venerdì 24 dicembre 2010

Dieci miliardi Ue da spendere nel 2011

Giuseppe Chiellino
MILANO
Mentre si bruciano le ultime tappe per spendere i fondi comunitari del 2010 senza incorrere nel disimpegno automatico, si accendono i riflettori su quanto potrebbe accadere nel 2011 quando le risorse europee a disposizione dell'Italia e in particolare delle regioni del Sud saranno all'incirca 10,2 miliardi di euro. A tanto ammonta, infatti, la quota di finanziamenti comunitari per i fondi strutturali (Fesr e Fes) e i fondi per lo sviluppo rurale (Feasr). Un importo pari a quanto è stato speso nei quattro anni precedenti.


Trattandosi di progetti in cofinanziamento con gli stati nazionali, per non perdere risorse comunitarie il bilancio pubblico dovrà mettere sul piatto altri 10 miliardi: in tutto 20 miliardi di euro da spendere in 12 mesi.
Un'impresa che - già fin da ora - può essere definita titanica almeno per due motivi: la cronica incapacità di spesa soprattutto delle regioni del Sud (ex obiettivo 1) e - soprattutto - i vincoli di spesa che il patto di stabilità interno impone a regioni ed enti locali.
A inizio dicembre, cinque regioni del Sud (Campania, Calabria, Puglia, Basilicata e Sicilia) più il Lazio e il Molise dovevano ancora chiedere a Bruxelles il rimborso di oltre 1,1 miliardi di euro, tra fondo per lo sviluppo regionale (Fesr), fondo sociale (Fes) e fondi agricoli per lo sviluppo rurale (Feasr). Tra quota nazionale e risorse comunitarie, entro il 31 dicembre devono essere certificati alla Ue almeno due miliardi di euro. A oggi, per il Fesr - fanno sapere da Bruxelles - l'importo a rischio di disimpegno si è ridotto a 200 milioni. In accelerazione anche la spesa per i fondi Feasr: secondo l'ultimo aggiornamento settimanale del ministero delle Risorse agricole mancano all'appello 157 milioni di euro le risorse europee a rischio contro gli oltre 280 milioni di inizio mese. La situazione più critica resta quella della Puglia che ha ormai pochi giorni di tempo per presentare a Bruxelles spese per oltre 81 milioni per il solo Feasr. Restando in campo agricolo, risultano tutti spesi i fondi del Feaga, assegnati in base alla superficie delle aziende agricole e non per finanziare progetti. Il loro scopo, infatti, è compensare e correggere le distorsioni del mercato. Le altre risorse a rischio sono circa 200 milioni del Fes per il quale la notifica delle richieste di rimborso a Bruxelles nei giorni scorsi procedeva molto a rilento. Ma il ministero dell'Economia, riferiscono a Bruxelles, tranquillizza gli uffici della Commissione, e assicura di poter raggiungere l'obiettivo di spesa entro venerdì, l'ultimo dell'anno. A fine settembre 2010, con il 24,3% l'Italia era - dopo la Spagna - il paese con la percentuale più bassa di impegni di spesa tra i 27 paesi membri della Ue per il Fondo sociale europeo. Le spese certificate alla Ue erano appena il 9,1%. Tra i vari piani operativi in cui si articola il fondo sociale, spicca il ritardo dei piani di convergenza con l'asse dedicato al miglioramento dell'efficienza della pubblica amministrazione che, dopo 4 anni, ha impegnato meno del 3% a fronte dei 388 milioni previsti nell'intero periodo, con pagamenti nulli(0,3%).
«La fase di certificazione - spiegano comunque gli addetti ai lavori nei ministeri italiani - è in pieno svolgimento e, tenuto conto dell'esperienza pregressa, fino all'ultimo giorno utile, il 31 dicembre, le amministrazioni interessate continueranno ad inviare la documentazione a Bruxelles». Solo sul filo di lana, dunque, si saprà se l'Italia, già a corto di fondi propri da destinare alla crescita, dovrà rinunciare anche ad una quota di fondi comunitari. Il problema, tuttavia, non è solo di tempi ma anche di qualità della spesa. È inevitabile che la necessità di accelerare negli ultimi giorni dell'anno porti a cercare scappatoie che giustifichino formalmente gli importi alla Ue, con conseguenze dubbie, però, sull'efficacia dei programmi.
Comunque sia, una volta raggiunto il traguardo del 31 dicembre, regioni e governo dovranno farsi carico della questione 2011, quando le amministrazioni – spiegano alla dg Politiche regionali della Commissione – dovranno spendere l'equivalente di quanto hanno speso nei quattro anni precedenti: 6,97 miliardi per il Fesr, 2,2 miliardi per il Fes e poco più di un miliardo per il Feasr. In tutto ben più di 10 miliardi di euro, il doppio del 2010. Considerata la quota di cofinanziamento nazionale, pari a circa il 50%, l'Italia dovrà riuscire a spendere più di 20 miliardi su questi progetti per non perdere risorse Ue. Il problema della capacità di spesa, perciò, sarà amplificato non solo per l'entità dell'importo ma soprattutto per i vincoli di crescita della spesa pubblica imposti agli enti locali dal patto di stabilità interno. In pratica, raddoppiando le risorse messe a disposizione dall'Europa, sulla carta dovrebbe raddoppiare anche l'ammontare del cofinanziamento nazionale. Ma questa quota concorre a determinare il tetto di spesa fissato dal patto di stabilità sulla base degli importi del 2005 e per definizione non può aumentare. Si scontrano, quindi, le opposte esigenze di crescita della spesa, imposta dai fondi strutturali, e di contenimento della spesa pubblica richiesta, viceversa, dal patto.
Non è mai successo che si perdessero risorse Ue per effetto del patto si stabilità perché gli enti locali danno priorità ai progetti cofinanziati. Ma questa volta servirà uno sforzo notevole per trovare una soluzione. In tempo utile.
 

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