di Alberto Nutricati
Alle vecchie forme di povertà, se ne aggiungono di nuove e intanto il Salento, tra ristrettezze economiche dei comuni e carenze di risorse da destinare all’attivazione di più incisive politiche sociali, è costretto a far fronte ad una dilagante e per certi versi inedita emergenza, che rischia di risucchiare nella spirale della povertà ceti storicamente immuni da tale piaga.
È quanto emerge dal dossier del Centro servizi volontariato Salento su «La sfida delle nuove povertà».
Basti pensare che sono 25mila le persone assistite dal Banco delle Opere di Carità. Si tratta di un dato impressionate, soprattutto se si considera che, solo sei anni fa, la cifra degli assistiti si attestava a meno della metà di quella attuale.
Dall’indagine condotta dal Csv Salento, emerge un preoccupante quadro in cui le nuove povertà sembrano prendere sempre più piede, coinvolgendo famiglie monoreddito, donne sole con figli minori a carico, cassintegrati e persone che, avendo perduto il posto di lavoro, hanno dovuto rinunciare anche alla casa. Uno dei fronti sul quale la situazione di disagio viene colta in tutta la sua drammaticità è quello alimentare, come testimonia l’alacre e massiccia opera di distribuzione di alimenti a cura della Caritas.
Della povertà, il Csv Salento si era interessato già in occasione del Forum del volontariato, svoltosi lo scorso ottobre a Lecce.
«Lo scenario complessivo di impoverimento del territorio, con una crescita progressiva delle persone in cerca di occupazione dal 2007 al 2009, chiama in causa - spiegarono in quell’occasione i responsabili del Csv - anche la riduzione dei redditi delle famiglie e dunque il mercato del lavoro. A pagare uno dei prezzi più alti sono i giovani che, a causa della riduzione dei posti di lavoro e della crescente precarietà di quelli disponibili, si trovano senza potere contrattuale: si accettano così condizioni di impiego precarie e bassi salari pur di non cadere nel licenziamento e nella disoccupazione, minacce di fatto credibili.
Il tasso di disoccupazione sul territorio provinciale, come emerge dalla Camera di Commercio di Lecce, risulta infatti nel 2009 pari al 16,2 per cento, contro il 14,5 per cento del 2007. E in base alle registrazioni presso i Centri per l’impiego della provincia di Lecce, negli anni dal 2007 al 2009, sono proprio i giovani tra i 30 e i 34 anni a risultare la fascia di età maggiormente in cerca di occupazione».
Non giova al territorio l’impoverimento culturale che da anni sta subendo a causa dell’emigrazione giovanile. Secondo i dati Ipres, sono 10mila i giovani laureati che hanno lasciato la Puglia nel 2009, nella speranza di trovare un futuro con maggiori certezze. Tuttavia, in base all’analisi condotta dal Csv, i giovani emigrati dal Sud verso il Nord Italia rischiano di produrre rimesse negative e soprattutto di continuare ad essere mantenuti dalle famiglie di origine. Qui risiede, in parte, una spiegazione della contrazione della capacità di risparmio delle famiglie; una capacità, questa, che sembra sempre più essere riservata a chi dispone di redditi molto alti. Tant’è che nelle banche si stanno diffondendo i cosiddetti «mutui finalizzati alla liquidità».
Le famiglie, cioè, chiedono soldi non allo scopo di comprare un bene, ma per arrivare alla fine del mese, far fronte a debiti assunti in precedenza e, in molti casi, aiutare i figli. In evoluzione, invece, è la situazione sul fronte casa, dove i problemi sembrano manifestarsi con proporzioni maggiori su Lecce e in modo meno grave a livello provinciale.
La situazione, purtroppo, non sembra migliorare. Come testimoniano i dati analitici contenuti del dossier sulle povertà che confermano, con maggiore precisione, quanto sin qui affermato.
«La nostra Provincia - si legge nel dossier - riflette, e in alcuni casi vede amplificate, le difficoltà di un intero Paese, che stenta a dare risposte a questioni concrete e soprattutto primarie, che coinvolgono la vita di ciascuno. In sei anni, sono più che raddoppiate le persone assistite attraverso il Banco delle Opere di Carità, cresce in modo regolare nella provincia di Lecce il numero delle persone disoccupate e le famiglie con un solo reddito rischiano di scivolare nel disagio. In base ai dati dei Centri per l’impiego, poi, risulta elevato il tasso di precarietà, con il 75 per cento degli avviamenti registrati nel 2007 a tempo determinato. E l’emigrazione dei giovani nelle regioni del Nord spesso non li mette più al riparo dal bisogno di sostegno da parte della famiglia di origine. Nel contempo, si contrae la capacità di risparmio delle famiglie».
Resta, purtroppo, il nodo critico del rapporto tra amministrazioni locali, ancora legate ad una logica puramente assistenzialista, e volontariato.
Le istituzioni, infatti, non sembrano in grado di riuscire a fronteggiare la questione in modo convinto e adeguato. «E se sul territorio - continuano dal Csv Salento - fa fatica a concretizzarsi quel rapporto di rete di amministratori, enti locali e associazioni che consentirebbe di offrire soluzioni sempre meno assistenziali, le buone prassi, comunque presenti, sembrano tracciare una strada da seguire: promuovere il lavoro femminile, sostenere le idee e l’imprenditoria dei giovani, dare linfa ad una comunità che può crescere dal suo interno. Il lavoro delle associazioni di volontariato, delle parrocchie, della Caritas, mostra un bisogno di promozione, crescita e valorizzazione dell’individuo che sfugge a qualunque statistica».
Insomma, in attesa che giungano risposte puntuali dai rappresentanti istituzionali, l’unico argine al dilagare della povertà è rappresentato dal mondo del volontariato e dell’associazionismo che, nell’operoso silenzio, continua a spendersi senza riserve.
24 Dicembre 2010
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