venerdì 7 giugno 2013

Padano-veneti e slavi croati: fratelli di sangue

Roma apre il dossier «invasione croata» 
Zaia teme l’orda di lavoratori. Serracchiani: «Io la delocalizzazione». Il governo valuta pro e contro del regime transitorio
di Mauro Manzin


TRIESTE. Che la Croazia dovesse entrare nell’Unione europea se ne parlava già da un po’ di tempo. Ci sono stati due anni di trattative aperte tra Zagabria e Bruxelles. Ma, a quanto sembra, che il prossimo 1 luglio l’ex repubblica jugoslava diventerà la ventottesima stella d’Europa ci si sta accorgendo solo ora, a 23 giorni dalla fatidica data. E così il governatore del Veneto Luca Zaia, leghista doc, lancia l’allarme. E scrive una lettera al presidente del Consiglio Enrico Letta. Oggetto: l’invasione dei lavoratori croati nel Nordest dopo l’ingresso di Zagabria nell’Ue. Bisogna evitare, secondo Zaia, «distorsioni del mercato del lavoro» dagli effetti catastrofici «in questa fase di crisi». Per questo il Veneto chiede il riconoscimento del criterio di gradualità, specialmente nel settore del lavoro. L’adesione all’Ue dei Paesi dell’Europa centrale e orientale, come la Croazia per l’appunto, «deve procedere - secondo Zaia - per gradi, in un arco di 7-10 anni» e il primo intervento dovrebbe essere quello del «contingentamento della forza lavoro».

Zaia precisa subito che le sue non sono visioni razziste. «Sono sempre stato - precisa - e confermo di essere assolutamente favorevole all’entrata della Croazia nell’Ue, come lo sono per la libera mobilità». E poi il governatore ricorda come con la Croazia «siamo fratelli di sangue», come «mezza Croazia parla veneto» e come la sua Regione sostenga economicamente «le nostre comunità e il patrimonio culturale della Serenissima». Ma Zaia è preoccupato per la contiguità territoriale della Croazia, dove un operaio guadagna il 30% in meno di un suo “collega” italiano e vede il rischio dell’esodo verso il Nordest di migliaia di potenziali lavoratori croati.

Palazzo Chigi, dal canto suo, afferma di non aver ancora ricevuto alcuna missiva da Zaia. «Quando arriverà - spiegano fonti governative - ne studieremo i contenuti e il possibile impatto e gli eventuali strumenti da mettere in campo». Ma in effetti qualcosa a livello di esecutivo si sta già muovendo. La direzione generale dell’immigrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, infatti, sta predisponendo un documento da sottoporre all’attenzione del viceministro Guerra per decidere se applicare o meno il regime transitorio. Per questo motivo ha chiesto anche al Friuli Venezia Giulia quale sia la sua posizione e quale impatto potrebbe avere sul mercato del lavoro locale l’applicazione o meno del regime transitorio. «Per i livelli occupazionali della Regione - spiega il governatore Debora Serracchiani - è decisamente più “pericolosa” l’attrattività che la Croazia saprà esercitare nei confronti delle nostre aziende in termini di tassazione, che incentiva alla delocalizzazione, o altre forme di concorrenza che vedono coinvolte ad esempio le imprese di trasporto, a prescindere da qualunque regime transitorio». «Più che di alzare steccati di paglia - precisa - dobbiamo preoccuparci di alzare il nostro livello di competitività territoriale, ed è quello che stiamo facendo, tra l’altro, premendo sul governo e sulla Commissione europea per accedere agli aiuti di stati a finalità regionale». «Stiamo valutando la situazione alla luce dei dati sui lavoratori transfrontalieri - afferma invece l’assessore regionale al Lavoro Loredana Panariti - ma sicuramente non siamo di fronte ad un’invasione o a ipotesi di massiccio incremento dei flussi attuali. Intanto i lavoratori croati sono storicamente presenti sul territorio del Friuli Venezia Giulia e, data la particolare vicinanza della regione istriana, si tratta soprattutto di frontalieri che quotidianamente o settimanalmente fanno rientro nel paese di residenza, difficili da censire in quanto molto spesso privi di regolare contratto di lavoro».
ManzinMauro

Nessun commento: