domenica 23 giugno 2013

XXIII.VI.MMXIII — Los von Rom.

Crisi: 3 famiglie su 5 al discount per risparmiare
Brixen, oltrepadania est. Separatisti accendono scritta «Los von Rom» sopra Bressanone
Trst, oltrepadania est. Trieste libera: «La città autonoma con un governatore nominato dall’Onu»
Trst, oltrepadania est. Resa dei conti nella Lega Nord Fvg.
San Vendemàn, padania est. Rissa in municipio: venetisti in manette
Pàoa, padania est. Padovana di origini marocchine vince Miss Schio ed è contestata
Il Pil sloveno cala ancora “Manovrina” del governo

Crisi: 3 famiglie su 5 al discount per risparmiare
16:51 22 GIU 2013
(AGI) - Roma, 22 giu. - Cresce la spesa low cost nel 2013. Le famiglie italiane inseguono sempre di piu' risparmi e promozioni: 3 su 5 hanno provato almeno una volta i discount nel 2013. Questo il risultato di un rapporto del Centro studi Unimpresa, che ha condotto un'analisi a campione tra i 18mila esercizi commerciali associati, dalla quale emerge che la recessione ha ormai radicalmente alterato le abitudini al supermercato: gli italiani fanno economia e cosi' nei primi quattro mesi di quest'anno sono cresciuti dell'86% rispetto al 2012 gli acquisti di offerte speciali. Aumentano le persone che fanno shopping "per mangiare" nei negozi "a basso costo". Dagli alimenti alle bevande, ma anche prodotti per la casa e abbigliamento, gli sconti fanno gola a tutti e sono la risposta fai-da-te delle persone alla crisi. (AGI) (AGI) - Roma, 22 giu. - Nel carrello della spesa degli italiani, secondo quanto emerge dalla ricerca di Unimpresa, finiscono con sempre maggiore frequenza rispetto al passato prodotti offerti sugli scaffali con sconti, specie quelli con ribassi dei prezzi superiori al 25-30% rispetto al listino ufficiale. Lo studio conferma che i cittadini sono diventati dei super esperti degli sconti, che puntano sulle promozioni, mentre nelle loro buste della spesa finisce solo quanto e' proposto in offerta.
   Tutto cio' con inevitabili conseguenze negative sui ricavi degli esercenti: secondo prime stime l'impatto sui conti potrebbe arrivare ad avere un'incidenza del 45-50%. Elemento che aggraverebbe un quadro gia' profondamente depresso: del resto, nel 2012 i consumi sono scesi del 4,3% precipitando al livello del 2001. E quest'anno il ritmo e' altrettanto negativo: ad aprile e' stata registrata una contrazione del 3,9% su base annua e a fine 2013 potrebbe essere ancora piu' alta la percentuale del calo.
   "Questa situazione di grave emergenza potrebbe essere appesantita ancora di piu' dall'aumento dell'Iva dal 21 al 22% previsto per il 1 luglio. Lanciamo l'allarme rosso: l'inasprimento tributario rischia di far chiudere a catena i piccoli negozi e anche la grande distribuzione organizzata, gia' colpita dalla bufera economica, potrebbe accusare un colpo tremendo" dice il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.
   "Per l'Iva - aggiunge Longobardi - si prospetta un rinvio di tre o sei mesi ma sarebbe il solito pannicello caldo su un Paese che sta morendo: non c'e' bisogno di terapie del dolore, ma di una cura da cavallo per far ripartire l'economia. Giu' le tasse, subito. Senza indugi o tentennamenti di sorta. Il Governo di Enrico Letta non puo' perdere altro tempo". (AGI) .

Brixen, oltrepadania est. Separatisti accendono scritta «Los von Rom» sopra Bressanone
Knoll (Sf): «Mentre la Svp sogna ancora un’autonomia piena c’è chi chiede e spera nel distacco da Roma»
Il consigliere provinciale di Südtiroler Freiheit Sven Knoll ha postato su Facebook una foto scattata venerdì sera sulle montagne sopra Bressanone, in cui si legge chiaramente la scritta «Los von Rom». Per Knoll, che sull’argomento ha diffuso un lungo comunicato stampa, è tempo di abbandonare l’idea di un’autonomia condivisa come quella della Svp e di iniziare a pensare al distacco dall’Italia. Movimenti indipendentisti analoghi, ai quali bisognerebbe ispirarsi secondo Knoll, sono quelli dei Paesi Baschi e della Catalogna.

Trst, oltrepadania est. Trieste libera: «La città autonoma con un governatore nominato dall’Onu»
Il presidente del movimento: l’Italia qui non ha sovranità. Camber? Contatti zero, è responsabile di come siamo messi. Ci autofinanziamo. Ora a Vienna per presentare il nostro porto, l'attuale Authority non ha senso
 di Gabriella Ziani
Raccolgono firme da spedire al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite chiedendo il rispetto del Trattato di pace del 1947 e del Memorandum di Londra del 1954: Trieste per loro è ancora Territorio libero, è sganciata dall’Italia, che però ha “occupato” il territorio e ne ricava tasse. Oggi sono a Vienna con una manifestazione-corteo: Trieste deve tornare porto dell’Austria e della Mitteleuropa e diventare un atomo nutrito solo dagli affari propiziati dai punti franchi. Chi sono veramente questi di “Trieste libera”? Risponde il presidente, Stefano Ferluga.
Signor Ferluga, chi siete dunque, chi vi appoggia?
Siamo un movimento che si è costituito due anni fa, Sandro Gombac è il vicepresidente, poi ci sono Vito Potenza, segretario, Arlon Stok, Adriano Ciacchi, Roberto Giurastante.
Giurastante è di Greenaction international, voi che cosa fate nella vita?
Io, 39 anni, sono operaio in una agenzia regionale di manutenzione strade, Gombac, (54), è rappresentante di telefonia, Potenza (43) ha una ditta edile, Ciacchi (36) è idraulico, Arlon (30), disoccupato, ha la laurea in Design strategico.
E che cosa fa un designer “strategico”?
Crea l’immagine di una azienda. Ma a Trieste non si trovano sbocchi per questo.
Perché trovate credibile riportare indietro l’orologio della storia a Trieste?
Qui non è questione di storia. C’entra il dispiacere per come Trieste viene gestita. Ci siamo aggiornati sulla questione del Trattato di pace. È tuttora vigente, per cui lo Stato italiano non ha sovranità su Trieste.
Le leggi italiane da decenni hanno dichiarato superati gli assetti del dopoguerra.
Se me ne cita una...
È lei che dovrebbe conoscerle. Il TlT: mai esistito.
Ce lo fanno credere. Noi con l’aiuto di Giurastante abbiamo studiato l’argomento. Ed è uscito chiaro il dilemma.
Avrete buoni consiglieri.
No, solo un avvocato, lo studio Bernot di Gorizia.
Un avvocato di Gorizia per fare Trieste “libera”?
Pochi avvocati triestini ci avrebbero appoggiati.
E non si chiede perché?
Non so dire perché e “per come”. Forse ci sono interessi. Una collusione fra sistemi giudiziari triestini.
È la teoria del complotto?
Non c’entra il complotto. A noi interessa che c’è una legge tuttora vigente, dice che Trieste ha sovranità su Trieste.
Vi richiamate all’autonomismo della Lista per Trieste, da cui viene Giulio Camber, il leader del centrodestra?
No, contatti zero. Lui non rappresenta quello che interessa a noi. Inoltre il signor Camber non ha fatto quello che doveva, per Trieste. Se avessimo chiesto appoggio a persone di questo genere non ci avrebbero nemmeno permesso di agire. Siamo agli opposti. Un conto è un partito, un conto un movimento. E io non sono un uomo della politica. Semplicemente ci siamo stufati della situazione, tentiamo il tutto per tutto. A chi ci rifacciamo? A niente, a noi stessi.
Però sui punti franchi in Porto vecchio avrete alleato il giornalista-polemista Paolo Parovel, che contesta l’urbanizzazione dell’antico scalo.
Ci siamo parlati, lo ringraziamo perché ci ha prestato attenzione. Però non appoggia al 100% la nostra azione. Sul Porto ci ritroviamo. E su Porto vecchio, sulle zone franche.
In Porto vecchio, le zone franche. E il Porto nuovo?
Non ne condividiamo la gestione. Le prerogative del Porto vecchio andrebbero estese anche al Porto nuovo. Del resto non conosco chi governa il Porto e non so dire se fa bene o no, dico solo che un’Autorità portuale non ha senso di esistere a Trieste. In sintesi: noi non siamo d’accordo con nessuno di quelli che oggi stanno nelle poltrone di potere. Non fanno niente. Il Trattato di pace e il Memorandum chiedevano per il Porto che una commissione internazionale nominasse un rappresentante delle nazioni firmatarie a rotazione. Con il Porto libero Trieste tornerebbe ricca. Oggi i punti franchi sono sottousati, invece servirebbero anche per la trasformazione delle merci.
Crede che a qualcuno, e addirittura alle Nazioni Unite, sembri plausibile che una piccola città italiana sogni di diventare Stato autonomo?
Sì, per riattivare l’economia. I proventi della Siot, per esempio. Tra accise, tasse e imposte sono 4 miliardi di euro versati a Roma. Rientrano 200-300 milioni, alla Regione, e solo una piccola parte a Trieste. Invece qui lo Stato non avrebbe diritto d’imporre neanche l’Iva.
Lei parla come la Lega: a noi le nostre tasse.
No, perché il TlT è uno stato indipendente, non è la Padania della Lega.
Non volete l’Italia. E l’Unione europea?
Il TlT non si aggrega a nessuno. Solo alle Nazioni Unite.
Non le pare di prospettare un’illusione?
No.
Di essere un deluso come Grillo che rifiuta tutto?
No, né con la Lega né con Grillo. Con nessun partito italiano.
Tutti soli, dunque.
Andiamo a presentarci a Vienna. Ci stiamo aprendo con l’esterno. Portiamo alle nazioni che ci circondano l’interesse per il Porto di Trieste.
Sognate una ricchezza futura. E se il calcolo si dimostrasse sbagliato? Chi pagherebbe Sanità, scuole, welfare?
Intanto lo Stato non imporrebbe più l’Iva. E i proventi da prodotti petroliferi sarebbero intanto un ottimo trampolino di lancio...
Lei sa che l’Associazione Punto franco internazionale ha già perso ben due cause al Tar su questi vostri temi?
Forse avevano posto male la domanda.
È così sicuro che tutti i governi dal dopoguerra in qua, le amministrazioni e i partiti politici italiani e triestini, non abbiano capito niente per 50 anni, e solo voi sì?
Messe le cose su questo piano, no, non penso questo. Noi però siamo in totale serenità, e umiltà. È un volontariato.
A proposito: e i soldi?
Per fortuna abbiamo molti volontari, gratuiti. E ci autotassiamo, vendiamo gadget.
Finanziatori: qualcuno pur ci sarà, ma lei non lo dice.
Parecchi imprenditori sono passati ai banchetti dandoci una pacca sulla spalla: “bravi!”. Però siamo orgogliosi della nostra indipendenza.
Quante firme raccolte? Il numero è sicuro?
Circa 8000, e le controlliamo accuratamente. Ma vogliamo arrivare a 40-50 mila e continueremo a raccoglierne pertanto fino alla fine dell’anno.
E poi che cosa ne fate?
Le spediamo al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Che dovrebbe emanare un decreto e nominare un governatore per Trieste. Non italiano, naturalmente.
Non italiano?
No, così è scritto nel Trattato di pace. E neanche jugoslavo. Be’, chiaro, la Jugoslavia non esiste più, bisognerebbe scrivere: di nessuna delle repubbliche della ex Jugoslavia. E neanche triestino.
E allora dove lo andiamo prendere?
In qualunque altra nazione. E dovrà fare da tramite solo con l’Onu. In città ci sarebbe l’assemblea popolare che nomina 10 consiglieri-ministri, quelli sì triestini, non c’è problema.

Trst, oltrepadania est. Resa dei conti nella Lega Nord Fvg.
Fedriga: «Spese pazze, Narduzzi va sospeso»
Il deputato triestino chiede provvedimenti contro l’ex capogruppo padano protagonista dello scandalo: «Espulsione inevitabile se ha sperperato»
TRIESTE. Fuori. Vogliono cacciare Danilo Narduzzi, ex capogruppo regionale, fuori dalla Lega nord.
L’ipotesi trova riscontro nelle dichiarazioni di Massimiliano Fedriga, parlamentare triestino del Carroccio che, sul caso Narduzzi e su come si sono messe le cose nelle indagini in questi giorni, non ha dubbi: «Chiederò la sospensione dal partito dell’ex capogruppo – fa sapere il deputato – e se sarà confermato lo sperpero di denaro a opera sua domanderò l’espulsione».
Il quadro dell’inchiesta che pesa sulle spalle di Narduzzi è peggiorato nell’ultima settimana: l’ex consigliere regionale è sospettato di aver distrutto una parte dei documenti sulle spese “folli” del suo gruppo, fatture e scontrini finiti nel tritacarte, mentre si stavano avvicinando gli investigatori. L’ex capogruppo, che ha smentito, sarebbe stato sorpreso dalla stessa Guardia di Finanza il 4 dicembre, il giorno del blitz in Consiglio.
La magistratura, inoltre, gli chiede di giustificare un totale di 37 mila euro di uscite dalle casse; soldi su cui nessuno nel Carroccio, a partire da Narduzzi, ha saputo fornire spiegazioni. Su quella cifra non ci sono riscontri. Si tratterebbe proprio della somma che il leghista avrebbe nascosto cercando di eliminare le carte? Un interrogativo che, al momento, non ha risposte.
«Narduzzi – ricorda Federiga – allo stato attuale si è dimesso da vicesegretario nazionale (regionale, ndr) del partito. E il partito – assicura il parlamentare – prenderà provvedimenti: o una lettera di richiamo o la sospensione o l’espulsione. Ora credo sia il caso che l’ex consigliere venga sospeso in modo da tutelare il partito. Se poi fosse confermata l’accusa di sperpero di risorse pubbliche – aggiunge Federiga – e se fosse accertato che ha distrutto gli scontrini, scatterebbe l’espulsione immediata».
In ogni caso, in attesa di sapere come sono andati i fatti «ritengo sia utile per l’immagine non solo del partito, ma della credibilità della politica intera, che Narduzzi sia sospeso. Farò questa proposta durante il prossimo consiglio nazionale (regionale, ndr) del partito. Ma sarebbe un bel gesto se fosse lo stesso ex capogruppo a sospendersi di sua iniziativa». Fedriga rende noto di non aver «mai ottenuto» da Narduzzi, in questi mesi d’inchiesta, «risposte e spiegazioni convincenti sulla vicenda».
La Lega, conclude il deputato triestino, «ha sempre condannato comportamenti di questo tipo. Certo, è impossibile che un partito sia composto solo da persone perfette, quindi la differenza sta nel modo in cui si risponde a comportamenti del genere, cioè facendo chiarezza e pulizia. Non voglio fare processi a priori – conclude il parlamentare – ma domando la sospensione e se poi tutto finirà bene Narduzzi verrà reintegrato. Cosa che mi auguro, perché significherebbe che i fatti non sussistono». (g.s.)

San Vendemàn, padania est. Rissa in municipio: venetisti in manette
Il fratelli Borsoi lanciano dei proiettili e litigano con 4 poliziotti, tutti feriti. Il senatore Girotto (M5S) chiama in questura
 di Diego Bortolotto
SAN VENDEMIANO. Rissa in municipio: il bilancio è di quattro poliziotti feriti e due arresti. Con l’apoteosi del senatore del Movimento 5 Stelle che chiama in questura per avere chiarimenti sull'accaduto. Giornata ad altissima tensione ieri a San Vendemiano, il caso potrebbe finire in Parlamento. I fratelli Giancarlo e Mario Borsoi sono stati ammanettati con l'accusa di resistenza, oltraggio e violenza a pubblico ufficiale. Ma i familiari attaccano: «Chi uccide rimane libero, chi non fa niente viene arrestato». Ieri alle 10 Giancarlo Borsoi si è incatenato a una panca nell'atrio del municipio di San Vendemiano. «Mi dichiaro cittadino Veneto e voglio lo status di rifugiato politico, come gli stranieri» diceva l'ex benzinaio, che da tempo ha avviato una battaglia contro i “poteri forti”. Lamentava di non aver ricevuto un contributo di 700 euro dal Comune, come gli era stato promesso. C'è stato l'intervento della polizia locale di San Vendemiano. Borsoi aveva una brandina ed era deciso a rimanere lì per giorni. Alcuni associati Life hanno portato il loro sostegno al benzinaio. Quindi per farlo desistere dai suoi propositi sono intervenuti poliziotti e carabinieri. Due ore di trattative infruttuose, in un clima comunque civile e di dialogo. Il parapiglia è scattato verso le 13.30, quando si è presentato in municipio il fratello Mario, gestore di una pompa di gas in paese. Ha preso un estintore e voleva scagliarlo contro i vetri dell'ufficio anagrafe. Poi ha tirato fuori due cartucce dicendo «ne ho pronte delle altre». Così dal Comune hanno nuovamente allertato il 113. Gli agenti del commissariato di polizia hanno bloccato Mario Borsoi, che ha tentato di prendere per il collo un poliziotto. L'ex benzinaio, sentendo le grida del fratello è andato in suo aiuto, slegandosi dalla catena. Quindi è stato fermato da altri due poliziotti, uno dei quali è stato morso a una mano, riportando una prognosi di 15 giorni. Altri tre agenti sono finiti al pronto soccorso, e anche Giancarlo Borsoi ha deciso di farsi portare in ospedale. Nell'abitazione di Mario Borsoi a Zoppè è stata effettuata una perquisizione e sono stati trovati un fucile da caccia e delle cartucce. Per lui scatterà anche una denuncia perchè ha portato le munizioni fuori casa. Nel pomeriggio i parenti dei due arrestati sono rimasti per ore fuori dal commissariato di polizia. Lì si è dato vita a un presidio della Life, con alcuni storici componenti, tra cui Daniele Quaglia, l'ex deputato Fabio Padovan e Geremia Agnoletti.

Pàoa, padania est. Padovana di origini marocchine vince Miss Schio ed è contestata
Ahlam conquista la fascia ma sul web i commenti si sprecano: “Non è dei nostri”, “che c’azzecca con noi?”, “una vergogna”
PADOVA. Bufera per una ragazza padovana di origini marocchine che ha vinto la fascia di "miss Schio" ma viene contestata sul web proprio per le sue origini. Protagonista della vicenda, finita sulle pagine del Giornale di Vicenza, è Ahlam El Brinis, 17 anni, che ha sbaragliato nella sfida regionale del concorso di bellezza Blumare due vicentine doc.
Ahlam, capelli lunghi e meches chiare, in effetti italiana lo è a tutti gli effetti, essendo nata e cresciuta nel Padovano. Ma nel sito del quotidiano i commenti negativi si sono sprecati: "Una bellissima ragazza, ma non è nostra, non è di Schio e non è italiana" oppure "Chiamarla miss Schio, che c'azzecca?". O ancora "Una vergogna...di scledensi doc ce ne sono di bellissime".
La stessa Ahlam ha risposto nei commenti, con modi molto diplomatici: "Tanto per chiarire eventuali dubbi. Io sono di nazionalità italiana, nata e cresciuta qui, ma ho origini marocchine. E comunque questa era una tappa regionale per Miss Blumare! Perciò potevamo partecipare da tutto il veneto. Questa tappa prende il nome di Miss Schio solo perché si svolge a Schio :) tutto qua! E raccomandata io?? Non credo proprio. Pace e amore. Ahlam".
Organizzatori e giuria prendono le distanze compatti dai detrattori della miss. "Siamo nel 2013 - si sfoga Luca Dal Maso, responsabile organizzativo del concorso -e questi episodi non dovrebbero più verificarsi. Tra l'altro il nostro regolamento prevede che possano iscriversi ragazze con la cittadinanza italiana o in regola con il permesso di soggiorno".
Al secondo posto della competizione Elena Berlato, 18 anni, di Piovene Rocchette al quarto anno dell'istituto per estetiste. Al terzo posto Lucrezia Saccardo, 17 anni di Thiene, studia ragioneria.

Il Pil sloveno cala ancora “Manovrina” del governo
Buco di 1,5 miliardi di euro: nessun incentivo ai settori produttivi del Paese Protestano industriali e sindacati. Bratušek: «Ha sbagliato l’esecutivo Janša»
di Mauro Manzin
TRIESTE. Campane a morto per l’economia già disastrata della Slovenia. La crescita resta un sogno. I dati elaborati dall’Ufficio per le analisi macroeconomiche e lo sviluppo (Umar) parlano infatti di una diminuzione del Pil pari a 2,4% mentre per il prossimo anno è previsto un ulteriore calo della crescita economica dello 0,2%. Ma ci sono buone possibilità che, con il passare del tempo, gli indicatori diventino ancor più negativi. Solo pochi mesi fa, infatti, lo stesso Ufficio aveva previsto un calo del Pil pari all’1,9% mentre per il prossimo anno era stata pronosticata una cresicta pari allo 0,2%. I fatti hanno tragicamente smentito gli analisti. Eppure la premier Alenka Bratušek preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno. «Alla luce del crollo del Pil nei primi 4 mesi di quest’anno pari a un -4,8% - ha detto la premier dame slovena - mi aspettavo dati peggiori. Sono convinta - ha aggiunto - che l’opera di risanamento del sistema bancario del Paese porterà a un miglioramento dello scenario economico nazionale già il prossimo anno. Nel 2014 saremo sopra la linea di galleggiamento». Ma viste le cifre assolutamente negative il governo è dovuto correre ai ripari ed effettuare un ulteriore aggiustamento di bilancio. Le entrate, infatti, fanno registrare un preoccupante -542 milioni di euro e si assestano così su 8 miliardi di euro mentre le uscite rimangono invariate e toccano quota 9 miliardi e 600 milioni. Il rapporto debito pubblico-Pil passa così dal 2,8% al 4,4% con un buco pari a 1,5 miliardi di euro. E la Bratušek punta il dito contro il governo precedente di centrodestra guidato da Jenez Janša. «Approvare una Finanziaria - ha sostenuto la premier - come è stato fatto è risultato un gesto assolutamente irreale come lo dimostrano le cifre se alla fine di maggio il deficit di bilancio era già di 1,1 miliardi di euro ossia 130 milioni in più di quanto pronosticato per la fine del 2013». La nuova “manovrina” toglie numerose risorse soprattutto agli investimenti e al settore produttivo del Paese così che gli industriali e i sindacati si sono dimostrati estremamente critici nei confronti dell’esecutivo. Pronta e secca la replica della Bratušek. «Anch’io sarei stata felice se avessi potuto investire qualche centinaio di migliaia di euro per lo sviluppo del sistema Paese, ma quelli che si lamentano che non ci sono investimenti sono gli stessi che si lamentano delle tasse e del buco del bilancio dello Stato. Uno più uno fa, purtroppo, sempre e solo due». Insomma, giri di parole a parte, il messaggio della premier è chiaro: «Bambole non c’è un euro». Nè si prevedono cambiamenti a breve visto che, come sostengono gli esperti, la riforma del mercato del lavoro darà i suoi frutti appena tra due tre anni. Ma come se non bastassero i pessimi dati macroeconomici contro la premier si è scatenata una vera e propria guerra per la vendita del gigante dell’agroalimentare-distributivo Mercator alla croata Agrokor. Al punto che la premier ha dovuto difendersi in Parlamento. «Se credete che il fatto di aver convocato in qualità di premier i vertici di Mercator che dà lavoro a 10mila pesone per chiedere loro la situazione dell’azienda e delle eventuali conseguenze determinate dalla vendita sia un intromissione nel suo acquisto beh mi sembra che stiamo rasentando l’assurdo».

Nessun commento: