembre 2012 11:28

Grecia: Berlino, 'haircut' debito inimmaginabile. Domani no decisioni
19 Novembre 2012 - 13:21
 (ASCA-AFP) - Berlino, 19 nov - Un taglio dei crediti maturati dai governi dell'Eurozona nei confronti della Grecia resta una propettiva ''inimmaginabile''. Lo ha dichiarato il portavoce del ministero delle Finanze tedesco, Marianne Kothe, nel corso di una conferenza stampa a Berlino, negando che domani i Diciasette possano prendere nel merito una decisione.
 ''Non puo' accadere per ragioni puramente tecniche e procedurali e perche' anche il Bundestag dovrebbe essere coinvolto'', ha spiegato Kothe.
rba/sam/ss

Crisi: Bundesbank, economia tedesca puo' continuare a indebolirsi
19 Novembre 2012 - 12:48
 (ASCA) - Roma, 19 nov - L'economia tedesca rischia di ''continuare a indebolirsi entro la fine dell'anno'' a causa dell'incertezza causata dalla crisi del debito sovrano europeo. Lo scrive la Bundesbank nel suo bollettino mensile.
rba/sam/rl

Grecia: Bundesbank, Bce non puo' essere coinvolta in nuovi aiuti
19 Novembre 2012 - 12:45
 (ASCA) - Roma, 19 nov - La Banca centrale europea ''non puo' essere coinvolta'' nel finanziare il nuovo pacchetto di aiuti internazionali in favore della Grecia, che al contrario rientra ''chiaramente nelle responsabilita''' dei singoli governi. Lo dichiara la Bundesbank nel suo bollettino mensile, secondo quanto scrive il quotidiano ellenico Kathimerini.
rba/sam/rl



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