Brixen, oltrepadania est. Separatisti accendono
scritta «Los von Rom» sopra Bressanone
Trst, oltrepadania est. Trieste libera: «La
città autonoma con un governatore nominato dall’Onu»
Trst, oltrepadania est. Resa dei conti nella
Lega Nord Fvg.
San Vendemàn, padania est. Rissa in municipio:
venetisti in manette
Pàoa, padania est. Padovana di origini
marocchine vince Miss Schio ed è contestata
Il Pil sloveno cala ancora “Manovrina” del
governo
Crisi: 3 famiglie su 5 al discount per
risparmiare
16:51 22 GIU 2013
(AGI) - Roma, 22
giu. - Cresce la spesa low cost nel 2013. Le famiglie italiane inseguono sempre
di piu' risparmi e promozioni: 3 su 5 hanno provato almeno una volta i discount
nel 2013. Questo il risultato di un rapporto del Centro studi Unimpresa, che ha
condotto un'analisi a campione tra i 18mila esercizi commerciali associati,
dalla quale emerge che la recessione ha ormai radicalmente alterato le
abitudini al supermercato: gli italiani fanno economia e cosi' nei primi
quattro mesi di quest'anno sono cresciuti dell'86% rispetto al 2012 gli
acquisti di offerte speciali. Aumentano le persone che fanno shopping "per
mangiare" nei negozi "a basso costo". Dagli alimenti alle
bevande, ma anche prodotti per la casa e abbigliamento, gli sconti fanno gola a
tutti e sono la risposta fai-da-te delle persone alla crisi. (AGI) (AGI) -
Roma, 22 giu. - Nel carrello della spesa degli italiani, secondo quanto emerge
dalla ricerca di Unimpresa, finiscono con sempre maggiore frequenza rispetto al
passato prodotti offerti sugli scaffali con sconti, specie quelli con ribassi
dei prezzi superiori al 25-30% rispetto al listino ufficiale. Lo studio
conferma che i cittadini sono diventati dei super esperti degli sconti, che
puntano sulle promozioni, mentre nelle loro buste della spesa finisce solo
quanto e' proposto in offerta.
Tutto cio' con inevitabili conseguenze
negative sui ricavi degli esercenti: secondo prime stime l'impatto sui conti
potrebbe arrivare ad avere un'incidenza del 45-50%. Elemento che aggraverebbe
un quadro gia' profondamente depresso: del resto, nel 2012 i consumi sono scesi
del 4,3% precipitando al livello del 2001. E quest'anno il ritmo e' altrettanto
negativo: ad aprile e' stata registrata una contrazione del 3,9% su base annua
e a fine 2013 potrebbe essere ancora piu' alta la percentuale del calo.
"Questa situazione di grave emergenza
potrebbe essere appesantita ancora di piu' dall'aumento dell'Iva dal 21 al 22%
previsto per il 1 luglio. Lanciamo l'allarme rosso: l'inasprimento tributario
rischia di far chiudere a catena i piccoli negozi e anche la grande
distribuzione organizzata, gia' colpita dalla bufera economica, potrebbe
accusare un colpo tremendo" dice il presidente di Unimpresa, Paolo
Longobardi.
"Per l'Iva - aggiunge Longobardi - si
prospetta un rinvio di tre o sei mesi ma sarebbe il solito pannicello caldo su
un Paese che sta morendo: non c'e' bisogno di terapie del dolore, ma di una
cura da cavallo per far ripartire l'economia. Giu' le tasse, subito. Senza
indugi o tentennamenti di sorta. Il Governo di Enrico Letta non puo' perdere
altro tempo". (AGI) .
Brixen, oltrepadania est. Separatisti accendono
scritta «Los von Rom» sopra Bressanone
Knoll (Sf): «Mentre
la Svp sogna ancora un’autonomia piena c’è chi chiede e spera nel distacco da
Roma»
Il consigliere
provinciale di Südtiroler Freiheit Sven Knoll ha postato su Facebook una foto
scattata venerdì sera sulle montagne sopra Bressanone, in cui si legge
chiaramente la scritta «Los von Rom». Per Knoll, che sull’argomento ha diffuso
un lungo comunicato stampa, è tempo di abbandonare l’idea di un’autonomia
condivisa come quella della Svp e di iniziare a pensare al distacco
dall’Italia. Movimenti indipendentisti analoghi, ai quali bisognerebbe
ispirarsi secondo Knoll, sono quelli dei Paesi Baschi e della Catalogna.
Trst, oltrepadania est. Trieste libera: «La
città autonoma con un governatore nominato dall’Onu»
Il presidente del movimento: l’Italia qui
non ha sovranità. Camber? Contatti zero, è responsabile di come siamo messi. Ci
autofinanziamo. Ora a Vienna per presentare il nostro porto, l'attuale
Authority non ha senso
di
Gabriella Ziani
Raccolgono firme da spedire al Consiglio di
sicurezza delle Nazioni unite chiedendo il rispetto del Trattato di pace del
1947 e del Memorandum di Londra del 1954: Trieste per loro è ancora Territorio
libero, è sganciata dall’Italia, che però ha “occupato” il territorio e ne
ricava tasse. Oggi sono a Vienna con una manifestazione-corteo: Trieste deve
tornare porto dell’Austria e della Mitteleuropa e diventare un atomo nutrito
solo dagli affari propiziati dai punti franchi. Chi sono veramente questi di
“Trieste libera”? Risponde il presidente, Stefano Ferluga.
Signor Ferluga, chi siete dunque, chi vi
appoggia?
Siamo un movimento che si è costituito due
anni fa, Sandro Gombac è il vicepresidente, poi ci sono Vito Potenza,
segretario, Arlon Stok, Adriano Ciacchi, Roberto Giurastante.
Giurastante è di Greenaction international,
voi che cosa fate nella vita?
Io, 39 anni, sono operaio in una agenzia
regionale di manutenzione strade, Gombac, (54), è rappresentante di telefonia,
Potenza (43) ha una ditta edile, Ciacchi (36) è idraulico, Arlon (30), disoccupato,
ha la laurea in Design strategico.
E che cosa fa un designer “strategico”?
Crea l’immagine di una azienda. Ma a
Trieste non si trovano sbocchi per questo.
Perché trovate credibile riportare indietro
l’orologio della storia a Trieste?
Qui non è questione di storia. C’entra il
dispiacere per come Trieste viene gestita. Ci siamo aggiornati sulla questione
del Trattato di pace. È tuttora vigente, per cui lo Stato italiano non ha
sovranità su Trieste.
Le leggi italiane da decenni hanno
dichiarato superati gli assetti del dopoguerra.
Se me ne cita una...
È lei che dovrebbe conoscerle. Il TlT: mai
esistito.
Ce lo fanno credere. Noi con l’aiuto di
Giurastante abbiamo studiato l’argomento. Ed è uscito chiaro il dilemma.
Avrete buoni consiglieri.
No, solo un avvocato, lo studio Bernot di
Gorizia.
Un avvocato di Gorizia per fare Trieste
“libera”?
Pochi avvocati triestini ci avrebbero
appoggiati.
E non si chiede perché?
Non so dire perché e “per come”. Forse ci
sono interessi. Una collusione fra sistemi giudiziari triestini.
È la teoria del complotto?
Non c’entra il complotto. A noi interessa
che c’è una legge tuttora vigente, dice che Trieste ha sovranità su Trieste.
Vi richiamate all’autonomismo della Lista
per Trieste, da cui viene Giulio Camber, il leader del centrodestra?
No, contatti zero. Lui non rappresenta
quello che interessa a noi. Inoltre il signor Camber non ha fatto quello che
doveva, per Trieste. Se avessimo chiesto appoggio a persone di questo genere
non ci avrebbero nemmeno permesso di agire. Siamo agli opposti. Un conto è un
partito, un conto un movimento. E io non sono un uomo della politica.
Semplicemente ci siamo stufati della situazione, tentiamo il tutto per tutto. A
chi ci rifacciamo? A niente, a noi stessi.
Però sui punti franchi in Porto vecchio
avrete alleato il giornalista-polemista Paolo Parovel, che contesta l’urbanizzazione
dell’antico scalo.
Ci siamo parlati, lo ringraziamo perché ci
ha prestato attenzione. Però non appoggia al 100% la nostra azione. Sul Porto
ci ritroviamo. E su Porto vecchio, sulle zone franche.
In Porto vecchio, le zone franche. E il
Porto nuovo?
Non ne condividiamo la gestione. Le
prerogative del Porto vecchio andrebbero estese anche al Porto nuovo. Del resto
non conosco chi governa il Porto e non so dire se fa bene o no, dico solo che
un’Autorità portuale non ha senso di esistere a Trieste. In sintesi: noi non
siamo d’accordo con nessuno di quelli che oggi stanno nelle poltrone di potere.
Non fanno niente. Il Trattato di pace e il Memorandum chiedevano per il Porto che
una commissione internazionale nominasse un rappresentante delle nazioni
firmatarie a rotazione. Con il Porto libero Trieste tornerebbe ricca. Oggi i
punti franchi sono sottousati, invece servirebbero anche per la trasformazione
delle merci.
Crede che a qualcuno, e addirittura alle
Nazioni Unite, sembri plausibile che una piccola città italiana sogni di
diventare Stato autonomo?
Sì, per riattivare l’economia. I proventi
della Siot, per esempio. Tra accise, tasse e imposte sono 4 miliardi di euro
versati a Roma. Rientrano 200-300 milioni, alla Regione, e solo una piccola
parte a Trieste. Invece qui lo Stato non avrebbe diritto d’imporre neanche
l’Iva.
Lei parla come la Lega: a noi le nostre
tasse.
No, perché il TlT è uno stato indipendente,
non è la Padania della Lega.
Non volete l’Italia. E l’Unione europea?
Il TlT non si aggrega a nessuno. Solo alle
Nazioni Unite.
Non le pare di prospettare un’illusione?
No.
Di essere un deluso come Grillo che rifiuta
tutto?
No, né con la Lega né con Grillo. Con
nessun partito italiano.
Tutti soli, dunque.
Andiamo a presentarci a Vienna. Ci stiamo
aprendo con l’esterno. Portiamo alle nazioni che ci circondano l’interesse per
il Porto di Trieste.
Sognate una ricchezza futura. E se il
calcolo si dimostrasse sbagliato? Chi pagherebbe Sanità, scuole, welfare?
Intanto lo Stato non imporrebbe più l’Iva.
E i proventi da prodotti petroliferi sarebbero intanto un ottimo trampolino di
lancio...
Lei sa che l’Associazione Punto franco
internazionale ha già perso ben due cause al Tar su questi vostri temi?
Forse avevano posto male la domanda.
È così sicuro che tutti i governi dal
dopoguerra in qua, le amministrazioni e i partiti politici italiani e
triestini, non abbiano capito niente per 50 anni, e solo voi sì?
Messe le cose su questo piano, no, non
penso questo. Noi però siamo in totale serenità, e umiltà. È un volontariato.
A proposito: e i soldi?
Per fortuna abbiamo molti volontari,
gratuiti. E ci autotassiamo, vendiamo gadget.
Finanziatori: qualcuno pur ci sarà, ma lei
non lo dice.
Parecchi imprenditori sono passati ai
banchetti dandoci una pacca sulla spalla: “bravi!”. Però siamo orgogliosi della
nostra indipendenza.
Quante firme raccolte? Il numero è sicuro?
Circa 8000, e le controlliamo
accuratamente. Ma vogliamo arrivare a 40-50 mila e continueremo a raccoglierne
pertanto fino alla fine dell’anno.
E poi che cosa ne fate?
Le spediamo al Consiglio di sicurezza
dell’Onu. Che dovrebbe emanare un decreto e nominare un governatore per
Trieste. Non italiano, naturalmente.
Non italiano?
No, così è scritto nel Trattato di pace. E
neanche jugoslavo. Be’, chiaro, la Jugoslavia non esiste più, bisognerebbe
scrivere: di nessuna delle repubbliche della ex Jugoslavia. E neanche
triestino.
E allora dove lo andiamo prendere?
In qualunque altra nazione. E dovrà fare da
tramite solo con l’Onu. In città ci sarebbe l’assemblea popolare che nomina 10
consiglieri-ministri, quelli sì triestini, non c’è problema.
Trst, oltrepadania est. Resa dei conti nella
Lega Nord Fvg.
Fedriga: «Spese pazze, Narduzzi va sospeso»
Il deputato triestino chiede provvedimenti
contro l’ex capogruppo padano protagonista dello scandalo: «Espulsione
inevitabile se ha sperperato»
TRIESTE. Fuori. Vogliono cacciare Danilo
Narduzzi, ex capogruppo regionale, fuori dalla Lega nord.
L’ipotesi trova riscontro nelle
dichiarazioni di Massimiliano Fedriga, parlamentare triestino del Carroccio
che, sul caso Narduzzi e su come si sono messe le cose nelle indagini in questi
giorni, non ha dubbi: «Chiederò la sospensione dal partito dell’ex capogruppo –
fa sapere il deputato – e se sarà confermato lo sperpero di denaro a opera sua
domanderò l’espulsione».
Il quadro dell’inchiesta che pesa sulle
spalle di Narduzzi è peggiorato nell’ultima settimana: l’ex consigliere
regionale è sospettato di aver distrutto una parte dei documenti sulle spese
“folli” del suo gruppo, fatture e scontrini finiti nel tritacarte, mentre si
stavano avvicinando gli investigatori. L’ex capogruppo, che ha smentito,
sarebbe stato sorpreso dalla stessa Guardia di Finanza il 4 dicembre, il giorno
del blitz in Consiglio.
La magistratura, inoltre, gli chiede di
giustificare un totale di 37 mila euro di uscite dalle casse; soldi su cui
nessuno nel Carroccio, a partire da Narduzzi, ha saputo fornire spiegazioni. Su
quella cifra non ci sono riscontri. Si tratterebbe proprio della somma che il
leghista avrebbe nascosto cercando di eliminare le carte? Un interrogativo che,
al momento, non ha risposte.
«Narduzzi – ricorda Federiga – allo stato
attuale si è dimesso da vicesegretario nazionale (regionale, ndr) del partito.
E il partito – assicura il parlamentare – prenderà provvedimenti: o una lettera
di richiamo o la sospensione o l’espulsione. Ora credo sia il caso che l’ex
consigliere venga sospeso in modo da tutelare il partito. Se poi fosse
confermata l’accusa di sperpero di risorse pubbliche – aggiunge Federiga – e se
fosse accertato che ha distrutto gli scontrini, scatterebbe l’espulsione immediata».
In ogni caso, in attesa di sapere come sono
andati i fatti «ritengo sia utile per l’immagine non solo del partito, ma della
credibilità della politica intera, che Narduzzi sia sospeso. Farò questa
proposta durante il prossimo consiglio nazionale (regionale, ndr) del partito.
Ma sarebbe un bel gesto se fosse lo stesso ex capogruppo a sospendersi di sua
iniziativa». Fedriga rende noto di non aver «mai ottenuto» da Narduzzi, in
questi mesi d’inchiesta, «risposte e spiegazioni convincenti sulla vicenda».
La Lega, conclude il deputato triestino,
«ha sempre condannato comportamenti di questo tipo. Certo, è impossibile che un
partito sia composto solo da persone perfette, quindi la differenza sta nel
modo in cui si risponde a comportamenti del genere, cioè facendo chiarezza e
pulizia. Non voglio fare processi a priori – conclude il parlamentare – ma
domando la sospensione e se poi tutto finirà bene Narduzzi verrà reintegrato.
Cosa che mi auguro, perché significherebbe che i fatti non sussistono». (g.s.)
San Vendemàn, padania est. Rissa in municipio:
venetisti in manette
Il fratelli Borsoi lanciano dei proiettili
e litigano con 4 poliziotti, tutti feriti. Il senatore Girotto (M5S) chiama in
questura
di
Diego Bortolotto
SAN VENDEMIANO. Rissa in municipio: il
bilancio è di quattro poliziotti feriti e due arresti. Con l’apoteosi del
senatore del Movimento 5 Stelle che chiama in questura per avere chiarimenti
sull'accaduto. Giornata ad altissima tensione ieri a San Vendemiano, il caso
potrebbe finire in Parlamento. I fratelli Giancarlo e Mario Borsoi sono stati
ammanettati con l'accusa di resistenza, oltraggio e violenza a pubblico
ufficiale. Ma i familiari attaccano: «Chi uccide rimane libero, chi non fa
niente viene arrestato». Ieri alle 10 Giancarlo Borsoi si è incatenato a una
panca nell'atrio del municipio di San Vendemiano. «Mi dichiaro cittadino Veneto
e voglio lo status di rifugiato politico, come gli stranieri» diceva l'ex
benzinaio, che da tempo ha avviato una battaglia contro i “poteri forti”.
Lamentava di non aver ricevuto un contributo di 700 euro dal Comune, come gli
era stato promesso. C'è stato l'intervento della polizia locale di San
Vendemiano. Borsoi aveva una brandina ed era deciso a rimanere lì per giorni. Alcuni
associati Life hanno portato il loro sostegno al benzinaio. Quindi per farlo
desistere dai suoi propositi sono intervenuti poliziotti e carabinieri. Due ore
di trattative infruttuose, in un clima comunque civile e di dialogo. Il
parapiglia è scattato verso le 13.30, quando si è presentato in municipio il
fratello Mario, gestore di una pompa di gas in paese. Ha preso un estintore e
voleva scagliarlo contro i vetri dell'ufficio anagrafe. Poi ha tirato fuori due
cartucce dicendo «ne ho pronte delle altre». Così dal Comune hanno nuovamente
allertato il 113. Gli agenti del commissariato di polizia hanno bloccato Mario
Borsoi, che ha tentato di prendere per il collo un poliziotto. L'ex benzinaio,
sentendo le grida del fratello è andato in suo aiuto, slegandosi dalla catena.
Quindi è stato fermato da altri due poliziotti, uno dei quali è stato morso a
una mano, riportando una prognosi di 15 giorni. Altri tre agenti sono finiti al
pronto soccorso, e anche Giancarlo Borsoi ha deciso di farsi portare in ospedale.
Nell'abitazione di Mario Borsoi a Zoppè è stata effettuata una perquisizione e
sono stati trovati un fucile da caccia e delle cartucce. Per lui scatterà anche
una denuncia perchè ha portato le munizioni fuori casa. Nel pomeriggio i
parenti dei due arrestati sono rimasti per ore fuori dal commissariato di
polizia. Lì si è dato vita a un presidio della Life, con alcuni storici
componenti, tra cui Daniele Quaglia, l'ex deputato Fabio Padovan e Geremia
Agnoletti.
Pàoa, padania est. Padovana di origini
marocchine vince Miss Schio ed è contestata
Ahlam conquista la fascia ma sul web i
commenti si sprecano: “Non è dei nostri”, “che c’azzecca con noi?”, “una
vergogna”
PADOVA. Bufera per una ragazza padovana di
origini marocchine che ha vinto la fascia di "miss Schio" ma viene
contestata sul web proprio per le sue origini. Protagonista della vicenda,
finita sulle pagine del Giornale di Vicenza, è Ahlam El Brinis, 17 anni, che ha
sbaragliato nella sfida regionale del concorso di bellezza Blumare due
vicentine doc.
Ahlam, capelli lunghi e meches chiare, in
effetti italiana lo è a tutti gli effetti, essendo nata e cresciuta nel
Padovano. Ma nel sito del quotidiano i commenti negativi si sono sprecati:
"Una bellissima ragazza, ma non è nostra, non è di Schio e non è
italiana" oppure "Chiamarla miss Schio, che c'azzecca?". O
ancora "Una vergogna...di scledensi doc ce ne sono di bellissime".
La stessa Ahlam ha risposto nei commenti,
con modi molto diplomatici: "Tanto per chiarire eventuali dubbi. Io sono
di nazionalità italiana, nata e cresciuta qui, ma ho origini marocchine. E
comunque questa era una tappa regionale per Miss Blumare! Perciò potevamo partecipare
da tutto il veneto. Questa tappa prende il nome di Miss Schio solo perché si
svolge a Schio :) tutto qua! E raccomandata io?? Non credo proprio. Pace e
amore. Ahlam".
Organizzatori e giuria prendono le distanze
compatti dai detrattori della miss. "Siamo nel 2013 - si sfoga Luca Dal
Maso, responsabile organizzativo del concorso -e questi episodi non dovrebbero
più verificarsi. Tra l'altro il nostro regolamento prevede che possano
iscriversi ragazze con la cittadinanza italiana o in regola con il permesso di
soggiorno".
Al secondo posto della competizione Elena
Berlato, 18 anni, di Piovene Rocchette al quarto anno dell'istituto per
estetiste. Al terzo posto Lucrezia Saccardo, 17 anni di Thiene, studia
ragioneria.
Il Pil sloveno cala ancora “Manovrina” del
governo
Buco di 1,5 miliardi di euro: nessun
incentivo ai settori produttivi del Paese Protestano industriali e sindacati.
Bratušek: «Ha sbagliato l’esecutivo Janša»
di Mauro Manzin
TRIESTE. Campane a morto per l’economia già
disastrata della Slovenia. La crescita resta un sogno. I dati elaborati
dall’Ufficio per le analisi macroeconomiche e lo sviluppo (Umar) parlano
infatti di una diminuzione del Pil pari a 2,4% mentre per il prossimo anno è
previsto un ulteriore calo della crescita economica dello 0,2%. Ma ci sono
buone possibilità che, con il passare del tempo, gli indicatori diventino ancor
più negativi. Solo pochi mesi fa, infatti, lo stesso Ufficio aveva previsto un
calo del Pil pari all’1,9% mentre per il prossimo anno era stata pronosticata
una cresicta pari allo 0,2%. I fatti hanno tragicamente smentito gli analisti.
Eppure la premier Alenka Bratušek preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno.
«Alla luce del crollo del Pil nei primi 4 mesi di quest’anno pari a un -4,8% -
ha detto la premier dame slovena - mi aspettavo dati peggiori. Sono convinta -
ha aggiunto - che l’opera di risanamento del sistema bancario del Paese porterà
a un miglioramento dello scenario economico nazionale già il prossimo anno. Nel
2014 saremo sopra la linea di galleggiamento». Ma viste le cifre assolutamente
negative il governo è dovuto correre ai ripari ed effettuare un ulteriore
aggiustamento di bilancio. Le entrate, infatti, fanno registrare un
preoccupante -542 milioni di euro e si assestano così su 8 miliardi di euro
mentre le uscite rimangono invariate e toccano quota 9 miliardi e 600 milioni.
Il rapporto debito pubblico-Pil passa così dal 2,8% al 4,4% con un buco pari a
1,5 miliardi di euro. E la Bratušek punta il dito contro il governo precedente
di centrodestra guidato da Jenez Janša. «Approvare una Finanziaria - ha sostenuto
la premier - come è stato fatto è risultato un gesto assolutamente irreale come
lo dimostrano le cifre se alla fine di maggio il deficit di bilancio era già di
1,1 miliardi di euro ossia 130 milioni in più di quanto pronosticato per la
fine del 2013». La nuova “manovrina” toglie numerose risorse soprattutto agli
investimenti e al settore produttivo del Paese così che gli industriali e i
sindacati si sono dimostrati estremamente critici nei confronti dell’esecutivo.
Pronta e secca la replica della Bratušek. «Anch’io sarei stata felice se avessi
potuto investire qualche centinaio di migliaia di euro per lo sviluppo del
sistema Paese, ma quelli che si lamentano che non ci sono investimenti sono gli
stessi che si lamentano delle tasse e del buco del bilancio dello Stato. Uno
più uno fa, purtroppo, sempre e solo due». Insomma, giri di parole a parte, il
messaggio della premier è chiaro: «Bambole non c’è un euro». Nè si prevedono
cambiamenti a breve visto che, come sostengono gli esperti, la riforma del mercato
del lavoro darà i suoi frutti appena tra due tre anni. Ma come se non
bastassero i pessimi dati macroeconomici contro la premier si è scatenata una
vera e propria guerra per la vendita del gigante
dell’agroalimentare-distributivo Mercator alla croata Agrokor. Al punto che la
premier ha dovuto difendersi in Parlamento. «Se credete che il fatto di aver
convocato in qualità di premier i vertici di Mercator che dà lavoro a 10mila
pesone per chiedere loro la situazione dell’azienda e delle eventuali conseguenze
determinate dalla vendita sia un intromissione nel suo acquisto beh mi sembra
che stiamo rasentando l’assurdo».
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